CONNETTIVO, TESSUTO (fr. tissu conjonctif; sp. teijdo Conjonctivo; ted. Bindegewebe; ingl. connective tissue)
In anatomia, è compreso fra i tessuti dell'organismo; vi rientrano formazioni a caratteri morfologici diversissimi, quali il connettivo lasso, dotato di grande plasticità; il tessuto adiposo; parti dure, resistenti, come i tendini, gli elementi cartilaginei e ossei. A differenza degli epitelî, del tessuto nervoso, del muscolare liscio, le cellule dei connettivi hanno di solito una parte meno rilevante, in confronto alle formazioni intercellulari o fondamentali, le quali non hanno con le cellule rapporti materiali. E dai caratteri strutturali, fisici e chimici di queste, dipende l'impronta propria delle singole varietà di tessuto connettivo. Sono tutte costituite da parti organizzate fibrillari (metaplasmi di Heidenhain) e da una sostanza amorfa interposta alle fibrille, la quale nelle forme molli di connettivo è fluida, in altre è viscosa e nell'osso durissima, per i sali minerali che vi sono depositati.
Il valore biologico dei metaplasmi è oscuro; non risultano evidenti gli attributi biologici del protoplasma; è dubbio che abbiano un metabolismo, e se mai in misura così minima che non può essere determinato coi mezzi attuali d'indagine. Oggi prevale la tendenza a ritenere i metaplasmi come parti non viventi dell'organismo; si formerebbero nell'embrione e, in condizioni sperimentali, in seno a sostanze amorfe (coaguli fibrinosi, secondo Nageotte e Maximow) e assumerebbero un'organizzazione per l'azione esercitata dalle cellule del connettivo; l'intima natura di quest'azione ci sfugge.
Tessuti molto diversi in apparenza, hanno in comune l'origine e la composizione chimica, con affinità funzionali e strutturali molteplici. Per le proprietà fisiche delle strutture fibrillari che vi si sono differenziate oppongono resistenza alle azioni meccaniche, in vario grado nei singoli tessuti; servono perciò di sostegno e di protezione a organi più delicati, impediscono spostamenti eccessivi delle parti, funzionano da organi passivi di movimento (tessuti di sostegno o a funzione meccanica). Le forme lasse del connettivo s'imbevono dei liquidi nutritivi e, funzionando da intermediarî fra l'apparato vascolare e gli altri tessuti, partecipano indirettamente al metabolismo. Ma la funzione meccanica non è sempre attributo esclusivo delle strutture fibrillari; in alcune delle varietà di questo gruppo di tessuti le cellule si trasformano in modo da acquistare spiccata resistenza elastica alla pressione.
Il grado di differenziazione dei tessuti a funzione meccanica dipende specialmente dalla resistenza alle forze che su essi dovranno agire; col crescere della mole corporea non aumenta nella stessa misura il loro volume, ma la perfezione della loro struttura. La parentela fra questi tessuti apparentemente tanto diversi è dimostrata, oltre che dall'analogia funzionale, dai fatti desunti dall'embriologia, dall'anatomia comparata e dalla patologia. In periodi successivi dello sviluppo un tessuto è sostituito dall'altro; il connettivo da cartilagine, questa da osso; inoltre nelle varie classi dei vertebrati, nelle forme adulte, organi omologhi possono essere rappresentati da tessuti a funzione meccanica diversa; tutto lo scheletro nei Ciclostomi e nei Selaci è cartilagineo, negli altri Vertebrati osseo; componenti del cuore, dell'occhio, ecc., in alcuni Vertebrati sono costituiti da connettivo, in altri da cartilagine o da osso (tessuto osseo nel cuore dei Ruminanti, nella sclerotica e in varî tendini degli Uccelli). E in condizioni patologiche si può avere una metamorfosi (metaplasia) di connettivo in osso o in cartilagine.
Nella classificazione dei connettivi si tien conto dei caratteri, della disposizione e della quantità delle fibrille della sostanza fondamentale, e della quantità, della composizione chimica e delle proprietà fisiche della sostanza amorfa interposta alle fibrille.
Negl'Invertebrati non esiste alcun tessuto omologo all'osso; il connettivo calcificato degli Echinodermi ha struttura diversa dall'osso. La varietà più semplice di connettivo si trova nelle Meduse, in forma d'una sostanza gelatinosa omogenea situata fra ectoderma e entoderma, abitualmente priva di cellule; soltanto quando questo strato diviene cospicuo, v'emigrano talora delle cellule. Nei Vermi, Echinodermi, Artropodi, Molluschi e Tunicati esiste un tessuto gelatinoso con fibrille, il quale ha una certa analogia col connettivo lasso dei Vertebrati. Negli Artropodi e nei Molluschi esiste un vero tessuto cartilagineo come pure tratti di tessuto in connessione coi muscoli, analoghi ai tendini dei Vertebrati.
Nei Vertebrati, già in periodi relativamente precoci dello sviluppo embrionario (nell'uomo al principio della quarta settimana), v'è un tessuto di sostegno diffuso a gran parte dell'embrione, il mesenchima, a struttura più semplice dei tessuti connettivi dell'organismo maturo; è la matrice nella quale si formeranno i varî tessuti di sostegno: connettivo lasso, tendini, cartilagine, osso. È costituito da cellule con lunghi prolungamenti ramificati, immerse in un colloide amorfo, trasparente, ricchissimo d'acqua (fig.1). Le cellule del mesenchima si trasformano in fibrociti, in cellule cartilaginee, in osteociti; in seno alla sostanza fluida, amorfa, si differenziano i componenti organizzati del connettivo, le fibrille; negl'intervalli tra le fibrille rimane una sostanza non organizzata, in quantità variabile nei singoli tessuti e che in alcuni di questi acquista una composizione chimica specifica (condromucoide nella cartilagine, osseina nell'osso). Non accade quasi mai che il tessuto embrionale acquisti bruscamente i caratteri d'un tessuto molto complesso; la sua differenziazione nei varî tessuti connettivi procede a tappe; strutture più semplici sono sostituite da altre più complesse, adeguate alle necessità sempre crescenti di resistenza meccanica.
Le fibrille si distinguono per i caratteri morfologici e fisici e per la composizione chimica, in collagene, elastiche e reticolari.
Le fibre collagene si ripetono invariabilmente in quasi tutti i tessuti di sostegno; hanno grande uniformità; se molto numerose conferiscono al tessuto una tinta bianca. Si vedono facilmente al microscopio a fresco e nei preparati fissati (figg. 2-3).
