NERVOSO, TESSUTO
(fr. tissus nerveux; sp. teijdo nervioso; ted. Nervengewebe; ingl. nervous tissue).
Istologia normale.
La proprietà di reagire ai mutamenti dì stato dell'organismo è una delle più elementari ed essenziali della sostanza vivente; questa capacità si manifesta anche negli organismi più semplici, perfino nelle amebe, senza però che per la recezione e per la trasmissione degli eccitamenti si formino strutture adeguate. Nei Metazoi, invece, esiste un tessuto con caratteri strutturali specialissimi, il quale può compiere in modo migliore e più veloce la trasmissione degli eccitamenti a un altro tessuto destinato a reagire in vario modo col movimento o con trasformazioni nel chimismo (secrezione); questo è il tessuto nervoso. Negli animali a organizzazione più complessa il tessuto nervoso non è soltanto destinato all'esplicazione di queste funzioni elementari, ma pone anche in relazione le varie parti dell'organismo rendendo più armonica la funzione del tutto; s'istituisce in tal modo un complicato meccanismo di correlazioni, il quale adempie alla sua funzione con modalità del tutto diverse da quelle delle correlazioni umorali. In vista della speciale funzione del tessuto nervoso di stabilire relazioni vicendevoli fra le varie parti dell'organismo e fra queste e il mondo esterno, è ovvio che esso deve essere diffuso a tutto il corpo e deve avere i rapportì più stretti con gli elementi costitutivi degli organi. Premettiamo fin d'ora che questi rapporti s'istituiscono mediante lunghissimi prolungamenti che partono dai costituenti elementari del tessuto, dalle cellule nervose, e per mezzo di questi esse entrano in connessione vicendevole e possono ricevere e trasmettere gli eccitamenti.
Le cellule con prolungamenti che da essa prendono origine formano delle unità chiamate neuroni. Le propaggini dei neuroni hanno forma, orientazione e connessioni invariabili in ciascun tipo di neurone, e per questo particolare differiscono da elementì di natura non nervosa (cellule del mesenchima, di nevroglia, ecc.) nei quali l'orientazione dei prolungamenti non ha importanza per l'estrinsecazione della funzione specifica, ed è perciò un carattere contingente, variabile all'infinito. Invece la forma, la direzione dei prolungamenti del neurone, le modalità con cui si ramificano, i rapporti che intercedono fra elementi vicini, tutti i particolari di struttura più minuti sono essenziali per l'estrinsecazione della funzione nervosa; l'interruzione nella continuità di pochi prolungamenti di neuroni può compromettere in modo irrimediabile la funzione d'un territorio del sistema nervoso.
L'esperimento fisiologico ci ha dato la certezza che i prolungamenti dei neuroni non hanno lo stesso valore funzionale della parte la quale contiene il nucleo (pirenoforo: portatore del nucleo o cellula nervosa in senso stretto). Sin dal 1836 G.G. Valentin interpretò le cellule nervose come "rappresentanti del principio attivo superiore", e le fibre nervose, che, come si vedrà, sono dei prolungamenti delle cellule, come "conduttori passivi". E a tutt'oggi il principio che le fibre nervose rappresentino la via di conduzione degli eccitamenti, e che le cellule nervose siano invece i centri i quali li ricevono e li trasformano, è fondamentale nella fisiologia del sistema nervoso. Per il lungo tragitto che spesso questi prolungamenti percorrono, per il loro numero rilevante e per i rapporti complessi che s'istituiscono fra essi, l'analisi della struttura del tessuto nervoso riesce estremamente difficile, tanto che tuttora, nonostante ricerche insistenti, essa è imperfettamente conosciuta. I comuni metodi in uso nella tecnica istologica non valgono ad analizzare i rapporti vicendevoli fra cellule e prolungamenti. Spetta a C. Golgi il vanto d'avere scoperto nel 1878 un metodo d'indagine, mediante il quale fu concesso di svelare, almeno in parte, il mistero della struttura del tessuto nervoso. Il Golgi sottopose dei frammenti di cervello e di midollo spinale all'azione successiva di bicromato potassico e di nitrato d'argento e vide che singole cellule e prolungamenti che da esse si dipartono, s'impregnano con un precipitato di cromato d'argento, il quale si forma in seno al tessuto e che per il suo colorito nero è facilmente visibile al microscopio. Il grande vantaggio di questo metodo è che soltanto singole cellule con i prolungamenti rispettivi si colorano (fig. 4); se così non fosse, sarebbe impossibile seguirne il destino al microscopio e studiarne i rapporti vicendevoli, perché essi sarebbero mascherati da altri prolungamenti di cellule vicine e lontane.
Confrontando la struttura del tessuto nervoso nelle varie forme animali, risulta molto evidente la tendenza alla concentrazione delle cellule nervose in organi situati nell'asse del corpo.
Nei Polipi idroidi gli elementi nervosi formano un plesso diffuso situato sotto l'ectoderma, mentre nei Vermi inferiori (Platelminti), nei quali pure esiste un plesso subectodermico diffuso, troviamo veri organi centrali all'estremità cefalica. Negli Anellidi e negli Artropodi le cellule nervose sono raccolte in ganglî, mentre il sistema nervoso periferico è costituito dai prolungamenti di neuroni; soltanto le cellule nervose sensitive periferiche sono sparse nel tegumento. Nei ganglî si distingue una parte centrale (neuropilo) formata da un fitto intreccio di finissime fibre nervose e una corteccia nella quale si raccolgono i pirenofori.
Nel sistema nervoso dei Vertebrati la separazione topografica fra le cellule nervose e i prolungamenti di queste, i quali le pongono in relazione con altri tessuti, è incomparabilmente più accentuata che negl'Invertebrati. Solamente nel sistema che innerva i visceri (simpatico e parasimpatico) esistono cellule nervose sparse in seno a questi. Nel grande e complesso sistema chiamato cerebro-spinale, il quale regola le funzioni della vita animale, sono bene differenziati due componenti, l'uno situato nell'asse del corpo (encefalo, midollo spinale e ganglî sensitivi) e l'altro componemte, periferico, il quale consta esclusivamente di fibre nervose, prolungamenti delle cellule nervose assili. Si aggiunga che nell'encefalo e nel midollo spinale le cellule nervose (pirenofori) non sono frammiste alle vie di conduzione; vi sono nell'encefalo e nel midollo spinale due sostanze a struttura e caratteri fisici differenti, la sostanza grigia e la sostanza bianca; la prima è costituita prevalentemente di cellule nervose, la seconda in modo esclusivo di prolungamenti delle cellule della sostanza grigia, le fibre nervose; le fibre della sostanza bianca associano i varî gruppi di cellule della sostanza grigia. Inoltre nella sostanza bianca e nella grigia vi sono altri tessuti, la nevroglia e la microglia, l'uno e l'altro estranei alla funzione di recezione e di conduzione degli eccitamenti, ai quali si attribuiscono funzioni meccaniche e trofiche.
I neuroni del sistema nervoso maturo sono dunque costituiti di parti singole, le quali hanno sede, forma e struttura diversa: il pirenoforo, situato nella sostanza grigia del midollo e dell'encefalo, nei ganglî cerebrospinali e simpatici; i prolungamenti protoplasmatici o dendriti, che si ramificano in seno alla sostanza grigia o nei ganglî del simpatico; il prolungantento nervoso (neurite o cilindrasse). I neuriti della maggioranza dei neuroni del sistema cerebro-spinale dopo essersi rivestiti di guaine protettive, entrano a fare parte della sostanza bianca dell'encefalo e del midollo o dei nervi periferici.
Premesse queste sommarie nozioni destinate a servire d'orientamento, consideriamo più da vicino la forma e la struttura dei neuroni del sistema nervoso maturo.
Forma dei neuroni. - Carattere delle propaggini. - Il tipo più semplice di neurone è rappresentato dagli elementi sensitivi periferici. Risiedono alla periferia del corpo frammisti alle cellule epiteliali di rivestimento, non sono mai raccolti in un organo nervoso. Negl'Invertebrati risiedono nel tegumento, nei Mammiferi soltanto nella mucosa olfattiva. Le cellule olfattive hanno forma ellissoidale, e al polo prossimale emettono un solo lungo neurite, che termina nell'encefalo con un'arborizzazione libera. Dal polo della cellula opposto al neurite si diparte un breve prolungamento o un ciuffo di sottili ciglia libere che oltrepassano il margine dell'epitelio. In questa varietà di neurone il pirenoforo risente direttamente l'eccitamento, e lo trasmette al cervello per la via del neurite (fig. 1).
Nei Vertebrati tutti gli altri neuroni che ricevono gli eccitamenti sensitivi sono riuniti in veri organi nervosi, i gangli spinali e cerebrali. Hanno forma sferica o affusata, dei due neuriti, il distale termina alla periferia, il prossimale nella sostanza grigia del midollo spinale o dell'encefalo. I primi fanno parte dei nervi sensitivi periferici; essi fanno capo al tegumento, ai muscoli, ai tendini, alle mucose dell'apparato digerente e dell'apparato urogenitale, al vestibolo, alle ampolle dei canali semicircolari e alla chiocciola. Gli eccitamenti che colpiscono quegli organi sono trasmessi in direzione centripeta verso il ganglio e, dopo avere stimolata la cellula gangliare, per la via del neurite prossimale pervengono ai centri.
La forma bipolare delle cellule dei ganglî sensitivi si ritrova durante il periodo embrionale in tutti i Vertebrati; però tale forma persiste nell'adulto solamente nei Vertebrati più bassi (Ciclostomi e Pesci, fig. 2) e anche dei ganglî dell'acustico dei Vertebrati superiori. Negli altri ganglî cerebrospinali i due neuriti si spostano durante lo sviluppo sino a incontrarsi e a concrescere per un certo tratto in un neurite unico. Perciò la cellula dell'adulto ha un unico neurite, il quale dopo un certo tratto si biforca a T e a V (fig. 3) in due neuriti, identici per il loro comportamento ulteriore a quelli dei ganglî cerebrospinali dei Pesci.
Forma molto diversa dai precedenti hanno i neuroni della sostanza grigia dell'encefalo e del midollo spinale. Essi hanno due sorte di prolungamenti; gli uni multipli, chiamati protoplasmatici o dendriti, e un neurite, sempre unico, identico ai neuriti dei neuroni sensitivi.
I dendriti sono per lo più tozzi all'origine, continuandosi senza limite netto nel pirenoforo, per cui la forma di quest'ultimo è irregolare, hanno superficie rugosa, si suddividono ripetutamente a varia distanza dall'origine secondo il tipo dicotomico, oppure proseguono dando rami collaterali, secondo il tipo monopodico: per l'analogia che ha la loro arborizzazione, la quale è sempre a tre dimensioni, con quella dei rami d'un albero, furono chiamati dendriti. I ramì si riducono gradatamente di spessore nel proeedere distalmente e terminano liberamente in seno alla sostanza grigia. Ben di rado oltrepassano i limiti di quest'ultima, decorrendo nella sostanza bianca. Numero, lunghezza e orientazione dei tronchi principali e dei rami dendritici sono caratteri estremamente diversi nei singoli tipi di neuroni, ma d'altra parte sono costanti per i neuroni di un determinato tipo; l'arborizzazione che essi formano ha estensione varia, può essere estesissima o raccolta in uno spazio ristretto (figg. 4-11).
Riferendoci a qualche esempio, i neuroni del Purkinje (Purkynĕ) del cervelletto hanno invariabilmente in tutti i Mammiferi un'estesa arborizzazione dendritica, che ricorda quella d'un albero da frutta a spalliera ed è sempre orientata perpendicolarmente all'asse della lamella cerebellare (fig. 5); i neuroni piramidali della corteccia si continuano all'apice in un grosso tronco, che si segue per un lungo tragitto ed emette un gran numero di rami collaterali (fig. 4). Dal pirenoforo delle cellule dell'ippocampo si dipartono due fitti ciuffi di dendriti, l'uno ascendente, l'altro discendente (fig. 6). Il grosso dendrite delle cellule mitrali del bulbo olfattivo si ramifica invece lontano dall'origine (fig. 29) in un fitto ciuffo. Le cellule radicolari motrici del midollo spinale e dell'encefalo emettono in tutte le direzioni dei tozzi tronchi riccamente ramificati. I dendriti delle cellule del nucleo olivare inferiore ripiegano su loro stessi descrivendo delle sinuosità e delle curve concentriche (fig. 7); l'arborizzazione dendritica appare come un complesso gomitolo. I rami dendritici di neuroni contigui s'intrecciano in modo complicatissimo fra loro e con i rami dei neuriti i quali percorrono in tutte le direzioni la sostanza grigia.
Il neurite per lo più si distingue facilmente dai dendriti perché è più sottile, perché conserva nel tragitto nella sostanza grigia calibro quasi uniforme; può dipartirsi anziché dal pirenoforo, da un dendrite; il suo contorno è sempre liscio, non mai vi si riscontrano spine e rugosità. Il comportamento del neurite si presta meglio di quello dei dendriti a ben caratterizzare i singoli tipi di neuroni.
1. In un grande gruppo di neuroni (cellule del primo tipo di Golgi) il neurite può fornire molte collaterali, però mantiene la propria individualità per tutto il suo tragitto che può essere lunghissimo; questo è il carattere proprio essenziale delle cellule del primo tipo di Golgi (figure 4-6). Però, a seconda del tragitto del neurite, si distinguono: a) le cellule radicolari motrici dell'encefalo e del midollo, il neurite si riveste di guaina mielinica poco dopo l'origine, percorre la sostanza grigia ove dà qualche collaterale, attraversa la sostanza bianca e infine entra a fare parte d'una radice motrice e d'un nervo periferico; con i suoi rami terminali innerva varie fibre muscolari striate. Comportamento analogoè assunto dal neurite dei neuroni che ìnnervano gli organi elettrici di Torpedo e di Malapterurus. b) In un'altra varietà di neuroni del primo tipo il neurite è pure mielinico ma non esce dai centri nervosi; il ramo terminale e le collaterali formano arborizzazioni libere nella sostanza grigia. Nella maggior parte dei neuroni di questo tipo i neuriti decorrono per un tratto più o meno lungo nella sostanza bianca, dove costituiscono complicati sistemi di vie destinate ad associare fra loro gruppi di cellule vicine o lontane dell'encefalo e del midollo pinale. In alcune cellule di questo tipo (cellule funicolari del midollo, molti elementi dei nuclei sensitivi eneefalici) il neurite mielinico si divide a T in due lunghi rami, ascendente e discendente; l'uno e l'altro dànno collaterali nella sostanza rigia del midollo. Vanno inoltre segnalate per il lunghissimo tragitto del neurite le cellule piramidali giganti della corteccia cerebrale (fig. 4); il neurite, dopo avere attraversata la sostanza bianca dell'encefalo discende nel midollo spinale e termina nella sostanza grigia di quest'ultimo. c) In altri neuroni del primo tipo il neurite, pur essendo lunghissimo, non si riveste di guaina mielinica: p. es., nelle cellule del cervelletto, denominate per il loro piccolo volume granuli, il neurite si biforca a T in due rami, i quali terminano con un piccolo bottone; essi non dànno mai collaterali. d) I neuroni del sistema vescicale appartengono pure al primo tipo di Golgi, sebbene differiscano in molti riguardi da quelli finora considerati; essi sono situati nei ganglî del cordone simpatico o nei ganglî periferici, hanno per lo più dendriti lisci, sottili, poco ramificati; i lunghi neuriti fanno una guaina mielinica molto sottile; escono dal ganglio simpatico e terminano in cellule muscolari lisce.
2. In molti neuroni dei centri nervosi il neurite conserva la propria individualità; questi neuroni sono perciò da ascrivere al primo tipo; ma esso è amielinico e fornisce numerosissime collaterali che si ramificano ripetutamente. Esse rappresentano dunque una forma di transizione verso i neuroni del secondo tipo.
3. Neuroni a neurite breve (cellule del secondo tipo di Golgi); il neurite perde presto la propria individualità dividendosi in un gran numero di rami; e questi si suddividono alla loro volta assottigliandosi sempre più in direzione distale; ne deriva un intreccio di rami esilissimi, facilmente riconoscibili dalle arborizzazioni dendritiche, per il minore spessore e perché lisci in tutto il loro tragitto (figg. 8-10).
