TETRAZZINI, Luigia, detta Luisa
TETRAZZINI, Luigia, detta Luisa. – Nacque a Firenze il 29 giugno 1871, in via dei Renai 3, da Emilio e da Giovanna Bianchi.
Ebbe due fratelli: Rodolfo, in possesso di una bella voce di tenore, fu agente e impresario teatrale; Aristo, ripudiato dalla famiglia per collusione con i circoli anarchici, riparò a Londra, dove esercitò la professione di musicista con il cognome Biancoli e dove sposò Minnie Ramson, da cui nel 1901 ebbe una figlia, Olga, molto amata dalla zia. Luisa era la terza di tre sorelle: Eva (Milano, 7 marzo 1862 - Salsomaggiore, 27 ottobre 1938) fu un soprano di fama, con una carriera internazionale durata dal debutto nel 1862, Faust di Charles Gounod (Margherita) al teatro Nicolini di Firenze, fino al ritiro nel 1915, ed Elvira (1867-1959).
Studiò con la sorella Eva, che a sua volta aveva studiato con Giuseppe Ceccherini all’Istituto musicale di Firenze. Comparve sulle scene nell’ottobre del 1890 al teatro Pagliano di Firenze, nell’Africana di Giacomo Meyerbeer (Ines), con il cognome del marito, Giuseppe Santino Scalaberni, corrispondente teatrale, che aveva sposato il 14 ottobre 1889, presto lasciato, dimostrando fin da giovane la vivacità che avrebbe poi contrassegnato la sua vita sentimentale.
Sul debutto sono fiorite versioni diverse, riferite sia dalla poco attendibile autobiografia della cantante sia dalle confidenze rilasciate dopo la morte da persone a lei vicine. Si trattò certamente di un debutto quasi casuale, dovuto al forfait del soprano scritturato e alla decisione del direttore, Emilio Usiglio, di puntare su un’esordiente.
Sull’onda del successo nel 1891 fu scritturata al teatro Argentina e poi al Nazionale di Roma, dove in Tutti in maschera di Carlo Pedrotti e nelle Nozze di prigione di Usiglio ebbe al suo fianco Pietro Cesari: costui, nato a Pordenone nel 1847, basso buffo tra i più apprezzati dell’epoca, abile impresario, divenne presto suo maestro e mentore. Scritturata nella compagnia Cesari, dal 1892 al 1895 si produsse in Sud America, debuttando al teatro San Martín di Buenos Aires in Crispino e la comare dei fratelli Luigi e Federico Ricci (Annetta), che aveva cantato al Nicolini e che per tutta la carriera rimase uno dei titoli da lei prediletti. Comparve poi all’Olimpo di Rosario, al San José di San Paolo del Brasile, al Lyrico Fluminense di Rio de Janeiro, al Rivera Indarte di Cordoba, al Nuevo Politeama di Montevideo in un repertorio che comprendeva i ruoli di prima donna nelle opere seguenti: Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, La sonnambula e I puritani di Vincenzo Bellini, Rigoletto e La traviata di Giuseppe Verdi, Dinorah di Meyerbeer, Fra Diavolo di Daniel Auber nella versione italiana, in cui la parte del soprano (Zerlina) è più ampia e complessa, Mignon di Charles-Louis Ambroise Thomas (Filina) e Faust.