All'esame a luce polarizzata appaiono dotate di birifrangenza positiva uniassile; l'asse ottico corrisponde all'asse delle fibrille. In un tendine in sezione longitudinale appaiono luminose fra nicol incrociati, quando intersecano il piano dei nicol di 45°; in sezione trasversa sono oscure in tutte le posizioni. Sembra che la loro birifrangenza dipenda dall'essere costituite da particelle cristalline (micelle) ultramicroscopiche a forma di bastoncino, orientate con regolarità. Si tingono elettivamente con alcune sostanze coloranti (picrofucsina, metalli colloidali, ecc.), risaltando sugli altri costituenti istologici. Nell'acqua bollente si disciolgono in una sostanza collosa, la quale, dopo raffreddamento, diventa una gelatina insolubile in acqua. In acidi e in alcali diluiti divengono trasparenti; sono resistentissime alla macerazione; sono digerite dalla pepsina in soluzione acida, non dalla tripsina in soluzione neutra e alcalina.
Le fibre collagene sono ondulate, di vario spessore e ognuna di esse consta d'un certo numero di fibrille elementari incolori, cementate da mucina, estremamente sottili (del diametro di 0,2 μ), al limite della visibilità microscopica. Le fibre collagene si riuniscono fra loro a plesso mediante rami di divisione; ma non s'anastomizzano, si dissociano in gruppi di fibrille elementari, le quali aderiscono, senza continuità materiale, alle fibrille contigue. Le fibre talora decorrono isolate, più di frequente sono riunite a fasci di spessore vario. Sono lunghissime, nei tendini vanno probabilmente da un estremo all'altro. Sono assai resistenti alla trazione, perché le particelle che costituiscono le fibrille non possono essere separate in direzione longitudinale; hanno un modulo d'elasticità di poco inferiore a quello del legno secco (6 kg. per cmq.); la rottura d'un tendine avviene solamente per un carico di 450 kg. per cmq. D'altra parte sono pochissimo distensibili; soltanto con un carico di 300-350 kg. per cmq. si distendono del 3-4 m,: i tendini delle quattro ultime dita della mano ripiegati a uncino sopportano il peso d'una tonnellata e mezza senza rompersi e con quest'enorme peso s'allungano appena del 3%.
Le fibre elastiche non sono costanti in tutti i connettivi; hanno spessore molto vario (sino a un massimo di 12 μ). A differenza delle collagene, mostrano sensibile polimorfismo; s'anastomizzano mediante rami di divisione, formano reti lasse, oppure concrescono unendosi in membrane (figg. 4-5).
Hanno un colorito gialliccio, sono molto più rifrangenti delle collagene, sono birifrangenti a luce polarizzata soltanto quando sono distese; mentre le fibre collagene sono quasi inestensibili, le elastiche si possono stirare fino del doppio, lasciate a sé riprendono subito la lunghezza che avevano prima, come una molla. Sono resistentissime agli acidi, agli alcali e all'acqua bollente; invece con la macerazione (che non danneggia il collagene) si distruggono. Si colorano in modo elettivo con l'orceina acida e con la fucsina-resorcina.
Le fibre reticolari sono filamenti sottili riccamente anastomizzati, non mai riuniti a fasci. In varî punti si continuano con le fibrille collagene, il che fa pensare che non siano di natura essenzialmente diversa da queste, come alcuni ritengono. Queste fibre reticolari sono meno rifrangenti delle fibre elastiche; non sono digerite dalla tripsina acida, né si rigonfiano in acidi diluiti, come il collagene; si colorano intensamente in presenza dell'argento colloidale.
Connettivo propriamente detto. - 1. Il tessuto mucoso maturo, come il mesenchima embrionale, consta di cellule stellate e d'abbondante sostanza intercellulare amorfa, fluida, con poche fibre collagene ed elastiche intrecciate. Si trova nella polpa dentaria e nel cordone ombelicale, ove ha una consistenza rilevante, per la grande viscosità della sostanza fondamentale amorfa, in forma di gel denso, senza intentizî né fessure (fig. 6).
2. Connettivo fibrillare lasso. - Ha una grande diffusione; colma gl'intervalli fra i varî muscoli e i varî visceri e fra questi e la parete del corpo; avvolge i tronchi nervosi e vascolari; in forma di sepimenti tenui penetra nel parenchima degli organi, v'accompagna i vasi e i nervi, sino nelle ramificazioni più sottili, costituisce uno strato al disotto del tegumento e delle mucose, il quale permette lo scorrimento di queste membrane sui piani sottostanti; oppure forma una sottile membrana continua, la quale costituisce il substrato all'epitelio delle sierose e d'alcune mucose, come pure lo stroma dell'aracnoide (connettivo membranoso). La sua funzione principale è di mantenere a contatto organi contigui, di proteggerli dai traumi e nello stesso tempo, data la sua scarsa consistenza, permette, sino a un certo limite, gli spostamenti d'un organo rispetto a un altro (figura 7).
Ha inoltre importanti funzioni nutritive, perché il liquido che riempie gl'intervalli tra le fibrille e tra le cellule è il vettore degli scambî fra il sangue circolante nei capillari e le cellule specifiche degli organi. Per la sua grande capacità d'imbibizione regola il passaggio dell'acqua attraverso i tessuti. Al microscopio si riconosce nel connettivo lasso una trama di fascetti di fibre collagene e di fibre elastiche, di solito più scarse delle prime. Tra i fasci di fibre vi sono ampî intervalli riempiti da un colloide fluido, analogo a quello del mesenchima embrionale. Se s'infigge nel connettivo lasso l'ago d'una siringa di Pravaz e vi s'inietta un liquido o dell'aria, si produce una bolla d'edema o d'enfisema (Ranvier) e si sollevano sottili lamelle, in ciascuna delle quali i fasci collageni s'intrecciano in varie direzioni. Se ne dedusse che il connettivo lasso sia costituito da lamelle sovrapposte, separate da fessure ripiene di liquido; ma se è vero che in alcune regioni i fasci collageni sono disposti prevalentemente a reti piatte, questa disposizione non è generale, e, a ogni modo, le varie lamelle sono sempre collegate tra loro da fini fibre; in tutto il connettivo lasso è scavato un sistema di minuscole areole aperte in tutte le direzioni, ripiene di liquido. Quando si produce un edema nel connettivo per iniezione interstiziale di liquido, oppure quando il deflusso di questo viene ostacolato (edema patologico), il colloide viene diluito e i fasci collageni sono distesi e delicatamente dissociati.