Qualche volta l'arborizzazione è raccolta in uno spazio ristretto e viene a formare un intreccio inestricabile (fig. 10). Oppure il neurite per un certo tratto non dà collaterali ma poi si divide in alcuni rami, ciascuno dei quali fornisce una complessa arborizzazione (nelle cellule orizzontali della retina, fig. 9).
4. Neuroni con una sola varietà di propaggini. In alcuni tipi di neuroni non si distinguono i dendriti dai neuriti, come nella grande maggioranza dei neuroni dell'asse cerebro-spinale e del simpatico. Alcuni di questi (per es., cellule amacrine della retina, fig. 11) hanno un unico tronco con caratteri di dendrite, che si divide in molti rami divergenti. In alcuni elementi del simpatico periferico invece tutti i prolungamenti hanno i caratteri dei neuriti.
Grandezza dei neuroni. - Mentre le cellule di quasi tutti i tessuti presentano differenze di grandezza di lieve entità anche in animali di mole corporea diversa (legge di H. Driesch della grandezza cellulare costante; v. citologia), i pirenofori dei neuroni differiscono molto di volume; il che emerge già dal confronto fra neuroni d'uno stesso animale, in modo più appariscente col paragone fra neuroni omologhi di animali diversi. Tali differenze sono tanto spiccate e costanti, che esse non possono assolutamente essere contingenti. Dal confronto fra le grandezze di neuroni d'un animale d'una stessa specie risulta che il volume del pirenoforo, come pure l'estensione dell'arborizzazione dendritica di ciascun neurone, è in relazione con l'estensione della superficie innervata dal neurite rispettivo. Il volume del nucleo è proporzionale a quello del pirenoforo, ma non oltrepassa mai un certo limite, cosicché il valore dell'indice nucleo-plasmatico (v. citologia) è tanto più basso, quanto più voluminosa è la cellula; ed è più basso nelle grandi che nelle piccole cellule nervose d'uno stesso animale. Ma più interessanti e più incisivi sono i dati che emergono dal confronto fra neuroni omologhi, e perciò sicuramente dello stesso valore funzionale, di animali di mole corporea diversa; se ne trae la legge (legge di Levi) che il volume dei neuroni è proporzionale alla mole corporea. I pirenofori dei neuroni di Purkinje del cervelletto, delle cellule piramidali della corteccia, dei ganglî cerebrospinali e simpatici sono nell'uomo, nel cavallo, nel bue incomparabilmente più grandi in paragone alle cellule omologhe del topolino, del pipistrello, dei più piccoli Insettivori, e così pure nei Teleostei, nei Rettili, nei Crostacei e nei Molluschi. Ed è di singolare interesse che la correlazione sia stata confermata anche in individui della stessa specie di mole corporea diversa. Risultò inoltre da ricerche comparative di G. Levi e dei suoi collaboratori che i neuroni sensitivi e simpatici differiscono in funzione della mole corporea anche di forma; mentre nei piccoli animali i neuroni sensitivi, per es., sono reolarmente sferici, in quelli di maggiore mole il citoplasma del pirenoforo s'espande in estese reti (apparato fenestrato, fig. 12), o in plessi pericellulari, strutture che secondo il Levi sono da interpretare quale una forma d'incremento della massa del neurone più favorevole al metabolismo. Nei neuroni del midollo e dell'encefalo le differenze sono soltanto d'ordine quantitativo; la forma del pirenoforo di neuroni omologhi è identica nei grandi e nei piccoli animali, mentre invece la lunghezza dei dendriti e l'estensione delle arborizzazioni del neurite variano in misura proporzionale alla grandezza del soma.
È davvero sorprendente che elementi nervosi i quali adempiono alla medesima funzione differiscano a tal punto in animali di mole corporea diversa; sembrerebbe che funzioni così complesse e delicate dovessero avere un substrato materiale identico. Questi singolari reperti possono forse essere spiegati supponendo che i neuroni siano suscettibili d'ipertrofizzarsi in vario grado per effetto di eccitamenti ripetuti. M. Verworn suppose che gli eccitamenti imprimano nei neuroni delle tracce materiali che sarebbero quantitativamente diverse a seconda dell'estensione dei singoli neuroni e della molteplicità delle loro connessioni; ciascun neurone crescerebbe proporzionalmente al numero degli eccitamenti che riceve. Nei neuroni degli animali di maggiore mole corporea si accumulano più numerose tracce materiali e perciò i singoli neuroni per poter adempiere a un maggiore lavoro s'ipertrofizzano. Si avrebbe nei neuroni, come nelle fibre muscolari striate, una vera ipertrofia funzionale. Questa supposizione viene convalidata da quanto fu osservato nelle code rigenerate dei Sauri; in tale caso le ultime 3 paia di nervi spinali assumono un territorio d'innervazione periferica più ampio di quello normale che primitivamente fornivano; ebbene le cellule dei ganglî corrispondenti acquistano un volume triplo di quello che avevano prima della mutilazione della coda (T. Terni).
Numero dei neuroni. - Riflettendo alla regolarità nella sede e nelle connessioni degli elementi nervosi, sembrerebbe che il numero dei neuroni dovesse essere invariabile in individui della stessa specie, di grandezza somatica eguale. La previsione trovò conferma in alcuni piccoli animali, nei quali i neuroni sono scarsi e il conteggio dei medesimi può essere agevolmente intrapreso (come in alcuni Rotatori, Vermi).
La costanza nel numero dei neuroni fu confermata anche per i Vertebrati, per lo meno per singoli tipi di neuroni molto voluminosi (nel midollo dei Pesci). Si potrebbe pure supporre che in animali della stessa specie di mole somatica diversa, dato che il volume dei neuroni è proporzionale alla mole somatica, il numero dei neuroni sia eguale; in realtà ciò fu riconosciuto soltanto in casi singoli.
L'ipertrofia dei pirenofori non può sorpassare un certo limite; se questo avvenisse il loro metabolismo sarebbe perturbato (legge di Spencer; v. cellula); i neuroni negli animali di maggiore mole corporea non crescono dunque di volume proporzionalmente alla mole del loro soma.
Poiché dunque l'incremento in volume dei singoli neuroni non basta all'innervazione d'un territorio molto esteso, inevitabilmente si deve produrre un certo aumento nel numero dei neuroni.
Struttura dei neuroni. - Nel citoplasma degli elementi nervosi, come in tutte le cellule altamente differenziate, ritroviamo dei costituenti destinati a funzioni specifiche; come negli elementi muscolari vediamo formarsi le miofibrille, organi contrattili, così in seno al citoplasma primitivo degli elementi embrionali dell'abbozzo del sistema nervoso, si differenziano le neurofibrille, e molto più tardi la sostanza chiamata tigroide; del primitivo citoplasma, il quale è nei neuroni embrionali, come in tutte le cellule, costituito d'una sostanza fondamentale anista e di condriosomi, rimane nei neuroni maturi una quantità minima.
Le neurofibrille si trovano in tutti i neuroni di animali, sia di Vertebrati sia d'Invertebrati; dalla parte perinucleare del corpo cellulare esse si seguono nei dendriti e nei neuriti sino alle più sottili espansioni.
La loro esistenza è talmente costante nel protoplasma neuronico che esse valgono a distinguerlo da elementi d'altra natura, per lo meno quando sono colorite in modo elettivo, in modo che per l'intensa colorazione che assumono risaltano su tutti gli altri costituenti del tessuto; il che fu possibile soltanto dopo che I. Apáthy, A. Bethe, A. Donaggio, S. Ramón y Caial ebbero scoperto dei metodi adatti a tal fine. Le neurofibrille hanno affinità per alcuni colori basici di anilina; questa si manifesta anche senza aggiunta di mordenti (colorabilità primaria). Costituiscono nel pirenoforo e nel tratto imziale dei dendriti dei neuroni dei Vertebrati una finissima rete a tre dimensioni (vista per la prima volta nei Vertebrati da A. Donaggio); in molti neuroni la parte periferica del pirenoforo è percorsa da neurofibrille lunghe, che talora si seguono da un dendrite all'altro o da un dendrite al neurite (fig. 13) unite con filamenti secondarî alla rete generale; in alcuni neuroni (negli elementi piramidali della corteccia) le fibrille lunghe prevalgono sul reticolo, mentre in altre mancano le fibrille lunghe (nei neuroni dei ganglî cerebro-spinali). Nei tratti distali dei dendriti il reticolo si continua per gradi in fibrille lunghe non anastomizzate fra loro; e parimenti nel neurite esse sono sempre parallele e indipendenti, e tali rimangono per tutto il tragitto del neurite. Soltanto nelle espansioni terminali dei neuriti (negli organi periferici, fig. 22 e nella sostanza grigia, fig. 25) le varicosità e i bottoni intercalati sul decorso dei rami terminali (v. sotto) sono costituiti d'una finissima rete.
La detta rete neurofibrillare endocellulare del Donaggio, disposta a tre dimensioni, presenta una particolare formazione attorno al nucleo, che risulta da un addensamento delle maglie della rete (cercine perinucleare).
Si distinguono, dal punto di vista della distribuzione delle fibrille, cellule nervose del 1° tipo, nelle quali tutte le fibrille, affluenti dai prolungamenti protoplasmatici alla cellula, si riuniscono in rete (tav. a colori, figg. 3, 4) e cellule nervose del 2° tipo, nelle quali, oltre alla rete, esistono fibrille disposte longitudinalmente (tav. a colorì, figg. 1, 2, 4).
La rete neurofibrillare endocellulare si continua direttamente con le fibrille del prolungamento nervoso, o cilindrasse. È evidente l'importanza di questa continuità, dato l'ufficio di conduzione nervosa che è sicuramente insito al cilindrasse; onde riesce importante constatare anche come questa continuità si presenti secondo tipi ben diversi.
Il tipo cellulare più frequente è quello nel quale l'origine delle fibrille del prolungamento nervoso avviene dalla rete nella parte periferica della cellula, in rapporto a una zona, che, con i metodi per la colorazione della sostanza cosiddetta cromatica è del tutto scolorata, e che invece è fornita d'un fitto addensamento della rete endocellulare, e prende il nome di cono cilindrassile (tav. a colori, fig. 1).
In altri tipi cellulari l'origine delle fibrille del prolungamento nervoso avviene in conseguenza di un addensamento della rete esteso dalla periferia della cellula fino al cercine perinucleare (tav. a colori, fig. 2).
Infine, esistono elementi di tipo speciale, e più rari, nei quali il prolungamento nervoso attinge prevalentemente la propria origine nella parte della rete che è situata nel più profondo della cellula, cioè nello stesso cercine perinucleare (tav. a colori, fig. 3); oppure contemporaneamente da fibrille lunghe e dal cercine perinucleare (tav. a colori, fig. 4).
La periferia della cellula nervosa è avvolta da un apparato a larghe maglie, messo in evidenza dal Golgi. Particolari ricerche hanno dimostrato che tale apparato contiene, in ciascuna delle sue maglie, formazioni chiamate raggiere; e che l'apparato stesso è in rapporto di continuità con il tessuto circostante. Contrariamente al concetto di A. Bethe e F. Nissl, tale apparato certamente non è nervoso, probabilmente è nutritivo. L'affermazione del Golgi, che i prolungamenti protoplasmatici hanno funzione nutritiva, considerata inesatta da varî autori, data la dimostrazione della presenza di neurofibrille nei prolungamenti protoplasmatici, si può ritenere ancora difendibile, nel senso che i prolungamenti protoplasmatici, provvisti, a differenza del cilindrasse, dell'accennato apparato periferico, potrebbero essere considerati come destinati a funzione mista nutritiva e nervosa.
Nei neuroni degl'Invertebrati le neurofibrille hanno caratteri morfologici alquanto diversi e in genere hanno un'individualità più pronunziata. Secondo Apáthy nelle sanguisughe le neurofibrille si seguono per lunghi tratti nei nervi, mentre nel citoplasma dei pirenofori e negli organi periferici si dividono in reti di fibrille elementari a maglie più ampie che nelle cellule dei Vertebrati (fig. 14).
Le fibrille delle cellule nervose si scorgono, come s'è detto, soltanto con speciali metodi di colorazione; nel tessuto nervoso vivente non si sono potute finora distinguere strutture paragonabili a quelle dei preparati colorati. Per questa ragione, e anche in vista delle immagini discordanti che si ottengono col variare la tecnica, sorse il dubbio che le neurofibrille dei preparati fissati e colorati sianti una pseudostruttura determinata dai procedimenti di fissazione e colorazione. Negli elementi nervosi viventi coltivati in vitro si vede talora una fine striatura, mai filamenti ben individualizzati, come nei preparati fissati (G. Levi). Esisterebbe nel protoplasma dei neuroni un colloide (sostanza neurofibrillare), che non ha riscontro in altri elementi, e sarebbe dunque specifico per ogni forma di protoplasma nervoso; sarebbe di consueto in forma di sottili filamenti gelificati a forma mutevole, i quali non vanno dunque considerati come veri organuli cellulari individualizzati e stabili. Sebbene le neurofibrille non preesistano in vivo nella stessa forma con cui si vedono nei preparati, tali immagini non sono pseudostrutture, ma sono invece da considerare come l'espressione d'un particolare stato del protoplasma del neurone, probabilmente d'una speciale orientazione delle micelle colloidali (struttura latente secondo T. Péterfi).
Per qualche tempo, quando fu svelata la costante esistenza delle neurofibrille, I. Apáthy e A. Bethe ammisero che a questi filamenti fosse in modo esclusivo connessa la proprietà di trasmettere velocemente gli eccitamenti del protoplasma nervoso (120 metri al secondo nei nervi periferici). Questa ipotesi non è sostenibile; non vi è una separazione netta e precisa fra neurofibrille e sostanza interfibrillare; e le prime molto probabilmente sono strutture instabili; è dunque inverosimile che la funzione di conduzione sia un privilegio delle neurofibrille. È di singolare importanza tuttavia l'assoluta specificità della sostanza neurofibrillare per il protoplasma neuronico e la sua costante esistenza per tutta l'estensione del neurone.
Un altro costituente degli elementi nervosi è la sostanza cromofila o tigroide; esso non è però così specifico del protoplasma nervoso come la sostanza neurofibrillare. È costante nel pirenoforo e nel tratto iniziale dei dendriti dei neuroni di grande e medio volume dei Vertebrati, manca in una zona ben circoscritta del citoplasma, nella quale convergono le neurofibrille del neurite, e manca in tutto il decorso di quest'ultimo, come pure nei rami dendritici sottili. La sua quantitâ è proporzionale al volume della cellula, manca nelle più piccole cellule (granuli del cervelletto); esiste anche nelle cellule nervose di alcuni Invertebrati (non di tutti); la tigroide non è dunque, come le neurofibrille, essenziale alla funzione del neurone. Possiede come le neurofibrille una colorabilità primaria per le sostanze della serie delle tiazine (tionina, blu di metilene), la colorazione scompare dopo trattamento con sali di cromo. La tigroide è sempre in forma di granuli minuti; quando questi sono uniformemente distribuiti, il citoplasma ne ritrae un aspetto polverulento (fig. 15, A), ma spesso i granuli si riuniscono in gruppi o in groisi blocchi di varia forma e volume; nelle cellule radicolari, in alcune dei ganglî sensitivi e in varie altre la sostanza cromofila è raccolta in ammassi dai quali la cellula trae aspetto tigrato (fig. 15, B; da ciò il nome di sostanza tigroide di F. Nissl). Si volle istituire una classificazione delle cellule nervose fondata sopra la distribuzione della tigroide, ma questa fu riconosciuta priva d'importanza. V'è un certo rapporto fra la distribuzione della tigroide e quella delle neurofibrille: p. es., nelle cellule a tigroide polvemlenta il reticolo neurofibrillare è a fini maglie, le quali corrispondono alla sede della tigroide. Però non sempre le due immagini sono sovrapponibili, come dovrebbe essere se la tigroide riempisse semplicemente i vani lasciati liberi dalle fibrille.
