TESSITURA (fr. tissage; sp. tejedura; ted. Weberei, ingl. weaving)
Il tessuto è il risultato di un intrecciamento di fili e, in generale, può essere formato in tre modi diversi (v. anche tessuto):
1. con l'intrecciare un filo con sé stesso (tessuto a maglia semplice);
2. con l'intrecciare insieme un determinato numero di fili, ciascuno di una determinata lunghezza, disposti parallelamente gli uni di fianco agli altri (tulli, merletti, trecce, stringhe, ecc.);
3. con l'intrecciare dei fili, disposti parallelamente gli uni di fianco agli altri (ordito), con un filo continuo (trama; fig. 2).
In questo terzo modo di formazione del tessuto, i fili dell'ordito e il tessuto che si viene formando sono avvolti su due cilindri o subbî (fig. 3): quello dell'ordito (A), situato nella parte posteriore del telaio, e quello destinato a ricevere il tessuto (B), situato nella parte anteriore. A un determinato momento, una parte dei fili di ordito viene alzata dal liccio C, mentre l'altra viene abbassata dal liccio D. Con ciò si forma un'apertura romboidale e nella parte E di tale apertura (passo) s'introduce il filo continuo di trama, per es., da sinistra a destra. I fili di ordito tornano poi nella primitiva posizione rimanendovi finché il liccio C si abbassa e quello D si alza invertendo la posizione delle due serie di fili di ordito e riformando l'apertura per la quale passa la trama in direzione opposta. Cosi si forma la tela.
Tra un passaggio e l'altro della trama, il pettine - che ha anche il compito di distribuire l'ordito nella voluta larghezza del tessuto - spinge le trame inserite una contro l'altra secondo la fittezza stabilita.
Nel tessuto a tela, si sollevano alternativamente al passaggio di ogni trama i fili pari e dispari. Se i fili d'ordito in luogo di essere divisi in due serie solamente, lo fossero in quattro, sei, otto, ecc., secondo il disegno del tessuto, occorrerebbero altrettanti licci.
I fili di ordito possono essere sollevati e abbassati in proporzioni svariatissime e si ottengono quindi tessuti che variano all'infinito, secondo i movimenti che fanno i fili d'ordito.
I tessuti vengono classificati in due categorie ben distinte: tessuti uniti (o lisci), tessuti operati (o a disegni).
I tessuti uniti sono quelli dove i fili dell'ordito vengono sollevati per metà, un terzo, un quarto, un ottavo, ecc., a ogni passaggio di trama (v. armatura). I tessuti operati sono quelli dove i fili dell'ordito vengono sollevati in modo indipendente gli uni dagli altri, secondo il disegno che si vuol rappresentare.
Vedremo più avanti come si sia sviluppato il telaio nei rispettivi movimenti; l'azione costante degl'inventori si è rivolta a ottenere dei tessuti perfetti con la minor fatica e il minor costo possibili.
Diamo gli elementi con i quali veniva prodotto a mano il tessuto tela di seta (taffetas) in Italia, dove ancora in qualche regione esiste tale lavorazione. Il telaio a mano e le lavorazioni preparatorie sono all'incirca uguali per tutti i filati.
La fig. 5 indica un orditoio a mano; la fig. 4 il modo di ordire formando l'invergatura; la fig. 7 il modo di caricare l'ordito sul subbio (piegaggio); la fig. 6 il comune telaio a mano da seta per tela (taffetas) con 8 licci (i fili dispari passati sui 4 licci dispari e i fili pari passati sui 4 licci pari).
Il tessitore preme prima un pedale facendo alzare i 4 licci dispari (contemporaneamente si abbassano i 4 licci pari); nell'apertura in tal modo formata passa la trama; subito dopo spinge il pettine contro il tessuto battendo così la trama nel modo desiderato, nello stesso tempo il regolatore fa avanzare il tessuto provocando il necessario svolgimento dell'ordito. Il tessitore ripete l'operazione per la seconda trama premendo l'altro pedale e facendo alzare i licci pari.
Storia. - L'uso del tessere e dell'intrecciare è fra le più antiche manifestazioni della civiltà.
Bisogna distinguere due generi principali di tessitura: quella eseguita su un telaio dove i fili di ordito sono fissati tesi e, con un dito, bastoncino o ago, viene introdotta parzialmente la trama, come nel rammendo (arazzi); quella, propriamente detta, dove i fili d'ordito fanno, in serie o in gruppi, dei movimenti di alzata o di abbassata e nell'apertura così formata (bocca o passo) viene introdotta la trama, generalmente mediante una navetta.
Penelope tesseva di giorno e disfaceva di notte il lavoro fatto per ritardare il progettato suo matrimonio e rimanere così fedele a Ulisse; ma se si fosse trattato di tessitura propriamente detta (come immaginò, ad es., il Pinturicchio: v. fig.1), avrebbe dovuto essere un tessuto ben semplice, altrimenti non le sarebbe stato possibile disfarlo e ricavarne il filo continuo di trama per rifarlo.
La tessitura propriamente detta, si può definire: l'intreccio perpendicolare di due serie di fili paralleli dove solo i fili longitudinali (ordito) fanno delle evoluzioni, alzandosi e abbassandosi, mentre i fili trasversali (trame) vengono semplicemente introdotti distesi nell'apertura formata dai primi.
Si vuole che l'idea della tessitura sia stata data all'uomo dal ragno. Il mito di Aracne, famosa tessitrice della Lidia, che entrò in gara con Atena e fu da questa trasformata in ragno, conferma tale nesso; il ragno però non intreccia le bave, ma le sovrappone.
La necessità di coprirsi per ripararsi dal freddo e dalle intemperie, avrà prima indotto l'uomo a fabbricare tessuti rozzi in sostituzione delle pelli; in seguito, l'ambizione di ornarsi avrà sviluppato la produzione di tessuti più fini a colori e a disegni.
La filatura è da considerare una conseguenza della tessitura, perché prima l'uomo avrà cominciato a intrecciare vimini e filamenti ricavati da varie piante, e poi, avendo capito la grande utilità dei fili lunghi, avrà studiato il modo di formarli, dando inizio alla filatura.
La tessitura ha progredito con la civiltà, apportando all'uomo lavoro e benessere; i poeti l'hanno glorificata facendone il simbolo della vita umana.
I miti parlano di popoli che onorarono l'arte tessile. Atena è protettrice delle opere femminili e in particolare della tessitura. Gli Egizî adoravano in Neith anche la dea tessitrice, simbolo dell'eterno femminino e della natura creatrice. I Germani avevano Freyja, Frigg e Hulda come patrone della tessitura. Le più celebri donne dell'antichità sono lodate per la loro bravura nel tessere, arte ritenuta allora nobilissima.
Pochi tessuti antichi sono stati salvati, ma sono sufficienti a dimostrare che l'arte del tessere ha origini molto remote. La sabbia calda conserva i tessuti, mentre il clima umido li distrugge: per questo i tessuti dell'Egitto sono i più antichi conosciuti insieme con quelli scoperti nel Perù: sono di lino con filati finissimi (n. 200 tit. chilogrammetrico), il che dimostra una grande perfezione.
Tacito narra che le donne germaniche portavano abiti bianchi con ricami rossi e azzurri. Cesare loda la tela di lino degli abitanti delle Fiandre. Erodoto cita come principali fornitori di tele di lino l'Egitto, la Spagna, la Gallia e la Germania.
La tessitura del lino era già altamente apprezzata nelle età eroiche della Grecia. Diffusa nella civiltà mediterranea, l'arte del tessere rimase rudimentale presso molti barbari: ad es., quando Giulio Cesare invase la Gran Bretagna, trovò che colà non era conosciuto il telaio. I Romani introdussero quest'arte, insieme con le altre della civiltà, e riuscirono a diffondere l'uso del telaio fra i Britanni. Tuttavia l'arte del tessere deve avere progredito molto più rapidamente nel continente europeo perché gran parte della lana britannica fu per lungo tempo esportata grezza e reimportata sotto forma di panno.
Il tessuto che avvolge la carena delle navi di Nemi dimostra quanto progredita fosse la filatura e la tessitura della lana all'epoca di Caligola (v. filatura, vol. XV, p. 264).
Prima di Cristo l'arte tessile, se conosceva la stamperia aiutata dalla pittura e inoltre la tessitura a rammendo, non sapeva produrre con la navetta tessuti operati. I tessuti operati erano allora veri arazzi e imitavano qualsiasi disegno alla perfezione. I tessuti operati dei quali parlano Omero, Ovidio, Erodoto, Plinio, sono più o meno degli arazzi. Soltanto nel sec. II e III si parla della spola che sostituisce gli aghi. Il telaio scaccia l'intreccio ad ago e per oltre mille anni non se ne sente più parlare, finché tale lavorazione ritorna in Fiandra e a Parigi come tessitura Gobelin.
I più antichi telai erano verticali; il telaio orizzontale sembra sia nato in Oriente, donde si crede ci sia pervenuto anche il sistema della tessitura a licci. Nell'antichità non si conosceva il sistema di avvolgere l'ordito intorno a un cilindro, quindi il tessuto aveva la lunghezza dei fili dell'ordito disteso. La preparazione dell'ordito era in conseguenza molto semplice. L'inventore dell'ordito avvolto attorno a un cilindro e del pettine fisso è sconosciuto; ma queste due invenzioni sono della massima importanza.
I varî telai usati nell'antichità per tessere la tela si possono dividere in tre categorie: senza licci (figg. 8 e 9); a un liccio (figg. 10 e 11); a due licci (figg. 12, 13, 14 e 15).
Uno dei più semplici e più antichi telai a licci è stato trovato in India (figura 14): consisteva in due bastoni, uno per l'ordito e l'altro per il tessuto, e di due licci. La spola compiva il doppio ufficio di spola e di pettine per premere la trama contro il tessuto, essa aveva l'aspetto di un grande ago per reti un po' più lungo della larghezza del tessuto. Il tessitore, dopo avere scavato un buco nel terreno per introdurvi le gambe e la parte inferiore dell'apparecchio, distendeva l'ordito fermando i due bastoni a conveniente distanza l'uno dall'altro mediante pioli affondati nel terreno; fissava i licci o a un ramo d'albero o ad un bastone fissato in alto e infilava i piedi in due nodi di corda, al disotto del telaio, che gli servivano da pedali per muovere i licci. Poteva allora incominciare a tessere: formava il passo, infilava la trama e la batteva contro il tessuto in formazione mediante la lunga spola.
La tessitura a più licci, per ottenere tessuti con piccoli disegni, si è sviluppata ingegnosamente anche prima dell'invenzione della macchina Jacquard. Nel 1775, il Ponson, operaio tessitore, inventava un telaio a licci detto ad agganciamento, che permetteva di tessere alternativamente due armature sullo stesso tessuto con la semplice manovra di due corde (fig. 16). Il telaio aveva 8 licci e 8 leve e si prestava bene per la fabbricazione delle stoffe quadrettate; aveva il vantaggio di permettere di cominciare o arrestare ogni armatura in qualsiasi momento.
Nel 1798 Verzier, operaio tornitore in legno, inventava un telaio a licci detto a legatura, che permetteva di montare un grande numero di licci, fino a 80 (fig. 19). Comprendeva barre, rastrelli e marce; con sedici di essi si otteneva un rapporto di 256 trame.
Questi sistemi però sono stati tutti abbandonati subito dopo l'invenzione della macchina Jacquard, il cui principio fu poi applicato a tutti i sistemi di ratière per movimento dei licci.
L'introduzione della trama nel passo formato dall'ordito in principio fu fatta col gomitolo (Egitto); poi la trama fu avvolta su un bastoncino nel senso longitudinale di questo (India); poi avvolta a spire in senso perpendicolare (Grecia e Roma); poi la spola è stata introdotta in un involucro (navetta).
Il lancio della navetta si effettuò dapprima a mano; quando i tessuti erano larghi lavoravano due o tre tessitori che si aiutavano a passare la spola; nel 1733 John Kay di Bury (Inghilterra, 1704-1774) inventò la navetta volante (fig 17) che, applicata alla tessitura del cotone, nel 1760, quadruplicò la resa del telaio, rendendo più facile la produzione dei tessuti alti. La navetta entra in due cassetti collocati ai lati del battente, muniti di tacchetti, ed è lanciata da una parte all'altra a mezzo di corde manovrate dal tessitore con una sola mano, mentre l'altra mantiene in moto il battente; si hanno quindi dei movimenti sincroni continuati: formazione del passo con i pedali, lancio della navetta con una mano, battuta della trama col pettine contro il tessuto con l'altra mano. Nel 1760 un figlio del Kay, Roberto, inventò i cassetti montanti per lavorare a più navette (fig. 18). Si è poi reso necessario il regolatore per il contemporaneo avanzamento del tessuto, che fu applicato al telaio verso il 1800 (fig. 20). Con ciò il telaio a mano per la tela era perfezionato in tutti i movimenti e fu agevole pensare di far dipendere questi da un solo organo motore (telaio meccanico).
Tentativi di meccanizzazione del telaio erano stati fatti in precedenza: la prima idea del telaio meccanico l'ebbe Leonardo da Vinci, il quale costruì una macchina che doveva essere mossa ad acqua; fu solo un abbozzo non oltre sviluppato, come tante altre sue creazioni. Ma sta il fatto che sia il fuso ad alette per la filatura meccanica (in luogo del fuso a mano), sia la prima idea di meccanizzazione del telaio, sono dovute al genio del sommo italiano.
La prima realizzazione meccanica fu ottenuta, pare, verso la fine del sec. XVI con un telaio per nastri; un solo organo dava il moto al battente, ai licci e alle navette comandate da una specie di rastrello e si tessevano 16 nastri contemporaneamente. L'inventore, si crede un certo A. Möller di Danzica, venne ucciso e l'uso del telaio venne nel 1621 proibito con la motivazione di non privare di lavoro i tessitori.
Degenne, ufficiale della marina francese, nel 1677 costruì un telaio per tela con albero a collo d'oca, azionato da un mulino a vento, con poco successo pratico (fig. 21). Vaucanson, il celebre inventore francese, nel 1744 realizzò sul suo telaio, destinato alle stoffe operate, il vero andamento meccanico (figg. 36 e 43).
Nel 1785 il sacerdote e poeta inglese E. Cartwright prese il primo brevetto di un telaio meccanico che poteva essere mosso ad acqua o con altra forza (fig. 26); nel 1789 Austin di Glasgow inventò pure un telaio meccanico. Nel 1803 W. Horrocks prese un brevetto per un altro telaio meccanico (fig. 29). Nello stesso anno Thomas Johnson installò a Manchester la prima tessitura meccanica di cotone.
Cartwright si può considerare l'inventore del telaio meccanico, a lui si devono le principali invenzioni inerenti al telaio: il fermo automatico per la rottura di fili d'ordito o di trama; i regolatori del tessuto e i freni dell'ordito il movimento della battuta e il movimento della cassa battente; nel 1787 l'arresto del telaio nel caso di fermata della navetta nella bocca. Anch'egli ebbe poca fortuna e morì povero, sebbene nel 1796 possedesse una dozzina di brevetti.
Le figg. 22 e 25 rappresentano i primi perfezionati telai meccanici inglesi per cotone (Roberts, 1830 circa, e Harling e Todd, 1844). La fig. 24 rappresenta il primitivo telaio meccanico tedesco (Schönherr) per drapperie (1836). La fig. 23 rappresenta il primo telaio meccanico Crompton a più navette (1867).
I telai, da due licci passano a 12 e arrivano a oltre 40. La fig. 27 rappresenta la prima macchina da armature (ratière) inventata da Hattersley e Smith nel 1867. Verso il 1890 l'americano J.H. Northrop inventò il telaio automatico con guardafili, tastatore per la trama e cambio automatico per la spola (fig. 28).
Tessuti operati. - Abbiamo considerato finora il telaio per tessere tessuti lisci o con piccoli motivi a mezzo di licci; il telaio per tessuti operati ha una sua propria storia interessantissima. Il primo telaio per tessuti operati in Europa è quello dovuto a Giovanni il Calabrese nel sec. XIV, introdotto in Francia nel 1470 dai migliori tessitori di Genova e di Firenze; l'operaio tesseva da solo e aveva davanti a sé le corde di tiro terminanti ognuna in un bottone; il disegno doveva essere necessariamente limitato (fig. 30).