Nel connettivo lasso vi sono varî tipi di cellule; le più comuni sono i fibrociti, a forma affusata, oppure lamellare, con prolungamenti ramificati aderenti ai fasci collageni; i fibrociti producono le fibre collagene durante lo sviluppo; in qual modo tale funzione si manifesti non sappiamo; si tratta d'una metamorfosi diretta dello strato periferico del citoplasma o molto più probabilmente d'una particolare forma di processo secretorio? Certo è che non esplicano più tale funzione nel connettivo maturo e la riprendono nei processi infiammatorî. Non mutano mai di sede e per qnesto carattere sono chiamate anche cellule fisse.
Vi sono altri elementi in quantità variabile nelle singole regioni del connettivo: clasmatociti, istiociti, cellule granulose basofile, varî elementi migranti del sangue e della linfa (linfociti, monociti, granulociti eosinofili, cellule pigmentate).
Gl'istiociti (clasmatociti di Ranvier), a differenza dei fibrociti, non hanno alcun rapporto con le fibre collagene; sono di forma poliedrica, ovale o affusolata, con prolungamenti brevi e tozzi. Sotto l'influenza di stimoli infiammatorî emigrano e possono fagocitare batterî o altri corpi estranei anche voluminosi, diventando cioè macrofagi, ed esercitando così una parte importante nella difesa contro le infezioni. Assumono con grande elettività sostanze coloranti acide poco tossiche iniettate in vivo (trypanblu e carminio).
Le cellule granulose basofile contengono nel citoplasma granulazioni in gran numero, molto solubili in acqua, le quali si tingono metacromaticamente coi colori basici. Le cellule pigmentate (cromatofori) hanno forma stellata, contengono piccoli granuli di pigmento, di cui si distinguono chimicamente molte varietà; nell'uomo e nei Mammiferi esiste solamente un pigmento bruno o nero (melanina). Nell'uomo i cromatofori sono numerosi nello stroma delle membrane dell'occhio, nell'iride e nel derma di razze a pelle colorata. I cromatofori subiscono mutamenti di forma in presenza della luce e questa determina un rapido mutamento nella tinta dell'organo in cui risiedono (per es. la pelle del camaleonte).
3) Connettivo reticolato. - In varî organi v'è una trama finissima invisibile a occhio nudo, la quale consta prevalentemente di tessuto reticolare. Nella polpa splenica e nel tessuto linfoide forma una rete a tre dimensioni nelle cui maglie sono compresi gli elementi dei liquidi circolanti; nella polpa splenica le fibrille sono più sottili e le maglie più anguste che nel tessuto linfoide, al punto che talora v'è contenuta una sola cellula; i rapporti fra reticolo e cellule libere comprese nelle maglie sono lassi, tanto che se ne liberano facilmente. Vi sono poi cellule fusiformi o stellate intimamente aderenti al reticolo, le quali per le proprietà di fagocitare corpi estranei e d'assumere colori acidi iniettati in vivo, sono ritenuti istiociti (figg. 8-9).
Nel fegato, nella sostanea corticale della surrenale, nel corpo luteo, ecc., v'è uno stroma costituito da fibre principali e da una rete in molti punti a filamenti estremamente sottili e a maglie strette, aderente da un lato alle cellule del parenchima (per es. alle cellule epatiche), dall'altro alle cellule endoteliali dei capillari sanguigni. Queste hanno proprietà morfologiche e biologiche diverse dagli endotelî dei comuni capillari; sono fagociti e assumono colori acidi poco tossici. Insieme con altri elementi dotati di proprietà analoghe (istiociti; per es. cellule del reticolo, endotelî della milza e degli organi liníoidi) sono ascritti al sigtema reticolo-endoteliale, al quale si attribuiscono funzioni importanti nei processi morbosi (figg. 10-11).
Nei canalicoli ufiniferi e in altre ghiandole esocrine la costituzione del reticolo e i rapporti con le cellule secernenti sono diversi da quelli delle ghiandole endocrine. Le fibrille sono estremamente serrate, non penetrano negl'intervalli fra le cellule, ma sono limitate alla loro faccia basale, che separano dall'endotelio dei capillari sanguigni.
Le fibre muscolari dei muscoli volontarî e del cuore e le cellule muscolari lisce sono avvolte da guaine fibrillari a filamenti sottilissimi e a maglie molto strette, aderenti: quando il muscolo si contrae trasmettono la trazione al tendine.
4. Connettivo a fasci intrecciati. - Nella pelle e in molte mucose forma il substrato all'epitelio; per la maggiore quantità di fibrille collagene in confronto al connettivo lasso, ha una notevole resistenza o compattezza (derma e corion). Consta di fascetti di 5-10 μ di diametro a fibre fitte, riuniti in fasci secondarî molto più grossi, sino a 100 μ di diametro, avvolti da membranelle elastiche e con fibrociti aderenti alla superficie; tra i fasci secondarî è interposta una sostanza amorfa. Quando quest'ultima è distrutta dalla macerazione (come, per esempio, nella conciatura delle pelli), l'individualità dei singoli fasci appare più evidente. I fasci fibrosi hanno orientazione variabile nelle singole regioni; nel derma della pelle dell'uomo s'intrecciano in tutte le direzioni (figg. 12, 14).
5. Tessuto fibroso. - Le fibre collagene in questo tessuto sono orientate con grande regolarità in rapporto alla direzione delle trazioni alle quali sono sottoposte; sono riunite mediante scarsissima sostanza cementante in fascetti primitivi, privi di cellule, in ciascuno dei quali le fibre sono così fittamente addensate che l'individualità delle medesime non appare, se non si discioglie la sostanza cementante con acqua di calce (figg. 13, 15).
Nei tendini e nei legamenti le fibre sono orientate secondo l'asse; i fascetti primarî sono riuniti da sostanza cementante in fasci più cospicui secondarî e terziarî; questi ultimi sono separati da connettivo lasso, con scarsi vasi e nervi, in continuità con la guaina che avvolge il tendine (peritenonio). Le cellule tendinee sono disposte in file regolari, hanno forma di laminette quadrangolari con prolungamenti a forma d'ala, i quali s'insinuano nei sottili intervalli tra i fascetti primarî; in sezioni trasverse si vede che questi ultimi sono separati, ma in modo incompleto, da figure stellate, che rappresentano le sezioni ottiche delle cellule, delle espansioni alari di queste e di sottilissime strie di sostanza cementante (fig. 15).
Nelle fasce e nelle aponeurosi i fascetti di fibre hanno con le cellule rapporti analoghi, ma anziché essere orientati in una sola direzione, come nel tendine, s'incrociano ad angolo retto, nella sclerotica dell'occhio in varie direzioni. Nella sostanza propria della cornea i fasci di fibre sono riuniti in lamelle sovrapposte nell'uomo in numero di 50); e poiché la mucina fluida la quale cementa le fibre e le fibrille ha lo stesso indice di refrazione di queste, il tessuto è trasparente. Le cellule corneali appiattite sono accolte in lacune scavate alla superficie delle lamelle, emettono lunghi prolungamenti contenuti in sottili fessure. La cornea è priva di vasi (fig. 13).