Per la sostanza tigroide, come anche per le neurofibrille, è stato discusso se preesista in vivo nella stessa forma con cui la vediamo nei preparati. Per molte ragioni è da ritenere che anche in vivo sia nella fase di gel denso; la fine struttura granulare quale appare nei preparati fissatì in alcool e in bicloruro di mercurio è il risultato d'una precipitazione, ed è probabile che la sostanza cromofila sia in vivo molto diffusa nel citoplasma. Però riflettendo alla costanza della sua distribuzione in ciascun tipo cellulare, anche se il tessuto fu trattato con liquidi fissatori diversi, e al suo comportamento caratteristico nelle alterazioni cellulari, e per di più diverso se queste dipendono da sostanze tossiche circolanti o da lesioni del neurite, sembra inverosimile che la sostanza cromofila sia una pseudostruttura, vale a dire che il processo di fissazione faccia apparire strutture non preesistenti in vivo.
Il pirenoforo di molti neuroni dell'uomo contiene granuli di pigmento giallo (melanina, costituita da un lipocromo). Incomincia ad apparire a una certa età e la sua quantità si accresce progressivamente síno a estendersi nei vecchi (per lo meno in alcuni tipi di neuroni) in tutto il citoplasma. Perciò la pigmentazione viene ritenuta una manifestazione di senescenza dei neuroni. Ma l'epoca di comparsa del pigmento e l'entità dell'aumento di questa sostanza è diversa nei singoli tipi di neuroni ed è soggetta anche a variazioni individuali sensibilissime. Per es., nel ganglio cervicale superiore del simpatico dell'uomo appare alla nascita o anche prima; e verso il 30-40° anno di solito tutte le cellule ne contengono una grande quantità. Nei neuroni radicolari motori e nei neuroni sensitivi appare più tardi e ancora più tardi nelle cellule della corteccia cerebrale. Nelle piccole cellule è in scarsa quantità o anche manca del tutto.
È scarso nei neuroni dei comuni Mammiferi domestici, manca in quelli di piccola mole e manca pure nei Vertebrati inferiori. Si ritiene che il pigmento sia un prodotto di rifiuto difficilmente eliminabile, che si va formando di continuo, ma in minima quantità.
Il nucleo delle cellule nervose ha sempre forma sferica; a fresco appare come una vescichetta trasparente, con un nucleolo molto voluminoso nelle grandi cellule. Quest'ultimo è costituito da una grossa massa colorabile con le sostanze acide, e da 2-3 zolle di basicromatina (nucleina; v. citologia) sottili, a forma semilunare, situate alla periferia (G. Levi). Il nucleo non contiene granuli di basicromatina disseminati; e mancano pure i granuli addossati, sulla faccia interna della membrana nucleare e costanti in tutte le altre cellule; quest'ultima è sempre acidofila. Nelle medie e piccole cellule il nucleo ha sostanzialmente la stessa struttura, ma meno regolare. Questa particolare struttura del nucleo è in relazione con l'elevata differenziazione degli elementi nervosi.
Struttura delle fibre nervose. - Il neurite dei neuroni del 1° tipo di Golgi conserva gli stessi caratteri nel suo lungo decorso, ma nei Vertebrati adulti a una certa distanza dall'origine si riveste di guaine proprie (guaina mielinica e nevrilemma); a queste si sovrappongono nei nervi periferici cerebro-spinali altre guaine dipendenti dal connettivo, la guaina perineurale ed endoneurale. Insistiamo su questo punto: le formazioni chiamate comunemente fibre nervose non sono già entità morfologiche autonome, ma sono parti di neuroni; le fibre dei nervi periferici e della sostanza bianca e grigia dei centri nervosi sono i prolungamenti neuritici dei pirenofori dei neuroni del 1° tipo di Golgi, quasi sempre rivestiti di guaine. A seconda che le fibre hanno l'una o l'altra delle guaine o non ne hanno, si distinguono: 1. fibre mieliniche con nevrilemma; 2. fibre mieliniche senza nevrilemma; 3. fibre amieliniche: a) con nevrilemma, b) neuriti nudi. Raggruppamento che ha un valore più didattico che sostanziale, perché una stessa fibra è a vicenda nei suoi varî tratti nuda, mielinica e mielinica con nevrilemma, per spogliarsi nuovamente delle guaine nell'espansione.
Fibre mieliniche con nevrilemma. - In tutti i Vertebrati, fuorché nei Ciclostomi, sono la continuazione da neuriti delle cellule motrici del midollo e dell'encefalo e delle cellule dei ganglî sensitivi cerebro-spinali. Si trovano in numero preponderante nelle radici e nei nervi periferici cerebro-spinali, fuorché nel nervo ottico e nell'olfattorio, in minor numero nel tronco e nei rami del simpatico. Queste fibre sono altrettanto lunghe quanto il nervo di cui fanno parte, estendendosi dall'origine sino all'organo terminale; cosicché confrontando nervi omologhi, la loro lunghezza risulta proporzionale alla mole corporea. Per tutto il lunghissimo decorso le fibre sono indipendenti e indivise; ove i nervi si anastomizzano a plesso e nei punti in cui da un tronco si separa un ramo collaterale, si ha una ripartizione di fasci di fibre, mai una divisione. Questa incomincia soltanto presso l'estremo distale dei tronchi nervosi (fig. 16), poco prima delle espansioni terminali nei muscoli, nel tegumento, nelle mucose.
Confrontando lo spessore delle fibre di nervi diversi di uno stesso animale, come pure le fibre di uno stesso nervo, risultano differenze di spessore, che possono essere cospicue (da 2 a 16 μ, di diametro nell'uomo). V'è un rapporto quasi costante tra lo spessore della fibra e il volume della cellula da cui essa si origina; poiché d'altra parte le cellule più grandi dànno origine a fibre piu lunghe, v'è una certa relazione fra spessore e lunghezza della fibra. Dal confronto fra fibre nervose omologhe di animali diversi, risulta che le specie di maggior mole corporea hanno più grosse fibre; la proporzionalità rispetto alla mole corporea è però meno rigorosa che per le cellule nervose (G. Levi).
Le fibre fresche dissociate sono molto rifrangenti e biancosplendenti, proprietà ottiche le quali dipendono da una guaina di consistenza semifluida, costituita da un colloide ricchissimo di lipoidi (lecitina, cefalina, protagone, colesterina), la guaina mielinica, ed è il solo costituente della fibra visibile a fresco; essa costituisce il manicotto che avvolge il neurite il quale è mascherato nelle fibre fresche dall'opacità della mielina.
La guaina mielinica s'interrompe a intervalli regolari come se fosse in quel punto compressa da uno stretto anello; sono questi gli strozzamenti anulari (di Ranvier). La lunghezza del tratto di fibra compresa fra due strozzamenti (segmento interanulare) è nelle fibre dell'uomo di 0,8-i mm. di lunghezza; ove la fibra incomincia a dividersi i segmenti son più brevi (fig. 16). La guaina mielinica è costituita da sostanze labili sensibilissime agl'insulti meccanici e ai mutamenti nella costituzione fisica e chimica del mezzo. Quando la fibra si altera, se per es. la fibra è stirata oltre un certo limite o dopo aggiunta di soluzioni ipotoniche o per l'effetto dei processi morbosi, la guaina si disgrega in grossolane zolle. Per il suo contenuto in lipoidi la guaina mielinica delle fibre integre si colora in grigio con l'acido osmico, in rosa col sudan. Ma quando la fibra si altera, dalle lecitine della mielina si liberano acidi grassi e si formano esteri grassi glicerici o colesterinici, che si colorano in nero con l'acido osmico. Su questo mutamento nella colorabilità della mielina si fonda un metodo d'indagine, il quale permette di distinguere le fibre degenerate dalle sane e ha reso segnalati servigi nelle ricerche sperimentali sul sistema nervoso (metodo Marchi).
La guaina mielinica non ha costituzione uniforme per tutta l'estensione di un segmento interanulare; vi si distinguono delle interruzioni in numero di 20-30 per segmento, a forma d'imbuti che si guardano per gli apici, più sovente incuneati l'uno nell'altro; così ogni segmento viene suddiviso in tanti spazî chiamati cilindroconici. In nervi colorati col cromato d'argento si vede che ciascun imbuto corrisponde a un filamento a decorso spirale, costituito da una sostanza più consistente dei lipoidi della mielina e che formerebbe una specie di scheletro. Però da ricerche della scuola di A. Pensa sopra fibre nervose fresche, risulterebbe discutibile la reale esistenza dei filamenti spirali; la guaina mielinica integra sarebbe piuttosto sfaldata in un sistema di lamelle in intimo contatto.
Alla superficie esterna della guaina mielinica aderisce intimamente una delìcatissima membranella anista, trasparente, e perciò invisibile a fresco, il nevrilemma. Fra la superficie interna del nevrilemma e la mielina vi è per ciascun segmento una cellula singola espansa verso la periferia in un sottile velo (cellule di Schwann); la sua parte centrale contenente il nucleo è accolta in una nicchia della guaina. Il nevrilemma delle fibre motrici si arresta all'emergenza delle radici spinali e cerebrali, quello delle fibre sensitive si segue sino alla cellula d'origine.
Il neurite o cilindrasse ha forma cilindrica. È rivestito dal manicotto mielinico per tutta la sua estensione, fuorché in corrispondenza degli strozzamenti anulari, ove il manicotto s'interrompe; il neurite è continuo dalla cellula d'origine sino all'estremo distale della fibra, ove questa dividendosi costituisce l'espansione terminale. A fresco il neurite appare a struttura omogenea, mentre con metodi istologici adeguati vi si distingue un fascio di fibrille indipendenti in numero di 10-20 nelle fibre sottili, di 30-50 nelle più grosse, contenute in un substrato tenue a struttura omogenea. È discutibile se queste neurofibrille corrispondano a strutture reali o non siano invece l'espressione di un particolare stato dei colloidi della sostanza nervosa modificato dai fissatori.
In corrispondenza dello strozzamento anulare per la mancanza della mielina, la fibra è più permeabile ed è presumibile che per questa disposizione i liquidi nutritivi arrivino più facilmente in contatto col neurite. Nel punto in cui la guaina mielinica si arresta, il nevrilemma che riveste i due segmenti interanulari contigui si ripiega da ogni lato sino ad arrivare quasi a contatto col neurite, formando così due lamine saldate (fig. 17).
Fibre mieliniche senza nevrilemma. - Costituiscono la massa della sostanza bianca dei centri nervosi e dalla presenza della mielina delle fibre nervose dipende il loro speciale aspetto bianco-splendente. Sono inoltre sparse in gran numero anche nella sostanza grigia; sappiamo infatti che i neuriti della più gran parte dei neuroni a neurite lungo (del 1° tipo) si rivestono di guaina mielinica poco dopo l'origine della cellula. Sono raccolte in fasci compatti nella sostanza bianca, a fascetti più lassi nella grigia. Non si anastomizzano mai l'una con l'altra, in punti determinati emettono collaterali, spesso mieliniche, dirette verso la sostanza grigia, ove si esauriscono con arborizzazioni terminali. Mancano gli strozzamenti anulari, la guaina mielinica è continua per tutta l'estensione della fibra.
Fibre amieliniche. - Sono sprovviste di guaine le fibre nervose dell'embrione e del sistema nervoso centrale dei Ciclostomi, un certo numero di fibre delle radici e dei nervi periferici cerebrospinali dei Vertebrati adulti, inoltre un tratto del neurite in prossimità immediata della cellula, molte fibre del simpatico, i plessi della cornea e i tratti terminali dei neuriti e delle collaterali di questi che non escono dalla sostanza grigia.
Le fibre del nervo olfattorio e le fibre del simpatico (fibre pallide di Remak) sono ritenute amieliniche; ma secondo V. Diamare e M. De Mennato ciò non sarebbe esatto; anche le fibre simpatiche avrebbero guaina mielinica, però sottilissima.
Espansioni dei neuriti alla periferia. - Abbiamo già accennato incidentalmente al destino delle fibre dei nervi periferici negli organi a cui sono destinate; esse si dividono ripetutamente e i rami terminali vi penetrano, in intimo rapporto con gli elementi dei tessuti. Per le proprietà funzionali si distinguono fibre dei nervi effettrici o efferenti (alcune delle quali sono motrici, altre secretrici) e recettrici o afferenti.
1. Espansioni dei neuriti a conduzione centripeta (recettori): sono questi i rami dei neuroni dei ganglî sensitivi cerebro-spinali diretti verso la periferia. Gli eccitamenti che essi ricevono e che trasmettono alle cellule dei ganglî in parte sono coscienti, in parte non lo sono. Le fibre recettrici arrivano in ogni regione del corpo e hanno connessioni morfologicamente diverse con gli elementi specifici dei singoli organi; le espansioni recettrici hanno dunque impronta propria a seconda della regione. Ne daremo qui di seguito alcuni esempî.
Le fibre recettrici che innervano gli epitelî molto spesso terminano negl'intervalli fra le cellule epiteliali, senza che nel punto in cui i rami si esauriscono le cellule abbiano caratteri speciali. Così, per es., nell'epidermide e in molte mucose; le fibre nervose si dividono ripetutamente nel derma in rami esili, divergenti, i quali sono divenuti amielinici e risalgono nello strato di Malpighi dell'epidermide, ove terminano liberamente negl'intervalli fra le cellule epiteliali (fig. 18). Essi sono destinati a trasmettere le sensazioni di dolore; a ciascun punto doloroso corrisponde un gruppetto di fibre nervose.
Invece negli apparati di senso specifico (dell'udito, dell'equilibrio, del gusto) le fibre nervose hanno connessioni più intime con elementi chiamati sensoriali, i quali non vanno confusi con le cellule nervose periferiche dell'organo dell'olfatto, ma sono invece cellule epiteliali con caratteri alquanto diversi dalle comuni cellule di rivestimento e che si sono differenziate in speciale modo per la recezione, per la trasformazione e per la trasmissione degli eccitamenti.
La peculiarità dell'organo dell'udito e dell'equilibrio è che ciascuna fibra ha un territorio d'innervazione molto ristretto; una fibra principale oppure uno dei suoi rami di divisione, raggiunta la cellula sensoriale rispettiva, si espande in una specie di calice aderente alla base di questa (fig. 19).
Le fibre recettrici che si espandono nel connettivo terminano in parte liberamente, in parte con corpuscoli terminali di forma svariatissima, ma che hanno qualche carattere comune. Il connettivo si è differenziato intorno al tratto terminale della fibra nervosa in un involucro; la fibra recettrice percorre la parte assile del corpuscolo dopo essersi spogliata delle guaine; spesso ha un tragitto flessuoso e presenta delle varicosità. Inoltre nell'interno del corpuscolo terminano altre fibre più sottili d'incerta origine, le quali si suddividono in finissimi rami varicosi fittamente intrecciati.
Fra i corpuscoli terminali del connettivo che hanno maggiore diffusione nell'uomo ricorderemo i seguenti:
I corpuscoli di Pacini (scoperti nel 1835 da Filippo Pacini), numerosissimi nel connettivo sottocutaneo della palma della mano e della pianta del piede dell'uomo; misurano da 1 a 4 mm. di lunghezza, 1-2 mm. di diametro. Hanno un grosso involucro costituito da 20-60 sottili lamelle disposte concentricamente, come i veli di una cipolla; ciascuna lamella consta di fibre collagene addensate con fibroblasti alle due superficie. La parte assile del corpuscolo è percorsa dal neurite più cospicuo (principale), il quale di solito procede indiviso, rigonfiandosi a bottone all'estremità e fornisce soltanto qualche brevissimo ramo collaterale, e da una o più fibre accessorie sottili, che si dividono in rami fittamente intrecciati.
I corpuscoli di Golgi-Mazzoni del tessuto sottocutaneo (destinati a ricevere le sensazioni di freddo) hanno forma clavata e una capsula più sottile di quelli di Pacini; la fibra nervosa si divide in rami tortuosi. I corpuscoli di Grandy del derma del becco, della lingua e della faringe degli uccelli hanno un sottile involucro di connettivo contenente da 2 a 5 cellule grandi, appiattite, sovrapposte a pila; ritenute di natura sensoriale; nei corpuscoli più piccoli a due cellule, il neurite non si divide e s'insinua nell'intervallo fra le cellule espandendosi in estesi dischi a forma lamellare (dischi tattili) costituiti da una fine rete neurofibrillare.