Nel 1536 due operai italiani importarono a Lione l'arte di fabbricare i damaschi e i velluti; essi ebbero anche l'autorizzazione di fare il montaggio dei telai per la fabbricazione di ogni genere di stoffe ricche e operate.
Nel 1606 Claudio Dangon (o Dagon), tessitore di Lione, prendendo per modelli i telai costruiti dai due operai italiani, inventò il telaio detto à la tire. La modificazione apportata fu quella di condurre orizzontalmente le corde, anziché verticalmente come nel telaio di Giovanni il Calabrese, fissandole a una traversa orizzontale. Da ognuna di tali corde scendeva una cordicella terminante in un bottone (telaio à la petite tire: fig. 31) oppure fissata in basso (à la grande tire: figg. 32, 39 e 41). Questo secondo sistema permetteva la tessitura di disegni a grandi rapporti. Il numero delle corde corrispondeva alla messa in carta; l'intreccio veniva tessuto su dette corde e riprodotto fedelmente inserendo tante cordicelle dette di lettura. Tirando singolarmente le cordicelle, si tiravano anche le corde che operano la levata dei fili corrispondenti; il lavoro era penoso e occorrevano, oltre al tessitore, uno o più tiratori di lacci.
A Lorsica, nel Genovesato, ancora oggi esiste funzionante un telaio à la grande tire per la fabbricazione di tessuti di seta damascati (fig. 41).
Galantier e Blache nel 1687 modificarono il telaio à la petite tire collocando lateralmente il comando delle corde di tiro e quindi dei bottoni; occorrevano due operai, ma la produzione era maggiore e il rapporto del disegno più vasto.
Nel 1717 J. B. Garon inventò il primo dispositivo per alleviare le fatiche del tiratore di lacci, consistente in un banco con una leva che effettuava la levata dei fili (fig. 37).
Nel 1725 Basilio Bouchon sopprime la complicazione inestricabile dei cordoni di tiro; egli inventa un apparecchio semplice e pratico dove per la prima volta entrano gli aghi e gli arpini (fig. 38) funzionanti mediante una carta continua in cui erano praticati dei fori; è questo il grande principio che inizia la soluzione del problema. Invece di riannodare le corde ad ogni cambiamento di disegno, bastava cambiare la carta a fori detta appunto disegno (figg. 33 e 40). L'aiuto tessitore sposta a ogni battuta una striscia di carta forata. Gli aghi portano un occhiello nel quale passano gli arpini. Quando un ago si trova davanti a un pieno (carta non perforata) esso viene respinto e l'arpino fa presa con la leva. L'aiuto tessitore fa agire la leva e provoca così l'alzata del filo. Un contrappeso mantiene la leva nella sua posizione di riposo. Una piccola sbarra di ferro mobile, che si lascia ricadere sugli arpini, permette di liberare gli aghi ritenuti nel porta aghi. Il telaio Bouchon ebbe applicazione pratica piuttosto limitata, perché comportava pochi arpini (un solo rango) e riusciva difficile forare bene la carta.
Falcon, dal 1728 al 1734, conservando il principio Bouchon, dispose gli aghi e arpini, non già su un solo rango, ma su 4 ranghi, permettendo così la tessitura di grandi disegni. Inoltre a ogni singola trama venne assegnato un cartone (in luogo della carta continua) e tutti i cartoni corrispondenti al rapporto in trama del disegno erano allacciati formando una catena continua, la quale si svolgeva su due lanterne a quattro facce; a ogni trama s'interponeva un cartone tra la tavoletta degli aghi e una tavoletta volante (figg. 34 e 42). Dopo ogni battuta l'operaio toglieva i tiretti e poi la guida e collocava il cartone seguente. Rimetteva poi a posto guida e tiretti e premeva sulla marcia. Gli arpini corrispondenti ai buchi del cartone rimanevano verticali e presi dalle sbarre di alzata, provocando l'alzata dei fili corrispondenti.
Poco dopo (1740) Régnier (o Reynier) sostituì i cartoni con cilindri che avevano lo scopo di premere contro gli aghi in luogo della placca volante (fig. 35).
Il telaio di Falcon e di Régnier ebbe a Lione un notevole successo iniziale, ma la fabbricazione dei grandi tessuti operati continuò poi a farsi col telaio à la grande tire.
Nel 1744 Vaucanson ebbe l'idea, oltre che di meccanizzare il telaio, come abbiamo visto, di un apparecchio per effettuare la tessitura delle stoffe a disegno senza alcun aiuto. Combinando le invenzioni di Bouchon, Falcon e Régnier, realizzò la prima meccanica, collocata al disopra del telaio, dove agli arpini sono appesi i colletti sottostanti; la griffa è collocata, contrariamente ai modelli di Bouchon e Falcon, al disopra ed è mossa dal pedale. Il cilindro era bucherellato e su di esso veniva applicato il disegno forato su carta continua che si adattava al cilindro stesso; questo riceveva un movimento di rotazione e di traslazione a ogni trama (figg. 36 e 43). Questa meccanica, in sostituzione dell'antico sistema, non ebbe applicazione pratica, ma costituì una efficace base di partenza per ulteriori perfezionamenti.
Vanno segnalati altri inventori: Ponson (1775) e Verzier (1798) che, senza tener conto delle invenzioni Bouchon, Falcon, Régnier e Vaucanson costruirono una meccanica che eliminava un tiratore di lacci.
J.-M. Jacquard (v.) nel 1808, ispirandosi principalmente alla meccanica di Vaucanson, creò la sua macchina (figg. 44 e 45). Gli arpini sono disposti su quattro ranghi come nel dispositivo Bouchon. Invece del cilindro di Vaucanson, che non permetteva di servirsi che di un rango di aghi, applicò un parallelepipedo e relativa lanterna. I cartoni sono allacciati come nel sistema Falcon.
La fig. 44 mostra il telaio completo dell'epoca col corpo di licci per produrre il fondo. Tale dispositivo, sebbene non ancora perfetto nei particolari meccanici, ebbe immediato grande successo: il problema era risolto.
C'è ora chi vorrebbe togliere a Jacquard il merito dell'invenzione, perché non avrebbe fatto altro che sostituire, nella meccanica di Vaucanson, i cartoni allacciati (inventati da Falcon) alla carta continua (inventata da Bouchon). Questa sostituzione poi avrebbe obbligato Jacquard ad applicare il parallelepipedo, esistente nel telaio Falcon per l'avanzamento dei cartoni, collocandolo dove Vaucanson aveva collocato il cilindro e a forarlo nello stesso modo di Vaucanson. Ma se Bouchon ha inventato gli aghi, gli arpini e la carta forata, cioè il principio fondamentale; se Falcon ha inventato i cartoni allacciati; se Vaucanson ha inventato il cilindro forato, collocandolo sopra il telaio, Jacquard ha genialmente riunito quelle invenzioni aggiungendo di suo il parallelepipedo e la lanterna e formandone un complesso atto a funzionare. Nessuno quindi degli altri inventori sarebbe più meritevole di lui di dare il nome alla meccanica che ha rivoluzionato il sistema per tessere i grandi disegni.
Breton sostituì al carrello, che premeva il cilindro contro la tavoletta degli aghi, il battente, e aggiunse l'arpione per invertire, occorrendo, il moto del cilindro. Introdusse poi la scatola degli aghi e la griglia per impedire agli arpini di girare su sé stessi. Infine applico le olivette al cilindro (figg. 46 e 48).
La meccanica Jacquard, perfezionata in modo tanto notevole da Breton, ebbe grandissimo successo fin verso il 1815.
Skola nel 1816-17 apportò alla meccanica Jacquard-Breton un altro importante perfezionamento: il comando di tutti gli organi mediante un unico alberello, azionato dal tessitore mediante il pedale (fig. 47). Aggiunse le viti per regolare la posizione del cilindro e il martello di pressione per regolarne la rotazione.
Così costruita, la macchina ideata nei diversi particolari da Bouchon, Falcon e Vaucanson, realizzata praticamente da Jacquard e perfezionata da Breton e da Skola, conquistò il mondo.
Tecnologia.
Preparazione dei filati. - Varia nei particolari secondo la qualità dei filati. Comprende, in generale: condizionatura, incannatura ed eventuale stracannatura, orditura a sezioni o a strati, imbozzimatura con asciugamento a tamburo o ad aria calda, incorsatura.
È importantissimo che ogni operazione venga fatta bene, in modo che a telaio i fili si rompano il meno possibile e il tessuto riesca senza difetti.
V. anche le voci: canapa; cotone; lana; lino; seta.
Generalità riguardanti il telaio. - Il telaio ha seguito lentamente i progressi applicati dalla tecnica moderna alla costruzione delle altre macchine. In generale, salvo eccezioni recenti, si riscontrano ancora in esso: superficie di contatto, anche dell'intelaiatura, aggiustate a mano, lubrificazione primitiva in luogo di quella automatica, comando a mezza forca semplice con grande attrito alla cinghia anziché scorrimento parallelo della cinghia stessa.
Le cause di tale imprecisione nella costruzione sono le seguenti: 1. il bassissimo costo che deve avere il telaio, perché a tale basso costo è in parte dovuto l'enorme sviluppo della tessitura meccanica in tutti i paesi; 2. i telai, di solito, sono affidati ad assistenti che sono buoni tessitori, ma non meccanici; 3. abitudine, errata, di costruire diversi tipi di telai secondo i tessuti da fabbricare, anche se similari.
Tenuto conto che il telaio meccanico non può essere una macchina di assoluta precisione, perché la navetta viene lanciata libera, cioè senza guida, nella sua corsa, e che il lancio è regolato più dalla pratica che da un esatto calcolo, un progresso si potrà ottenere applicando i seguenti principî: 1. razionalizzazione nella costruzione; 2. educazione meccanica degli assistenti.
Per quanto riguarda la razionalizzazione, molto si è fatto in questi ultimi tempi nel senso che con la stessa intelaiatura si possono ottenere telai diversi: a una navetta, a più navette a colpi pari e a colpi dispari, automatico a cambiamento di spola, automatico a cambiamento di navetta, con movimento dei licci mediante eccentrici o mediante macchine da armature, con Jacquard, con battuta a frusta o a spada, con pettine fisso o pettine mobile.
Però anche in questo non bisogna esagerare perché può accadere che si ottengano macchine piene di pezzi applicati, di difficile manutenzione.
Il telaio, per essere pratico, deve innanzi tutto essere robusto, deve avere movimenti semplici ottenuti col minor numero possibile di pezzi; deve essere semplice, cioè facilmente sorvegliabile. Per ogni categoria, gli stessi organi, comprese anche le intelaiature, devono essere adatti alle varie altezze del telaio fino a 350 cm. e alla fabbricazione di tutti gli articoli comuni, anche se pesanti.
I tipi principali di telai si potrebbero ridurre ai seguenti (fig. 49): per seta (a); per cotone, lino, lanerie leggiere, rayon (b); per drapperie e coperte (c); per canapa, iuta, cocco (d).
Ognuno di questi tipi, impiegando le stesse intelaiature c gli stessi organi, dovrebbe poter essere disposto a volontà: a una navetta; a più navette a colpi pari; a più navette a colpi dispari; con movimento per licci a mezzo eccentrici; con movimento per licci a mezzo macchine di armatura; con macchina Jacquard; con cambio automatico delle spole; con cambio automatico delle navette; con battuta a frusta; con battuta a spada.
Si dovrebbero poi ridurre al minimo le varie altezze dei telai, con un certo distacco una dall'altra. Tenuto conto dello spazio occupato dai tempiali, salvo casi speciali, le altezze in pettine dei telai per seta potrebbero essere ridotte a tre: cm. 100, 150, 200; le altezze dei telai per cotone, a sei; centimetri 110, 150, 190, 235, 285, 350, le altezze dei telai per drapperie e coperte a quattro: cm. 190, 235, 285, 350.
Oltre ai quattro tipi di telai menzionati, che costituiscono la grandissima maggioranza, altri ve ne sono da considerare a parte: telai per la tessitura meccanica dei velluti; telai per la tessitura meccanica delle tele metalliche; telai per la tessitura meccanica dei nastri, ecc.
Spole e navette. - Comunemente il nome di spola viene usato anche in luogo di navetta, cioè indicando il contenuto (spola) per il contenente (navetta).
A scanso di confusioni, è bene chiamare: navetta, l'organo che nel suo interno porta la spola; spola, l'insieme del filato opportunamente confezionato da introdurre nella navetta; tubetto, l'anima della spola (che può essere di carta, di legno o di metallo, di diverse forme e dimensioni) attorno alla quale il filato è avvolto; fusello, il tubetto speciale ingrossato alla base e munito di anelli d'acciaio, usato esclusivamente per telai automatici a cambiamento di spole per ricevere sia direttamente la trama mediante avvolgimento, sia le comuni spole su tubetti di carta mediante sovrapposizione.
Nel predisporre l'impianto di una tessitura per la produzione di determinati articoli bisogna innanzi tutto stabilire le dimensioni delle spole e quindi delle navette più convenienti a tali articoli, dovendo i telai essere costruiti, specialmente per quanto riguarda l'ampiezza dei cassetti e la corsa del battente, adatti a tali navette. Si deve poi cercare di adottare spole più grandi possibile, affinché i cambiamenti del telaio siano rari; ciò è molto importante quando si tratta di telai comuni o semiautomatici. Ma l'adozione di una navetta più o meno grande è subordinata alla qualità della trama e allo sforzo cui deve sottostare l'ordito nel tessuto da fabbricare; se l'ordito è debole e se è passato in numerosi licci, la grossezza della navetta (più che la sua lunghezza) deve essere limitata e in relazione alla corsa del battente, per non provocare rotture di fili con una bocca troppo ampia.
La determinazione delle dimensioni delle spole e delle relative navette ha quindi importanza grandissima; conviene stabilire misure ben distinte le une dalle altre, che si prestino a tutte le lavorazioni, non solo nei riflessi della tessitura, ma eventualmente della filatura e della spolatura.
Nelle vecchie tessiture si sono usate, e si usano ancora adesso, spole e navette di tutte le dimensioni, molto spesso irrazionali, generalmente sproporzionate e non convenienti alla struttura dei telai e al lavoro che devono compiere.
Per seta, le spole tradizionali sono di mm. 18 × 110 e mm. 20 × 130, entrambe contenute in una navetta dalle seguenti dimensioni esterne: altezza mm. 25, larghezza alla base mm. 35, lunghezza totale comprese le punte mm. 350. Per cotone, lino e lana pettinata, le spole più usate sono di mm. 24 × 140 e mm. 27 × 155, entrambe contenute in una navetta dalle seguenti dimensioni: altezza mm. 32, larghezza alla base mm. 42, lunghezza totale mm. 360.
Per drapperie la spola più usata è di mm. 36 × 190, contenuta in una navetta alta mm. 43, larga alla base mm. 55, lunga in totale mm. 450.
Per coperte e altri tessuti con trame molto grosse, di solito la spola è senza tubetto e si svolge dall'interno; la navetta ha le seguenti dimensioni: altezza mm. 50, larghezza alla base mm. 60, lunghezza totale mm. 485, camera per contenere la trama millimetri 47 × 220.
Perfino nei telai automatici si vedono impiegate per la stessa spola (di solito mm. 27 × 170; mm. 30 × 185; mm. 33 × 200) sia navette cortissime (mm. 370), sia navette lunghissime (mm. 500 e più), indice dell'incertezza che regna nella costruzione dei telai.
Dappertutto però ora si cerca di razionalizzare tubetti, spole e navette, limitando le diverse dimensioni al minor numero possibile, in modo da avere pochi tipi, ben distinti gli uni dagli altri, che rispondano a criterî logici, allo scopo di assicurare al lavoro le migliori condizioni sotto tutti gli aspetti.