6. Tessuto elastico. - In alcune regioni del connettivo le fibre elastiche sono molto voluminose e prevalgono di gran lunga sulle collagene, in relazione alla necessità funzionale che il tessuto riprenda, dopo una trazione, la forma originaria, come avviene, per esempio, nei legamenti vocali, nel legamento della nuca dei Ruminanti, ecc.
Le membrane elastiche della tonaca intima delle arterie e delle vene sono placche solide o fenestrate, a superficie liscia, oppure con rilievi lineari.
Tessuto cartilagineo. - Ha aspetto translucido, spiccata resistenza elastica alla trazione; è pieghevole, e, nonostante la sua consistenza, può essere facilmente tagliato con il coltello. Non contiene connettivo lasso, né vasi, né fibre nervose. Dappertutto, fuorché in corrispondenza delle superficie articolari, la cartilagine è rivestita da una membrana fibrosa vascolarizzata, il pericondrio. I suoi caratteri fisici dipendono specialmente dalla proprietà della sostanza fondamentale; però anche le cellule in turgore permaanente, perché imbevute d'una grande quantità d'acqua, contribuiscono a conferire alla cartilagine grande resistenza alla pressione.
E se la sostanza fondamentale è estremamente scarsa e le cellule numerose (nella cartilagine parenchimale e nel tessuto vescicoloso a tipo condroide), la resistenza delle cellule molto turgide assume importanza preponderante nella funzione meccanica dell'organo.
Nei Vertebrati le cellule hanno forma sferica, sono situate in cavità che esse riempiono del tutto, a parete liscia, scavate nella sostanza fondamentale; però non di rado una sola cavità contiene gruppi di 2-4 cellule a contatto. Nei Cefalopodi le cellule hanno forma stellata con prolungamenti ramificati. Hanno la struttura delle cellule a caratteri embrionali, con condrioconti flessuosi e una centrosfera; non vi sono prodotti di differenziazione di sorta (fig. 16).
La cartilagine matura contiene, come il connettivo propriamente detto, fibre collagene e talora fibre elastiche; però, a differenza del connettivo, la sostanza amorfa interfibrillare è abbondante, in forma di gel denso e ha composizione chimica specifica (condromucoide); il suo costituente principale, il quale conferisce alla cartilagine spiccata affinità per i colori basici, è l'acido condroitinsolforico. Riferendosi alla quantità di condromucoide e ai suoi rapporti materiali con le fibrille, si distingue la cartilagine ialina, fibrosa ed elastica. Invece le cellule hanno caratteri di forma e di struttura sensibilmente unifotmi in tutte le varietà di cartilagine.
La cartilagine ialina in tutti i Vertebrati durante il periodo embrionale costituisce lo scheletro assile e appendicolare; quando questo viene sostituito dal tessuto osseo, rimane in poche regioni: sulle superficie articolari, completa lo scheletro osseo del naso e la gabbia toracica; nella laringe, nella trachea, nei grossi bronchi. È ricchissima di acqua (nelle cartilagini costali 67,7%). L'affinità per i colori basici che caratterizza la sostanza fondamentale della cartilagine è più pronunziata in alcune zone di questa, zone riconoscibili nel preparato fresco per la maggiore rifrangenza. La cavità nella quale ciascuna cellula è contenuta è delimitata da un sottile alone fortemente basofilo denominato capsula, ove le cellule sono a contatto; le capsule formano fra di esse sottili sepimenti (figg. 17-21).
Le cellule sono riunite in nidi e questi (o anche le cellule singole) sono sempre circondati da un alone di sostanza fondamentale basofila, tuttavia in modo meno distinta delle capsule (area territoriale); gruppo isogeno è chiamato il cumulo di cellule compreso in ciascun territorio. Talora l'area territoriale basofila è circondata da un'altra area abbastanza estesa, la quale ha affinità per i colori acidi. Fra le aree territoriali è compreso (figg. 17,18) un trabecolato grossolano di sostanza fondamentale (interterritoriale).
Le fibrille collagene non sono visibili nella sostanza fondamentale né a fresco, né coi comuni metodi di colorazione; l'acido condroitinsolforico, che ha lo stesso indice di refrazione delle fibrille, le maschera, ma dopo trattamento con tripsina alcalina, l'acido viene disciolto e le fibrille collagene divengono visibili. Però il mezzo più semplice per studiare il tragitto delle fibrille collagene nella cartilagine è l'esame a luce polarizzata, mediante il quale le fibre collagene, essendo birifrangenti, appaiono luminose fra nicol incrociati. Si dimostrò così che la divisione territoriale, quale appare coi comuni metodi di colorazione, è l'espressione più grossolana del decorso delle fibrille.
Le differenze che s'apprezzano anche nelle singole regioni d'un elemento scheletrico sono l'espressione del vario grado di resistenza alla pressione e alla trazione.
Alla superficie di quasi tutte le cartilagini, i fasci collageni del pericondrio s'approfondano nella sostanza fondamentale e sono visibili anche coi comuni metodi di colorazione; in questa regione di transizione fra pericondrio e cartilagine, dunque, le fibrille collagene sono riunite in grossolani fasci e non sono mascherate dal condromucoide (fig. 18); più profondamente invece le medesime divengono a poco a poco sempre più sottili; più oltre sono mascherate, disposte concentricamente alle cellule e ai gruppi isogeni: e quella che coi comuni metodi appare come una capsula, corrisponde a uno straterello più fitto di fibrille in rapporto immediato con le cellule. Si considera come unità cartilaginea (condrone) ciascuno di questi sistemi di fibre concentriche. La resistenza del condrone alla pressione è direttamente proporzionale allo spessore della sua parete, vale a dire alla quantità di fibrille appartenenti al gruppo isogeno rispettivo.
L'orientazione delle fibrille negl'intervalli fra i condroni varia in relazione alle influenze meccaniche alle quali l'elemento scheletrico è sottoposto; negli anelli tracheali, i quali offrono una resistenza elastica, quando, per la contrazione dei muscoli lisci, il loro raggio di curvatura tende a divenire minore, le fibre delle zone interterritoriali, dirette perpendicolarmente alle superficie, ripiegano in corrispondenza di queste per continuarsi nelle fibre a fasci grossolani del pericondrio.