I corpuscoli di Meissner sono numerosissimi nelle papille del derma del tegumento dell'uomo, specialmente nelle regioni a sensibilità più squisita. Hanno forma ovoidale, contengono cellule connettivali disposte a strati perpendicolarmente all'asse maggiore del corpuscolo. La fibra nervosa spesso si divide prima di raggiungere il polo prossimale del corpuscolo; i suoi rami ormai sprovvisti di guaine descrivono nell'interno del corpuscolo, negl'intervalli fra le cellule, molti giri a decorso spirale ed emettono rami sinuosi (fig. 20). I corpuscoli di Meissner sono destinati a ricevere le sensazioni tattili; la loro posizione superficiale armonizza con la netta demarcazione dei punti tattili che è stata dimostrata sperimentalmente.
I corpuscoli di Ruffini sono numerosissimi nella parte superficiale del connettivo sottocutaneo, si trovano anche in altre regioni (nel derma del letto ungueale, nei legamenti); hanno forma affusata (2 × 0,2 mm. di diam.), hanno uno stroma ricco di fibre elastiche, orientate lungo l'asse del corpuscolo; contengono una estesa espansione (fornita nei più piccoli corpuscoli da un'unica fibra), a rami sottili, corti, tortuosi, con molte varicosità e spine, collegate l'una all'altra da esili filamenti. I corpuscoli di Ruffini sarebbero, come quelli di Pacini, destinati a ricevere le sensazioni per il caldo.
Le fibre recettrici destinate all'apparato muscolare terminano nella zona limite fra muscolo e tendine mediante varî tipi di organi terminali; gli uni (corpuscoli di Pacini e di Golgi-Mazzoni del perimisio e dei sepimenti intermuscolari) sono simili a quelli di altre regioni, altri sono specifici dei muscoli; questi sono i fusi neuromuscolari e gli organi muscolo-tendinei. I primi risiedono nei muscoli nei punti ove si continuano nei tendini; ciascun fuso consta di un fascetto di fibre muscolari sottili (da 2 a 10) ricche di sarcoplasma, fasciato da un involucro connettivale. Al fuso arrivano una o più grosse fibre sensitive mieliniche, le quali, penetrate nell'interno di esso, si dividono in rami, e questi perdono la guaina mielinica e il nevrilemma e s'avvolgono a spira intorno a un fascetto di fibre muscolari o a una fibra singola (terminazione anulo-spirale o primaria). Alle estremità del fuso hanno termine altre fibre mieliniche sensitive che si dividono in rami varicosi (terminazione a fiorami, secondaria).
Furono descritte infine altre espansioni a forma di placchette, ritenute (secondo A. Ruffini erroneamente) motrici. Si ammette che per effetto della contrazione delle fibre muscolari del fuso, le terminazioni sensitive siano eccitate e trasmettano ai centri la sensazione del grado di contrazione di tutto il muscolo. Ruffini li interpreta, invece, come organi recettori delle impressioni provenienti dallo stato funzionale del muscolo circostante.
Gli organi muscolo-tendinei di Golgi esistono in quasi tutti i tendini dei muscoli striati, presso il punto in cui si originano dalle fibre muscolari. Hanno forma affusata, contorno netto; vi penetrano da 1 a 4 fibre, le quali perdono la guaina mielinica dopo breve tratto, si dividono in ramuscoli diretti verso la periferia del corpuscolo e si risolvono in cespugli di filamenti finissimi, con varicosità talora anastomizzate l'una con l'altra (fig. 21). Agli organi muscolo-tendinei spetterebbe la funzione di valutare il grado di contrazione indispensabile per vincere una determinata resistenza ed essi regolerebbero quindi la contrazione muscolare, determinando nei centri nervosi gl'impulsi motori necessarî per aumentarla o diminuirla.
2. Espansioni dei neuriti a conduzione centrifuga (effettori). Ne distinguiamo due varietà diverse morfologicamente e funzionalmente; somatici, destinati alla muscolatura volontaria e provenienti da neuroni radicolari del midollo e dell'encefalo, e viscerali, i quali innervano la muscolatura liscia e le ghiandole e provengono da neuroni dei ganglî del simpatico.
I neuriti dei neuroni somatici, i quali decorrono, come sappiamo, nei nervi periferici cerebro-spinali, arrivati nei muscoli striati si dividono ripetutamente in corrispondenza di uno strozzamento di Ranvier (fig. 22) e ciascun ramo innerva una fibra muscolare; nei Mammiferi le divisioni sono scarse, mentre nella rana una sola fibra nervosa fornisce 30 rami destinati a un numero corrispondente di fibre muscolari. Nei Pesci le divisioni sono ancora più numerose. Nei Mammiferi il ramo nervoso perde la guaina amielinica, penetra nella fibra muscolare e termina in una formazione ben delimitata sporgente alla superficie della fibra muscolare (placca motrice) a rami flessuosi con varicosità riunite da tratti sottili (fig. 22), con varî nuclei; essa è costituita in parte dalla sostanza della fibra muscolare, in parte dall'arborizzazione del neurite.
Molte volte la placca non è la vera terminazione della fibra motrice; Ruffìni vide partire rami esili da un ramo varicoso della placca e terminare con placchette secondarie nella stessa fibra muscolare o anche in un'altra fibra (fibre ultraespansionali); queste sottili fibre si anastomizzerebbero in seno alla fibra muscolare formando una vasta rete. Le fibre ultraespansionali furono interpretate come equivalenti alle collaterali dei centri nervosi. La fibra muscolare striata riceve anche fibre più esili, le quali nei Rettili (A. Perroncito) formano un plesso in seno alla placca motrice, mentre nei Mammiferi costituirebbero terminazioni accessorie talora indipendenti dalla placca. Queste sottili fibre furono ritenute di natura simpatica e fu supposto presiedano alle contrazioni toniche delle fibre muscolari. Però risultati di ricerche recenti non hanno confermato l'esistenza di un'innervazione simpatica nelle fibre muscolari (Marion Hines).
Le modalità con cui si espandono le fibre dei neuroni simpatici nella muscolatura liscia sono poco conosciute; nella tonaca muscolare dei vasi furono viste arborizzazioni, ciascuna delle quali è fornita da un'unica fibra nervosa; i rami di divisione decorrono parallelamente all'asse delle cellule muscolari e terminano alla superficie di queste con varicosità.
Espansioni dei neuriti negli organi nervosi centrali. - Nella sostanza grigia dell'encefalo e del midollo spinale di animali adulti esiste, come sappiamo, un intreccio di rami di neuriti, intricato al punto, che è praticamente impossibile, anche nei preparati meglio riusciti, di rintracciarne l'origine e le modalità con cui terminano. Cosicihé sembrerebbe praticamente impossibile di analizzare i caratteri delle espansioni dei neuriti nella sostanza grigia, come è stato fatto per gli organi periferici. Ma coll'applicazione del metodo Golgi nel sistema nervoso di embrioni e di feti, nei quali, l'intreccio dei rami nervosi essendo meno complesso, l'analisi del loro destino è meno arduo, Cajal e più tardi A. van Gehuchten e R. Kölliker hanno dimostrato che i neuriti e le collaterali dei neuriti terminano nella sostanza grigia con arborizzazioni libere. Queste arborizzazioni molto spesso hanno intimi rapporti con altri neuroni.
Le modalità e l'estensione delle arborizzazioni terminali, il numero, lo spessore deì rami, il loro decorso sono estremamente variabili. Talora ciascuna collaterale s'espande in un mazzetto di fibre corte, nodose, oppure in un gomitolo di rami flessuosi e intrecciati; oppure si va per gradi ad arborizzazioni più estese (figg. 23, 24, 26, 27). Variabili sono pure i rapporti d'interdipendenza fra le espansioni terminali e il pirenoforo o i dendriti di altri neuroni. Sono singoli rami che strisciano alla superficie del pirenoforo o dei dendriti, oppure questi sono avvolti da canestri fittissimi. Quando le connessioni fra i due neuroni sono circoscritte al corpo cellulare, si parla di articolazione axonatica, se invece l'espansione è in rapporto con l'arborizzazione dendritica, si parla di articolazione axodendritica.
Le modalità di queste articolazioni o sinapsi interneuronali furono minuziosamente illustrate, specialmente in vista delle deduzioni d'indole teorica che da esse furono tratte. Ci limiteremo a riferire singoli esempî di sinapsi interneuronica. Nella forma più frequente innumerevoli sottili rami terminano con piccoli bottoni a struttura neurofibrillare in contatto col corpo cellulare o coi dendriti; per es., alle cellule radicolari anteriori perviene un gran numero di sottili rami provenienti da sistemi di fibre diversi (fig. 25), dimodoché è lecito supporre che un solo neurone riceva eccitamenti di varia natura. Oppure le fibre dell'espansione terminale strisciano alla superficie del pirenoforo o dei dendriti del 2° neurone (contatto parallelo); sono queste le forme di sinapsi più caratteristiche, a forma di calice o di canestro (figg. 24, 26, 27). Nel nucleo del corpo trapezoide del rombencefalo ciascuna cellula del nucleo è strettamente abbracciata da un'espansione a forma di calice, la quale è fornita da una grossa fibra proveniente da un neurone del nucleo cocleare ventrale (fig. 26). I canestri che avvolgono le cellule di Purkinje del cervelletto sono forniti dalle collaterali del neurite di cellule dello strato molecolare (fig. 27); però in questo caso un solo neurone (cellula dei canestri) si articola con numerosi neuroni di Purkinje. L'articolazione axodendritica può essere estesa a una gran parte dell'arborizzazione dendritica, ad es. nella sinapsi tra le fibre dette rampicanti e i neuroni di Purkinje del cervelletto (fig. 28). Oppure l'arborizzazione del neurite si articola solamente con le espansioni terminali dei dendriti (articolazione axodendritica terminale); cosi nei glomeruli olfattivi, ove le fibre olfattorie orìginatesi dai neuroni sparsi nella mucosa olfattiva si ramificano nel bulbo olfattivo con arborizzazioni compatte raccolte in una regione circoscritta (fig. 29); ciascuna di queste arborizzazioni s'intrecLia con una ramificazione pure limitata e serrata del dendrite principale di una cellula mitrale del bulbo olfattivo. Anche nei glomeruli delle fibre muscoidi del cervelletto l'articolazione interneuronica è limitata alle espansioni terminali dendritiche.
Connessioni fra i costituenti elementari del tessuto nervoso. - Nella nostra esposizione abbiamo finora seguito il filo direttivo dell'ipotesi di lavoro, che il tessuto nervoso sia costituito da unità anatomiche elementari chiamate neuroni. Però, per quanto convinti che quest'ipotesi meglio di ogni altra armonizzi con fatti finora conosciuti, conviene che in una succinta esposizione critica poniamo in rilievo ciò che è obiettivamente dimostrato e ciò che è ipotetico in questo corpo di dottrina. Sebbene essa domini oggi quasi incontrastata nella neurologia, non possiamo dimenticare che C. Golgi, lo scopritore di un "mondo sconosciuto" qual era prima dei suoi immortali studî la struttura del tessuto nervoso, ha vivacemente contestata sino al giorno della sua morte l'esistenza d'individualità elementari nel tessuto nervoso. E a tutt'oggi un esperto conoscitore della struttura del tessuto nervoso, A. Pensa, allievo di Golgi, segue in gran parte le idee del suo maestro. Golgi ammetteva che le arborizzazioni dendritiche terminino liberamente, ma riteneva che la sostanza grigia fosse percorsa da una rete nervosa diffusa a tre dimensioni formata: a) dalle collaterali dei neuriti delle cellule del 1° tipo, che interpretò di natura motoria b) dalle arborizzazioni dei neuriti delle cellule del 2° tipo; c) dalle suddivisioni delle fibre delle radici posteriori. Secondo Golgi le cellule nervose e il reticolo diffuso aviebbero una parte diretta nella funzione nervosa, mentre i dendriti, tenendo conto degl'intimi rapporti tra i più fini rami di questi e i vasi sanguigni, avrebbero funzionc prevalentemente trofica (fig. 33).
I risultati di un altro ordine di ricerche e sopra materiale diverso si trovarono in disaccordo con l'ipotesi del neurone. Secondo l'istologo ungherese I. Apáthy nel sistema nervoso delle Irudinee (sanguisughe) i componenti essenziali del tessuto nervoso sono le neurofibrille, non le cellule; esse costituiscono un tutto continuo, il quale collega le cellule nervose dei ganglî alla rete della parte centrale dei ganglî (neuropilo) e alle reti situate alla periferia del corpo.
L'istologo spagnolo S. Ramón y Cajal applicando la reazione cromoargentica di Golgi a embrioni e ad animali giovani diede la prova obiettiva di quanto A. Forel aveva supposto, che le ramificazioni dei neuriti sono indipendenti le une dalle altre; e fondandosi d'altra parte sul fatto scoperto dall'embriologo G. His, che tutte le fibre nervose derivano nell'embrione dai neuroblasti (cellule nervose embrionali) e crescono per le estremità libere, formulò l'ipotesi che il tessuto nervoso sia costituito da individualità anatomiche chiamate da W. Waldeyer neuroni, morfologicamente e funzionalmente discontinue. Riferendosi ai dati istologici da noi già sommariamente riferiti, secondo i quali le arborizzazioni dei neuriti di un determinato neurone si connettono col pirenoforo o coi dendríti di un secondo neurone (sinapsi interneuroniche), Ramón y Cajal formulò l'ipotesi della polarizzazione dinamica, che i dendriti, il pirenoforo e il neurite abbiano a comune la funzione conducente della corrente; ma le due prime porzioni del neurone differiscono della terza, non per la funzione diversa, come supponeva Golgi, bensì per la direzione e per la velocità della corrente: dendriti e pirenoforo conducono verso l'origine del neurite, e lentamente, mentre la conduzione da parte del neurite è più veloce e procede in direzione opposta alla cellula verso l'arborizzazione del neurite.
Ove il neurite si arborizza, trasmette l'eccitamento a uno o più neuroni; quest'è la sede delle sinapsi interneuroniche delle quali abbiamo parlato (v. sopra). Nel 2° neurone la corrente procede nel modo già indicato; l'arborizzazione del 2° neurone si può connettere con un 3° sistema mediante una nuova sinapsi. In alcune regioni dei centri nervosi un fenomeno riflesso molto semplice si può compiere per l'articolazione di due soli neuroni, in altre invece varî neuroni si articolano a catena (figg. 34, 35)
In questa geniale ipotesi sono compresi vari concetti distinti. Consideriamo prima d'ogni altro il principio più essenziale per la dottrina del neurone, l'esistenza d'individualità elementari, che furono interpretate come cellule cresciute smisuratamente in estensione. Evidentemente la loro esistenza non può essere dimostrata nel tessuto nervoso maturo, per lo meno con metodo anatomico; l'unità neuronica emerge limpidamente invece dai fatti che l'embriologia, la patologia sperimentale e l'anatomia patologica hanno posto in luce. Le cellule destinate a formare i neuroni (neuroblasti di His) si riconoscono molto precocemente nell'abbozzo del sistema nervoso; esse hanno già alcuni caratteri specifici, e più precisamente un reticolo neurofibrillare nel citoplasma; a questa fugace fase di neuroblasta apolare (fig. 30-na), segue quella di neuroblasta unipolare e bipolare, caratterizzata dalla comparsa dei primi prolungamenti (fig. 30-n).
Nell'abbozzo del midollo spinale prima degli altri si differenziano i neuroni radicolari motori, in numero scarso; il neurite cresce in lunghezza per movimento ameboide, oltrepassa i limiti del midollo e facendosi strada nel mesenchima raggiunge ben tosto l'organo terminale, al quale è destinato, il miotomo, dal quale deriva la muscolatura striata.