Oggi per trame finissime di seta s'impiegano spole lunghe mm. 175 del diametro di mm. 20; per rayon il diametro arriva a mm. 25-27 e la lunghezza anche a mm. 200. Nelle tessiture di cotone poi si vedono impiegate in trama, quando il telaio, l'ordito e la struttura del tessuto lo consentono, le stesse spole da ordito lunghe da mm. 160 a 200 e del diametro di mm. 33 a 36. Anche per drapperie le spole, già grosse, tendono ad aumentare di volume, arrivando alla lunghezza di mm. 110 e al diametro di mm. 45. Spole e navette ancora più grandi vengono usate nel caso di trame senza tubetto, che si svolgono cioè dall'interno, per lana cardata, lino, iuta e cocco.
Tubetti e fusi per navette. - I tubetti comuni di carta si distinguono in due tipi principali: tipo sottile (figura 50, b), avente in punta un foro massimo di mm. 5, e tipo grosso (fig. 50, a), detto anche spolone, avente di solito in punta un foro di mm. 10. La conicità di entrambi è molto variabile, ma la tendenza è di ridurla al minimo, compatibilmente con la possibilità di togliere, senza eccessivo sforzo, il tubetto dal fuso di filatura. Il minimo di conicità è del 3% e di conseguenza la parte inferiore del tubetto sottile misurerà internamente mm. 9,5; 10,25 o 11 per le lunghezze rispettive di mm. 150, 175 o 200; la parte inferiore del tubetto grosso misurerà internamente mm. 14,5; 15,25 o 16 per le lunghezze rispettive di 150, 175 o 200 (fig. 50, a, b). Un accordo internazionale per la standardizzazione dei tubetti gioverebbe molto al buon andamento delle filature e delle tessiture.
I comuni fusi per navette sono a una (fig. 50, c), due (d) o quattro (e) molle, secondo l'ampiezza del foro interno dei tubetti; tali fusi però non garantiscono la tenuta delle spole e non assicurano a queste la costante posizione nella navetta; per di più esigono un certo sforzo e abilità da parte delle operaie per applicare le spole solidamente e per togliere dal fuso i tubetti; questi poi si sciupano se non si ha l'avvertenza di applicare alla base dei fusi una rosetta, come mostra la figura, per impedire che le spole calzino troppo. Per questi inconvenienti è bene sostituire i fusi comuni a molla con quelli a presa automatica (fig. 50, l, m, o).
I tubetti adatti a tutte le qualità di trama e a tutte le lavorazioni con i relativi fusi per navette più adatti sono rappresentati alla fig. 50 dalla h alla z. Per i tubetti sottili di carta (h, i), i migliori fusi sono quelli l, m, i quali consentono di mettere e togliere la spola senza sforzo, mentre la presa si effettua automaticamente, abbassando il fuso, col vantaggio che le spole rimangono collocate tutte in fondo al fuso stesso, cosa questa importante per il funzionamento del tastatore; la presa deve effettuarsi sempre al centro del tubetto. Per i tubetti grossi di carta (n), un fuso pratico è quello o, il quale, come i due precedenti, ha la presa automatica, che consente il collocamento delle spole sempre in fondo al fuso. I fusi l, m, o, hanno bisogno di accurata manutenzione affinché funzionino inappuntabilmente e abbiano lunga durata. Per i tubetti sottili di carta, muniti alla base di anello di ottone (p), o con solco alla base del cono (q), il fuso è quello r, col quale si può mettere e togliere la spola senza sforzo, perché trattenuta, dopo abbassato il fuso, dall'anello o dal solco. Per i tubetti grossi di carta, muniti alla base di anello di ottone (s), il fuso è quello t, formato da una semplice animella di legno.
Nel caso d'impiego di spole da preparare alla spoliera, sono da preferire sempre i tubetti di legno con cono, con finestra per il tastatore e scanalatura per la riserva della trama, della lunghezza di mm. 175 (u), oppure di mm. 200 (v). Il fuso è quello z, che mantiene la finestra sempre allo stesso posto rispetto al tastatore; con queste spole, lavorando col tastatore, la quantità di trama che rimane sul tubetto è minima.
Può essere convenientemente adottata un'unica lunghezza di tubetto per tutti i diametri delle spole, che in generale variano da mm. 20 a mm. 45. Nel caso d'impiego di spole che vengono direttamente dalla filatura, la lunghezza più adatta per i tubetti di carta è di mm. 175; nel caso invece d'impiego di spole da preparare alla spoliera, la lunghezza per i tubetti di legno con cono può essere di mm. 200 e più. In questo secondo caso il cono alla base del tubetto facilita lo svolgimento della trama evitandole stiramenti quando la spola si avvicina alla fine.
Fuso elastico per navetta. - Tessendo spole molli, o facili a sfasciarsi, è consigliabile l'adozione del fuso elastico, il quale attutisce il colpo che riceve la spola all'entrata della navetta nei cassetti (il bloccanavette produce lo stesso effetto). Il fuso elastico è comparso in Francia verso la fine del secolo XIX in uso nelle tessiture di lana. Si componeva (fig. 50, f) di cinque parti: 1. asse del fuso con basi quadre in un sol pezzo di ferro; 2. anello conico con foro quadro; 3. animella con conicità adatta al tubetto, di latta; 4. molla a spirale; 5. anellino di ritegno. Innestato sull'asse del fuso l'anello conico, s'introduce la molla e si fissa l'anellino in modo che la molla eserciti una determinata pressione; si fissa poi l'animella di latta sull'anello conico in modo che possano scorrere insieme sull'asse del fuso. Questo scorrimento dà al fuso un'elasticità, regolata dalla forza della molla, la quale agisce per pressione.
Il fuso elastico è stato semplificato (fig. 50, g) facendo lavorare la molla a trazione, anziché a pressione, e utilizzandola contemporaneamente per tenere il tubetto, rimanendo così soppressa l'animella. La molla è cilindrica e quindi il contatto con l'interno del tubetto avviene nella parte centrale senza danno al tubetto stesso.
Va notato che col fuso elastico il tubetto ha bisogno di leggiera tenuta, appunto perché la spola non risente i colpi che riceve la navetta.
I fusi elastici sono consigliabili per il miglior andamento del telaio e per risparmio di cascami.
Navette. - Considerato che la navetta è bene possa contenere la massima spola possibile affinché duri molto a telaio e che, d'altra parte, la bocca dell'ordito è bene sia la minima possibile affinché si rompano meno fili, la forma esterna della navetta, per essere razionale, deve adattarsi convenientemente al triangolo formato per due lati dalla bocca dell'ordito e per il terzo dal pettine; la sua sezione deve cioè avere la forma di un quadrilatero basso davanti e alto di dietro, come mostra la figura 52. In altre parole, la navetta, pur contenendo la massima spola possibile, deve poter scorrere agevolmente in una bocca normale, tale da non forzare l'ordito. La parte posteriore della navetta può essere tenuta alta perché è la parte anteriore che determina l'ampiezza della bocca; di regola poi la parte anteriore può essere maggiormente abbassata quanto più viene alzata la parte posteriore.
Questa struttura razionale della navetta ha molta importanza, specialmente quando si tratta di spole di grande diametro; non sarebbe altrimenti possibile ottenere dal telaio un andamento agile e proficuo con filati comuni. Così, mentre per una spola di mm. 35 di diametro la navetta dovrebbe essere alta davanti e di dietro mm. 40, tenendo la parte posteriore mm. 45, il davanti basta di soli mm. 35, pur contenendo benissimo la spola.
Se poi la bocca non è ben netta, è preferibile sia la parte posteriore della navetta a dividere i fili, anziché l'anteriore, essendo minore l'attrito.
Tale forma razionale della navetta offre anche il vantaggio di appesantire la parte posteriore in confronto dell'anteriore, facilitando l'aderenza al pettine durante la corsa: l'appesantimento ottenuto con aggiunte di metallo alla parte posteriore di certe navette ha appunto questo scopo.
La grossezza della navetta determina, insieme all'altezza del telaio, l'ampiezza della corsa del battente.
L'angolo della navetta (angolo posteriore) deve andare d'accordo con l'angolo che fa il pettine col piano del battente. È necessario che il piano della cassa battente, durante la sua corsa, segua il piano inclinato formato dall'apertura dell'ordito, in modo che questo non subisca sfregamenti; è anzi buona regola che il piano della cassa battente giunga a contatto dell'ordito soltanto al momento del passaggio della navetta. Ne viene di conseguenza che l'angolo che forma il pettine col piano della cassa battente varia secondo la corsa del battente stesso; se la corsa è piccola, l'angolo è piccolo (acuto); se la corsa è lunga, l'angolo aumenta.
Bisogna poi tener presente che l'angolo diventa più piccolo: aumentando la bocca; alzando il pettorale (banchina); portando indietro il perno sul quale appoggia la cassa. Naturalmente l'angolo aumenta invece: diminuendo la bocca, abbassando il pettorale o portando avanti il perno sul quale appoggia la cassa.
Gli angoli che si riscontrano maggiormente nei telai meccanici sono di 830, 860 e 900; attualmente però si ha la tendenza ad usare l'angolo retto in tutti i telai di qualsiasi altezza.
La navetta ad angolo retto riesce più robusta di quella ad angolo acuto. Si può per tutte le altezze dei telai, che hanno di solito una corsa del battente da 12 a 20 cm. (cioè telai da 110 a 350 cm. di altezza in pettine), adottare un'unica navetta ad angolo retto, purché si renda possibile spostare verticalmente il pettorale (banchina) e orizzontalmente il perno sul quale appoggia la cassa.
La forma interna delle navette può variare secondo la qualità delle trame; così la navetta per seta (fig. 55, a), che contiene una spola di mm. 20 × 175, ha molto sviluppata la parte dove esce la trama per poter frenare questa convenientemente passandola attraverso diversi occhielli di porcellana; così la navetta per telai da coperte (b), per trame grossissime che si svolgono dall'interno della spola senza tubetto, è alquanto lunga, per poter contenere nel cavo una spola di grandi dimensioni. Anche la forma esterna delle navette può variare: cosi se si tratta di navette per telai pic-pic con battuta verticale (a spada), la parte anteriore porta un rialzo di solito ferrato, come in c, che rappresenta la navetta generalmente impiegata nei moderni telai da drapperie; tale navetta viene appesantita nella parte posteriore, per renderla aderente al pettine. Le navette per iuta e cocco (d), con spole che si svolgono dall'interno, hanno le punte a gradino, cioè appiattite in parte, per facilitarne il lancio e conservare più a lungo il tacchetto. Le navette per tele metalliche sono interamente d'acciaio con rotelle di gomma (e).
Ma salvo poche eccezioni, le navette possono avere tutte la stessa forma, tanto esterna quanto interna, con misure proporzionate alle dimensioni delle spole. La tabella seguente indica le misure delle navette di tipo razionalizzato. Fissate due lunghezze di tubetti trama, mm. 175 e mm. 200, le misure inerenti alle spole e alle navette sono le seguenti (f, misure in mm.):
Infilaggio possibilmente igienico; angolo come il pettine, preferibilmente 860 o 900. Parti importanti delle navette comuni sono (fig. 53): le punte, la molla per il fuso, il freno. Le punte possono essere a cono rettilineo (a) o a cono curvilineo (b); le prime si usano nei casi speciali, dove è difficile ottenere una bocca ben netta e aperta, le seconde hanno il vantaggio che conservano più a lungo il tacchetto e sono meno pericolose nel caso che la navetta esca dal telaio. La molla per il fuso da preferire è quella c, perché corta. Il freno a farfalla (d) serve bene specialmente per filati rigidi o che si arricciano; è consigliabile, ovunque possibile, perché mantiene alla trama una tensione costante e dà al tessuto una bella cimosa. Per seta e filati molto fini si usa tappezzare l'interno della navetta di pelo di coniglio, oppure passare la trama in diversi fori, per cotone e lana si usa applicare dei piumini, ma si dovrebbe cercare di adottare il freno a farfalla.
Spole e navette per telai comuni, semiautomatici e automatici a cambiamento di navetta. - Agli effetti della razionalizzazione, queste tre categorie di telai vanno considerate alla stessa stregua perché tanto le navette quanto le spole sono le stesse.
Il telaio comune trova ancora utile impiego quando si tratta di tessere articoli complicati, oppure filati deboli o speciali, ma anche al telaio comune si devono applicare tutte le possibili provvidenze dell'automatismo al fine di ridurre la fatica della tessitrice e poter quindi affidarle un maggior numero di telai.
Il semiautomatismo consiste nell'applicare al telaio meccanico comune, opportunamente regolato nella velocità, spole grosse di trama, guardiafili ed eventualmente tastatore; íl semiautomatismo può essere adottato vantaggiosamente anche nelle tessiture a colori a più navette.
Con l'automatismo a cambiamento di navetta si ha il vantaggio di poter impiegare spole e navette comuni; ma occorre assoluta precisione nelle navette per quanto riguarda le misure esterne, dovendo succedersi nei cassetti del telaio, generalmente sono dieci che si alternano sullo stesso telaio e cambiandone una bisogna, di solito, cambiare tutte le altre.
Per queste tre categorie di telai le lunghezze pratiche delle spole da adottare sono due: mm. 175 e mm. 200.
Spole e navette per telai automatici a cambiamento di spola. - Due sono le dimensioni delle spole comunemente usate, adatte a quasi tutti i generi di trame: mm. 27-28 × 175 (fig. 51, a) e mm. 33-35 × 200 (b). I fuselli muniti alla base di tre o quattro anelli di acciaio, servono, sia per la filatura diretta, sia per la confezione alla spoliera; nel primo caso però (che può convenire soltanto se la tessitura è attigua alla filatura), occorre che i fusi di filatura siano forniti di apparecchio autocentrante, in modo che il fusello possa essere messo nel fuso di filatura e tolto senza sforzo, pur rimanendo ben fermo e centrato durante il moto; senza tali provvidenze, dopo un po' d'uso, i fuselli di legno si rendono inservibili e rovinano le bussole dei fusi di filatura. Per questa ragione tale sistema è stato in linea generale abbandonato.
Considerando tanto il caso di filatura diretta, quanto il caso di confezione alla spoliera, se il telaio lavora col tastatore, deve essere possibile formare sui fuselli la riserva di trama; ma non è possibile applicare al fusello la finestra per il tastatore perché alla spola, che s'innesta nella navetta, non può essere assicurata l'esatta posizione rispetto al tastatore.
Il fusello è preferibile sia sempre a quattro anelli d'acciaio (figura 51, a, b); il piede di tale fusello occupa uno spazio di mm. 25 e gli anelli sono rispettivamente di millimetri 27 e 33 di diametro; la distanza tra un anello e l'altro è di mm. 4,23 (misura unificata); il filo di acciaio degli anelli ha uno spessore di mm. 2,5. Gli anelli è preferibile siano applicati sul legno, anziché sul metallo.
Se i telai hanno il serbatoio a tamburo (bariletto), gli anelli possono avere un diametro diverso dalla spola (millimetri 27 per spole di mm. 30-33); ma se hanno il serbatoio a spole sovrapposte, il diametro degli anelli deve corrispondere al diametro delle spole, con tolleranze di circa mm. 1 (massimo mm. 2) in più o in meno.
Le misure in millimetri delle due navette corrispondenti sono quelle della tabella accanto (fig. 55, g, h).
La distanza che intercorre tra la punta della spola e la chiocciola è bene sia di circa millimetri 40 allo scopo di facilitare l'infilaggio e lo svolgimento della trama.
Parti importanti della navetta per telai automatici a cambiamento di spola sono: la molla di presa (fig. 54, a), il coprimolla (b) e la chiocciola (c). La molla di presa è bene abbia due solchi di più del numero di anelli; cioè, se il fusello è a quattro anelli, la molla di presa abbia sei solchi. Il coprimolla è preferibile sia rotondo, come mostra la figura, anziché ad angolo. La chiocciola di bronzo è una delle parti più delicate per l'infilaggio e deve essere adatta alla qualità della trama; il tipo rappresentato dalla figura è aperto per facilitare la pulizia e si presta tanto per filati fini, quanto per filati grossi. Si costruiscono anche navette senza chiocciola di bronzo (fig. 55, i), dove il passaggio del filo è regolato all'incirca come nelle navette a infilaggio igienico, in generale con buoni risultati.
