TESTAMENTO (XXXIII, p. 721)
Costituisce ancor oggi, nel codice del 1942, il titolo preminente, dopo quello della legge, di trasmissione di diritti mortis causa. Si discusse, è vero, in sede di riforma del Libro delle Successioni, se doveva attribuirsi prevalenza alla vocazione ex-lege sull'altra ex-testamento. La ragione di quella che solo terminologicamente sarebbe stata una modifica del vecchio sistema, modifica per ciò solo pericolosa, era da alcuni fatta consistere nella necessità di un più deciso intervento dello Stato nella disciplina delle successioni. Ma, proprio per tale dichiarato motivo la proposta modifica non ha avuto seguito, per cui, pur ammessa nel nostro ordinamento la coesistenza delle due anzidette specie di vocazione, si fa luogo a quella ex lege solo quando manchi, in tutto o in parte, la vocazione testamentaria. Siffatta prevalenza non significa che la volontà testamentaria possa pregiudicare i diritti che la legge vuole riservati ai legittimarî (su ciò v. successione, in questa App.).
Generalmente non viene sufficientemente posta in rilievo la distinzione tra testamento-negozio, ossia testamento-volontà, e testamentodocumento. Con riguardo a siffatta distinzione, dal duplice aspetto sostanziale e formale, rilevante sull'efficacia e sulla perfezione dell'atto mortis causa conviene esaminare le più notevoli modifiche apportate dal nuovo codice al testamento.
Va innanzi tutto rilevata un'accentuazione del principio del favor testamenti, risultante, tra l'altro, da un minor rigore formalistico per i testamenti a forme speciali, che sono state accresciute di una nuova: quella del testamento redatto sul velivolo durante il volo. Vanno altresì rilevate: la norma, la quale, trasformando in precetto positivo una costante interpretazione giurisprudenziale, ha dichiarato valida la sottoscrizione del testamento che, pur se non si sostanzia nel nome e cognome del testatore, ne designa però con certezza la persona; la disposizione che, pur presumendo nel fatto della totale o parziale distruzione, lacerazione o cancellatura del testamento una volontà di revoca del suo contenuto, ammette, tuttavia, la prova contraria; la norma, infine, che, allo scopo di salvare l'eventuale testamento olografo contenuto nella scheda del testamento segreto, considera il ritiro di questo dal notaio come conforme alla volontà del testatore di tenere presso di sé il testamento.
Tra le norme che riflettono invece il contenuto del testamento è da ricordare anzitutto quella relativa all'istituzione di erede. Anche qui il nuovo codice ha inteso definire una controversia, quella sulla rilevanza, ai fini della istituzione di erede o della costituzione di legato, dell'indicazione fatta dal testatore di beni determinati o di un complesso di beni, e l'ha definita nel senso che una siffatta indicazione non esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio. Siffatta institutio heredis ex re certa si fonda perciò tutta su di una ricerca della volontà del testatore, alla quale la legge consente di far derivare gli identici effetti scaturenti da presupposti obiettivi.
Riflette l'aspetto formale e sostanziale ad un tempo dell'atto di ultima volontà, l'innovazione che consente di far racchiudere disposizioni d'indole non patrimoniale (es. riconoscimento di figlio naturale, determinazione di voler legittimare un figlio, ecc.) in un atto formalmente ma non anche sostanzialmente testamento, giacché questo è tale solo se dispone in ordine a rapporti giuridici d'indole patrimoniale.
Ha rilevanza sull'efficacia dell'istituzione a titolo universale la possibilità oggi ammessa della condizione risolutiva. Alla retroattività con cui questa opera il codice pone una limitazione - l'istituito erede sotto condizione risolutiva è tenuto a restituire i frutti solo dal momento in cui la condizione stessa si verifica - che, se si spiega nell'interesse del chiamato, può, e non di rado, pregiudicare quanti legalmente ma inscienti della condizione abbiano contrattato con l'erede che poi cessa di essere tale.
Hanno fatto sentire il loro peso nel nuovo codice successorio anche ragioni di ordine economico. Va qui fatto cenno della notevole modifica, subiettiva e formale, apportata al vecchio e romanistico istituto della divisio parentum inter liberos. Questa è oggi sostituita dalla divisione del testatore, la quale - giustificata con il rilievo che questi, più di qualsiasi altra persona, è in grado di meglio conoscere le attitudini dei suoi eredi e la possibilità che i medesimi hanno di trarre vantaggio dalle cose ereditarie: a) può essere compiuta da qualunque persona, anche se non ascendente; b) deve contenersi in un testamento; c) può avere per oggetto sia la cosiddetta quota disponibile, sia la porzione riservata; d) deve però comprendere tutti gli eredi legittimarî o tutti gli eredi istituiti sotto pena di nullità.
Con riguardo pure alle cennate ragioni di indole economica deve essere qui considerata la parziale rinascita dell'istituto della sostituzione fedecommissoria (v. fidecommesso, in questa App.).
Ultima - tale però solo in ordine a quelle più importanti di cui qui si è fatto cenno - innovazione notevole è quella che riflette l'istituto dell'esecutore testamentario, che attiene all'attuazione della volontà del de cuius. A differenza del codice abrogato, in cui l'esecutore aveva limitate attribuzioni e solo se il testatore le avesse espressamente riconosciute, quello vigente, riconoscendo la funzione morale e sociale del munus publicum di cui è investito l'esecutore, a questi conferisce innanzi tutto il diritto al possesso delle cose ereditarie; gli fa obbligo di osservare in ciò la diligenza del buon padre di famiglia; gli consente di compiere non solo gli atti di gestione occorrenti, ma anche, se necessario, quelli di alienazione, chiedendo però in tal caso l'autorizzazione al giudice, che provvede sentiti gli eredi; gli attribuisce infine la veste di litisconsorte attivo e passivo in tutte le azioni relative all'eredità e in quelle relative all'adempimento del suo ufficio. Solo se il testatore lo ha espressamente autorizzato, l'esecutore, il quale non sia un erede o un legatario, può provvedere alla divisione tra i coeredi dei beni ereditarî.