Con modalità analoghe si differenziano altri tipi di neuroni, quelli dei ganglî di senso, come pure gli altri numerosissimi, i neuriti dei quali non escono dal canale midollare e sono destinati ad associare l'uno all'altro centri lontani e vicini del sistema nervoso.
Un fatto di grande interesse emerge adunque dall'esame dell'abbozzo del sistema nervoso in questi precoci periodi; che ciascun neurite è un prodotto dell'attività di un unico neuroblasta, alla sua differenziazione non partecipano altri elementi; esso cresce liberamente per attività ameboide dell'estremità distale finché raggiunge la sua destinazione (fig. 31).
L'esistenza di neuroni, unità anatomiche distinte, è in questi precoci periodi dello sviluppo incontestabile. Se poi essi abbiano il valore di cellule, il che quando le propaggini dei neuroni crescono enormemente in lunghezza può sembrare paradossale, è questione oziosa. L'essenziale è che ciascun neurone è un derivato di un'unica cellula.
Più tardi la struttura del tessuto nervoso si complica progressivamente; i neuroblasti del midollo e dell'encefalo emettono i dendriti, dapprima scarsi e brevi; più tardi essi crescono in lunghezza e formano un'arborizzazione sempre più complessa. Dal neurite si dipartono collaterali in numero crescente. Infine il pirenoforo cresce molto in grandezza. In complesso la massa complessiva del neurone acquista al termine dell'accrescimento somatico le dimensioni rilevantissime di cui abbiamo fatto cenno, e che negli animali di gran mole diventano addirittura gigantesche.
La presenza di un gran numero di cellule (epiteliali e mesenchimali) intorno ai neuriti dei nervi periferici in via di sviluppo faceva pensare che quelle cellule contribuissero alla formazione dei neuriti. Ciò fu dimostrato infondato e l'esattezza delle prime osservazioni di His fu confermata. La soluzione di tale problema tanto discusso fu data da R.G. Harrison coltivando in vitro frammenti del canale midollare embrionale; si dimostrò che i neuriti possono differenziarsi dai neuroblasti dell'abbozzo del sistema nervoso e accrescersi rapidamente per movimento ameboide, in un mezzo artificiale privo di cellule (coagulo di linfa o di plasma, fig. 32). Altri importantissimi argomenti in favore dell'unità neuronica furono desunti mediante l'esperimento; A. Waller sin dal 1852 aveva dimostrato, che se si recide un nervo in un punto qualsiasi del suo tragitto, i monconi periferici dei neuriti separati dai pirenofori regrediscono rapidamente dal punto della soluzione di continuo sino alla periferia, mentre i monconi centrali restano integri.
Quasi contemporaneamente W. Türk (1850) scoprì un fatto analogo nei centri nervosi; se un processo morboso distrugge un gruppo di cellule nervose, si producono lesioni limitate a quel gruppo di fibre della sostanza bianca il quale deriva dalle cellule distrutte. Questo metodo permise d'intraprendere estese ricerche sulle conseguenze che lesioni limitate in neuroni della sostanza grigia inducono nei sistemi di fibre mieliniche indipendenti da quelle regioni. Il metodo trovò applicazione pure in ricerche sugli animali nei quali erano state prodotte sperimentalmente lesioni molto circoscritte. Si poté così dimostrare che la sostanza bianca del sistema nervoso centrale è costituita da un intricatissimo intreccio di vie di conduzione, ciascuna delle quali trae origine da gruppi di cellule distinte e presumibilmente è destinata a funzioni diverse. Queste vie sono denominate sistemi e le lesioni limitate a un gruppo di neuroni lesioni sistematizzate. La parte del neurone ove risiede il nucleo (pirmoforo) è dunque un vero centro trofico; la continuità materiale col pirenoforo è essenziale per la sopravvivenza delle sue varie parti. Quest'importante principio fu confermato con altre esperienze: la recisione del neurite determina nel pirenoforo dei fenomeni reattivi apprezzabili istologicamente (disgregazione della tigroide o tigrolisi), la cui intensità è proporzionale alla lunghezza del tratto di neurite separato dal centro trofico. Le suddette lesioni sono a seconda dei casi seguite da un processo di riparazione o dall'atrofia del pirenoforo. La prima eventualità si ha quando la fibra mutilata, per un processo di rigenerazione, raggiunge di nuovo l'organo terminale e perciò riacquista il potere di funzionare normalmente; se si produce invece l'atrofia del pirenoforo la perfetta restitutio ad integrum del neurone è impossibile. Infatti nei neuroni radicolari motori e sensitivi dei ganglî, poche ore dopo la recisione del nervo, s'inizia dal moncone centrale un'esuberante rigenerazione dei neuriti (A. Perroncito); questi prendono la via del moncone periferico, il quale, come sappiamo, era in precedenza regredito; dopo qualche mese il ripristino funzionale è perfetto. Ma se i due monconi non possono riunirsi, sia perché la distanza che li separa è troppo grande, sia perché l'organo terminale fu asportato (es., per amputazione dell'arto), il pirenoforo dopo qualche tempo si atrofizza. Nei neuroni che costituiscono le vie di conduzione del sistema nervoso centrale, le quali non rigenerano, alla fase reattiva del pirenoforo sussegue rapidamente la degenerazione.
Anche la conoscenza delle alterazioni primarie di neuroni, vale a dire prodotte da fattori estrinseci ad essi (agenti tossici e circolanti nell'organismo, anemia, ipertermia), suffraga l'esistenza d'individualità anatomiche nel sistema nervoso; anche queste alterazioni sono sistemizzate, vale a dire sono limitate a quelle vie di conduzione, le quali, perché più labili o per altre ragioni, hanno maggiormente risentita l'influenza dell'agente morboso. Così avviene nell'atassia locomotrice, nella pellagra e in tutte le sclerosi da cause tossiche di determinati sistemi del midollo.
Però il principio oggi dimostrato sicuramente dell'unità neuronica non implica necessariamente il riconoscimento degli altri postulati della teoria del neurone; l'ipotesi della polarizzazione dinamica e quella della discontinuità fra i singoli neuroni. Specialmente la prima è contraddetta da molti fatti.
Se la corrente nervosa decorresse invariabilmente con direzione diversa nei dendriti e nei neuriti, sarebbe da aspettarsi una differenza morfologica essenziale fra gli uni e gli altri; invece in molti neuroni (nel simpatico e in varî neuroni d'Invertebrati) difetta qualsiasi criterio obiettivo che valga a distinguere le due varietà di prolungamenti. E se poi un frammento di tessuto nervoso viene coltivato in vitro, negli elementi migrati nel plasma non si distingue differenza di sorta fra dendriti e neuriti. Inoltre se la corrente nervosa decorresse sempre nei dendriti nella stessa direzione, sarebbe inesplicabile il significato di quei complicati intrecci fra rami dendritici appartenenti a varie cellule, frequentissimi nei ganglî simpatici dell'uomo (glomeruli). Se essi sono destinati alla trasmissione degli eccitamenti da un neurone all'altro (e non si saprebbe dire quale altro significato possano avere) la corrente nervosa dovrebbe decorrere nei dendriti in direzione opposta a quella prevista dall'ipotesi della polarizzazione dinamica. E non è neppure ammissibile che i neuriti conducano invariabilmente in direzione cellulifuga. Nei neuroni sensitivi cerebro-spinali soltanto il neurite prossimale conduce in direzione cellulifuga; Ramón y Cajal per poter spiegare il meccanismo della funzione sensitiva dei ganglî suppose che il neurite periferico fosse di natura protoplasmatica, supposizione che non è suffragata da verun fatto. Neppure la disposizione a rete dei rami neuritici nei recettori periferici e nelle placche motrici, né l'esistenza di fibre di associazione fra corpuscoli terminali della stessa natura, dimostrata da A. Ruffini, da A. Stefanelli e da altri, armonizzano con la supposizione che l'eccitamento proceda sempre nella stessa direzione.
Decisiva contro l'ipotesi della polarizzazione dinamica è poi la dimostrazione della possibilità di un riflesso assonico, senza partecipazione di centri trofici, dato da A. Krogh e dalla sua scuola; eccitamenti periferici determinano vasodilatazione nel tegumento, anche dopo che siano stati estirpati i ganglî spinali e dopo che siano stati recisi ì rami comunicanti che collegano il simpatico col midollo spinale.
Veniamo infine al punto maggiormente discusso; accettato il principio che i neuroni costituiscono delle unità, sono queste veramente discontinue come ritiene il Cajal, oppure esistono fra di esse connessioni materiali? L'esistenza di una rete diffusa nella sostanza grigia nel senso di Golgi è contraddetta dall'autonomia trofica e funzionale dei neuroni. Anche i risultati nel campo della fisiologia sperimentale sono inconciliabili con le ipotesi di Golgi e di Apáthy; come potrebbe un eccitamento sensitivo determinare un movimento riflesso limitato a pochi muscoli, se esso si propagasse a tutta la sostanza grigia? Così pure i fatti strettamente istologici, che secondo Golgi e Pensa dovrebbero provare la esistenza di una rete diffusa non sono decisivi, perché nel sistema nervoso maturo l'intreccio fra i rami neuritici è intricato al punto, che è impossibile di decidere se esiste davvero continuità materiale fra di essi, mentre d'altra parte negli embrioni le arborizzazioni libere dei neuriti furono obiettivamente dimostrate. Neppure la concezione di Apáthy dell'esistenza di una rete neurofibrillare diffusa, che in un primo tempo godette grande favore, trovò conferma. Sappiamo anzitutto che, almeno nei Vertebrati, le neurofibrille non sono entità strutturali permanenti e che esse non possono costituire da per sé sole l'elemento conducente. Inoltre sullo stesso materiale che fu l'oggetto degli studî di Apȧthy, come pure in altri Invertebrati, G. Retzius e M. Lenhossék avevano riconosciuto negli elementi nervosi gli stessi componenti essenziali che nei neuroni dei Vertebrati (pirenoforo, dendriti e neuriti); essi differiscono per una condizione relativamente accessoria, che il neurite non prende origine dal pirenoforo, bensì da un dendrite in un punto molto distale; però i rapporti d'interdipendenza reciproca fra le arborizzazioni delle fibre sensitive, originatesi dai neuroni periferici, e degli elementi dei ganglî sono gli stessi che nei neuroni dei Vertebrati; i rami dei dendriti e dei neuriti terminano sempre liberamente (fig. 36). Ancor più decisivi contro la concezione di Apáthy sono gli studî successivi di Cajal e della sua scuola sul sistema nervoso dei Vermi e degl'Insetti eseguiti con metodi adatti per la colorazione elettiva delle neurofibrille.
In breve, sia i dati morfologici sia i risultati dell'esperimento fisiologico ci inducono a negare l'esistenza di una rete diffusa la quale unisca le individualità del sistema nervoso. Se una continuità materiale esiste fra neuroni diversi, questa deve essere circoscritta a regioni singole della sostanza grigia, e più precisamente ove le arborizzazioni dei neuriti sono in intimo rapporto col pirenoforo o coi dendriti di altri neuroni. Cajal affermò che l'eccitamento nelle sinapsi viene trasmesso per contatto, il che varrebbe a spiegare il rallentamento nella trasmissione dell'eccitamento in quel punto.
Però molteplici osservazioni dimostrano che nelle sinapsi neuroni distinti sono in continuità materiale mediante sottili filamenti. E una conoscenza più perfetta del comportamento delle espansioni alla periferia dei neuriti ha dimostrato che spesso varî corpuscoli terminali sono associati da esili rami. Infine col metodo della coltivazione dei tessuti in vitro fu dimostrato che i prolungamenti di neuroblasti e di cellule nervose più mature, cresciuti nel coagulo di plasma, in cui il frammento è stato espiantato, talora rimangono indipendenti, ma altre volte si anastomizzano formando intricate reti (G. Levi). Queste unioni fra i neuriti in via di accrescimento non sono però sempre definitive; fu osservato che fibre le quali apparivano anastomizzate nel continuare a crescere in lunghezza riacquistano la propria indipendenza.
È dubbio se queste constatazioni nelle colture di tessuto nervoso siano applicabili nello stadio della struttura del tessuto nervoso degli organismi. Esse valgono a provare che vere anastomosi fra neuroni distinti sono possibili; ma esse dimostrano nello stesso tempo che quelle strutture le quali all'osservazione istologica appaiono come reti non sono un tutto unitario, ma che vi persistono delle individualità, i neuroni, i quali in determinate condizioni possono riacquistare la propria autonomia. G. Levi avanzò l'ipotesi che anche nell'organismo maturo i neuroni conservino attività ameboide e che per effetto di questa si possano istituire anastomosi transitorie nelle sinapsi interneuroniche, le quali sarebbero destinate ad avviare, limitare e interrompere la continuità fra neurone e neurone.
In definitiva possiamo concludere che, sebbene noi a tutt'oggi siamo ben lontani dal poter formulare un corpo di dottrina sulla struttura del tessuto nervoso, il quale armonizzi con le nostre conoscenze sulla fisiologia di questo tessuto, si può tuttavia ritenere dimostrata con certezza l'esistenza di neuroni intesi come individualità istologiche del tessuto nervoso. Però, pur ammettendo che ciascun neurone derivi da un'unica cellula embrionale, che mantiene un certo grado di autonomia anche nell'organismo maturo, riteniamo che fra i varî neuroni s'istituiscano in punti determinati connessioni materiali.
Nevroglia, microglia. - Nell'encefalo e nel midollo spinale dei Vertebrati il connettivo è limitato alla parete dei vasi sanguigni e non forma un'intelaiatura diffusa come in tutti gli altri organi. Negl'intervalli fra i neuroni e le fibre nervose v'è un altro tessuto di origine ectodermica, la nevroglia, al quale si attribuisce funzione statica. Vi sono poi nella sostanza grigia piccoli elementi (di microglia) che per i caratteri strutturali e per la loro origine dal mesenchima vanno distinti dalla nevroglia.
La nevroglia consta di cellule con lunghi prolungamenti e di lunghissime fibre; ha aspetti molto diversi nelle varie regioni dell'encefalo e del midollo.
Gli astrociti a brevi raggi (nevroglia del tipo protoplasmatico, figura 38) sono molto più numerosi nella sostanza grigia che nella bianca. Hanno prolungamenti multipli brevi, ramificati, ricoperti di spine e di lamelle; nella corteccia cerebrale dell'uomo, ove sono numerosissimi e a struttura complessa, le propaggini delle varie cellule formano un intreccio complicatissimo; fra le espansioni ne risalta una più grossa e più lunga, la quale con la sua estremità conica s'impianta sulla parete di un vaso. In genere le grandi varietà nella forma e nella direzione delle espansioni rappresentano adattamenti alla forma e alla disposizione dei neuroni. Nel bulbo olfattivo le espansioni si ramificano nell'interno dei glomeruli e sono più vellose del consueto. Nella corteccia cerebellare il corpo cellulare emette un ciuffo di lunghi prolungamenti orientati in un'unica direzione, rettilinei e paralleli, provvisti di brevi rami varicosi.
Gli astrociti a lunghi raggi (nevroglia fibrosa: figg. 39, 40) sono numerosissimi nella sostanza bianca, esistono però anche nella grigia. C. Golgi fondandosi sopra le immagini visibili col suo metodo, riteneva che questi elementi fossero come gli astrociti a brevi-raggi, provvisti di prolungamenti, sebbene questi siano differenti, perché di lunghezza molto maggiore, di eguale spessore, uniformi in tutto il tragitto e per lo più indivisi (fig. 39). Oggi però ben pochi istologi ritengono che le fibre di nevroglia siano prolungamenti di cellule; fra questi va ricordato U. Cerletti. L.-A. Ranvier, K. Weigert e varî altri autori dimostrarono che i filamenti di nevroglia, i quali in alcune regioni formano dei fittissimi intrecci, non sono espansioni del protoplasma delle cellule, ma strisciano alla superficie di queste, pur contraendo con esse connessioni molto intime (vedi figura 40).
Secondo H. Held e C. Da Fano le fibre di nevroglia (gliofibrille) sono un prodotto di differenziazione dei cosiddetti astrociti a lunghi raggi e hanno proprietà diverse dal citoplasma di questi; però non sarebbero soltanto contigue alle cellule, ma in connessione materiale con queste.