Adozione di spole comuni con tubetti di carta nell'automatismo a cambiamento di spola. - Per evitar di preparare le trame alla spoliera e per risparmiare il trasporto dalla filatura alla tessitura dei pesanti fuselli ad anelli (che comportano circa il 65% di tara), prevale l'uso dei comuni tubetti di carta, aventi in punta un foro di mm. 10 (fig. 50, a).
Due sono in tal caso le dimensioni delle spole da adottarsi: mm. 27-28 × 150 (fig. 51, c) e 33-35 × 175 (e). Tali spole vengono applicate ai fuselli di legno, opportunamente regolati nei diametri e nella lunghezza, e muniti di ghiera metallica a elica (d ed f). La punta di metallo del fusello deve sempre sporgere almeno millimetri 5 dal tubetto di carta, e il fusello deve quindi essere sufficientemente lungo per assicurare bene la presa. Per un tubetto di carta lungo mm. 150 occorre un fusello lungo mm. 185 e per un tubetto di carta lungo mm. 175, un fusello lungo mm. 210.
Altri sistemi, in luogo della ghiera di ottone a vite, sono stati escogitati per assicurare il tubetto di carta al fusello di legno; e buoni sono specialmente quelli che, senza guastare il tubetto di carta, permettono al tubetto stesso di entrare e uscire senza sforzo, pur rimanendo ben fermo durante il moto del telaio; uno di tali fuselli, con il relativo tubetto, è indicato dalla fig. 51, g, h.
Anche ai fuselli può essere applicato il sistema elastico, descritto per i fusi da navetta dei telai comuni; e sono consigliabili, specie se il telaio automatico ha una battuta forte; si evita così che la spola esca dal fusello anche se la presa è leggiera e si evita lo sfasciamento delle spole (fig. 51, i).
Il sistema di adoperare sui telai automatici a cambiamento di spola i tubetti di carta tipo fig. 50, a, è il più conveniente sotto ogni rapporto quando si tratta di trame che non hanno bisogno di essere confezionate alla spoliera, cioè che si possono utilizzare come vengono dalla filatura (cotone e altre trame provenienti dai filatoi ad anelli).
Unificazione della lunghezza delle spole nell'automatismo a cambiamento di spola. - Adottando il sistema di applicare al fusello le comuni spole con tubetti di carta, può convenire l'adozione di un'unica lunghezza di tubetto, mm. 175 (fig. 51, e), sia per la spola di piccolo diametro (mm. 27-28), sia per quella di grande diametro (mm. 33-35); il fusello a quattro anelli sul quale viene sovrapposta la spola (fig. 51, f) sarà lungo mm. 210 e varierà, eventualmente, solo il diametro degli anelli. La convenienza sta anche nel fatto che, per es., in una filatura di cotone, lo stesso filatoio ad anelli può essere disposto per filare a volontà ordito o trama (spole di mm. 27 e di mm. 35 e più di diametro) sullo stesso tubetto lungo mm. 175; lunghezza che va bene per la maggior parte dei titoli. Non conviene adottare una lunghezza di tubetto maggiore di mm. 175; si può naturalmente adottarne una minore, per es., mm. 160, lunghezza questa ancora molto usata nelle vecchie filature di cotone. Le due navette necessarie avranno la stessa lunghezza totale di mm. 450 e varierà soltanto la loro larghezza alla base, che per la spola di mm. 27-28 × 175 sarà di mm. 46, e per la spola di mm. 33-35 × 175 sarà di mm. 54 (fig. 55, g, h).
Questo è senza dubbio un sistema pratico, anche perché consente un'unica struttura di telaio in quanto riguarda la lunghezza dei cassetti, sia per la spola di diametro piccolo, sia per quella di diametro grande; è bene però che varii la corsa del battente, mm. 140-160 per la piccola e mm. 160-180 per la grande, secondo l'altezza del telaio.
Razionalizzazione delle spole e navette. - Concludendo, si osserva che le spole devono essere ben confezionate, dure e di diametro esatto. La navetta, che è uno degli organi più importanti del telaio, deve essere robusta e di buon legno stagionato e compresso, bene oliata e sufficientemente essiccata. Essa deve essere appropriata alla struttura del telaio, alla sua altezza, alla corsa del battente e alla natura del tessuto da produrre; deve soprattutto essere ben contenuta nei cassetti del telaio, ben guidata e opportunamente frenata da linguette larghe e lunghe il più possibile; l'angolo posteriore deve corrispondere esattamente all'angolo che fa il pettine con il piano del battente; l'angolo superiore davanti è bene sia arrotondato.
È tanto importante poter introdurre in una navetta, la quale richieda una piccola apertura d'ordito, una grande quantità di trama, che è stata ideata la spola di forma ovale (fig. 56) al posto di quella cilindrica; la navetta risulta più bassa delle solite, sebbene più larga alla base. Le dimensioni delle spole ovali - che possono però trovare impiego soltanto nel caso di trame preparate alla spoliera - sono comunemente le seguenti: per seta e trame finissime mm. 20 × 30 × 175; per trame medie mm. 25 × 35 × 190; per trame grosse mm. 30 × 40 × 205. Le stesse spole possono adattarsi anche al telaio automatico; gli anelli devono naturalmente essere ovali, oppure interrotti.
Ma anche con le comuni spole cilindriche, preparate in filatura o alla spoliera, una navetta studiata secondo i concetti razionali esposti, può contenere una grande quantità di trama, con un'apertura d'ordito normale.
Fasi del tessere. - Le fasi del tessere sono le seguenti: 1. movimento dei fili dell'ordito per produrre l'apertura, detta passo o bocca, nella quale verrà introdotta la navetta; 2. passaggio della navetta, che porta la trama, tra i fili dell'ordito, formandovi cosi l'intreccio (armatura); 3. spinta della trama inserita contro il tessuto, a mezzo del pettine; 4. contemporaneo svolgimento dell'ordito; 5. contemporaneo avanzamento e avvolgimento del tessuto.
Formazione del passo. - L'apertura dell'ordito può essere: a semplice alzata (fig. 57, a); a semplice abbassata (b); ad alzata e abbassata (b). In ognuno, a passo formato, la parte bassa di ordito, sulla quale scorre la navetta, deve essere in linea col piano della cassa battente.
La tessitura può avvenire a passo aperto (fig. 58, a), e a passo chiuso (fig. 58, b), cioè il pettine premerà la trama contro il tessuto a passo aperto o a passo chiuso. Può avvenire anche a passo incrociato, cioè a una via di mezzo tra passo aperto e chiuso; è il più comune ed è considerato passo aperto.
Naturalmente se il passo è a semplice alzata o a semplice abbassata, la tessitura deve avvenire necessariamente a passo chiuso.
Tessendo a passo aperto, la trama rimane distesa e quindi appare poco nel tessuto; invece tessendo a passo chiuso, la trama è costretta a inserirsi un po' ondulata, stretta dall'ordito. Il passo chiuso tiene meglio la trama e si possono quindi, di solito, inserire più battute.
L'angolo formato dall'apertura dell'ordito (bocca) nella quale la navetta deve passare, varia di poco sia che si tratti di telai bassi con navetta piccola, sia di telai alti con navetta grossa e cioè da 180 a 24, ma l'alzata dei fili è maggiore o minore secondo la distanza che esiste tra il tessuto (inizio dell'apertura) e i licci (fig. 58, c). Tale alzata può variare, per il primo liccio, all'incirca da 5 a 15 cm.; con 20 o più licci, il movimento dell'ultimo liccio può essere oltre il doppio del movimento del primo.
È importante, quindi, per far fare ai licci minor movimento, tenerli il più possibile vicini alla cassa battente.
Comando dei licci. - I licci vengono comandati sia a mezzo di eccentrici, sia a mezzo di macchine da armature (ratières). Il movimento dei licci può avvenire secondo due sistemi: movimento comandato in sola alzata, nel qual caso occorrono delle molle per l'abbassata e allo sforzo per sollevare i licci è così aggiunto lo sforzo per le molle; movimento comandato in alzata e abbassata, nel qual caso lo sforzo per il sollevamento dei licci è bilanciato.
Generalmente si adotta il sistema in sola alzata nei telai leggieri e veloci, essendo l'abbassata a molla più pronta; e il sistema in alzata e abbassata nei telai pesanti o con molti licci, appunto per eliminare lo sforzo richiesto dalle molle. Questo secondo sistema è più razionale del primo e la tendenza è di semplificarlo per renderne possibile l'applicazione a tutti i telai.
Molte varianti costruttive caratterizzano i meccanismi per il movimento dei licci, ma i principali sistemi si possono ridurre a sei: la fig. 62 mostra un movimento a eccentrici con comando in sola alzata: tali eccentrici possono essere collocati sia esternamente al telaio sia internamente; la fig. 60, un movimento a eccentrici chiusi o a scanalatura (tamburo) con comando in alzata e abbassata; le figg. 59 e 61, macchine da armature, di solito fino a 16 licci, con movimento comandato in sola alzata; la fig. 63, macchine da armature, di solito fino a 25 e 35 licci, con movimenti comandati in alzata e abbassata.
Tutti i citati comandi dei licci comportano degli attacchi sopra i licci stessi; viene però costruito un comando in alzata e abbassata con attacco dei licci sui fianchi, per evitare possibilità di macchie d'olio e per dare maggiore visibilità al telaio (fig. 64).
Lavorando con eccentrici armature classiche, tela, saia da 3, batavia, raso da 5, batavia da 6 (v. armatura), l'abbassata dei licci può essere comandata (escludendo le molle) con opportuni collegamenti bilanciati (a controeffetto), cioè accoppiando i licci che a ogni trama compiono movimenti contrarî tra loro, in modo che quando uno si alza, l'altro si abbassa e viceversa, ottenendo lo stesso scopo dei movimenti comandati in alzata e abbassata (fig. 66). Dispositivi speciali permettono di livellare, occorrendo, i licci. Nei telai a eccentrici esterni i collegamenti si collocano sotto i licci e nei telai a eccentrici interni sopra i licci.
Occorrono però degli eccentrici bene disegnati e bene collocati per non dare stiramenti ai licci con spreco di energia e andamento irregolare del telaio.
Costruzione degli eccentrici per i licci. - Gli eccentrici è bene che, potendo, siano collocati sempre esternamente al telaio; quando sono interni, oltre alla scomodità, si hanno inconvenienti per effetto delle corde di attacco che si alterano col variare dell'atmosfera (vento, pioggia).
Gli eccentrici poi è bene siano sempre semplici, cioè uno per ogni liccio, ma col mozzo a denti per la composizione dell'armatura a 1, 2, 3, 4, 5, 6 denti, secondo il numero di trame (passi) dell'armatura (fig. 67).
Si calcola che il riposo dei licci durante il passaggio della navetta comprenda ¼ del giro del collo d'oca (nei telai pesanti poco veloci anche ⅓, ma in generale è preferibile attenersi sempre, per tutti gli eccentrici, a ¼). Soltanto per orditi pelosi, per es., lana pettinata, i licci devono levare rapidamente per staccare i fili, quindi il riposo è piuttosto lungo.
L'eccentricità di solito varia da mm. 50 a 80, ma è preferibile attenersi alla minore, quando si tratta di eccentrici esterni, regolando opportunamente la lunghezza delle calcole e dei settori di attacco; il mozzo basta di 60 mm. di diametro; la rotella delle calcole di mm. 75.
Ecco come si procede per disegnare gli eccentrici (fig. 65):
Si stabiliscono i raggi che devono avere gli eccentrici nel riposo basso e nel riposo alto; si stabilisce il raggio della rotella delle calcole. Si tracciano tre circonferenze, una col raggio del riposo basso, una col raggio del riposo alto (la differenza tra i due raggi dà la corsa dell'eccentrico), una con l'aggiunta del raggio della rotella.
Le circonferenze vanno divise in due parti, se si tratta di 2 trame; in tre parti, se si tratta di 3 trame; in quattro parti se si tratta di 4 trame e così via in tale maniera si ottengono tanti settori, i quali corrisponderanno ognuno a una trama.
Fissato il riposo del liccio durante il passaggio della navetta, di ⅓ di giro del telaio, ogni settore andrà diviso in tre parti, delle quali ⅓ per il riposo in alto e 2/3 per il movimento di discesa. Come mostrano le figure, si dividono poi quei 2/3 destinati al movimento del liccio in tante parti uguali, per es., 6; si divide poi la corsa nel medesimo numero di parti crescenti e decrescenti mediante una mezza circonferenza; i punti d'incontro dei raggi con gli archi di cerchio tracciati sulle divisioni della corsa dànno i centri delle diverse posizioni della rotella della calcola.
Si tracciano allora da questi punti degli archi di cerchio col raggio uguale alla rotella delle calcole, tangenzialmente a questi archi si traccia a mano la curva che unisce il riposo basso col riposo alto (piccolo e grande raggio dell'eccentrico).
Gli eccentrici sono necessariamente simmetrici, quindi basta disegnare una curva e copiare poi quella opposta; ottenuto il disegno dell'eccentrico per l'alzata e abbassata di una trama, è facile ricavare i disegni per gli eccentrici corrispondenti a tutte le combinazioni possibili, indicate dalla fig. 68, fino a 6 trame.
Tiralicci. - Il sistema più semplice è quello comunemente usato a mezzo di due molle attaccate sotto ogni liccio (fig. 69, a); bisogna che esse siano tese uniformemente affinché il liccio sia sempre equilibrato. Si può anche adottare una sola molla per ogni liccio con la disposizione indicata in b. Questi sistemi hanno però il difetto di tenere il liccio troppo molle quando è basso e troppo teso quando è alto. Sono stati studiati dei sistemi di tiralicci allo scopo di diminuire tali differenze di tensione, ma in generale sono complicati e ingombranti. L'uso antico di applicare due pesi a ogni liccio (fig. 69, c) risponde allo scopo di mantenere al liccio la stessa tensione durante tutto il movimento, ma non è agevole variare la tensione secondo gli articoli da produrre e per questo vengono preferite in generale le molle, che dànno un ritorno pronto anche se il telaio è veloce.
Meccanismi per tessuti operati. - Abbiamo già visto attraverso quali passaggi si sia giunti alla moderna macchina Jacquard, universalmente impiegata per tessuti operati. Le moderne macchine Jacquard si distinguono in macchine a sola levata e macchine a levata e abbassata. Possono poi essere a uno o due cilindri e il comando a leve o a catena. Le portate più comuni sono di 200, 400, 600, 800 arpini. La figura 71 rappresenta uno schema di montatura Jacquard con disegno sul fianco del telaio e comando a leve. La fig. 70 rappresenta uno schema di montatura Jacquard con disegno sul lato posteriore del telaio (strigato) e comando a catena.
La fig. 72 rappresenta la formazione dei corpi Jacquard.
Portafili e davanzale. - Il portafili serve, insieme con il davanzale (detto anche banchina o pettorale), a mantenere all'ordito la voluta posizione rispetto al piano della cassa battente; se reso opportunamente oscillante, serve anche a diminuire lo stiramento che dovrebbe subire l'ordito durante la formazione del passo, evitando rotture di fili.
Il portafili deve essere spostabile in senso verticale; infatti nei telai per cotone, lino e canapa, tessendo la semplice tela, il portafili va tenuto più alto del piano del davanzale affinché il tessuto riesca pieno; tessendo invece armature effetto di trama, oppure articoli con molti licci, il portafili va tenuto più basso. Quando però ai telai è applicato il guardiaordito, bisogna tenerne conto nel determinare l'altezza dei portafili; e bisogna tener conto anche dell'altezza del piano della cassa battente rispetto al piano del davanzale. Solo la pratica può indicare le posizioni più convenienti dei rispettivi piani.
L'influenza dell'altezza del portafili rispetto ai licci e al davanzale è dimostrata dalla fig. 74: in a e c i fili in alzata non subiscono lo stesso stiramento di quelli in abbassata; in b invece subiscono lo stesso stiramento.
Il portafili è bene sia girevole per impedire che l'ordito, se molto apprettato, con l'ambiente umido si appiccichi al cilindro e anche per non far subire sfregamenti al filato. Il portafili girevole più semplice è quello della fig. 73, a, formato da un cilindro che appoggia su due supporti spostabili in senso verticale.