Nel 1896 tornò in Europa, producendosi al San Carlo di Napoli, al Wielki di Varsavia, dove debuttò negli Ugonotti di Meyerbeer (Margherita di Navarra), al Malibran di Venezia, al Real di Madrid, dove fu per la prima volta Ofelia nell’Amleto di Thomas, nella sala grande del Conservatorio di Pietroburgo (Oscar in Un ballo in maschera e Rigoletto di Verdi, Il profeta di Meyerbeer, L’elisir d’amore di Donizetti), accanto ad artisti di grande fama come il baritono Mattia Battistini e i tenori Angelo Masini e Francesco Tamagno. Nell’autunno del 1897 tornò a Madrid, ma al Príncipe Alfonso, dove debuttò nella Bella fanciulla di Perth di Georges Bizet, cantò al Dal Verme di Milano nel Barbiere e al Vittorio Emanuele di Torino nella Lucia, che ripeté al Politeama Rossetti di Trieste. Tra il 1897 e il 1898 fu al Municipale di Odessa, comparve al Brunetti di Bologna con Lucia e partì per la seconda tournée in America Latina, mentre nell’inverno del 1899 tornò a San Pietroburgo. Accanto ai suoi cavalli di battaglia, il 30 gennaio si cimentò con Musetta in La Bohème di Giacomo Puccini (Mimì era il soprano svedese Sigrid Arnoldson), cantando così a fianco di Enrico Caruso, e nel ruolo eponimo di Ruslan e Ludmilla di Michail Ivanov Glinka. Tenne in repertorio anche un altro titolo russo, il Demone di Anton Grigor´evič Rubinštejn. Negli anni seguenti alternò i teatri dell’Est europeo (nel marzo 1900 cantò al Bol´šoj di Mosca e nel 1901 fu all’Imperiale di Tbilisi e a Kiev) con quelli italiani: comparve al Regio di Torino, Lucia e al Costanzi di Roma, Il barbiere e Crispino e la comare, anche in sale di secondo piano come il Sociale di Rovigo, il Garibaldi di Treviso, il Politeama di Livorno, il Dell’Aquila di Fermo e l’Adriano di Roma. Nel 1901 cantò Lucia all’Apollo di Lugano, dove nel 1910 acquistò villa Barioni, provvedendo al restauro della vicina chiesetta della Geretta, come racconta nell’autobiografia. Non fu mai chiamata al teatro alla Scala, anche per la dichiarata antipatia di Arturo Toscanini, che di lei disapprovava lo stile pirotecnico.
Nel 1902 fu al Neues Deutsches Theater di Praga e alla Krolloper di Berlino; nell’autunno dello stesso anno comparve al Niccolini di Firenze nel Barbiere, nei Puritani e nella Sonnambula. Tra il 1903 e il 1904 conquistò l’America Centrale producendosi, al Principal di Puebla, al Nacional dell’Avana, all’Abreu di Città del Messico. Qui il 2 ottobre 1904 cantò I pescatori di perle di Bizet al fianco del tenore romeno Giorgio Bazelli, che per molti anni le fu carissimo. Nel gennaio del 1905 debuttò al Tivoli di San Francisco. Dopo avere cantato di nuovo all’Abreu, nei primi mesi del 1907 tornò in Sud America, ma in novembre debuttò al Covent Garden di Londra: in La Traviata, Lucia, Rigoletto suscitò vasta eco nel pubblico e nella critica, che la trattò come una star, mise in risalto la sua voce fuori dal comune e ne consacrò definitivamente la fama planetaria. Il successo londinese le valse la scrittura alla Manhattan Opera Company di Oscar Hammerstein, che per sostenere la rivalità con la compagnia del Metropolitan di New York necessitava di stelle di prima grandezza. Preceduta da un ben orchestrato battage mediatico («uno dei più grandi risultati conseguiti da Hammerstein [...] fu l’arrivo nella sua compagnia di Luisa Tetrazzini, che incontrò subito il più grande favore del pubblico. Nel delirio collettivo che si creò intorno al suo debutto, giocò molto non solo il valore indiscutibile della nuova straordinaria artista, ma soprattutto il tipo particolare di voce, quello per il quale il pubblico sembra perdere la testa: il soprano di coloratura»; Gatti Casazza, 2013, pp. 281 s.), sotto la guida di Cleofonte Campanini – l’acclamato direttore era suo cognato, nel 1899 aveva sposato la sorella Eva – il 15 gennaio 1908 trionfò con La traviata, cui seguirono Lucia, Rigoletto, Dinorah, Crispino e la comare e un gala. Il successo teatrale le valse un vantaggioso contratto con la Gramophone Company, le cui incisioni contribuirono a fare di lei una delle voci più popolari dei primi del secolo.