Secondo Ranvier le gliofibrille formerebbero una trama di filamenti, i quali non hanno né principio, né fine; esse non si ramificano, né si anastomizzano. S. Ramón y Cajal pur concedendo che molte fibre di nevroglia sono estremamente lunghe, sicché è praticamente impossibile di seguirne il destino, ritiene che molte fibre terminino liberamente, specialmente sulla parete dei vasi sanguigni. Di già Golgi aveva insistito sugli stretti rapporti delle fibre di nevroglia con i capillari, delle arterie e delle vene. Il Cajal dimostrò che esse s'espandono sulla parete di questi in un piede, dal quale si dipartono varî filamenti avvolti a manicotto intorno all'avventizia dei vasi (fig. 40).
I due tipi di cellule di nevroglia sono collegati da forme intermedie: vi sono cellule con appendici protoplasmatiche attraversate da vere gliofibrille; e secondo Da Fano tutti i cosiddetti astrociti a lunghi raggi hanno prolungamenti protoplasmatici contenenti gliofibrille, mentre gli astrociti a brevi raggi per lo più non ne contengono. Le gliofibrille percorrono tutti i centri nervosi decorrendo negl'interstizî fra cellule e fibre nervose, adattandosi alla forma di queste.
Nella sostanza bianca le fibre di nevroglia sono numerosissime; decorrono addensate negl'interstizî tra le fibre mieliniche, parallelamente a esse. Nella sostanza grigia s'addensano immediatamente al disotto dell'epitelio ependimale (fig. 39); questo strato di nevroglia centrale si continua nella nevroglia diffusa in tutta la sostanza grigia. Alla superficie del midollo e dell'encefalo v'è uno strato di nevroglia marginale connesso alla pia meninge e ai vasi a fibre fittamente intrecciate o parallele, che sarebbe destinata a proteggere la sostanza nervosa (Held). Le cellule di nevroglia derivano dal primitivo canale midollare, sono cioè di origine ectodermica; qualche tempo dopo la differenziazione dei neuroblasti, singoli elementi epiteliali della parete del canale emigrano verso la periferia, si trasformano in cellule provviste di prolungamenti (spongioblasti), le quali subiscono una serie di trasformazioni; esse precedono le cellule di nevroglia definitive.
Le cellule epiteliali prismatiche che tappezzano il canale centrale del midollo e le cavità ventricolari dell'encefalo (fig. 39) sono una varietà di elementi nevroglici; sono ciliate sulla faccia rivolta verso la cavità, l'altra estremità si continua in un grosso prolungamento; quest'ultimo, come pure il corpo cellulare, contiene gliofibrille. Anche questi elementi, come gli astrociti protoplasmatici, si collegano adunque agli astrociti fibrosi (a lunghi raggi).
Le cellule di microglia (fig. 41) sono diffuse in tutta la sostanza grigia. L'esatta conoscenza di questi elementi si deve specialmente all'istologo spagnolo P. Del Río Hortega, il quale trovò una tecnica molto adatta per la colorazione elettiva delle cellule di microglia. Non possono essere in alcun modo confuse con gli astrociti, neppure con quelli a brevi raggi, sia per il volume molto minore della parte perinucleare della cellula, sia perché i prolungamenti sono in numero più scarso, più brevi, più sottili, e di aspetto diverso. Differiscono dalle cellule di nevroglia anche per il rapporto coi vasi; esse aderiscono col corpo cellulare e coi prolungamenti alla superficie dei vasi, adattandosi alle irregolarità del loro decorso. Le cellule di microglia hanno forma bipolare o multipolare, con espansioni tortuose, ramificate e spinose (fig. 41). Sono situate a preferenza intorno alle cellule nervose. Subiscono trasformazioni d'alto grado nei processi patologici del sistema nervoso; in un primo tempo la parte perinucleare del citoplasma e le espansioni aumentano dì volume, più tardi emigrano attraverso il tessuto e acquistano potere fagocitico. Infine retraggono le propaggini e si riempiono di gocce lipoidi; in quest'ultima fase sono distinte dai patologi col nome di corpi granulo-adiposi. Si ritiene che le cellule di microglia derivino da elementi mesenchimali immigrati in periodi relativamente inoltrati dello sviluppo. Oggi prevale la tendenza di considerarle come speciali forme di istiociti (v. connettivo, tessuto). Si distingue come oligodendroglia un altro tipo di elementi situati nella sostanza bianca. Sono molto piccoli, a corpo cellulare rotondeggiante, nucleo vescicoloso con scarse propaggini filiformi, poco ramificate (fig. 42).
Funzioni della nevroglia. - Certamente la trama di nevroglia sostituisce nella funzione starica il connettivo, assente nell'encefalo e nel midollo. E infatti nei ganglî sensitivi e simpatici nei quali v'è connettivo, la nevroglia manca. Però è probabile che la nevroglia abbia pure funzioni nutritive, come già Golgi ammise.
Se si riflette agli stretti rapporti fra i prolungamenti delle cellule e le fibre di nevroglia coi vasi sanguigni (figg. 43-44) e con gli elementi nervosi, appare ovvio che la nevroglia assuma succhi nutritivi dal plasma e li trasmetta ai neuroni. Pedro e S. Ramón y Cajal ritennero che le fibre di nevroglia contribuiscano ad agevolare la condizione isolata della corrente nervosa nei neuroni. Se si prescinde da quest'ultima ipotesi d'ordine prettamente speculativo, e che non può avere alcun fondamento nei fatti istologici, l'ipotesi più antica che la nevroglia sia, come il connettivo, un tessuto a funzione meccanica, non esclude l'altra che sia destinata alla nutrizione dei neuroni. In quanto alle cellule di microglia se, come sembra, sono istociti, costituiscono l'apparato di difesa dei centri nervosi destinato a neutralizzare e a fagocitare le sostanze dannose.
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Istopatologia.
È quel ramo di scienza che studia le alterazioni patologiche degli elementi che costituiscono il sistema nervoso centrale (cellule e fibre nervose, nevroglia, vasi sanguigni, pia madre, plessi coroidei) e periferico (tronchi nervosi e apparati terminali). Lo scopo della ricerca istopatologica è quello di ricostruire per quanto è possibile il processo morboso, ossia di chiarirne la patogenesi. Noi riconosciamo le dette alterazioni attraverso svariatissime modificazioni della forma, della grandezza e delle intime strutture degli elementi istologici (morfologia patologica) e anche cogliendo modificazioni nel modo di comportarsi degli stessi di fronte a determinate reazioni chimiche (microistochimica).
Noi sappiamo che gli elementi istologici ci appaiono al microscopio molto diversi da quel che sono nel vivo. Numerosi fattori concorrono a modificarne l'aspetto d'insieme e i particolari strutturali, prima ch'essi giungano sotto la lente del microscopio; modificazioni dovute: a) alla morte dell'elemento; b) ai successivi processi cadaverici più o meno protratti; c) all'azione coagulante, rigonfiante, retraente, indurente dei diversi liquidi fissatori; d) all'azione dei varî passaggi in liquidi e poi in masse, prima fluide e poi solidificantisi, durante l'eventuale inclusione, e) all'azione degli svariati reattivi, ai quali sottoponiamo la sezione microscopica nei varî processi di colorazione, e poi per la diafanizzazione e la stabilizzazione del preparato.
Parrebbe che, dopo l'intervento di tante azioni modificatrici, dovesse riuscire molto problematica la valutazione del significato di eventuali modificazioni degli elementi istologici dovute ai processi morbosi: invece non è così. Il concetto di "quadro o aspetto equivalente" (F. Nissl) ci permette di superare questa difficoltà: il giudizio deve basarsi sul confronto con elementi istologici normali, che abbiano subito esattamente l'azione degli stessi agenti modificatori, ai quali è stato sottoposto il pezzo patologico. A questa condizione, pur avendo sott'occhio aspetti talora ormai lontanissimi dall'aspetto in vivo - possiamo ritenere espressione del processo morboso le differenze riscontrate tra il pezzo patologico e quello normale. Di qui la necessità di standardizzare i metodi di preparazione, nel senso che ciascun metodo venga sempre eseguito da tutti i ricercatori scrupolosamente secondo le stesse modalità tecniche: dal modo di raccogliere il materiale anatomico, alla sua fissazione, eventuale inclusione, colorazione, ecc. Inoltre, nel confronto fra il pezzo patologico e quello normale occorre sempre riferirsi agli stessi elementi istologici di punti omologhi. Infatti le cellule nervose in particolar modo, ma anche la nevroglia, le fibre nervose, ecc., presentano forma, volume, particolarità strutturali, distribuzione, rapporti molto diversi a seconda dell'organo nervoso al quale appartengono, e in una sezione di pochi centimetri quadrati possono coesistere contigui numerosi organi diversi. Non esiste un metodo di preparazione panottico, tale cioè da porre in evidenza tutti gli elementi istologici con i loro particolari strutturali, ma adoperiamo tanti metodi speciali destinati a porre bene in rilievo tale o tal'altro tipo di elementi o, meglio, tale o tal'altra particolarità di ogni tipo degli elementi istologici: cellule nervose, fibre nervose, nevroglia, vasi sanguigni, ecc. Riunendo in un quadro organico d'insieme tutti i reperti raccolti con questi metodi diversi, possiamo farci un concetto della natura e del meccanismo del processo patologico che si era svolto nel pezzo in esame.
Istopatologia generale. - A) Cellule nervose. - Non tutti i metodi di preparazione adoperati nell'istologia normale vengono correntemente impiegati in istologia patologica. Così, p. es., il primo metodo di Golgi, che pure ha fornito elementi di fondamentale importanza per la conoscenza dell'insieme della cellula nervosa col suo cilindrasse e i suoi prolungamenti, non è adoperato in istopatologia perché esso impregna troppo fittamente tutto l'elemento nervoso e inoltre riesce, a caso, soltanto sopra pochi esemplari di cellule. Il metodo di preparazione che ha permesso di cogliere il massimo numero di particolari e le alterazioni più delicate e precoci è il metodo del Nissl, col quale, nel normale, si colora intensamente la sostanza spongiosa-granulosa (zolle o corpi del Nissl, tigroide, sostanza cromofila), che giace frammezzo ai fasci o alle maglie di fibrille che decorrono nel corpo cellulare e nei prolungamenti. Le fibrille restano incolori (sostanza acromatica), parimenti il plasma del nucleo o carioplasma; invece si colorano intensamente il nucleolo e i corpi polari, nonché eventuali pieghe lineari della membrana del nucleo. Per lo studio delle fibrille - elemento in genere molto più resistente alle cause morbose che non la sostanza cromofila - sono d'uso comune il metodo del Donaggio e quello del Bielschowsky. Metodi speciali s'adoperano per la colorazione delle varie sostanze incluse nel citoplasma (lipoidi, amiloidi, ecc.) o incrostanti lo stesso (sali calcari).
Il giudizio sul tipo dell'alterazione presentato dalla cellula nervosa si basa sui dati relativi al volume, alla forma del corpo cellulare, ai prolungamenti, al cilindrasse. Inoltre sui reperti forniti da tutti gli elementi strutturali della cellula stessa, ossia: nucleo (membrana, carioplasma, nucleolo, corpi polari, ecc.), sostanza cromofila o zolle del Nissl, fibrille, eventuali sostanze incluse nel citoplasma. Infine anche sui reperti relativi alle cellule satelliti (nevrogliche). Perciò, non è corretto parlare, per es., di cromolisi come, di un tipo di alterazione della cellula nervosa, perché cromolisi non vuol dire altro che dissoluzione della sostanza cromofila, e questo fatto può accompagnarsi con alterazioni molto diverse delle altre parti della cellula, riscontrarsì cioè in tipi molto diversi di malattia cellulare.
I tipi principali di alterazione (v. tavole a colori) oggi ben definiti sono:
1. Il rigonfiamento torbido (tav. III, fig.1, metodo Nissl). - Corrisponde alla malattia cellulare acuta (F. Nissl) ma preferiamo la prima denominazione perché non tutte le alterazioni acute delle cellule rivestono questo tipo: cellula e prolungamenti sono tumefatti, la sostanza cromofila disciolta, tutta la cellula e anche i prolungamenti per lungo tratto colorati pallidamente, colorato anche il carioplasma (metodo Nissl). Le neurofibrille per lo più persistono ben visibili. Cellule satelliti a caratteri progressivi (talora mitosi) e regressivi. Processo, in genere, suscettibile di ripristino, si riscontra diffuso a tutte le cellule nervose in forme febbrili acute non gravissime e in molte intossicazioni.
2. Alterazione cellulare retrograda (tav. III, fig. 2, met. Nissl). - Si osserva in seguito a interruzione del cilindrasse. Già dopo 24 ore la cellula nervosa si gonfia e presenta dissoluzione della sostanza cromofila (metodo Nissl), prima nel centro e poi a mano a mano fino alla periferia; il citoplasma diventa omogeneo. Le fibrille parzialmente (al centro) si dissolvono. Il nucleo si sposta alla periferia, così pure il pigmento. Queste alterazioni toccano un maximum entro 15-20 giorni. Poi può aversi, a seconda dei casi, una più o meno completa ricostituzione, oppure l'atrofia delle cellule (nei casi di strappamento del cilindrasse, o di sua interruzione vicino alla cellula, o nei neonati).
3. Raggrinzamento e sclerosi (tav. III, fig. 3, met. Nissl). - Nel normale troviamo talora (specie negli strati più superficiali) cellule ipercolorate retratte (raggrinzamento da fissaggio?). Quando il citoplasma è rattratto così da formare un angolo netto con i prolungamenti basali, e anche il nucleo è deformato e ipercolorato (picnosi) e le fibrille sono agglutinate, allora si tratta dell'alterazione patologica. Le cellule satelliti, per lo più con alterazioni regressive, spesso sono cariche di granuli lipoidi. Il processo, più avanzato, dà la sclerosi: raggrinzamento della cellula, ipercromatosi, tale che non si distingue più il nucleo; tortuosità dei prolungamenti e distacco degli stessi. È uno stadio nel quale la cellula è certamente fuori funzione. Il raggrinzamento semplice si ha per lo più in processi cronici (per es. senilità), ma anche in malattie subacute infettive.
4. Dissoluzione (tav. III, figg. 4, 5, met. Nissl) "malattia cellulare grave" (Nissl). - Alterazione che conduce alla morte della cellula: precoci gravi alterazioni del nucleo, che si retrae, si deforma, si colora intensamente. Le fibrille si spezzettano. Il citoplasma perde i suoi netti contorni, che appariscono qua e là smangiati da escavazioni. La sostanza cromofila si dissolve in anellini, oppure in granuli (forma meno grave: frammentazione granulare). Si colora talvolta parzialmente (col metodo del Nissl) la rete pericellulare del Golgi "incrostata". Le cellule satelliti presentano spesso la degenerazione ameboide (v. sotto). Si riscontra in gravi malattie infettive con forte ipertermia (p. es. perniciosa malarica), in talune intossicazioni subacute mortali, nelle forme galoppanti di paralisi progressiva, e così via.
5. Coagulazione e omogeneizzazione (tav. III, figg. 6, 7, met. Nissl). - Il citoplasma non si colora quasi più, appare omogeneo, molto impicciolito; la pallidissima tinta blu (metodo del Nissl) permette di seguire per lungo tratto il prolungamento apicale. Il nucleo è ridotto a corpicciuolo deforme (picnosi, cariorrexi). La rete del Golgi spesso abbondantemente incrostata (tav. III, figg. 8, 9, met. Nissl). Le fibrille non più riconoscibili entro masse di coagulazione. Le cellule satelliti, spesso esse pure in necrobiosi, in stadî ulteriori possono presentare vivaci modificazioni progressive. È un'alterazione spesso acutissima, mortale, tipica dei processi ischemici del tessuto nervoso.