Poichè la cartilagine è priva di vasi, va facilmente soggetta a processi regressivi; questi sono più manifesti negli elementi scheletrici voluminosi; per es., nelle cartilagini costali dell'uomo, a incominciare dal 30° anno d'età, le cellule regrediscono, i territorî scompaiono, le fibre collagene si continuano in masse compatte, s'orientano tutte nella stessa direzione, la cartilagine assume un aspetto splendente (metamorfosi asbestiforme).
Pure frequente in varî elementi scheletrici (nella laringe, nella trachea, a partire dal 20° anno) è la deposizione di carbonato di calcio in forma di particelle splendenti, senza che la sostanza fondamentale s'alteri nella sua struttura; però il tessuto perde il suo aspetto translucido e la sua elasticità.
La cartilagine elastica differisce dalla ialina per la sua struttura e per proprietà fisiche; costituisce lo scheletro del padiglione dell'orecchio, della tuba auditiva, d'una parte della laringe; a fresco, è di colorito giallo opaco. I rapporti delle cellule con la sostanza fondamentale e la struttura di quest'ultima sono analoghi a quelli della cartilagine ialina; cartilagine elastica e ialina differiscono soltanto perché alle fibrille collagene mascherate sono sovrapposte fibre elastiche anastomizzate, non mascherate e perciò visibili a fresco e coi metodi di colorazione (fig. 20).
Si comprendono sotto il nome di cartilagine fibrosa tessuti diversi, i quali hanno in comune la presenza di fasci collageni grossolani; nei dischi intervertebrali e nella sinfisi pubica dell'uomo (cartilagine fibrosa vera) le fibre collagene sono, come nella cartilagine ialina, immerse nel condromucoide, sono raccolte però in fasci più grossolani, non mascherati, visibili anche senza l'esame a luce polarizzata, e talora v'è un passaggio graduale tra le sottili fibrille mascherate dalla cartilagine ialina ed i fasci più grossolani (fig. 19). In altre varietà di cartilagine, che per i caratteri fisici sono annoverate alla fibrosa, i fasci collageni non sono immersi nel condromucoide; si ha un'associazione di connettivo denso e d'isolotti sparsi di cartilagine ialina, oppure di gruppi di cellule cartilaginee con scarsa sostanza fondamentale; per es., il tessuto dei menischi e nei dischi articolari e nei labbri glenoidei, per la preponderanza dei fasci collageni, assomiglia a quello dei tendini; ne differisce per la forma vescicolosa delle cellule e perché queste sono circondate da capsule o da aree più estese di condromucoide.
Nella cartilagine parenchimale (dell'orecchio esterno dei piccoli Mammiferi, dei medî bronchi dell'uomo) a cellule grandi, turgide, con sostanza fondamentale ridotta a sottili sepimenti, questa non può avere che importanza minima nella resistenza elastica alla pressione; in tal caso soltanto le cellule in permanente turgore adempiono alle funzioni meccaniche alle quali il tessuto è destinato. Il tessuto vescicoloso di tipo condroide ha pure costituzione cellulare e, come il precedente, deve la sua resistenza al turgore delle cellule; ne differisce perché negl'intervalli fra le cellule risiedono sottili fasci fibrosi (nelle cartilagini sesamoidi dei tendini) v. la fig. 21.
Genesi e accrescimento della cartilagine. - La cartilagine si forma, come tutti i tessuti a funzione meccanica, dal mesenchima embrionale. Le sue cellule retraggono i prolungamenti, divengono fitte e costituiscono una massa compatta di blastema precartilagineo; successivamente le cellule producono una sostanza omogenea con la spiccata basofilia del condromucoide, in forma di sottili sepimenti interposti; è la stessa struttura della cartilagine parenchimale dell'adulto; poi l'affinità del condromucoide per i colori basici s'accentua, e aumenta in quantità, di modo che le cellule si discostano.
Le fibrille collagene si differenzieranno molto più tardi in seno al condromucoide; la partecipazione indiretta delle cellule alla formazione delle fibrille è probabile, ma non sappiamo in quale modo si manifesti.
Tessuto osseo. - È la varietà di connettivo a struttura fra tutte la più complessa; offre resistenza alla pressione molto più grande di quella della cartilagine (15 kg. per mmq. d'osso compatto) e nello stesso tempo, resistenza alla trazione (10 kg. per mmq.) e alla flessione; ciò non ostante ha un certo grado d'elasticità. Perciò è particolarmente adatto a costituire gli organi fondamentali di sostegno delle costruzioni dell'organismo e gli organi passivi di movimento. Il tessuto osseo ha colorito bianco-giallognolo e ha grande consistenza, superata soltanto dallo smalto dei denti. Come nella cartilagine, le cellule (osteociti), omologhe ai fibrociti e alle cellule cartilaginee, risiedono nell'interno di lacune scavate nella sostanza fondamentale, e questa consta di fibrille collagene incluse in una sostanza amorfa; ma la peculiarità dell'osso, al quale esso deve la sua durezza, è la deposizione nella sostanza interfibrillare di sali di calcio, nella proporzione del 55% circa, su 27% di sostanze organiche e 17% di acqua; prevale il fosfato di calcio (85%), vi si trovano pure carbonato di calcio (10%), e, in minore quantità, fosfato di magnesio e fluoruro di calcio.
Si noti che soltanto la sostanza amorfa interfibrillare contiene i sali di calcio; le fibrille non sono mai calcificate: se ne ha la prova esaminando al microscopio una sezione d'osso, nel quale le fibre collagene furono distrutte con la calcinazione (arroventandolo in un tubo di vetro); si vedono nella sostanza fondamentale fessure estremamente sottili nelle quali, nell'osso fresco, avevano sede le fibrille (fig. 22). Ma la compenetrazione fra i due componenti, organico e inorganico, del tessuto osseo, è tanto intima che l'osso mantiene inalterata la propria forma, sia che con la calcinazione le sostanze organiche vengano distrutte, sia che si disciolgano le sostanze minerali mediante trattamento prolungato con un acido; se poi un osso viene macerato, si distruggono le cellule e tutte le parti ricche d'acqua, mentre lo stroma collagene e la sostanza interfibrillare contenente i sali di calcio, si conservano; in tal caso non solo la forma, bensì anche la consistenza dell'osso rimane inalterata. Questo è il procedimento abituale usato dagli anatomici per conservare indefinitamente le ossa.