Tetrazzini iniziò la spola tra gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. Nel giugno del 1908 tenne un concerto di beneficenza al Trocadéro di Parigi; nello stesso anno, oltre a esibirsi al Covent Garden, dove cantò anche Gli ugonotti, si produsse in concerto a Cheltenham, Birmingham e Manchester. Tra il 1908 e il 1909 si fece ascoltare a Filadelfia, Baltimora e Boston. Alla prima della sua Traviata al Covent Garden (1° maggio 1909) fu ascoltata da Adelina Patti, che le inviò calde felicitazioni. Da quell’occasione fino al 1911 comparve regolarmente al fianco del poco più che debuttante tenore irlandese John McCormak, destinato a carriera internazionale. Lo ebbe come partner in America, ma anche nel 1910 al Regio di Parma nella Figlia del reggimento di Donizetti (Tetrazzini cantò anche Lucia e Il barbiere): fu una delle sue rarissime apparizioni in Italia. Il 26 giugno 1911 al Covent Garden partecipò al gala per l’incoronazione di Giorgio V, confermando così un indiscusso prestigio. Nell’autunno del 1911 per la chiusura della Manhattan Opera Company di Hammerstein, e sempre sotto l’egida di Campanini, debuttò all’Auditorium di Chicago, mentre tra dicembre e gennaio comparve in via eccezionale al Metropolitan, in Lucia, La traviata e Rigoletto, con la clausola di non essere diretta da Toscanini, ch’era allora il direttore musicale del teatro newyorkese. Dopo un passaggio al Boston Opera House, tra febbraio e aprile del 1912 compì una lunga tournée negli USA, per poi apparire al Covent Garden e in concerto al Royal Albert Hall. Oltre a Boston e a San Francisco, nel 1913 cantò in numerose città americane (Hartford, Milwaukee, Baltimora, Washington, Dallas, Portland, Seattle, Denver, Columbus, St. Louis, Cincinnati, Wichita, Minneapolis) quasi esclusivamente in Lucia di Lammermoor, e diede concerti con Rigoletto al Boston Opera House, il 29 dicembre 1914, cui seguì un giro di concerti negli Stati Uniti e poi il 14 e 23 giugno due concerti al Royal Albert Hall di Londra.
Dallo scoppio delle ostilità al termine della guerra Tetrazzini visse in Italia, mentre Bazelli ritornò in patria (negli affetti della cantante gli subentrò il ventinovenne Umberto Tatò, assunto dapprima come chauffeur della sua fiammante autovettura, una Isotta Fraschini). Il 3 marzo 1919 il soprano cantò in un grande concerto a Trieste liberata, a fianco di Titta Ruffo, direttore Luigi Mancinelli; fu invitata a cantare a Parigi dal presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson, durante la conferenza di pace. Tra l’autunno del 1919 e la primavera del 1920 compì un lungo giro di concerti negli USA, che ripeté, seppure in maniera ridotta, nella stagione seguente, mentre nell’autunno del 1922 effettuò una tournée nel Regno Unito, che toccò anche Dublino. Il 10 marzo 1925 fu protagonista del primo concerto radio trasmesso dalla BBC, cui seguì una nuova tournée. Il 23 ottobre a Palazzo Vecchio a Firenze si era intanto sposata con rito civile con il trentaduenne Pietro Vernati. Comparve in concerto al Royal Albert Hall nel 1928, 1929, 1932, al Verdi di Firenze nel 1931, al Paramount Cinema di New York nel 1932. Dopo un’ultima tournée nel Regno Unito abbandonò l’attività musicale con un concerto al Palladium di Londra, il 4 marzo 1934. I conflitti legali, i lussi, i capricci di una diva non più proporzionati alle entrate, intaccarono drasticamente il patrimonio e costrinsero Tetrazzini a vendere la villa Rondò a Monza e ad aprire una scuola di canto a Milano: di lì passarono molti cantanti, tra cui Lina Pagliughi, di cui ella seppe riconoscere le doti.
Morì a Milano il 28 aprile 1940; il 15 febbraio era stata colpita da emorragia cerebrale. Fu sepolta a Milano al cimitero Monumentale in un mausoleo poi andato distrutto.
Gli appelli rivolti circa un decennio fa da un gruppo di cultori della musica per recuperare le sue spoglie e rendere i dovuti onori a una delle voci più insigni di tutti i tempi non hanno trovato ascolto.
La carriera discografica di Tetrazzini è documentata in 120 brani registrati tra il 1904 e il 1922. Dopo le primissime incisioni per la Universal Talking Machine Company di New York, dal 1907 registrò con una certa continuità per la Gramophone Company di Londra: nel giro di tre anni realizzò numerose facciate a 78 giri, con le principali pagine del suo repertorio operistico, oltre a numerose liriche da camera. Nel marzo del 1911 iniziò a incidere per la Victor a Camden, New Jersey, tra cui il finale primo della Traviata, ma anche il monologo di Aida, Ritorna vincitor!... E dal mio labbro; nel gennaio del 1912 incise il cosiddetto sestetto della Lucia di Lammermoor e il quartetto del Rigoletto con Enrico Caruso, due tra i dischi più celebri del XX secolo. Affidò al disco pagine di opere verdiane mai affrontate in teatro, dal Trovatore e dalla Forza del destino, oltre al Bolero dei Vespri siciliani. Nel 1922 infine registrò per Gramophone Company una serie di canzoni e liriche da camera.