6. Alterazione vorticosa delle fibrille (tav. III, figg. 10, 11, met. Bielschowsky). - Le neurofibrille si conglutinano in fasci compatti, omogeneizzati o si sfioccano in ammassi di filamenti sottilissimi. In ambo i casi si dispongono a spirale e formano vortici variamente sovrapposti. Si può giungere alla formazione di masse tonde, vere pallottole endocellulari. Il citoplasma si riduce molto di volume, si deforma profondamente, il nucleo è ricacciato da un lato; spesso è in grave picnosi. Nevroglia satellite per lo più in stato regressivo, carica di globuli grassosi, talora ipertrofica.
7. Degenerazione pigmentaria o grassosa (tav. III, fig. 12, met. Daddi-Herxheimer: 13, met. Nissl). - In parecchie condizioni patologiche il cosiddetto pigmento giallo (globuli di sostanze grassose) che normalmente si riscontra nelle cellule più grandi, aumenta molto in quantità e riempie tutte le cellule nervose e anche quelle nevrogliche. In stadî avanzati, il nucleo viene spostato e va in picnosi, i prolungamenti si atrofizzano, l'intera cellula si raggrinza. Le fibrille spesso sono in parte conservate, e decorrono frammezzo ai globuli grassosi. È un'alterazione tipica del cervello senile normale, ma si riscontra gravissima e diffusa nella demenza senile, accompagnata dall'alterazione vorticosa delle fibrille. Si trova anche in varie intossicazioni lente e subacute; in disturbi circolatorî. Fittissima impregnazione di sostanze lipoidi, probabilmente diverse da quelle del normale, si ha nel citoplasma e anche nei prolungamenti (dove si formano saccocce enormi) nell'idiozia amaurotica e in forme affini. Anche la nevroglia si carica delle stesse sostanze.
8. Incrostazione calcarea (tav. III, fig. 14, met. ematossilina). - Come stadio terminale di alterazioni gravi che necrotizzano la cellula (dissoluzione, sclerosi, coagulazione), specie in soggetti che sopravvivono a lungo, può avvenire l'incrostazione calcarea dei cadaveri cellulari. La cellula con buon tratto dei prolungamenti è ricoperta e infiltrata di granulazioni calcaree ben colorate dall'ematossilina,
9. Malformazioni. - Troviamo le più straordinarie anomalie della forma, del volume, delle particolarità strutturali e dei rapporti con gli altri elementi del tessuto, nelle cellule nervose che hanno subito l'azione di fattori patologici fino dai primi momenti del loro sviluppo. Così in varie forme d'idiozia con malformazioni dell'encefalo, come macro-, microgiria, eterotopie, ecc. I più tipici esempî si hanno nella sclerosi tuberosa. Si riscontrano singole cellule nervose gigantesche (tav. III, fig. 15, met. Nissl), visibili persino a occhio nudo, a forma abnorme, spesso ad astro (negli strati delle cellule piramidali), con molti prolungamenti grossissimi accanto ad altri sottilissimi, e nucleo allungato. Così nelle non rare atrofie cerebellari congenite troviamo cellule del Purkinie enormi con prolungamenti dilatati a pala e cilindrasse con grossi rigonfiamenti a palla. Talora la forma è tanto aberrante, per esempio a cilindro allungato, a globo, che riesce difficile individuare la cellula nervosa come tale. Siffatte grossolane anomalie morfologiche delle cellule nervose, si riscontrano anche, se pur meno frequenti, in malattie che non s'accompagnano a evidenti malformazioni macroscopiche, ma che comunque hanno colpito il sistema nervoso durante il suo sviluppo. Così in taluni casi di epilessia, nella paralisi progressiva infantogiovanile. In questa malattia si sono riscontrate frequentemente cellule del Purkinje con due nuclei.
10. Neuronofagia. - Vera fagocitosi a carico delle cellule nervose è rara. Essa avviene solo quando i comuni fagociti (leucociti polinucleari, cellule linfoidi) riescono a superare la barriera avventiziale e a penetrare nei tessuti ectodermici; in tal caso essi possono invadere e inglobare i residui di cellule nervose morte (p. es. nella poliomielite anteriore acuta; in speciali casi di soluzione di continuo del tessuto nervoso). Normalmente, intorno e addossate alle cellule nervose, vi sono cellule nevrogliche (cellule satelliti) talora in numero notevole (per es. nelle cellule degli strati profondi della corteccia 6-8 satelliti per una cellula nervosa); in alcuni casi patologici il numero delle satelliti si trova notevolmente aumentato, qualcuno sembra innicchiata nel citoplasma della cellula (tav. III, fig. 16, met. Nissl). Questi aspetti corrispondono a una reazione progressiva della glia di fronte a condizioni patologiche nell'elemento nervoso, ma nulla depone per un vero processo fagocitico a carico di quest'ultimo.
11. Patologia della rete neurofibrillare endocellulare. - Si comporta in diverso modo a seconda dell'età, della temperatura, e di altri fattori. Nella patologia della rete neurofibrillare dei Mammiferi adulti si verificano due leggi (Donaggio):
a) Resistenza della rete neurofibrillare endocellulare di fronte ad azioni patogene sperimentali anche intense e a numerose condizioni patologiche spontanee. - Tale resistenza è stata constatata in vastissima serie d'indagini su condizioni tossiche, traumatiche, ecc. agenti isolatamente. La resistenza, sebbene possa manifestarsi spesso con integrità completa della rete fibrillare, non implica necessariamente l'assenza di modificazioni: ma la rete, pur modificandosi, non viene distrutta. La rete neurofibrillare endocellulare del Donaggio si comporta, dunque, in modo diametralmente opposto all'altro componente della cellula nervosa, cioè la sostanza cromatica del Nissl, che è invece labilissima.
Un esempio, scelto tra le numerose condizioni che documentano la legge della resistenza delle fibrille, è dato dal comportamento della rete nelle cellule anteriori del midollo spinale in seguito a strappo delle radici anteriori. A varî giorni di distanza, mentre la sostanza cromatica è scomparsa, si constata che le cellule sono tuttavia provviste della rete neurofibrillare, che assume, dopo circa una settimana dallo strappo, un particolare aspetto, cioè un addensamento (tav. II, fig.1); successivamente, la rete presenta uno sconvolgimento (tav. II, fig. 2); la rete segue, nelle fasi ulteriori del rocesso morboso, l'elemento cellulare fino alla graduale atrofia. È da osservare che questi reperti sfuggono ai metodi Bielschowsky e Caial, di riduzione argentica, i quali hanno potuto far pensare a fenomeni di lisi là dove la rete, pur modificata, esisteva ancora.
b) Vulnerabilità profonda (conglutinazione e lisi) della rete neurofibrillare di fronte a particolari azioni combinate. - Mentre condizioni morbose, anche intense, agenti isolatamente non riescono a produrre la lisi della rete neurofibrillare del Donaggio, alcune particolari azioni combinate riescono a vincere la resistenza neurofibrillare. Tra le condizioni, che, entrate in abbinamento con dette azioni morbose-tossiche, traumatiche, ecc., conducono a fenomeni di conglutinazione e di lisi della rete endocellulare, è in prima linea una condizione termica, la perfrigerazione.
Come saggio degli effetti dell'azione combinata, valga quanto avviene a seguito dell'inanizione associata alla perfrigerazione. Mentre l'inanizione da sola, come il freddo da solo, non riescono a condurre alla lisi della rete neurofibrillare (legge della resistenza), la loro azione combinata conduce al verificarsi della 2ª legge, cioè dà luogo a una serie di modificazioni profonde, che terminano con la conglutinazione e la lisi. In prima fase, si osserva un tipico sconvolgimento della rete neurofibrillare e la scomparsa del cercine perinucleare; la lesione si accentua con rarefazione della rete, e talora si accompagna a colorazione delle zolle perinucleolari del Levi, che in condizioni normali non sono colorabili con il metodo della piridina-tionina per la neurorete; in fase più avanzata, la rete è ridotta a ispessimenti sparsi per il citoplasma - conglutinazione neurofibrillare -; finché la rete scompare, residuando in certi casi soltanto ai bordi della cellula alcuni blocchi di fibrille conglutinate: conglutinazione a cornice.
Le due accennate leggi valgono per tutti gli omeotermi, compresi gli omeotermi ibernanti, nei quali, anche in piena ibernazione, la rete appare immodificata.
Questo comportamento è opposto al comportamento degli eterotermi, nei quali, come ha dimostrato il Tello, della scuola del Cajal, nel periodo del letargo, oppure per azione del freddo prolungato fuori del periodo letargico, la rete reagisce con spiccate modificazioni.
Nelle ricerche sperimentali di azione combinata di una condizione morbosa con un'azione termica (perfrigerazione) appare che, rimanendo stabile l'elemento perfrigerazione, i fenomeni di conglutinazione e di lisi della rete neurofibrillare variano di localizzazione nel nevrasse con il variare delle condizioni morbose combinate alla perfrigerazione; in modo che questa funziona da elemento rivelatore delle diverse localizzazioni in rapporto alle diverse condizioni morbose.
Altro elemento importante, nel comportamento della rete neurofibrillare, è quello dell'età. La legge della resistenza non vale per i Mammiferi neonati, nei quali la rete è sensibile anche a condizioni agenti isolatamente, come più nettamente avviene anche per gli eterotermi; il che coincide con le osservazioni fisiologiche (Fredericq e Pflüger e altri autori) secondo le quali, per il comportamento della temperatura corporea, i Mammiferi neonati si avvicinano in parte agli eterotermi.
Per i dati acquisiti, nella patologia sperimentale spontanea la conglutinazione e lisi della rete neurofibrillare assumono nei Mammiferi adulti valore anatomopatologico, ciò che non si può dire della lisi della sostanza cromatica. Tipici fatti di conglutinazione in forme spontanee degli animali sono stati descritti, per esempio, nella rabbia paralitica (Cajal), nel cimurro a forma nervosa. Tra le forme di patologia nervosa umana, nelle quali sono state osservate conglutinazione e lisi della rete neurofibrillare, sono da ricordare la demenza senile, nella quale l'Alzheimer ha dimostrato profonde alterazioni fibrillari, che si accompagnano ad altre lesioni, nella corteccia cerebrale; e, come risulta da recenti osservazioni, il parkinsonismo encefalico nella sua forma tardivissima. Queste sono le forme più spiccate e meno frequenti di alterazione della rete neurofibrillare, mentre più spesso la modificazione, quando esiste, assume i caratteri meno accentuati, e a diverso tipo, dei quali si è fatto parola.
B) Fibre nervose. - Nel normale possiamo trovare varicosità irregolari delle guaine mieliniche dei centri nervosi come artefatti di fissazione (specie col bicromato). Fibre a bozze, rigonfiamenti, strozzature, frammezzo a fasci di fibre regolari, si possono ritenere patologiche. Fibre di calibro enorme riscontriamo in alcune malformazioni cerebrali congenite; fibre abnormemente assottigliate nella demenza senile, nei focolai di sclerosi multipla. Conosciamo processi nei quali si distrugge la guaina mielinica, restando più o meno conservato il cilindrasse (sclerosi multipla, paralisi progressiva, alcune lente compressioni dei tronchi nervosi, ecc.). Altri processi nei quali si distruggono le guaine e i cilindrassi (degenerazioni secondarie dei nervi periferici e dei fasci dei centri).
Nelle degenerazioni secondarie dei nervi periferici scompare dapprima il delicato scheletro mielinico, e gl'imbuti neurocheratinici appaiono tumefatti e ispessiti. Poi anche questi si disfanno e il tubo di mielina si spezzetta in sferule ovoidi disposte a rosario. Queste vengono inglobate dalle cellule dello Schwann ("cellule nevrogliche periferiche", ectodermiche) e reagiscono sempre più scarsamente alla colorazione per la mielina (tav. IV, fig. 17, met. Weigert mielina). Questo lipoide complesso si va trasformando in grassi neutri. In questo stadio questi prodotti del disfacimento si anneriscono col metodo cromo-osmico del Marchi (prodotti primarî); più avanti, dopo circa due settimane, dànno la colorazione specifica dei grassi (scarlatto, sudan; prodotti secondarî). Le cellule dello Schwann, cariche di questi prodotti, li convogliano verso i vasi e il perinervio. Da queste parti, mesodermiche, si staccano elementi fagocitarî che assumono ora la parte principale nell'allontanamento dei prodotti stessi. Frattanto i cilindrassi - in un primo stadio qua e là rigonfiati, sfilacciati o a nastro spiegazzato - si spezzano, e i frammenti vengono inglobati dalle cellule granuloadipose. Il moncone centrale del cilindrasse spesso si rigonfia a palla, a clava (tentativo di rigenerazione o retrazione?).
Nel moncone centrale più tardi le cellule dello Schwann proliferano a catena. L'estremo dei cilindrassi si rigonfia a pallottola, a clava. Dal cilindrasse emanano fibrille finissime che dànno esse pure rigonfiamenti o anellini terminali. Alcune di queste crescono a ritroso formando eleganti spirali intorno al cilindrasse. Le nuove fibrille s'insinuano lungo le catene di cellule dello Schwann e, dopo, si ricoprono di mielina. Se l'interruzione permane, si forma, per proliferazione delle cellule dello Schwann, una tumefazione, percorsa da fibrille (neuroma da amputazione). Nel moncone periferico le cellule dello Schwann proliferano a nastro fondendosi a sincizio. Vi è qualche tentativo di neoformazione di fibrille e, persistendo l'interruzione, anche per anni persiste la conformazione lineare del nervo. L'unione dei monconi si compie dapprima per opera delle catene delle cellule dello Schwann che si congiungono e che poi vengono penetrate dalle fibrille del moncone centrale.
Nei centri nervosi la degenerazione dei fasci di fibre s'inizia con modificazioni della colorabilità dei cilindrassi; poi essi si spezzano, si arrotolano a spirale, infine si riducono in granuli. La guaina mielinica si disfà in serie di sferule. La mielina subisce le stesse trasformazioni chimiche descritte nei nervi periferici. Prestissimo la nevroglia interviene con piccole cellule (mieloclasti) che penetrano nella guaina e tosto degenerano. Le restanti cellule nevrogliche si mobilitano poi per assorbire i prodotti del disfacimento, trasformandosi così in cellule granuloadipose. Questa funzione fagocitaria non è esclusiva delle piccole cellule cuboidi. Anche qui i prodotti passano prima per uno stadio che dà la reazione del Marchi (tav. IV, fig. 18, met. Marchi), poi dànno la reazione dei grassi neutri (scarlatto, sudan). Attraverso successivi passaggi in cellule granuloadipose nevrogliche pervengono negli spazî linfatici perivasali.
Dopo molti mesi, il processo di "spazzamento" è terminato e al primitivo fascio di fibre nervose si è sostituita una cicatrice nevroglica in forma di gliosi (v. sotto, e tav. IV, fig. 19, metodo Weigert-glia). Nei centri nervosi i dubbî tentativi di rigenerazione delle fibre hanno sempre esito abortivo.
C) Nevroglia. - Tessuto di sostegno cementante gli elementi nervosi propriamente detti e indubbiamente dotato anche di complesse funzioni di nutrizione e di difesa di fronte ai più svariati agenti patologici. Riempie sotto forma di sincizio, forse continuo, tutti gli spazî polimorfi interposti fra le cellule nervose, le fibre nervose, i vasi sanguigni, formando inoltre lamine più o meno continue sulle superficie del tessuto nervoso (superficie sottopiale, superficie ependimaria, superficie perivasale).
Trama delicatissima di protoplasma molle, facilmente e variamente retratto dai liquidi fissatori, ci si presenta sotto forma di cellule in buona parte munite di ponti o prolungamenti lamellari e filiformi. La superficie esterna del protoplasma nevroglico (sembra non sia una vera membrana) quando è più o meno raggrinzata da determinati fissatori e mordenzatori, come anche i più fini prolungamenti quando sono retratti in sottili filamenti, assumono e trattengono per legge fisica in modo particolarmente intenso diversi colori, mentre i tratti spianati del citoplasma e dei più larghi prolungamenti non trattengono detti colori (tav. IV, figg. 23 e 23 b). Ne risultano sottili tratti lineari colorati sulle superficie e sui margini raggrinzati dei protoplasmi e l'apparenza di fili sottili fortemente colorati assunta dai prolungamentì più esili. Questi aspetti furono erroneamente interpretati come fibre indipendenti dal protoplasma o decorrenti in esso. I cosiddetti feltri di fibre nevrogliche non sono che ammassi di fini prolungamenti che hanno origine per la massima parte in cellule lontane, secondo la proprietà che caratterizza gli elementi d'origine ectodermica del sistema nervoso, di poter mandare prolungamenti molto lontani dalla cellula d'origine (v. per es. i fasci di fibre nervose provenienti da cellule nervose lontanissime). In casi patologici, feltri nevroglici possono fors'anche residuare da regressione e scomparsa dì parte delle cellule alle quali appartengono i prolungamenti filiformi.
