THĀBIT ibn QURRAH
QURRAH Il Tebith o Thebit, ecc., dei traduttori latini medievali; uno dei maggiori scienziati arabi, ma non musulmano, del sec. III eg., IX d. C., nato a Ḥarrān (antica Carrhae), nella Mesopotamia di NO., nel 221 (altri 211) eg., 835-836 d. C., morto a Baghdād il 26 ṣafar 288 (18 febbraio 901). Apparteneva a una famiglia ragguardevole della setta ellenistica paganeggiante dei Sabii (v.), e a favore dei. suoi correligionarî si adoperò utilmente alla corte califfale di Baghdād, ove si svolse la parte maggiore della sua attivita di studioso. Fu cultore di matematica, d'astronomia teorica e d'osservazione, di filosofia, di teoria della musica, di medicina.
Scrisse in siriaco un libro perduto sulle dottrine e il culto dei Sabii, e in arabo un numero assai grande di opuscoli su materie svariate, alcuni di carattere elementare propedeutico, ma molti contenenti contributi originali alle scienze sopra indicate e solo in piccola parte giunti fino a noi. Si occupò molto della trasmissione della scienza greca agli Arabi, curando traduzioni direttamente o rivedendo traduzioni altrui: basti citare, fra molti, gli Elementi e i Dati di Euclide, le Ascensioni nella sfera di Ipsicle, i Lemmi d'Archimede, le Coniche d'Apollonio, l'Almagesto, le Ipotesi dei pianeti e la Geografia di Tolomeo. Parecchi scritti originali furono tradotti in latino da Gherardo da Cremona e da Giovanni di Siviglia nel sec. XII; fra essi, oltre ad alcuni opuscoli propedeutici, ebbero grande voga il De figura sectore (in arabo ash-shakl al-qaṭṭā‛, elegante dimostrazione del teorema di Menelao fondamentale per la trigonometria sferica), il Liber carastonis (al-qarasṭiyūn, dal nome proprio greco Χαριστίων, sulla teoria matematica della stadera) e soprattutto il De motu octavae sphaerae o De motu accessus et recessus, nel quale Th., per mettere d'accordo i dati d'Ipparco e di Tolomeo da un lato, e quelli delle osservazioni astronomiche arabe dall'altro, circa la longitudine dell'apogeo solare e il moto di precessione degli equinozî, ideò, dandole rappresentazione geometrica e calcolandone le tavole numeriche, la teoria della trepidazione od oscillazione delle stelle fisse (o, meglio, dei punti equinoziali), che fu poi oggetto di molti scritti nel Medioevo europeo.
Anche alcuni discendenti diretti di Th. per tre generazioni occuparono un posto notevole nella storia della scienza araba.
Bibl.: H. Suter, Die Mathematiker und Astronomen der Araber u. ihre Werke, Lipsia 1900, n. 66, pp. 34-38 (e i Nachträge del 1902, pp. 162-163); E. Wiedemann, Beiträge z. Geschichte d. Naturwissenschaften, LXIV, in Sitzungsber. d. physik.-medizin. Sozietät in Erlangen, LII-LIII (1920-21), pp. 189-219 (biogr. ed elenco degli scritti); G. Sarton, Introduction to the history of science, I, Baltimora 1927, p. 217 segg.; D. Chwolson, Die Ssabier und der Ssabismus, Pietroburgo 1856; I, pp. 542-567 (su Th.) e 566-610 (sui suoi discendenti).