Forme di tessuto che hanno molta analogia con l'osso e che anzi vanno considerate come forme primitive di questo tessuto, sono la sostanza osteoide acellulare di alcuni Teleostei e la dentina o avorio. Quest'ultima fa parte del dente; come nell'osso, le fibrille collagene sono cementate da una sostanza calcificata, che è percorsa da sottili fessure orientate perpendicolarmente alla superficie del dente, contenenti i lunghi prolungamenti delle cellule della dentina, gli odontoblasti, omologhi agli osteociti; però i corpi cellulari degli odontoblasti, a differenza degli osteociti, non risiedono in seno alla dentina, bensì sulla sua superficie interna, al limite con la polpa dentaria, ove sono disposti in una fila continua.
Nell'uomo il tessuto osseo forma la parte preponderante di tutti gli elementi scheletrici e delle ossa sesamoidi dei tendini e dei legamenti e il cemento dei denti. Alla loro costruzione partecipano, oltre il tessuto osseo, una membrana fibrosa che riveste le ossa, il periostio, vasi e nervi contenuti nell'interno di canali e inoltre la cartilagine che riveste la superficie articolare; infine il midollo osseo, tessuto a funzioni ematopoietiche, racchiuso nelle cavità che sono scavate nell'interno dell'osso (cavità midollare e spazî della sostanza spugnosa). Le diverse ossa e le varie regioni d'uno stesso osso hanno aspetti macroscopici diversi: di masse compatte (il tessuto osseo compatto), oppure di lamelle e di filamenti di vario spessore (tessuto osseo spugnoso); quest'ultimo è situato nell'interno delle ossa, in maggiore quantità nell'epifisi delle ossa lunghe e nelle ossa corte; è in continuità col tessuto osseo compatto.
I costituenti istologici del tessuto osseo sono i medesimi nella sostanza compatta e spugnosa; però differiscono per il modo con cui sono distribuiti e orientati e per i rapporti con i vasi (figg. 22-29).
La struttura del tessuto osseo può essere studiata in ossa rese molli con la decalcificazione e suddivise in fettine con i comuni procedimenti della tecnica istologica; oppure in ossa macerate, nelle quali i componenti cellulari furono distrutti con la putrefazione; si prepara una fetta d'osso macerato, s'assottiglia sfregandola sopra una mola da affilare, poi questa viene montata fra due vetrini in balsamo del Canada densissimo; le lacune e i canalicoli rimangono ripieni d'aria e appaiono, a luce refratta, neri per riflessione totale.
Dalle cellule ossee, o osteociti, si dipartono sottili prolungamenti imprigionati in angusti canalicoli; questi, come le lacune che racchiudono gli osteociti, sono scavati nella sostanza fondamentale a struttura fibrillare; lacune e canalicoli sono delimitati da una membranella non fibrillare; fra questa e il contenuto (osteociti con prolungamenti protoplasmatici), non v'è fessura di sorta. I canalicoli in parte terminano a fondo cieco, in maggioranza s'uniscono ad altri che fanno capo a cavità contigue, costituendo un sistema continuo di fessure comunicanti anche con i voluminosi canalicoli vascolari (fig. 24).
Nella sostanza fondamentale le fibrille collagene sono disposte secondo norme determinate, le quali hanno un importante significato funzionale. Da questo punto di vista si distingue il tessuto osseo non lamellare, più semplice, e il lamellare.
Nel primo i fascetti di fibrille possono essere paralleli (nelle ossa degli Uccelli), oppure intrecciati (in molti Vertebrati inferiori, nelle ossa dei Mammiferi e dell'uomo soltanto durante la vita fetale); le fibrille sono raccolte in fasci grossolani e decorrono in tutte le direzioni con intervalli contenenti osteociti; l'impalcatura fibrillare dell'osso è scavata da larghi canali, nei quali sono situati i vasi.
Questa struttura relativamente semplice è sostituita, nella sostanza compatta e spugnosa delle ossa dell'uomo e dei Mammiferi durante i primi anni di vita postnatale, da altra più complessa, dal tessuto osseo lamellare, il quale consta nella sua totalità, o quasi, di lamelle di 5-11 μ di diametro, disposte diversamente nelle varie regioni dell'osso; sono costituite da sottili fascetti di fibrille, una sostanza cementante calcificata unisce le singole lamelle, e i fascetti fibrillari di ciascuna lamella. Le lacune contenenti gli osteociti, a forma di nocciolo di prugna, risiedono per lo più negli interstizî fra le lamelle, con le superficie addossate a queste, e i canalicoli ossei attraversano le lamelle a tutto spessore (figg. 25, 28).
L'orientazione delle lamelle è prevalentemente in relazione con la disposizione dei canalicoli vascolari. La sostanza compatta, nella quale la struttura lamellare appare nei suoi aspetti più tipici, è percorsa da numerosi canali (di Havers) contenenti vasi sanguigni, linfatici e nervi (del diametro da 20 a 110 μ), a decorso parallelo nelle ossa lunghe, nel senso dell'asse, con qualche anastomosi trasversale; si continuano nelle areole della spugnosa, alla superficie terminano sotto al periostio. Le lamelle ossee sono quasi dappertutto disposte concentricamente ai canali vascolari; la sola eccezione è data dai rari canali vascolari perforanti (di Volkmann) indipendenti dai sistemi lamellari. In una sezione della diafisi di un osso lungo, perpendicolare all'asse, si vedono canalicoli di Havers in sezione trasversa, circondati da cospicui manicotti di lamelle stratificate, le quali appaiono come linee concentriche (sistemi di Havers o osteoni). L'osteone è dunque un cilindro cavo; il suo spessore è in genere proporzionale al calibro del vaso (da un minimo di 15 ad un massimo di 225); il numero delle lamelle va da 8 a 15. L'osteone appare ben delimitato da una linea ondulata corrispondente alla sezione ottica d'uno straterello non fibrillare analogo alla guaina delle lacune e dei canalicoli ossei. Però alcuni osteoni constano d'una serie di gusci separati da superficie cementanti simili a quelle che li delimitano all'esterno (figg. 25-27).
Gli intervalli fra gli osteoni sono colmati da sistemi di larnelle interstiziali, a forma irregolare, che s'insinuano con gli spigoli a guisa di sproni fra le superficie convesse di osteoni contigui; sono questi frammenti di osteoni derivati da rottura di osteoni cilindrici, per il continuo processo di rinnovamento del tessuto osseo, che si produce durante tutta la vita postnatale. Il complesso dei sistemi interstiziali viene denominato breccia dell'osso (termine usato dai geologi per indicare grossi detriti cementanti di sostanza calcare o argillosa); l'estensione rispettiva della breccia e degli osteoni integri varia molto nelle singole ossa, perché l'entità della ricostituzione dell'osso non è in tutte eguale. Nella diafisi del femore e dell'omero dell'uomo v'è una disposizione a breccia intricatissima; più regolare è la sostanza compatta del radio, dell'ulna, della fibula. t: architettura a breccia dell'osso ne eleva la resistenza, i frammenti di osteo1ii interposti fra gli osteoni integri li proteggono dalla rottura (fig. z6).