Da molti anni vengono distinte nella nevroglia forme diverse di elementi cellulari: elementi a nucleo grande e medio e a protoplasma piuttosto ampio con prolungamenti radiali: astrociti, cellule-ragno; elementi a nucleo medio e piccolo, protoplasma largo, spugnoso o granuloso con scarsi e brevi prolungamenti, talora senza prolungamenti: piccole cellule, cellule cuboidi, cellule sferoidi, cellule del Robertson; elementi a nucleo piccolo, polimorfo, spesso allungato, protoplasma sottile, allungato, spesso bipolare, ramificato, tipo cellule a bastoncello.
Nell'ultimo decennio queste differenze morfologiche furono particolarmente sottolineate ed elevate a dignità di caratteri differenziali di tre categorie di cellule gliali, che furono ribattezzate con nuove denominazioni: gli astrociti: macroglia; le cellule a scarsi prolungamenti o cuboidi: oligodendroglia; le cellule a nucleo piccolo, polimorfo, per lo più allungato: microglia (che non sarebbe fusa nel sincizio). A queste ultime cellule fu attribuita un'origine mesodermica (dalla pia madre). Questa ipotesi istogenetica non è ancora dimostrata. Le colorazioni e le impregnazioni che in certi casi mettono meglio in rilievo l'una o l'altra di queste forme di gliociti, non hanno nulla di elettivo e perciò non possono essere utilizzate senz'altro per le dette distinzioni.
Già da molti anni la differenza dei caratteri morfologici e un diverso modo di reagire ad alcuni agenti morbosí, avevan fatto supporre, com'è naturale, differenze funzionali. Ciò è probabile, ma poiché si trovano innumeri forme di passaggio fra i tre gruppi, rimane pur sempre aperta la vecchia questione se le differenze non siano espressione di adattamenti di un unico elemento polimorfo a condizioni ambientali diverse. Non bisogna dimenticare che altro dei caratteri biologici comuni alle cellule nervose e alle cellule nevrogliche, derivanti ambedue, com'è noto, dal neuroepitelio embrionale, è la facoltà di assumere - in rapporto con la struttura e la funzione della parte nella quale vanno a fissarsi - il più grande polimorfismo. La straordinaria varietà morfologica delle cellule nervose insegni.
Le alterazioni progressive della nevroglia (tav. IV, figg. 20, 21, 22; met. Nissl; fig. 23; met. Weigert-glia) si manifestano con tumefazione dei nuclei, che diventano molto chiari, s'arricchiscono di cromatina e presentano grossi corpi nucleolari. Il citoplasma, normalmente non colorabile col metodo del Nissl, diventa più o meno intensamente colorabile e molto ampio. Le cellule possono proliferare per mitosi (specie nei processi acuti) o per scissione diretta dei nuclei; i loro prolungamenti, soprattutto in processi cronici, possono aumentare molto di numero. Sono comuni cellule con 100-200 e più prolungamenti sottili; questi, non di rado lunghissimi, formano fitti ammassi di filamenti (feltri di cosiddette fibre). Queste cellule di rinforzo ricche di fini prolungamenti si producono abbondanti nei processi di riparazione di larghi tratti di tessuto nervoso (gliosi), specie nelle superficie esterne e interne delle masse nervose per lo più addensandosi in spazio minore dell'originario.
In altri processi il citoplasma si rigonfia, vi si moltiplicano i nuclei e si hanno così forme polinucleate, mixomicetoidi. Specialmente nelle degenerazioni delle fibre mieliniche, assorbendo svariati prodotti del disfacimento, le cellule nevrogliche si caricano di gocciole grassose e si arrotondano perdendo i loro prolungamenti; diventano le note cellule granuloadipose nevrogliche, che hanno tendenza a spostarsi, a regredire e a dissolversi; il loro contenuto viene successivamente assorbito da altre cellule granuloadipose e così via. Questa trasformazione sembra più frequente nelle cellule sferoidi, ma avviene anche negli astrociti. Forme allungate con nucleo a bastoncello si hanno in diverse condizioni morbose (più frequentemente ciò si verifica negli animali). Anche queste forme assorbono prodotti del disfacimento.
Le alterazioni regressive (tav. IV, figg. 24, 25, 26, met. Nissl) sono caraiterizzate da retrazione, ipercolorazione, deformazione dei nuclei (picnosi), e da retrazione del citoplasma, che spesso contiene pigmento e altri prodotti del disfacimento. La cariorressi è preceduta da ipercromatosi della membrana nucleare e da ingrossamento dei granuli cromatici. In processi gravi acuti e subacuti, gli astrociti vanno incontro all'alterazione ameboide: si troncano i prolungamenti, il citoplasma assume forma ameboidea, diventa ipercolorabile, il nucleo è fortemente picnotico, cariorressico (tav. IV, figure 27, 28, met. ematossil. di Mallory).
Prodotti del disfacimento. Inclusioni cellulari varie. - Come esito dei varî processi disintegrativi del sistema nervoso si hanno diversi prodotti del disfacimento; il loro studio ha assunto notevole importanza: sostanze grassose o lipoidi (grassi neutri, acidi grassi e saponi, colesterina, lecitina, fosfatidi, cerebrosidi, ecc.). Circa i lipoidi, già vedemmo le successive trasformazioni della mielina. Alterazioni delle cellule nervose possono condurre alla degenerazione grassa delle stesse, che spesso interessa anche le cellule nevrogliche. Tonalità diverse con la stessa colorazione, la loro maggiore o minore solubilità in alcool, indicano stadî diversi della trasformazione di queste sostanze. Un gruppo di sostanze che non dànno le reazioni dei grassi, assumono metacromaticamente i colori basici d'anilina (prodotti basofilo-metacromatici): si riscontrano soprattutto nella sostanza bianca, nelle cellule gliali e dell'avventizia vasale come espressione di disturbi nutritizi (nei vecchi; in flogosi croniche).
Presso le superficie delle masse nervose si trovano spesso sostanze di precipitazione depositate nel sincizio gliale in forma di pallottole sferiche (corpi amiloidi) espressione di processi regressivi cronici.
Nella degenerazione senile del cervello (decrepitezza, demenza senile, demenze presenili) si deposita nel sincizio nevroglico della corteccia cerebrale una sostanza di natura ancora non chiarita, la quale forma innumerevoli masse microscopiche tondeggianti, omogenee o a fili radiati (placche senili; tav. IV, fig. 29, met. Bielschowsky), che giacciono nel tessuto come corpi estranei, provocando una modica reazione nel tessuto cireostante (ispessimento nevroglico, clave terminali nei cilindrassi interrotti). È un reperto caratteristico dei processi senili del cervello, uno dei pochi reperti patognomonici (in senso lato) dell'istopatologia.
In processi acuti, gravi, si riscontrano tra i vasi e la lamina nevroglica perivasale serie di corpuscoli perivasali polimorfi, spesso semilunari, talora carichi di grossi granuli basofili, di natura non ben chiarita (prodotti di coagulazione della linfa o lacinie staccate della lamina nevroglica?).
Nel tessuto nervoso si riscontrano anche varî prodotti del ricambio come il calcio (con predilezione nel pallido, nei plessi corioidei, nella pia; in genere in parti cronicamente asfittiche); il ferro, variamente distribuito nel sistema nervoso normale (in forte quantità nei nuclei mesencefalici e nucleo dentato cerebellare, nella neuroipofisi, assente nel midollo spinale e nei ganglî spinali), si riscontra in forma di granulazioni grossolane nelle emorragie e negl'infiltrati vasali della paralisi progressiva.
D) Parti mesodermiche. - 1. Pia aracnoide. - Processi degenerativi cronici provocano intensa proliferazione fibroblastica della pia, alla quale segue ricca formazione di fibre connettivali e ispessimento o fibrosi piale. Lo stesso reperto si può avere come residuo di flogosi ormai spente. La pia sovrastante a parti rammollite o ad emorragie, presenta le sue maglie ripiene di cellule granuloadipose mesodermiche, cariche di sostanze grassose, di blocchi di pigmento ematico, ecc. Le cellule più voluminose, ampiamente vacuolate, con nucleo grosso, corrispondono ai comuni macrofagi. In processi acuti gravi non infiammatorî, la pia si tumefà enormemente, diviene edematosa ed è ripiena di macrofagi vacuolati, spesso muniti di parecchi nuclei, qua e là scarsi linfociti e plasmatociti (Plasmazellen). Invece nei processi flogistici, la pia è fittamente infiltrata di elementi essudativi (a seconda dei casi, linfociti, plasmatociti, leucociti polinucleari) e può assumere enorme spessore e consistenza notevole, comprimendo le parti sottostanti i vasi sanguigni che da essa penetrano nel tessuto nervoso i tronchi nervosi che emanano dalle masse encefalo-midollari.
2. Vasi sanguigni. - Per le alterazioni dei grossi vasi sanguigni, rimandiamo alle voci relative (arteriosclerosi, aneurismi, embolia, trombosi, emorragia). Nei medî e piccoli vasi che decorrono entro il tessuto nervoso, riscontriamo alterazioni regressive analoghe a quelle dei grossi vasi - lesioni arteriosclerotiche, con esfoliazione, assottigliamento, frammentazione di tratti della elastica, proliferazione dell'intima in questi tratti, con tendenza a degenerazione grassosa, a incrostazione calcarea del tessuto neoformato. In processi cronici, nei piccoli vasi che penetrano nelle superficie delle masse nervose è frequente la fibrosi: neoformazione di fibre connettive della parete avventiziale, formanti un grosso fuso (tav. IV, fig. 30, met. Bielschowsky). Arteriole encefaliche e midollari, parimenti in processi lenti, presentano non di rado le pareti molto ispessite in degenerazione ialina, o tutta l'avventizia e parte della media calcificate. In processi subacuti e cronici del tessuto nervoso, nei quali vi ha disfacimento di strutture nervose, troviamo gli spazî avventiziali dei vasi ripieni di ammassi di prodotti del disfacimento, contenuti nei fibroblasti dell'avventizia e in cellule granuloadipose mesenchimali (tav. IV, fig. 32, met. Daddi-Herxheimer). Lenta distruzione delle strutture nervose, con atrofia della parte, dà luogo ad ammassamento del reticolo capillare, parecchi tronchi del quale si occludono e si atrofizzano, residuandone un sottil ponte fra due anse capillari. Molte delle cosiddette cellule a bastoncello (tav. IV, fig. 31, met. Nissl), elementi a nucleo allungato e citoplasma bipolare a stretto nastro, le quali con le colorazioni nucleari e protoplasmatiche appaiono isolate nel tessuto, con i metodi per le fibre connettivali risultano nettamente come fibroblasti avventiziali di questi capillari e precapillari atrofizzatisi (cellule a bastoncello mesodermiche). Anche normalmente riscontriamo rari sottili cordoni fibrosi fra un capillare e l'altro.
L'atrofia del tessuto nervoso costringe i vasi maggiori (precapillari, arteriole, vene) ad adattarsi in spazio più piccolo. Trovandosi in ambiente molle, si fanno tortuosi, finché si ripiegano in anse (tav. IV, fig. 32, met. Daddi-Herxheimer). La formazione dell'ansa costringe il vaso a ruotare sul suo asse, sì che i collaterali vengono arrotolati a rocchetto. In tal modo si formano convoluti talora enormi di vasi. Questi convoluti sono frequenti nei cervelli senili.
Alterazioni progressive dei vasi sanguigni riscontriamo in alcune lesioni rapidamente degenerative del parenchima nervoso (piccoli focolai da grave intossicazione, inizio del rammollimento ischemico). Nei piccoli e medî vasi si ha un'intensa proliferazione delle cellule endoteliali e avventiziali sì che i vasi si trasformano in grossi cordoni cellulari (forma produttiva; tav. IV, fig. 35, met. Nissl). Si sono descritti fasci vasali, ossia aggregati di parecchi capillari (fino a 20-25) decorrenti paralleli (tav. IV, fig. 34, met. Nissl). Di questa interessante formazione non è ancora chiarita la patogenesi.
Neoformazione di vasi attraverso il parenchima nervoso sembra da escludersi finché questo rimane relativamente integro. Appena s'inizia il rammollimento, o in soluzioni di continuo, si osservano fini gettoni vasali (endoteliali e avventiziali) penetrare attraverso il parenchima in sfacelo.
Nei processi infiammatorî i vasi presentano infiltrazione, più o meno fitta, degli spazî avventiziali per parte di cellule di essudazione (prevalentemente leucociti e linfociti nei processi acuti, prevalentemente plasmatociti nei processi cronici; tav. IV, fig. 33, met. Nissl). Se non vi è sfacelo del parenchima, queste cellule non sciamano mai in esso, ma formano un manicotto avventiziale ben delimitato. Nelle infiammazioni che derivano da infezione del parenchima nervoso (per es. nella paralisi progressiva) anche i piccoli capillari portano nel sottilissimo spazio avventiziale le cellule di essudazione. Nei forti ammassi di plasmatociti alcuni di questi subiscono una trasformazione a cisti, ripiene di una speciale sostanza omogenea e assumono aspetto di un grappolo di sferule di vario volume (cistoplasmatociti).
3. Plessi coroidei. - Dei due sistemi istologici costituenti la compagine dei plessi coroidei - strato epiteliale e stroma connettivale - si possono avere lesioni isolate e lesioni combinate. Le alterazioni del tessuto epiteliale consistono principalmente in fatti di rigonfiamento o di retrazione cellulare, con picnosi nucleare e infiltrazione dei citoplasmi da parte di prodotti regressivi. In processi gravi subacuti si ha desquamazione degli epitelî.
Le alterazioni dello stroma connettivale si rivelano con proliferazione, alle volte imponente, delle fibre connettivali (sclerosi fibrosa) e con degenerazione ialina e calcarea di esse. In stati infettivi gravi si può avere una proliferazione di cellule connettivali, con neoformazione di maglie, ripiene di macrofagi. Scarsa importanza meritano in genere le lievi alterazioni connettivali dei plessi, se si pensa che, nei soggetti superiori ai 30 anni, quasi costantemente si riscontrano gradi più o meno lievi di sclerosi. Lo stesso si dica delle cisti dei plessi che si riscontrano nel 50-70% dei soggetti.
Bibl.: Trattati: H. Obersteiner, Anleitung beim Studium d. Baues d. nervösen Zentralorgane, Lipsia e Vienna 1898 e succ. ediz.; G.M. Robertson, A Textbook of Pathology in relation to Mental diseases, Edimburgo 1900; H. Schmaus, Vorlesungen üb. die path. Anat. des Rückenmarks, Wiesbaden 1901; G. Mingazzini, Anatomia clinica dei centri nervosi, Torino 1908 e successive ediz.: M. Bielschowsky, Allgem. Histol. u. Histopath. des Nervensystems, in Handb. d. Neurol. v. Lewandowsky, I (1910); F. Nissl, Nervensystem, in Enzyklopaedie der mikroskopischen Technik, Vienna; V. Spielmeyer, Histopath. des Nervensystems, Berlino 1922; per l'istopatologia speciale O. Bumke, v. Handbuch d. Geistes Krankh. Anatomie d. Psychosen, VII, Berlino 1930. V. anche i relativi capitoli in tutti i trattati di anatomia patologica.
Riviste: Rivista sperimentale di freniatria; Rivista di patologia nervosa e mentale; Annali di neurologia, poi Rivista di neurologia; Histologische und histopathologische Arbeiten; Heinpathologische Beiträge; Obersteiners Arbeiten; Trabajos del Laboratorio de Investigaciones biológicas de Ramón y Cajal.