Una disposizione comune di portafili oscillante è quella rappresentata dalla fig. 73, b; l'oscillazione si aumenta o si diminuisce variando l'angolo a. L'eccentrico B, che è a punta, dà all'ordito la massima tensione quando i licci, durante l'evoluzione, sono allo stesso livello; la minima a completa apertura del passo. L'oscillazione del portafili va, naturalmente, regolata secondo il bisogno: forte se i fili sono rigidi, debole se i fili sono elastici. Ma questo sistema, se è il più semplice, ha lo svantaggio che il cilindro portafili non è girevole. Una disposizione pratica di portafili oscillante, è quella della fig. 73, c. Il cilindro girevole appoggia su supporti fissati a una barra di ferro spostabile in senso verticale; la leva fa oscillare il cilindro più o meno mediante la rotella spostabile lungo la cava di una manovella fissata all'albero. Il portafili girevole può anche venire reso leggermente elastico, per rendere meno rigida la battuta del pettine contro il tessuto, quando si lavorano fiati deboli. Uno di tali dispositivi è rappresentato dalla fig. 73, d. Tutti i portafili descritti si riferiscono naturalmente a telai col subbio dell'ordito regolato da freni a puleggia, non a telai che siano muniti di un regolatore automatico dell'ordito.
In tutti i telai il davanzale deve poter permettere uno spostamento in senso verticale del piano del tessuto per ottenere la necessaria distanza col piano della cassa battente; tale distanza può variare alquanto secondo la corsa della cassa battente, secondo l'altezza del telaio secondo le dimensioni delle navette e il loro angolo posteriore, nonché secondo gli articoli da fabbricare. L'ordito deve essere a contatto col piano della cassa battente soltanto al momento del passaggio della navetta. Inoltre è bene che il davanzale sia munito di allargatore che tenga disteso il tessuto per aiutare il compito dei tempiali. Ma la traversa che costituisce la parte principale del davanzale è bene sia fissa al telaio costituendone l'intelaiatura.
La fig. 75 a rappresenta un davanzale di metallo con allargatore mobile in senso verticale; attacco dei tempiali sul piano verticale. La figura 75 b rappresenta un davanzale di legno, con asta di metallo mobile in senso verticale e allargatori fissati al legno; attacco dei tempiali sul piano orizzontale.
Invergatura. - Ha lo scopo di mantenere paralleli i fili dell'ordito e di facilitare alla tessitrice la ricerca dell'esatta posizione dei fili rotti, evitando incrociature; ha anche lo scopo di stabilire l'opportuna distanza tra i licci e il punto di apertura del passo (bocca). Se il filato è peloso e se aprendosi per formare il passo i fili si appiccicano, si deve accorciare la distanza tra i licci e le verghe. Il guardiaordito sostituisce vantaggiosamente l'invergatura perché tiene sempre i fili a posto. La miglior verga è quella della forma indicata dalla fig. 76, di legno ricoperto di lamiera zincata.
Di solito l'invergatura 1/1 s'adopera per l'intreccio a tela; l'invergatura 2/1 per la saia da 3; l'invergatura 2/2 per la batavia da 4; l'invergatura 3/3 per la batavia da 6; l'invergatura 3/2 per il raso da 5.
Cassa battente. - È detta comunemente battente o anche cassa, ed è uno degli organi più importanti del telaio; ha il compito di portare la navetta nel suo movimento di va e vieni, di contenere il pettine e di serrare con esso la trama contro il tessuto. Di solito la parte principale è di legno, con rinforzi di metallo nei telai alti, portata da due gambe di ghisa; occorre del legno ben stagionato e formato di più pezzi disposti contro vena, affinché non si deformi.
In generale la parte di legno deve essere leggermente concava in modo che al centro sia l'1% più bassa che alle estremità; deve essere anche leggermente curva verso i licci in modo che il centro sporga il 2% dalle estremità. Ciò aiuta a mantenere a posto la navetta durante la sua corsa; inoltre la trama viene premuta dal pettine un po' alla volta, prima alle cimosse e poi al centro, con vantaggio per l'andatura del telaio. Un battente di cm. 150 di pettine avrà, nei telai comuni a una navetta, la parte in legno lunga circa 270 cm., quindi una concavità di mm. 2,7 e una curva verso il pettine di mm. 5,4.
Il battente deve risultare robusto, rigido e nello stesso tempo il più possibile leggiero; l'impiego del duralluminio in luogo della ghisa per le gambe e i pezzi aggiunti ha appunto lo scopo di alleggerire il battente, pur conservandogli la necessaria robustezza.
Il movimento del battente si ottiene a mezzo di un albero a manovella (collo d'oca) e di bielle. Nei telai comuni, la corsa del battente (misurata al centro della navetta) è un po' maggiore del doppio dello sviluppo del collo d'oca. Il battente durante la corsa avanti e indietro ha il suo massimo rallentamento al principio e alla fine della corsa, cioè al passaggio della navetta e alla chiusura della trama contro il tessuto. Il rallentamento è tanto più sensibile quanto più la biella è corta; nessuna influenza ha invece, su tale rallentamento, lo sviluppo del collo d'oca. La biella corta si applica, di solito, ai telai lenti e pesanti; la biella lunga ai telai veloci.
Il rapporto che deve esistere tra navetta, apertura dell'ordito e corsa del battente è molto importante: la corsa deve essere la minima possibile, perché lo sfregamento del pettine causa rotture di fili, e deve anche essere in relazione con la navetta e con l'altezza del telaio come abbiamo visto, l'apertura dell'ordito, o bocca, varia di poco (da 18° a 24°), sia che si tratti di telai alti con navetta grossa, sia di telai bass) con navetta piccola e di conseguenza più la navetta è grande, maggiore deve essere la corsa del battente. Se per una piccola navetta da seterie è sufficiente una corsa del battente di 120 millimetri, con una navetta grossa da drapperie, senza variare l'angolo di apertura dell'ordito, la corsa dovrà essere di circa 200 mm.
Per telai bassi, fino a 1 metro di luce in pettine, possono servire di norma all'incirca le misure seguenti: corsa mm. 120 per navetta larga alla base fino a mm. 35; corsa mm. 140 per navetta larga fino a mm. 45; corsa mm. 160 per navetta larga fino a mm. 55; corsa mm. 180 per navetta larga fino a mm. 65. La corsa va poi aumentata, aumentando l'altezza del telaio, di circa 10 mm. ogni metro in più.
Lo sforzo che deve sopportare il filato, dipende dal punto dove sono collocati i licci rispetto al tessuto; più sono vicini al tessuto, minore è il movimento che essi devono fare.
Importante è di tenere i licci più vicini possibile al cappello del pettine, il quale poi deve essere costruito in modo da permettere il massimo avvicinamento.
Scatole o cassette. - Contengono le navette allo stato di riposo. La loro lunghezza deve essere proporzionata alle navette e adatta a portare una linguetta piuttosto lunga, e, eventualmente, una linguetta supplementare per il bloccanavette. Per una navetta lunga 400 mm. sta bene una scatola lunga mm. 600; per una navetta lunga 500 mm. una scatola lunga mm. 700; sono cioè circa mm. 200 di agio che occorrono. Il collocamento della linguetta deve essere fatto in modo che quando la trincla è alzata, la navetta, nel caso subisse in quel momento un arresto, non possa urtare la forchetta, deformandola.
La forma tradizionale delle scatole, per telai a una navetta con battuta a frusta, è bene modificarla, nella sua struttura, secondo la fig. 77, dove la bacchetta guida-tacchetto è libera davanti e di dietro e dove la navetta è guidata dal principio alla fine. Naturalmente il telaio deve lavorare sempre con la stessa navetta, in quanto riguarda l'altezza della parte posteriore, mentre può variare l'altezza della parte anteriore e eventualmente la larghezza alla base.
Linguette e spondine. - La linguetta (collocata di solito nei telai comuni dietro le scatole) ha lo scopo di frenare gradualmente la navetta e di alzare la trincla, se si tratta di pettine fisso.
La navetta, entrando nella scatola, riceve dalla linguetta una pressione laterale gradualmente sempre maggiore, finché si arresta a contatto del tacchetto, o un po' prima. La navetta, uscendo dalla scatola, viene poi gradualmente liberata da tale pressione.
Per ottenere una frenatura efficace, è bene che la linguetta sia lunga il più possibile; questa deve poi frenare la navetta senza scosse, dirigendola verso il pettine, contro il quale si appoggia durante la corsa.
Nei telai comuni si vedono ancora delle spondine con le estremità monche, che devono essere collocate molto oblique per facilitare l'entrata della navetta (fig. 78 a); molto migliori sono quelle con le estremità ben curve e allungate, perché possono essere collocate quasi dritte (figura 78 b).
Le linguette è bene abbiano il fulcro spostabile avanti e indietro, allo scopo di poter far lavorare la navetta in perfetta linea col centro del tacchetto. Le linguette si costruiscono, di solito, di legno ricoperto di pelle (o di fibra) oppure di ghisa; le prime vanno bene in ambienti asciutti e dove non c'è polvere; ma, in generale, sono preferibili quelle di ghisa perché non alterano la pressione in caso di umidità e non si scaldano.
Vi sono telai che hanno la linguetta collocata sul davanti della scatola; sono di solito i telai a più navette e a colpi dispari (pic-pic). La stessa linguetta comanda il lancio della navetta in modo da impedire che venga inoltrata in una scatola già occupata da altra navetta. Queste linguette sono di solito di ghisa malleabile ricoperte di cuoio.
Linguette doppie. - Per ottenere un'efficace frenatura graduale è stata studiata l'aggiunta di una linguetta supplementare, di solito eollegata alla linguetta principale. Le due linguette sono di legno; ma la principale è rivestita di fibra e la supplementare di cuoio. All'uscita, la navetta conserverà però la stessa pressione delle due linguette come all'entrata.
La fig. 78 c, mostra un tipo pratico di doppia linguetta, fra i tanti esperimentati, specie nei telai da seta.
Il buon funzionamento delle doppie linguette dipende anche dall'ambiente; alle volte l'eccessiva umidità e la polvere producono variazioni nell'attrito. Ma quando è necessaria la doppia linguetta, conviene applicare il bloccanavette, che risolve in modo completo il problema della frenatura della navetta e del quale la linguetta supplementare costituisce la prima parte.
Bloccanavette. - Nel telaio comune a battuta orizzontale, il vecchio sistema della braga è causa di considerevole consumo di tacchetti e cacciatacchetti; se poi la braga non è bene registrata, le spole si sfasciano, specie nei telai a pettine mobile a grande velocità. Il compito della braga è quindi molto importante e per questo si è cercato di sostituirla con altri mezzi più sicuri.
Il bloccanavette consiste in una linguetta supplementare applicata in fondo alla scatola e comandata dalla biella, avente lo scopo di arrestare la navetta, con pressione laterale, un po' prima che essa tocchi il tacchetto e lasciandola poi completamente libera da tale pressione al momento della partenza.
I bloccanavette, costruiti in varie forme, si basano tutti sul movimento della biella; i migliori sono quelli semplici e solidi, di facile registrazione, con pochi organi lavoranti o comunque soggetti a logorio.
Un tipo semplice è quello rappresentato dalla fig. 79, in alto. La molla, che serve da seconda linguetta, riceve la pressione da una leva comandata dalla biella; la necessaria elasticità, durante la pressione, è data dalla molla stessa. Non sono che 4 pezzi: a) una molla ricurva; b) un alberello sagomato sostenuto da due supportini; c) uno sperone applicato alla biella; d) un dito di pressione che si porta avanti o indietro secondo che si vuole aumentare o diminuire la pressione. Affinché la molla resista a lungo, bisogna che la sua base sia serrata fra tre o quattro pezzi di molla, come mostra la figura.
Un altro tipo più robusto e pratico è quello rappresentato dalla fig. 79, in basso; l'elasticità durante la pressione è data da un percussore elastico applicato sulla biella. Il braccio di leva segue il percussore nel suo movimento, essendo congiunto a questo mediante cinghia. Il percussore ha una testa di legno fissata dallo stesso bullone che trattiene la cinghia.
L'uso del bloccanavette si è generalizzato insieme alla razionalizzazione dei telai.
Il bloccanavette, frenando energicamente di fianco la navetta, quando è arrivata in fondo alla scatola, impedisce che essa picchi contro il tacchetto, forandolo e deformandolo, mentre quando parte, essendo liberata dall'energica pressione supplementare, il telaio acquista un'andatura leggiera, senza scosse, diminuendo così anche il consumo di energia.
Altro grande vantaggio del bloccanavette è che impedisce il rimbalzo della navetta e quindi lo sfasciamento delle spole, l'arresto avvenendo prima che sia toccato il tacchetto.
In tutti i bloccanavette la frenatura avviene in due tempi a mezzo delle due linguette; la principale comandata, come al solito, dalla molla della trincla, se a pettine fisso (o dalla linguetta a molla se a pettine mobile) e la supplementare sempre dalla biella.
La molla della trincla regola la pressione all'uscita della navetta, pressione che deve essere appena sufficiente per il buon funzionamento della trincla stessa; la pressione della linguetta di blocco è ottenuta, della forza voluta, dal movimento della biella.
Norme generali:
1. La linguetta di blocco deve incominciare a funzionare soltanto quando la navetta ha già bene alzata la trincla, se si tratta di telai a pettine fisso, cioè quando è quasi giunta a destinazione, e ciò per evitare che il telaio, se ha qualche deficienza di battuta, venga arrestato dalla trincla stessa. La navetta deve poi arrestarsi prima del contatto col tacchetto.
2. La navetta, all'uscita, deve incontrare una leggiera resistenza prodotta dalla molla della trincla sulla linguetta perché, se completamente libera, la battuta dovrebbe essere aumentata con minore regolarità di lancio.
Ma il bloccanavette non è sempre consigliabile; in generale esso funziona bene in ambienti asciutti e con filati che non producono variabilità di attrito sulla navetta; infatti il blocco avviene sempre allo stesso punto di evoluzione dell'albero a collo d'oca, mentre non si può garantire che la navetta arrivi a posto in quello stesso istante; può quindi essere bloccata un po' prima o un po' dopo. Se ciò ha poca importanza per il telaio comune basso, costituisce un serio inconveniente nei telai altissimi, e soprattutto nei telai automatici a cambiamento di spola, e quando funziona il tastatore.
Nei telai a pettine fisso si può ottenere un'andatura leggiera per diminuzione dello sforzo nel lancio della navetta, seguendo un principio opposto al blocco; cioè, anziché premere la navetta all'entrata, liberarla di parte della pressione all'uscita: ciò che si ottiene con il sistema dell'alza trincla.
La linguetta deve avere una pressione a molla registrabile, in modo che all'uscita la navetta trovi adeguata resistenza per un'efficace battuta, durante la quale la trincla rimarrà alzata dal movimento della biella; alla sua entrata, la navetta troverà aggiunta la pressione esercitata dalla trincla sulla linguetta, disciplinando così le resistenze secondo il bisogno all'entrata e all'uscita della navetta ed equilibrando l'andamento del telaio.
Si sono studiati diversi sistemi di alzatrincle, ma il migliore è costituito da una semplice cinghia che congiunge la biella alla trincla (fig. 80). Con questo sistema occorre naturalmente la braga, la quale però ha un compito modesto e potrà essere ridotta secondo la fig. 81.
Cappello del battente. - È una parte importante del battente e ha lo scopo di coprire il pettine ed, eventualmente, di portare il paranavette. I comuni cappelli sono di solito di legno con rinforzi di metallo, ma tutti hanno l'inconveniente che non si possono spostare avanti e indietro; per mettere il pettine in perfetta linea con le scatole, occorre spesso aggiungere degli spessori. Il miglior cappello è quello formato da un ferro a Ø riempito di legno (brevetto italiano); questo cappello è portato da due squadrette che consentono appunto di portarlo avanti e indietro a volontà. Importante è che il cappello non si pieghi quando il pettine preme fortemente la trama contro il tessuto per evitare le rigature verso il centro del tessuto stesso; la forma a Ø dà al cappello la necessaria rigidezza e per renderlo leggiero può essere fatto, occorrendo, di duralluminio anziché di ferro.