Alla superficie esterna e interna dell'osso vi sono sistemi di lamelle limitanti esterne e interne, decorrenti ininterrottamente per lunghi tratti, perpendicolarmente all'asse della diafisi; alcune lamelle limitanti (o fondamentali) spesso s'insinuano per un certo tratto fra gli osteoni più periferici e talora anche fra altri più profondi, colmando gl'intervalli fra questi (fig. 29).
Il decorso delle fibrille collagene nelle lamelle fu minutamente analizzato traendo partito dalla proprietà della birifrangenza a luce polarizzata per esse caratteristica (v. sopra).
In un osteone esaminato al microscopio a nicol incrociati si vedono alternarsi lamelle illuminate con altre oscure; le prime corrispondono alle lamelle con fibrille collagene a decorso circolare, le seconde a quelle con fibrille tagliate trasversalmente; però anche le prime nei quattro segmenti del cilindro in cui le fibrille decorrono parallelamente alla direzione di vibrazione dei nicol appaiono oscure (croce di polarizzazione). Anche nei sistemi limitanti s'alternano lamelle con fibrille a direzione opposta; naturalmente, data l'orientazione di queste lamelle, le medesime a luce polarizzata non appaiono in alcun punto interrotte da tratti oscuri (fig. 27).
Però nelle ossa dell'uomo la direzione delle fibrille nelle lamelle degli osteoni è di rado circolare o rispettivamente parallela all'asse dell'osteone; per lo più, pur rimanendo stabilito che nelle lamelle contigue s'avvicendano fibrille a direzione opposta, le fibrille hanno tragitto obliquo; le fibrille di ciascuna lamella s'avvolgono a passo di vite rispetto all'osso del canale e s'avvicendano passi di vite volti a destra e a sinistra (fig. 28).
La struttura dell'osteone è simile a quella d'una costruzione di cemento armato; la grande resistenza delle fibrille collagene e l'essere esse incluse in una sostanza di consistenza lapidea rendono l'osso molto resistente a trazioni e pressioni; inoltre l'alternarsi di fibrille a differente inclinazione è singolarmente vantaggioso per la sua resistenza alla trazione.
In singole regioni dell'osso vi sono fasci grossolani di fibre collagene non murati nella sostanza fondamentale, e perciò indipendenti da questa, i quali la percorrono senza regola (fibre perforanti di Sharpey); i fasci più sottili sono molli perché, a differenza delle lamelle, la sostanza interfibrillare non è calcificata; attraversano le lamelle come cordoncini infilati in un mazzo di carte contribuendo a limitarne gli spostamenti. Sono ritenuti il residuo del tessuto osseo fetale a fibre intrecciate. Nella parte periferica delle ossa sono più frequenti; specialmente all'inserzione dei tendini e dei legamenti vi sono fibre perforanti grosse che s'irradiano dal periostio.
Sviluppo del tessuto osseo. - Quasi tutte le ossa si sostituiscono allo scheletro cartilagineo embrionale; questo rappresenta un modello sul quale si plasma l'osso, assumendo con la cartilagine in regressione intimi rapporti (ossificazione per sostituzione). Soltanto alcune ossa del cranio e della faccia e la clavicola si formano, indipendentemente dalla cartilagine, dal mesenchima embrionale oppure da connettivo fibroso (ossificazione diretta). Anche le ossa derivate da ossificazione diretta nel cranio dei Vertebrati inferiori e in parti singole di quello dell'uomo, possono essere precedute da cartilagine e incominciano a svilupparsi all'esterno di questa (ossa mantellari); però mancano rapporti materiali intimi con questo tessuto, come nell'ossificazione per sostituzione. I centri d'ossificazione diretta sono al loro primo apparire ben circoscritti, riconoscibili per la ricca vascolarizzazione in un primo tempo, e per l'aspetto opaco più tardi. Cellule mesenchimali si riuniscono in gruppi, diventano voluminose, con citoplasma abbondante basofilo (osteoblasti); in rapporto immediato con le medesime si forma una sostanza preossea fibrillare, nella quale, in un secondo tempo, si depositano sali di calcio. Dapprima gli osteoblasti circondano a corona la piccola area di sostanza preossea, poi vi rimangono inclusi, rimpiccioliscono, emettono lunghi prolungamenti contenuti in fessure della sostanza fondamentale; gli osteoblastiasi sono murati da sé stessi nella sostanza che hanno prodotto, sono divenuti osteociti. Nel frattempo nuovi osteoblasti s'affollano alla periferia della sostanza fondamentale e questa s'estende per apposizione. Più tardi il connettivo circostante forma una membrana fibrosa: il periostio; sulla sua faccia profonda persiste uno strato d'osteoblasti, essi si moltiplicano e producono di continuo nuova sostanza ossea, provvedendo così all'accrescimento dell'osso (strato detto cambiale del periostio).
L'intima natura della formazione della sostanza fondamentale da parte degli osteoblasti è sconosciuta; ma per analogia con quanto è stato visto nella differenziazione d'altri tessuti connettivi, sembra probabile che le fibrille si formino per attività metabolica di quelle cellule. Però varî centri d'ossificazione diretta sorgono in un connettivo fibroso già differenziato, e in tal caso le fibre collagene dell'osso non sono formate dagli osteoblasti, perché preesistevano alla comparsa di questi, bensì sono assimilate dal centro d'ossificazione (fig. 30).
Contemporaneamente all'apposizione di sostanza da parte degli osteoblasti dello strato cambiale del periostio, il tessuto osseo viene distrutto da speciali cellule giganti (osteoclasti), le quali erodono l'osso già costituito. Per la continua apposizione ed erosione di sostanza, l'osso, nonostante la sua durezza, può mutare di forma (plasticità biologica dell'osso).