Tetrazzini incarnò alla perfezione il tipo del soprano lirico leggero che si era affermato a partire dalla metà dell’Ottocento. Il suo repertorio includeva titoli del repertorio francese, Gli ugonotti, Lakmé, Dinorah, I pescatori di perle, Faust, e comprendeva eroine del melodramma romantico italiano, destinate in origine ad altro genere di voci (Elvira, Amina, Lucia, Gilda), oltre alla Rosina del Barbiere, trasformata in soubrette come la Annetta di Crispino e la comare o la Zerlina del Fra Diavolo. In possesso di un virtuosismo trascendentale, fu erede della lezione di Adelina Patti, anche se a detta dei commentatori dell’epoca non ne eguagliò mai la perfezione tecnica né, soprattutto, il pathos. Rivaleggiò con Nellie Melba ed ebbe ragione di quel drappello di virtuose – Maria Barrientos, Maria Galvany, Selma Kurz, Frieda Hempel, Graziella Pareto, Regina Pinkert – che occupavano le scene internazionali, rivendicando anche nel virtuosismo canoro (come sottolinea Rodolfo Celletti, 1964) il primato della scuola italiana.
Sotto il profilo del fenomeno vocale, Tetrazzini è ineguagliata per l’estensione della voce, la brillantezza degli acuti e dei sopracuti, il nitore delle agilità, la precisione degli staccati e dei picchiettati, la perlacea articolazione dei trilli, la pulizia delle scale cromatiche, lo spericolato acrobatismo che la consacra autentica virtuosa. A differenza della voce filiforme di altri soprano lirico-leggeri, il timbro pieno e pastoso, emesso ad arte con rotonda morbidezza, le consentiva di dare consistenza anche ai momenti patetici delle parti da lei affrontate; non a caso eccelse in Lucia di Lammermoor e nella Traviata brillò non soltanto per le agilità di Sempre libera degg’io ma anche per i momenti scopertamente lirici, come pure nella Sonnambula, dove il pirotecnico tripudio di Ah! non giunge uman pensiero faceva da contraltare alla dolce, soave cantilena di Ah! non credea mirarti. Proprio per questo l’ascolto in dischi del citato monologo di Aida, delle pagine del Trovatore e di Pace, pace mio Dio nella Forza del destino risulta degno di interesse. Nei brani cameristici non mancava di charme e all’occasione di verve, anche se andrà detto che sull’artista prevaleva la cantante. Il giudizio complessivo deve tenere conto del gusto del tempo, che dal soprano lirico si attendeva i bamboleggiamenti tipici della fanciulla ingenua, o della ragazza finta candida (come Rosina). La scelta stessa di adottare variazioni ardite e perfino paradossali (oggidì poco accettabili) come quelle che si ascoltano nella canzone di Oscar nel terz’atto di Un ballo in maschera, rimandano a un gusto di cui Toscanini fece poi giustizia, ma che caratterizzava appieno lo stile di canto della seconda metà dell’Ottocento.
Fonti e Bibl.: L. Tetrazzini, My life of song, London 1921; J.B. Richards, L. T., in Record Collector, IV (1949), pp. 123-139 (con discografia); R. Celletti, in Le grandi voci, Roma 1964, s.v.; E. Caruso - L. Tetrazzini, Caruso and T. on the art of singing, New York 1975; M. Scott, The record of singing, I, To 1914, London 1977, pp. 159-161; E. Caruso jr. - A. Farkas, Enrico Caruso, my father and my family, Portland 1990, ad ind.; C.N. Gattey, L. T.: the Florentine nightingale, London 1995; R. Titta, Ruffo: my parabola, Dallas 1995, ad ind.; G. Appolonia, Duecento anni di opera a Lugano, Locarno 1996, pp. 58 s., 62, 69, 72, 75; N.E. Limansky, L. T. Coloratura secrets, in The Opera Quarterly, XX (2004), pp. 540-556; J. Kesting, Die großen Sänger, Kassel 2010, ad ind.; C. Piccardi, Correnti d’aria musicale: storie di confine tra Svizzera e Italia, in Il canto dei poeti, Lugano 2011, pp. 328 s.; G. Gatti Casazza, Memories of the opera, in A. Triola, Giulio Gatti Casazza: una vita per l’opera, Varese 2013, ad ind.; M. Zicari, «Ah! non credea mirarti» nelle fonti discografiche di primo Novecento: Adelina Patti e L. T., in Schweizer Jahrbuch für Musikwissenschaft, n.s., XXXIV-XXXV (2014-2015), pp. 193-222.