Pettine fisso e pettine mobile. - Il telaio meccanico è nato col pettine fisso (fig. 82, a sinistra); per rendere il telaio più leggiero nei movimenti e più veloce, è stato ideato il sistema a pettine mobile (fig. 82, a destra).
Col pettine fisso il telaio si arresta di colpo se la navetta non arriva in tempo a destinazione; col pettine mobile, se la navetta rimane impigliata nella bocca, il pettine si apre, facendo perno in alto, evitando così rotture di fili.
È evidente che il telaio a pettine fisso è più robusto di quello a pettine mobile, il quale, ora che le grandi velocità vengono abbandonate preferendo andare più adagio e affidare più telai a ogni operaia, dovrebbe essere abolito. Anche nel telaio a pettine fisso si può ottenere una battuta leggiera, applicando l'alzatrincla, o il bloccanavette, col vantaggio di poter tessere tutti gli articoli leggieri e pesanti, con minor pericolo che le spole abbiano a sfasciarsi.
Lancio della navetta. - Il lancio della navetta (battuta) è tra le operazioni più delicate e importanti del telaio: la navetta deve attraversare l'ordito con rapidità sufficiente per arrivare in tempo a destinazione, mantenersi sempre ben diritta per non provocare rotture di fili e svolgere regolarmente la trama.
Due sono i sistemi di lancio: a frusta e a spada. Il lancio a frusta è il più elastico e il più diffuso nei telai comuni, specie per cotone e lanerie leggiere; il lancio verticale, costruito in diversi modi, è preferito nei telai per seta e lino perché meno pericoloso per le macchie d'olio; è preferito nei telai per drapperie e in quelli automatici, dove il tamburo portabobine impedisce il lancio a frusta orizzontale.
La fig. 83 (a sinistra) rappresenta il lancio a frusta orizzontale. Il braccio è di legno frassino o robinia spaccato lungo la vena; deve essere sufficientemente lungo, in modo che l'attacco del cacciatacchetto corrisponda alla metà della corsa della cassa battente.
La candela b deve permettere di poter spostare in senso verticale il cono, o pero, c.
L'eccentrico, o cuore, può essere il medesimo per tutte le altezze del telaio fino a cm. 350, cambiando solo la punta.
I due cuori di un telaio devono essere fissati sull'albero in posizione esattamente opposta.
Il tracciamento delle curve del cuore è piuttosto complicato, perché differente dai due lati. Tali curve si ottengono perfette provando e riprovando a telaio e si può dire anzi che il cuore si mette a posto da sé, fino a ottenere la massima regolarità ed efficienza di battuta, soltanto dopo un certo tempo di lavoro.
La fig. 84 indica la forma del cuore: si fissa il diametro di base d, e la distanza e tra il centro del cuore e il centro della candela; da F a Q è un movimento di preparazione al lancio, che serve a mettere in tensione il cacciatacchetto e da Q ad D, cioè nel tratto G, avviene il lancio; il cono deve poi ritornare rapidamente nella posizione primitiva di partenza.
È importante, per avere una battuta elastica ed efficace, che il meccanismo del lancio sia disposto in modo che quando il cono è al termine del suo movimento, il tacchetto disti alcuni centimetri dal paracolpo. Basta accentuare un po' la curva in G per ottenere un aumento di battuta. Abbassando il cono, la battuta aumenta.
La registrazione del caccianavette a frusta varia secondo l'articolo da produrre e la velocità del telaio, ed è affidata alla pratica. Regola generale: il cacciatacchetto deve mantenersi sempre elastico, qualunque sia la posizione del battente, teso solo quando il tacchetto è a contatto con la navetta.
Il sistema di lancio a frusta può essere adattato ai telai pic-pic (fig. 83, a destra); in tal caso i due alberi del telaio hanno la stessa velocità; i due cuori sono uguali e devono essere disposti nella medesima posizione; i due coni delle candele battono a vuoto (cioè senza muovere le candele) se non si abbassa l'innesto a che viene comandato da apposito meccanismo.
Il lancio a spada può effettuarsi in diversi modi:
Fig. 85 (a sinistra), a calcola esterna e rotella; tale lancio è efficace ma brusco, ed è impiegato specialmente nei telai per lino e nei telai alti pesanti; il tacchetto, di solito di cuoio, è guidato.
Fig. 85 (a destra), a calcola esterna ed eccentrico: il lancio è più dolce del precedente e quindi preferibile; il tacchetto è guidato.
Fig. 86, a candela interna orizzontale ed eccentrico: è il più usato sia nei telai per seta, sia nei telai automatici, sia nei telai pic-pic; il tacchetto è guidato.
Fig. 87, a scarpetta; è un'applicazione aggiunta al precedente sistema, generalmente usata nei telai automatici; il tacchetto non è guidato, ma fissato all'estremità della spada e il movimento della scarpetta ha appunto lo scopo, durante la corsa del tacchetto, di mantenerlo alla stessa altezza rispetto al piano dove scorre la navetta.
Fig. 88, a leva ed eccentrico, speciale per telai pic-pic, da drapperie; il tacchetto è guidato.
Fig. 89, a molla: il lancio è dolce e uniforme, qualunque sia l'andamento del telaio; ma può essere applicato soltanto a telai lenti; era molto usato nei telai per drapperia tedeschi, adattandosi bene per i movimenti pic-pic. Il tacchetto è guidato.
Il comando della battuta nei telai pic-pic si effettua di solito mediante due leve manovrate dalla linguetta corrispondente alla scatola, che contiene la navetta destinata a partire. Tale linguetta muove la rispettiva leva e alza l'arpione di presa dalla parte opposta, impedendo così il lancio da quella parte. Quindi, se le due cassette contrapposte contenessero ambedue la navetta, il telaio girerebbe senza battere; se le due cassette contrapposte fossero entrambe vuote, il telaio girerebbe battendo da ambedue le parti contemporaneamente. Sono dispositivi indispensabili per impedire che vengano lanciate due navette contemporaneamente, oppure che una navetta sia lanciata in una scatola occupata. È possibile poi, in tali telai, far avanzare e retrocedere il telaio senza battuta per la ricerca della trama.
Tacchetti per telai. - Sono di pelle di bufalo naturale, oppure di pelle comune conciata.
I tacchetti di bufalo hanno larga applicazione; la forma più comune è quella della fig. 90 a usata nei telai con battuta a frusta. La misura di tale tacchetto è determinata dalla distanza dal centro del foro della bacchetta di guida in alto, al punto di restringimento in basso; varie sono le misure, contraddistinte da numeri; ma non sempre a uguali numeri corrispondono uguali misure e sarebbe opportuna un'intesa internazionale tra le varie fabbriche. Il n. 4 misura circa mm. 50 e pesa, secco, circa gr. 110; il n. 5 misura circa mm. 55 e pesa, secco, gr. 125.
I tacchetti di bufalo durano molto se sono bene stagionati; se essi arrivano freschi, devono essere tenuti per 6 mesi in olio di piede di bue; poi, per almeno altri sei mesi, a seccare all'aria, preservandoli accuratamente dall'umidità. Buona regola è di tenere sempre in tessitura una scorta di tre anni, in modo che i tacchetti freschi vengano messi a telaio due anni dopo. Naturalmente se i tacchetti arrivano già oliati e seccati, basta un anno di stagionatura invece di due.
La fig. 90 b rappresenta il tacchetto sagomato per telai a cambíamento automatico della spola e battuta a frusta; la fig. 90 c rappresenta il tacchetto per telai a più navette e battuta a frusta; la fig. 90 d rappresenta il tacchetto per telai a battuta a spada pic-pic; la fig. 91 rappresenta il tacchetto fisso per telai automatici a battuta a spada col sistema detto a scarpetta.
I tacchetti di pelle conciata si usano esclusivamente nei telai a battuta a spada; la forma è quella della fig. 90 e in diverse misure, secondo la grandezza delle navette.
Movimenti a più navette. - Servono a inserire nel tessuto trame di diversa qualità o colore, oppure a mescolare le trame della stessa qualità per compensare irregolarità di titolo e di colore e ottenere un tessuto omogeneo. Il telaio è munito di più scatole, o cassette, per la custodia delle varie navette.
Il cambio può avvenire da una sola parte del telaio, oppure da entrambe le parti; nel primo caso le trame inserite da una navetta devono essere almeno due consecutive (andata e ritorno della stessa navetta nella stessa scatola); nel secondo caso anche una sola trama per ogni navetta (telai pic-pic). Il numero di navette varia da 2 a 6 (di solito 4) nei telai con cambiamento da una sola parte, detti anche a colpi pari, e da 3 a 13 (di solito 7 e cioè 4 scatole per parte) nei telai pic-pic, detti a colpi dispari.
Nei telai pic-pic il numero massimo di navette è uguale al totale di scatole, o cassette, dalle due parti meno una.
Cambiamento a revolver. - La figura 94 ne indica il funzionamento; di solito il cambiamento è disposto da una sola parte del telaio; ma lo stesso sistema è applicabile dalle due parti (pic-pic). Normalmente il revolver è a 6 scatole e le navette si succedono una dopo l'altra; ma si può costruire anche in modo da ottenere il salto di una o più navette. Il sistema revolver esige la battuta a frusta e quindi anche il comune tacchetto impiegato per tali telai; esso è stato ideato appunto per essere applicato ai telai a pettine mobile. Si presta soltanto per articoli leggieri e tende a essere abbandonato.
Cambiamento a cassette montanti. - I sistemi più usati sono i seguenti:
Fig. 92: sistema molto usato per telai da cotone con cambiamento da una sola parte, battuta a frusta orizzontale, pettine fisso o mobile. basato sul principio Jacquard e presenta il grande vantaggio che ognuna delle scatole può essere comandata a mano senza muovere il telaio. Il sistema è applicabile a qualsiasi telaio con battuta a frusta.
Fig. 93: sistema a eccentrici, usato nei telai inglesi da cotone, di solito per cambiamento da una sola parte del telaio. Tale sistema è applicabile a qualunque tipo di telaio ed è fornito di apparecchio di sicurezza per il cambio.
Fig. 95: sistema usato per tessere crespo e per mescolare le trame, con due sole cassette che costantemente alternano due trame ogni cassetta. È l'espressione più semplice di cassette montanti e il sistema è applicabile a qualsiasi telaio.
Fig. 96, a sinistra: sistema a eccentrici usato nei telai pic-pic di costruzione inglese.
Fig. 96, a destra: sistema usato nei telai pic-pic per drapperie, di costruzione tedesca; è semplice e di funzionamento sicuro anche col massimo numero di cassette.
Abbiamo accennato ai sistemi principali in uso, i quali vengono realizzati in diverse forme costruttive; la preferenza per l'uno o per l'altro sistema dipende molto dall'abitudine, cioè dalla conoscenza pratica di un sistema piuttosto che dell'altro. Indubbiamente però i sistemi rappresentati dalle figure 92 e 96 (a destra) sono tra i più semplici, pratici e sicuri.
Il comando delle cassette, quando si tratta di telai lisci, è affidato a uno speciale cilindro con catena di cartoni forati o assicelle a pioli; quando il comando dei licci è affidato alla macchina da armature, lo stesso cilindro di questa, prolungato, può comandare le cassette, col grande vantaggio di avere armatura e cassette sempre d'accordo. Così pure se il telaio è munito di macchina Jacquard, per la stessa ragione si affida a questa il comando delle cassette.
Trasmissione del movimento alla cassa battente. - Diversi sono i sistemi adoperati per trasmettere il movimento dall'albero a colli d'oca al battente.
Il più semplice, generalmente usato nei telai comuni, consiste nel collegare direttamente l'albero a colli d'oca alle gambe della cassa battente con due bielle (fig. 97); naturalmente le bielle saranno più o meno lunghe secondo la profondità del telaio in dipendenza del numero dei licci.
La fig. 98 rappresenta il sistema di trasmissione con bielle corte; si fissano alle gambe le orecchie b, della lunghezza necessaria per rendere la lunghezza delle bielle appropriata al telaio. Si è visto che più le bielle sono corte, maggiore è il rallentamento della cassa battente durante il passaggio della navetta.
La fig. 99 rappresenta il sistema usato nei telai pic-pic a un solo albero collocato in basso, per avere le bielle molto corte (mm. 170). L'arco b, detto comunemente elmo, fissato alla gamba, forma con questa un sol pezzo.
La fig. 100 rappresenta il sistema usato per far battere il pettine contro il tessuto due volte ogni trama inserita. Si usa per tessuti molto battuti in trama, quando l'ordito non può sopportare una forte tensione. In esso, l'albero a collo d'oca non è collegato direttamente alla cassa battente, bensì mediante due leve a, b. Durante un giro del collo d'oca, quando il fulcro della manovella è nella posizione C avviene il lancio della navetta; il pettine batte una prima volta quando le due leve a, b sono diritte (posizione A del fulcro come in figura); quindi retrocede un po' quando formano l'angolo in alto (posizione D del fulcro) e batte di nuovo quando ritornano diritte (posizione B del fulcro).
Il telaio compie il suo maggiore sforzo durante il sollevamento dei licci e contemporaneo lancio della navetta; tale sforzo avviene mentre i colli d'oca si alzano aggiungendo così il peso dei colli a quello delle bielle da sollevare. Per questo, certi costruttori fanno girare l'albero a colli d'oca in senso contrario del solito. Ma bisogna tener presente che negli articoli pesanti un grande sforzo il telaio lo fa anche quando il pettine preme la trama contro il tessuto. In generale conviene far girare l'albero nel solito senso (verso il davanti del telaio) compensando, col volante, il peso dei colli d'oca e delle bielle; queste devono essere più leggiere possibile.
Il battente quando ha finito di premere la trama contro il tessuto deve essere verticale, per facilitare l'aderenza della navetta al pettine durante la corsa.
In caso di pettine fisso, se la trincla arresta di colpo il telaio, il battente deve ritornare indietro per inerzia, presentando alla tessitrice il passo aperto per l'introduzione della navetta.
Tempiali. - I tempiali sono, in generale, costituiti da rotelle oblique munite di punte o cilindretti di ferro picchettati secondo un'elica diretta all'esterno, disposti ai lati del telaio con attacco sul davanzale, detto anche pettorale o banchina. Servono a reggere ai bordi il tessuto che si va formando, tendendolo in modo da ricuperare parte dell'altezza perduta per l'accorciarsi delle trame che intrecciandosi con i fili di ordito diventano sinuose. Una delle migliori disposizioni del tempiale è quella rappresentata dalla fig. 101 a, perché elastica, robusta e poco ingombrante; la molla mantiene il tempiale costantemente nella posizione desiderata. E bene che le rotelle siano a doppio rango di punte per evitare rigature nel tessuto.
La fig. 101 b indica lo stesso tempiale, con la trancia per tagliare la trama, necessaria nei telai a cambiamento automatico di spole o di navette.
La fig. 101 c indica l'attacco del tempiale sulla parte superiore del davanzale di legno, come si usa nei telai per drapperie.
Il tempiale può essere fisso, come mostra la fig. 102 a, o spostabile verso il pettine, come mostra la fig. 102 b; questa seconda disposizione facilita il compito della tessitrice, quando deve ritornare indietro il tessuto, ma spesso solleva i fili, ed è quindi preferibile quello fisso.
Apparecchi di guardia nei telai. - Hanno lo scopo di segnalare e prevenire determinate situazioni nel funzionamento del telaio.
Per l'ordito vi è il guardiaordito, che ferma il telaio quando un filo si rompe. La fig. 104 rappresenta un guardiaordito meccanico molto semplice, generalmente usato. Le lamelle possono esser aperte o chiuse, come mostra la fig. 103, ma unificate nelle misure, mentre il maggiore o minore peso deve essere dato dallo spessore dell'acciaio. Vi sono anche dei guardiaordito elettrici, dove la maglia del liccio funziona da lamella (fig. 105). Il guardiaordito deve essere applicato a tutti i telai anche non automatici per affaticare meno il tessitore, dandogli la possibilità di accudire a più telai e per ottenere un tessuto senza fili mancanti, che poi non abbia bisogno di riparazione. Il guardiaordito deve essere applicato in modo da potere con facilità togliere e mettere la sega mobile.