L'ossificazione per sostituzione alla cartilagine (condrale) è accompagnata da complesse trasformazioni di quest'ultima, le quali non hanno gli stessi caratteri in tutte le ossa e neppure nelle varie parti d'uno stesso osso. Nelle ossa corte il tessuto osseo si forma nell'interno della cartilagine (ossificazione encondrale); nelle ossa lunghe questa è preceduta da ossificazione alla superficie (pericondrale), accompagnata da modificazioni nella cartilagine diafisaria (rigonfiamento delle cellule, calcificazione della sostanza fondamentale) per un'estensione corrispondente a quella del manicotto di tessuto osseo pericondrale. Anche nell'ossificazione condrale, come nella diretta, la sostanza fondamentale ossea deriva in prevalenza dagli osteoblasti; nel processo pericondrale questi si dispongono in un'unica fila sotto il pericondrio e incominciano a formare verso l'interno una laminetta d'osso; il processo istogenetico è analogo a quello dell'ossificazione diretta. La comparsa dell'ossificazione encondrale è preceduta da penetrazione nell'interno dell'elemento scheletrico di vasi accompagnati da cellule a caratteri giovanili; contemporaneameme la cartilagine si distrugge in parte (condriolisi). Solamente allora le cellule che hanno accompagnato i vasi si differenziano in osteoblasti e manifestano attività formativa.
Durante tutto il periodo fetale il tessuto osseo che si va formando, sia primario che per sostituzione, ha la struttura dell'osso a fibre intrecciate; a questo si sostituisce a poco a poco, durante i primi anni di vita postnatale, il tessuto osseo lamellare. Dapprima appaiono i sistemi di lamelle limitanti, più tardi queste sono in parte distrutte dagli osteoclasti e sostituite dai sistemi di Havers (osteoni); però neppure a questo punto cessa l'attività degli osteoclasti; anche in periodi inoltrati dell'accrescimento somatico, e probabilmente per tutta la vita, gli osteoclasti determinano un'usura dei primi osteoni. Così si forma l'architettura a breccia dell'osso.
Nell'ossificazione della clavicola, della mandibola e di qualche altra parte del cranio, ma sempre per tratti limitati, si ha una vera trasformazione diretta di cartilagine in osso (metaplasia); le cellule cartilaginee diventano osteociti; la sostanza fondamentale modifica per gradi i proprî caratteri. Si noti però che questa cartilagine (secondaria) si forma tardivamente dal periostio e non appartiene allo scheletro primitivo.
Tessuti a funzione trofiche e meccaniche a costituzione cellulare.
In questi manca del tutto la sostanza fondamentale; sono elastici alla pressione per il turgore delle cellule, in relazione all'accumulo di sostanze di riserva nel citoplasma.
1. Tessuto adiposo. - Nell'uomo si trova al disotto della pelle, come uno strato quasi continuo, il pannicolo adiposo, soggetto a variazioni in rapporto alla razza e alla costituzione individuale. Esiste pure nel tessuto retroperitoneale, nell'omento, negl'interstizî fra i muscoli, ecc. ove però scompare rapidamente col dimagramento. In alcune regioni forma accumuli bene delimitati, non suscettibili di variazioni quantitative individuali di certa entità, e che non sono consumati neppure negli stati di denutrizione molto avanzata; hanno speciale importanza nel plasmare la forma della regione e nel proteggere altri organi; per es., nella guancia, intorno al rene, nell'orbita, ecc. (figg. 31-32).
Le cellule adipose hanno un diametro che va da 50 a 150 μ; sono molto rifrangenti a fresco, hanno un sottile involucro protoplasmatico, che nell'immagine di profilo appare come una sottile striscia, e che racchiude una goccia di grasso. Sulla faccia interna del velo protoplasmatico risiede un nucleo appiattito, esternamente v'aderisce una rete di fini fibrille come una reticella d'un pallone all'involucro. Le cellule adipose sono molto labili; nei preparati freschi il velo si lacera facilmente e fuoresce la goccia adiposa. Questa è splendente, di colorito giallo, per la presenza d'un lipocromo; si discioglie in etere, cloroformio, benzolo, ecc.; allora il tessuto adiposo appare come un favo di alveare (fig. 31). Si colora anche in vivo intensamente con determinati colori solubili nei lipoidi: (sudan III, scarlatto).
Il grasso delle cellule adipose è in forma d'emulsione (grasso, mezzo di dispersione; soluzione proteica acquosa, fase dispersa); è semiliquido alla temperatura del corpo; se fosse solido non sarebbe utilizzabile e non potrebbe esplicare la sua funzione meccanica. Vi prevalgono trigliceridi (esteri gliceridi) d'acido oleico, margarico, palmitico, stearico (oleina, margarina, ecc.). Il rapporto quantitativo fra questi grassi varia da un animale all'altro e può modificarsi in uno stesso individuo. Quanta più oleina l'adipe contiene, tanto minore è la sua consistenza e il suo punto di fusione si abbassa. In un animale tenuto per qualche tempo in un clima freddo, l'adipe diviene più ricco d'oleina e fonde a temperatura inferiore.
Genesi del tessuto adiposo. Suo destino nel dimagramento. - La maggior parte del grasso del corpo deriva da fibrociti del connettivo lasso (grasso d'origine secondaria), i quali nell'uomo incominciano a trasformarsi negli ultimi tre mesi di vita fetale in cellule adipose, nelle sedi delle quali risiede abitualmente il grasso; dapprima appaiono nel citoplasma poche grosse gocce, poi queste confluiscono, il grasso aumenta, nucleo e citoplasma sono respinti alla periferia. Però anche in altre sedi i fibrociti del connettivo lasso possono, in parte o totalmente, divenire cellule adipose. Una piccola quantità di tessuto adiposo (perirenale e perifaringeo, grasso d'origine primaria) deriva negli ultimi mesi di vita fetale o nei primi mesi dopo la nascita, da noduletti a costituzione lobulare simili a una ghiandola, molto vascolarizzati, a cellule voluminose ricche di citoplasma, nelle quali il grasso, a differenza che nei fibrociti, si deposita in forma di goccioline multiple e minuscole (fig. 32); poi queste confluiscono, il quantitativo d'adipe aumenta e la cellula finisce col divenire identica a quella del comune grasso. Nell'uomo adulto le due sorta di grasso non si riconoscono, ma la diversità si palesa di nuovo nel dimagramento grave; nelle cellule adipose secondarie il grasso diminuisce e scompare, finché ridiventano fibrociti; le cellule adipose primarie riprendono aspetto protoplasmatico e in esse il grasso appare distribuito in molte piccole gocce.
2. Tessuto vescicoloso o cordoide. Ha analogia col tessuto adiposo e anche col condroide per il volume delle cellule e per essere queste a mutuo contatto. Si trova nella notocorda, nel tessuto gelatinoso aracnoidale dei Ciclostomi, nella sostanza gelatinosa del midollo degli Uccelli. Non v'esiste sostanza intercellulare e in ciò differisce dal tessuto condroide. Le cellule sono rivestite da una membrana nella quale è racchiuso il nucleo e contengono un liquido ricco di glicogeno, che per il suo turgore mantiene in tensione permanente la membrana (fig. 33).
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