Per la trama vi è il guardiatrama (forchetta) e il tastatore della spola che fermano il telaio quando la trama si rompe o la spola sta per esaurirsi. La fig. 106 rappresenta il comune guardiatrama funzionante ogni due trame. È consigliabile, anche sui comuni telai, l'applicazione del tipo di forchetta che viene adoperata nei telai automatici. La fig. 107 rappresenta un guardiatrama centrale usato nei telai pic-pic, che funziona a ogni trama; nei telai alti se ne applicano di solito due.
Nella figura 108 è rappresentato uno dei più semplici tastatori della trama per la fermata del telaio quando la spola sta per esaurirsi (ovvero per il cambio automatico della spola o della navetta). L'apparecchio funziona nelle migliori condizioni quando la spola ha la riserva di trama. In luogo dell'ago tastatore, l'apparecchio può essere fornito di calibro tastatore. Vi sono anche dei tastatori elettrici, che funzionano inappuntabilmente (figura 109); in tal caso i tubetti devono avere un cerchio di lamiera metallica, il quale, quando resta scoperto per esaurimento della trama, produce un contatto che ferma il telaio, ovvero cambia la spola o la navetta se si tratta di telai automatici.
Il tastatore è utilissimo per ottenere un tessuto perfetto e nel caso di tessiture a colori a più navette può permettere di affidare un maggior numero di telai a ogni operaia.
Uno dei più semplici apparecchi di sicurezza per evitare infortunî, è il paranavette rappresentato dalla fig. 110, portato dal cappello del telaio; è disposto in modo da non ostacolare il cambio delle navette anche se il cambio viene fatto a mano.
Se questo paranavette, per qualche ragione, non potesse essere applicato, è conveniente ricorrere al comune riparo di rete metallica; sarebbe bene che la rete metallica fosse appesa in modo da poterla togliere e mettere con la massima facilità.
Un altro apparecchio di sicurezza è il cercatrama automatico che ha lo scopo, in caso di rottura della trama o di esaurimento della spola, di far retrocedere automaticamente il cilindro della macchina da armature quanto è necessario affinché la tessitrice non abbia altro compito che quello di introdurre la navetta nella bocca, al punto di rottura della trama. È un apparecchio molto utile specie nei telai pic-pic, perché fa risparmiare tempo e fatica alla tessitrice e in parte sostituisce il tastatore. Il movimento di ritorno del cilindro della macchina da armature è provocato dalla forchetta.
Quando il telaio pic-pic è munito di guardiaordito, di regolatore o di freno automatico del subbio dell'ordito e di cercatrama, si possono considerare raggiunti praticamente i vantaggi dell'automatismo e possono quindi essere affidati più telai, anche se pesanti, a un operaio solo, cui richiederanno minor fatica di quanta ne richiedesse prima un solo telaio senza quelle provvidenze.
In luogo del cercatrama vi può essere l'arresto del telaio sulla battuta ottenuto sia mediante controfrizione (fig. 111), sia mediante leva e molle (fig. 112).
Regolatori dell'ordito e del tessuto. - Sono così chiamati i meccanismi che regolano l'avanzamento del tessuto e del relativo ordito, per ottenere la desiderata distribuzione delle trame. Bisogna distinguere bene tra regolatore del tessuto e regolatore dell'ordito, due organi e due funzioni distinti, ma interdipendenti insieme con il raccoglitore del tessuto. In luogo di un vero e proprio regolatore dell'ordito, necessariamente automatico, vi può essere un freno dell'ordito, sia a mano, sia automatico. Quindi, regolatore del tessuto, regolatore o freno dell'ordito e raccoglitore del tessuto, costituiscono l'insieme che determina la quantità di trama (inserzioni) che deve essere contenuta nel tessuto.
Freni dell'ordito. - La regolarità di tensione dell'ordito è di grande importanza per il buon andamento del telaio e per l'esatta distribuzione delle trame.
La fig. 113 a indica il freno più semplice dell'ordito, a pesi e corde, usato specialmente nei telai da seta, dove varia di poco il diametro del subbio dal principio alla fine. La fig. 113 b indica un freno a catene (o corde), leve e pesi, usato nei telai da cotone, lana, lino, ecc., dove, dato il grande diametro dei subbî dell'ordito (fino a cm. 70), varia alquanto la resistenza dal principio alla fine dell'ordito. Per ottenere un'efficace frenatura, è bene che il subbio porti all'estremità due pulegge di frizione piuttosto grandi (circa cm. 25 di diametro), indipendenti dalle flange mobili. A ogni battuta il peso si alza e si abbassa alternativamente, permettendo alle catene (o alle corde) di slittare sulle pulegge di frizione; tale oscillazione è utilissima per il buon andamento del telaio.
Con questi semplici freni, però, occorre diminuire o spostare i pesi, allo scopo di diminuire la resistenza, man mano che il subbio vuotandosi diminuisce di diametro e quindi di peso.
Sono stati studiati dei freni automatici, i quali regolano la resistenza necessaria dal principio alla fine del subbio, senza alcun intervento manuale; non tutti però quelli apparsi sono pratici. Un buon sistema di freno automatico a tastatore è quello indicato dalla fig. 113 c (brevetto italiano): il rullo tastatore 1, mediante l'eccentrico 2, rallenta la pressione della molla 3 che funziona da peso, appunto a mano a mano che diminuisce il diametro del subbio. Questo poi può girare sui perni, o sulle pulegge di frizione sopportate da due mezzelune ricoperte di cuoio; il freno è formato da un nastro d'acciaio anch'esso ricoperto di cuoio.
Un particolare dispositivo permette di liberare prontamente il subbio da ogni pressione quando occorre farlo retrocedere.
Regolatori dell'ordito. - I regolatori dell'ordito, necessariamente automatici, sono di due specie: negativi e positivi. Sono negativi, quando l'ordito non si svolge uniformemente a ogni giro di telaio, ma secondo il richiamo del portafili, provocato dalla tensione dell'ordito; positivi, quando l'ordito si svolge uniformemente a ogni giro di telaio indipendentemente dal regolatore del tessuto, necessariamente negativo.
Nel regolatore negativo, il portafili funziona da tastatore della tensione dell'ordito e provvede a farlo avanzare quando esso è troppo teso e a non farlo avanzare quando è troppo allentato. Per tale azione equilibratrice, questi regolatori negativi dell'ordito sono anche chiamati a compensazione.
Si capisce che così l'ordito mantiene una tensione costante ed elastica di grande giovamento per il filato e per il funzionamento del telaio.
La fig. 114 rappresenta un regolatore negativo automatico dell'ordito, generalmente applicato ai telai per drapperia; naturalmente esso esige un regolatore positivo del tessuto. L'eccentrico a calettato sull'albero di comando del telaio, aziona la doppia leva b la quale porta un perno c impegnato nella feritoia della staffa a forcella d. L'asta di solidale con la staffa d comanda la leva del cricco e, la quale mediante nottolini f e le ruote a cricco (destra e sinistra) g imprime un moto di rotazione alla vite perpetua h e quindi con la ruota i al subbio s. Il cilindro portafili t è montato a un'estremità del bilanciere l che è fulcrato in n e porta all'altra estremità una vite di registro m. Questa vite appoggia sul braccio corto della leva di compensazione p, la quale è fulcrata in o e porta all'altra estremità la guida q e l'asta r, che termina con una feritoia ove alloggia il perno posteriore della leva del cricco. Il bilanciere è collegato mediante il tirante u alla leva v sulla quale può scorrere il contrappeso z che serve a regolare la tensione iniziale dei fili.
Il funzionamento avviene nel modo seguente: quando il subbio non alimenta abbastanza, il conseguente aumento di tensione nei fili provoca un abbassamento del cilindro portafili t e quindi una leggiera rotazione del bilanciere l, il quale, allontanando la vite m dall'estremità corta della leva p, permette all'asta r di abbassarsi. Abbassandosi l'asta r, la molla x solleva la staffa d, la quale, trascinando la leva del cricco, mette in presa un maggior numero di denti di questo e aumenta così la rotazione del subbio. Nel caso opposto, cioè quando il subbio alimenta troppo, e vi è rallentamento dei fili, il cilindro t si alza, la vite m si abbassa, provocando così il sollevamento dell'asta di compensazione r e quindi l'abbassamento della staffa con feritoia d che riduce il numero dei denti in presa nel cricco. La staffa d può abbassarsi tanto quanto è necessario per annullare ogni azione del cricco, ciò che avviene quando la parte inferiore della feritoia si trova più bassa del campo d'azione del perno c.
Un altro regolatore automatico negativo a compensazione dell'ordito, molto usato, è quello della figura 115, applicato generalmente, con varianti di costruzione, ai telai automatici specialmente per cotone: è caratterizzato dal tastatore che si abbassa a mano a mano che il subbio diminuisce di diametro.
Il sistema precedente è però da preferirsi perché va bene con tutti gli articoli, pesanti e leggieri, con molte o poche battute.
La fig. 116 rappresenta il classico regolatore positivo automatico dell'ordito, che si trova applicato ai vecchi telai per drapperia; questo regolatore determina anche il numero delle trame che deve contenere il tessuto in una unità di misura. Lo svolgimento dell'ordito viene effettuato dal movimento della cassa battente. Questo regolatore positivo del subbio dell'ordito si adopera soltanto quando si tratta di tessuto molto battuto; esso richiede, come si è detto, il regolatore del tessuto negativo e il tessuto si avvolge, di solito, sullo stesso cilindro di richiamo, come nei telai da seta.
Regolatori del tessuto. - Sono di due specie. Positivi, quando l'avanzamento del tessuto è costante, per ogni giro del telaio, indipendentemente dalla grossezza della trama e quindi anche se la trama non viene inserita; indipendentemente anche dalla tensione dell'ordito. Un regolatore positivo dispone le trame come mostra la fig. 119 (in alto: sezione trasversale di un tessuto): la distanza a fra trama e trama è costante a ogni battuta: quindi dove vi sono le trame grosse il tessuto sarà compatto, dove vi sono le trame fine il tessuto sarà più rado e il numero di trame per unità di misura sarà sempre costante.
Negativi, quando l'avanzamento del tessuto è provocato dalla grossezza della trama; cioè l'avanzamento è maggiore se la trama è grossa e minore se la trama è fina; l'avanzamento è nullo se la trama non viene inserita. Un regolatore negativo dispone le trame come mostra la fig. 119 (in basso): la distanza a varia se varia la grossezza della trama e il tessuto sarà sempre compatto perché ogni trama viene serrata contro la precedente. Naturalmente, il numero di trame per unità di misura varia col variare della grossezza delle trame. È appunto la maggiore o minore grossezza della trama in dipendenza della tensione dell'ordito (resistenza) che provoca una maggiore o minore tensione del tessuto, la quale tensione può essere risentita da un pettine mobile che varia il suo spostamento a seconda della resistenza che incontra, determinando così la quantità di avanzamento del tessuto; oppure può essere risentita anche da una leva a peso che nell'equilibrare tale tensione determina la quantità di avanzamento del tessuto stesso.
Il tipo più comune di regolatore positivo del tessuto è quello indicato dalla fig. 117 a. Vi è il cilindro tirapezza o di richiamo a, di solito ricoperto di lamiera forata, sull'asse del quale è fissato l'ingranaggio b, che ingrana con c′, solidale con l'ingranaggio intermedio c; questo ingrana con il pignone di ricambio e, solidale con la denterella a denti di sega d. A ogni giro del telaio, l'arpione f fa avanzare la denterella d, la quale mediante gl'ingranaggi intermedî muove il cilindro di richiamo a, facendo così avanzare il tessuto. Il cilindro di richiamo gira tanto più velocemente quanto maggiore è il numero di denti del pignone di ricambio e e quindi più è grande il numero di denti del pignone, minore è il numero di trame distribuite in un centimetro di tessuto e viceversa. Cioè il numero di trame nell'unità di misura è in proporzione inversa del numero di denti del pignone.
Volendo calcolare il numero di denti occorrente per un determinato numero di trame da inserire, ponendo a = mm. 384 (circonferenza); b = 75 (denti); c = 120 (denti); c′ = 15 (denti); d = 54 (denti); dalla formula
si ottiene il numero fisso 843,7. Dividendo tale numero per le trame da ottenere in un cm. di tessuto, si ottiene il numero di denti del pignone di ricambio. Siccome però, durante la tessitura, il tessuto è più teso del naturale, per compensare tale differenza, che si calcola del 5%, si aumenta di altrettanto il numero fisso portandolo a 886.
Nel regolatore positivo del tessuto è necessario un nottolino a espansione, in due pezzi registrabili (fig. 117 b) allo scopo di avere un ritorno automatico, da uno a tre denti, della dentarella d (e quindi del tessuto), quando il telaio si ferma per esaurimento o rottura di trama; senza tale organo, l'operaia dovrebbe ritornare a mano il tessuto, per evitare chiarelle, con perdita di tempo. L'arpione di ritegno h, alzandosi, solleva l'arpione d'avanzamento f, liberando il cilindro di richiamo, il quale può così retrocedere quanto consente il nottolino a espansione g; questo viene regolato secondo il bisogno, con la mobilità necessaria, a mezzo di una vite.
Il regolatore positivo viene anche costruito in modo che a un determinato numero di denti del pignone di ricambio corrispondano altrettante trame in una determinata quantità di tessuto fino di tali regolatori è quello applicato ai telai automatici Northrop (fig. 117 d).
La denterella a, azionata mediante eccentrico applicato all'albero inferiore, trasmette il movimento al cilindro di richiamo b mediante una serie dispari d'ingranaggi c, d, e, f, g, h, i. L'ingranaggio d è quello di ricambio, i cui denti corrispondono alle trame inserite in un quarto di pollice di tessuto; l'ingranaggio f è intermedio. Supponiamo: i = denti 48; h = denti 16; g = denti 48; e = denti 12; c = denti 20; denterella a = denti 50; circonferenza cilindro di richiamo b = 60 quarti di pollice; a ogni trama la denterella a, avanza di ½ dente, cioè occorre ½ battuta per ogni trama.
Avremo:
Il numero di denti del pignone di ricambio e il numero di trame devono quindi essere uguali per non alterare il coefficiente 1.
Un altro regolatore positivo abbastanza semplice, nel quale il numero di denti dell'ingranaggio di ricambio corrisponde al numero di trame inserite nel tessuto, è quello a vite senza fine (lumaca) rappresentato dalla fig. 117 c; in questo caso l'ingranaggio di ricambio è la denterella. una placca che sporge dalla gamba del battente fa oscillare la rotella a; questa, a mezzo della leva a b c, comunica l'oscillazione al tirante d e, il quale, spinto all'ingiù, fa avanzare di un dente la denterella f. Il movimento di questa è comunicato al cilindro di richiamo i per mezzo della vite perpetua g a un passo (lumaca) e ingranaggio h. Il tirante de è collegato con la maniglia di arresto in modo che quando il telaio viene fermato, il regolatore non funziona.
Supponendo: denterella f = denti 30; ingranaggio h = denti 42; circonferenza del cilindro di richiamo i = cm. 42; a un giro del cilindro di richiamo corrisponderanno 42 giri della vite perpetua g e la denterella, che ha 30 denti, farà passare 42 × 30 = 1260 trame, che divise per 42 cm. daranno 30 trame al cm. È chiaro che al numero di denti della denterella corrisponde esattamente il numero delle trame contenute in un cm. di tessuto.
Vengono costruiti anche dei regolatori positivi del tessuto, coi quali il numero di trame inserite in una determinata unità di misura si può far variare senza cambiamenti di ingranaggi, ma semplicemente spostando una vite; sono dei regolatori a vite senza fine, usati specialmente nei telai da drapperia. La fig. 118 ne rappresenta uno dei più semplici. La leva ad angolo K, munita di culisse, è mossa, a mezzo del tirante Z, dal braccio a culisse SH, il quale segue i movimenti del battente. Da ciò risulta trasmesso il movimento del battente a mezzo nottolino all'ingranaggio KR e quindi, a mezzo di due ingranaggi conici, alla lumaca S, la quale muove l'ingranaggio SR fissato sull'asse del cilindro di richiamo. Spostando il tirante Z nelle due culisse, si varia il numero di trame contenute nel tessuto, circa da 5 a 50 al cm.; mettendo la lumaca Z a due o tre passi, invece di uno, oppure modificando il rapporto tra i due ingranaggi conici, le trame al cm. possono arrivare fino a due. Girando il telaio all'indietro, il regolatore lavorerà pure all'indietro, tirando la correggia che fa lavorare il secondo nottolino, il quale gira in senso contrario al primo.
Nei telai pesanti per lino, canapa, iuta, il regolatore positivo del tessuto è collegato al subbio dell'ordito, a mezzo di un alberello con volante, per potere, occorrendo, far avanzare o retrocedere il subbio stesso.
Come abbiamo visto, nel regolatore negativo del tessuto l'avanzamento del tessuto è determinato o da un pettine mobile, o da una leva a peso i quali, oscillando per equilibrare la tensione del tessuto, regolano tale avanzamento, e di conseguenza la distribuzione delle trame.
Il regolatore negativo del tessuto azionato dal pettine mobile è quello classico, generalmente usato nei telai da seta, detto pure a compensazione (fig. 120). Serve a dare al tessuto la massima omogeneità e unità malgrado le differenze di diametro che si riscontrano nelle trame di seta; il movimento del pettine, sensibilissimo, fa avanzare il tessuto soltanto quando è necessario e nella quantità necessaria; l'avvolgimento avviene sullo stesso cilindro di richiamo. Il pettine non è rigidamente fissato al battente ma è portato da un piccolo telaio, oscillante su due perni fissati ai montanti del battente in modo che può inclinarsi all'indietro quando cede sotto la pressione della battuta. Il telaino portapettine è poi tenuto aderente al battente mediante due molle a spirale a tensione regolabile.
Il battente nel suo movimento di va e vieni aziona la leva L, la quale porta il nottolino B che, abbassandosi, incontra un dente dell'asta C e la fa scorrere in senso orizzontale con un moto che la molla F rende alternativo. Il nottolino B si abbassa a far presa nel dente soltanto quando il pettine è sufficientemente spinto indietro dalla trama serrata contro il tessuto. Il movimento di C si trasmette alla leva D imperniata in W la quale muove una seconda leva E cui è unita dal corsoio P. Questo corsoio si può alzare o abbassare diminuendo, così, o aumentando la corsa della leva E. In tale maniera si ottengono le diverse variazioni nel numero delle battute da inserire. A sua volta la leva E col tramite dell'asta R muove il disco M, chiamato anche scatola dei nottolini, perché nel suo interno porta una corona di nottolini che spingono la ruota a denti di sega S; i nottolini, che abbracciano tutta la periferia della ruota, sono spostati l'uno rispetto all'altro di una frazione di dente che ha per denominatore il loro numero, di modo che un nottolino afferra sempre immediatamente i denti della ruota, evitando così che vi siano tratti di corsa a vuoto. Il freno a pattino I posto sotto la scatola l'arresta immediatamente appena cessata la spinta dell'asta R e ne impedisce il ritorno. Coassiale alla ruota S si trova una ruota dentata che ingrana con altra ruota diritta conassica al pignone conico T, il quale, ingranando a sua volta col secondo pignone conico U, mette in movimento l'alberello verticale Z (detto comunemente candela). La vite senza fine V, che a guisa di manicotto abbraccia un tratto dell'alberello, gira la ruota dentata X che sul suo asse porta l'ingranaggio di riduzione XX, dando movimento al cilindro di richiamo N, sul quale si avvolge il tessuto. Una leva a pedale può staccare il pignone U dal pignone T allorché si ha bisogno di far azionare a vuoto il cilindro N.
Il subbio dell'ordito è del tutto indipendente dal regolatore del tessuto ed è collocato su apposito cavalletto distante dai licci circa 2 metri, come d'uso nei telai da seta; naturalmente la tensione dell'ordito va opportunamente regolata in rapporto alla qualità del tessuto da produrre, frenando il subbio quanto è necessario.
Il principio sul quale si basa il funzionamento del regolatore negativo del tessuto azionato da un peso è rappresentato dalla fig. 122.
Sotto l'azione del peso A il tessuto viene avvolto sul cilindro B; l'ordito C è tenuto teso dal peso D maggiore del peso A e il nottolino B impedisce che il peso D faccia retrocedere il cilindro del tessuto B. Quando il pettine spinge la trama contro il tessuto, questo da teso diventa molle e permette al peso A di funzionare facendo avvolgere un po' di tessuto.
È evidente che la pressione del pettine contro il tessuto sarà forte se la trama è grossa, e debole se la trama è fine; quindi il tessuto si affloscerà più o meno, e di conseguenza si avvolgerà più o meno intorno al cilindro, secondo la grossezza della trama.
Uno dei tipi più comuni di regolatore negativo del tessuto, usato nei telai da drapperia, è quello rappresentato dalla fig. 123. Vi è il cilindro di richiamo a sul quale è fissato l'ingranaggio b; vi è il pignone c sul cui asse è fissato l'ingranaggio a sega d. Questo può avanzare a mezzo di un peso e che agisce sulla leva fgh; su questa leva, nella parte h, è imperniato l'arpione i; sulla gamba del battente vi è la spina l che al momento opportuno andrà a contatto con la parte g della leva fgh alzando il peso.
Nel regolatore negativo, come abbiamo visto, è la grossezza della trama che regola l'avanzamento del tessuto; inserita la trama, il pettine la preme contro il tessuto e rallenta così, più o meno, il tessuto stesso, secondo che tale trama è grossa o fine: solo quando il tessuto raggiunge un determinato rallentamento, il peso e ha la forza di agire abbassandosi e facendo quindi avanzare l'ingranaggio a denti di sega d; l'arresto m mantiene fisso tale avanzamento. L'arresto m è bene sia formato di almeno tre nottolini di lunghezze differenti, perché, se una battuta di pettine non bastasse a far avanzare un dente dell'ingranaggio a sega, l'avanzamento parziale di un terzo o di due terzi di dente, verrà egualmente fissato da uno dei tre nottolini. Naturalmente, se la trama non venisse inserita, il pettine battendo non rallenterebbe il tessuto e il peso e non potrebbe abbassarsi e fare avanzare l'ingranaggio a sega. Il peso, rialzato poi dalla spina l applicata alla gamba, è trattenuto alto finché non avviene un nuovo rallentamento del tessuto mediante la pressione esercitata dal pettine.
È chiaro quindi che la distribuzione, delle trame in una determinata misura di tessuto avverrà secondo la grossezza della trama, dando al tessuto una regolare compattezza.
Il regolatore negativo del tessuto non può naturalmente essere impiegato per tessuti a riduzione rada, ma solo per tessuti fitti in trama e dove occorre compensare l'irregolarità della trama per ottenere regolarità di compattezza; in generale si adopera nei tessuti fini di seta e in quelli pesantissimi di lana. Col regolatore negativo il tessuto può essere avvolto sullo stesso cilindro di richiamo, non avendo più alcuna influenza il diametro di questo.
Regolatore positivo e negativo del tessuto. - Ha lo scopo di poter lavorare con avanzamento del tessuto, positivo o negativo a volontà, secondo il bisogno. La fig. 121 ne mostra il principio: a, gamba del battente; b, asse della gamba; c, braccio fissato all'asse della gamba; d, vite per congiungere fortemente il braccio c col braccio e in modo che questo segua il movimento del battente.
Se il regolatore deve lavorare positivo, nel movimento in avanti del battente l'arpione k muoverà l'ingranaggio a sega del regolatore avvolgendo il tessuto, e il peso g si muoverà in su e in giù senza effetto.
Se il regolatore deve lavorare negativo, si toglie la vite d affinché efg possano muoversi liberi sull'asse del battente. Si colloca il peso g sul braccio f in modo che si possa abbassare se il pettine, battendo, rallenta il tessuto, ma regolato in maniera che non possa svolgere col suo peso l'ordito.
Raccoglitore del tessuto. - Il tessuto può venire raccolto: 1. facendolo avvolgere su un cilindro mosso per frizione dal cilindro di richiamo (figura 126 a); 2. facendo cadere il tessuto a falde in una cassetta (fig. 126 b); 3. avvolgendo il tessuto su speciale subbio staccato dal cilindro di richiamo (fig. 126 c); 4. avvolgendo il tessuto direttamente sul cilindro di richiamo (figura 126 d); 5. avvolgendo il tessuto su speciale cilindro isolato dal telaio (fig. 128).
Il primo metodo è il più semplice e il più comunemente usato; ma è consigliabile abbandonare il sistema dei pesi interni, incomodi e ingombranti, sostituendolo col sistema a molla rappresentato dalla fig. 127. Il cilindro del tessuto è bene sia formato da un tubo leggiero di ferro, affinché si mantenga diritto; per ottenere che il tessuto faccia presa, bastano eventualmente poche bolinature trasversali. Se però si adopera un cilindro di legno, il sistema della cava trasversale con bacchetta di ferro è da eliminare, applicando, se vi è bisogno, al cilindro di legno una striscia di lamiera perforata, uguale a quella che ricopre il cilindro di richiamo.
Il secondo e il terzo sistema si usano nei tessuti voluminosi e che non possono avvolgersi: per es., nelle coperte di lana, oppure nei velluti, nei tessuti elastici e nei nastri.
Il quinto si usa nei tessuti voluminosi di canapa, di iuta e di cocco.
Il quarto si usa quando il tessuto è tanto delicato da non sopportare l'attrito del cilindro di richiamo, cioè nei tessuti di seta; oppure nei telai pesanti da drapperia con regolatore negativo del tessuto.
Osservazioni sui regolatori. - Il regolatore positivo del tessuto va bene in ogni caso; quello negativo invece solo nei casi speciali dove occorre compensare l'irregolarità della trama, ma spesso è usato più per abitudine che per vera necessità. D'altra parte mescolando la trama, con due o più navette, come si usa nelle drapperie, si ottiene all'incirca lo stesso effetto. È evidente che se il tessuto ha un disegno, il regolatore negativo è dannoso, così pure non può servire per tessuti radi.
Impiegando in un telaio regolatore positivo del tessuto e regolatore automatico dell'ordito, si può ottenere già una certa compensazione.
Concludendo, un sistema pratico e che va bene in ogni caso per regolare l'avanzamento del tessuto e dell'ordito, consiste nell'adottare: regolatore positivo del tessuto; regolatore automatico negativo a compensazione dell'ordito; raccoglitore del tessuto a frizione.
Telai a cambiamento automatico delle spole o delle navette. - L'automatismo, introdotto in America col telaio Northrop, si è diffuso dovunque in principio col cambiamento automatico delle spole e poi col cambiamento automatico delle navette. Quale dei due sistemi sia da preferire dipende dall'organizzazione generale in rapporto a quanto si vuol fabbricare. L'automatismo per essere efficiente deve essere totalitario, cioè tutte le operazioni, a partire dalla filatura, devono svolgersi in determinati modi, mantenendo sempre il collegamento. Automatismo significa precisione e uniformità.
È errato considerare l'automatismo nella sola funzione del cambiamento della spola o della navetta; altrettanta importanza, e anche maggiore, agli effetti della produzione, hanno le altre provvidenze: guardiaordito, regolatore automatico del subbio dell'ordito e tastatore della trama. La pratica ha dimostrato che in molti casi, applicando ai telai comuni le stesse provvidenze dei telai automatici (guardiaordito, regolatore automatico del subbio dell'ordito e tastatore per la trama) escluso solo il cambio automatico delle spole o delle navette, i risultati economici si avvicinano e a volte superano quelli dell'automatismo completo, specie se i filati non sono di primissima qualità e gli articoli da tessere non sono costanti.
Ma l'automatismo completo va incoraggiato perché affatica meno la tessitrice, specie nei telai alti pesanti.
La fig. 124 rappresenta un apparecchio per il cambiamento automatico delle spole e la fig. 125 un apparecchio per il cambiamento automatico delle navette, applicabili ai telai con battuta a frusta. Questi apparecchi, costruiti in diverse forme, funzionano bene; ma bisogna che il telaio sia in perfetto ordine e munito di tutte le altre provvidenze dell'automatismo: guardiaordito, tastatore per la trama, e freno automatico del subbio dell'ordito.
Sistemi speciali per inserire la trama. - I sistemi finora esposti, generalmente usati per inserire la trama, sono negativi, nel senso che la navetta non è condotta durante la corsa, ma lanciata libera. Tra i sistemi negativi di lancio della navetta, va ricordato il tentativo di Souczek: la fig. 130 ne indica il funzionamento che è molto dolce e il telaio può raggiungere alte velocità, fino a 200 colpi al minuto con cm. 200 di luce in pettine.
Un sistema positivo di lancio di navette è quello usato nei telai da nastri; la navetta può essere condotta dal principio alla fine della sua corsa essendo limitata l'altezza del tessuto, la quale consente alla navetta, munita di denti, di essere abbandonata, all'entrata e contemporaneamente all'uscita dalla bocca dell'ordito, dalla cremagliera che ha appunto il compito di condurre la navetta.
Con tale sistema possono anche essere lanciate due navette alla volta, una da sinistra a destra e l'altra da destra a sinistra, incrociandosi; in tal modo, per es., nei tessuti elastici, una navetta forma il dritto e l'altra contemporaneamente il rovescio, legando questo col dritto.
Degno di nota è poi il telaio senza navetta Gabler (fig. 131). La trama è riunita su rocche coniche collocate ai lati del telaio; in luogo della navetta due pinze vengono introdotte contemporaneamente a ogni giro del telaio dai due lati della bocca dell'ordito fino al centro del tessuto; una pinza porta il filo (doppio naturalmente) e l'altra afferra e tira la metà di tale filo, il quale nel frattempo è stato tagliato presso la cimossa.
Tale sistema, che in origine funzionava soltanto a trame doppie e si presentava quindi abbastanza semplice, ora funziona anche a trame uniche, come si è detto, e anche a più colori (fig. 132).
È evidente che questo sistema può essere applicato soltanto a moderate altezze di tessuto. Le cimosse poi, almeno in parte, contengono doppio numero di battute.
Tentativi sono stati fatti anche in Italia per avere una corsa continua della navetta, disponendo il telaio in forma circolare. Specialmente per le grandi altezze, tale sistema presenterebbe dei vantaggi, perché con un telaio di 2 metri di diametro si ottiene un tessuto alto oltre 6 metri.
La fig. 129 rappresenta uno di tali telai.
Messa in moto del telaio. - Si effettua mediante puleggia fissa e folle o mediante frizione; il primo sistema, il più comune, è più dolce e si usa nei telai meccanici comuni, il secondo è più pronto e si usa nei telai pesanti e dove occorrono messa in moto e arresto immediati.
La fig. 133 (a sinistra) rappresenta il sistema a puleggia fissa e folle, spostamento della cinghia rettilineo. Lo spostamento ottenuto direttamente dalla forca, che fa anche da leva, è da abbandonare.
Conviene tenere presente che, affinché il telaio funzioni bene, la cinghia deve essere sufficientemente larga e tenuta piuttosto molle; inoltre la cinghia deve coprire, durante il moto, quasi tutta la puleggia fissa.
Le cinghie possono lavorare incrociate o parallele, secondo la disposizione delle trasmissioni.
Il sistema a frizione può essere applicato sia direttamente all'albero principale (fig. 133, a destra), sia perpendicolarmente all'albero stesso (fig. 134) con ingranaggi conici e alberello supplementare. Il primo è usato di solito nei telai leggieri e il secondo nei telai pesanti.
Comando dei telai. Deve essere abbandonato il sistema di far dipendere gli alberi di trasmissione a gruppi da un solo motore; ogni albero deve avere in testa (o nel mezzo) il suo motore individuale con riduttore di velocità; il sistema è ottimo per praticità e rendimento, meglio se i telai sono molti e se funzionano con regolarità di orario.
L'adozione del comando individuale mediante motorino è vantaggiosa specialmente nei telai grandi, pesanti, o che non hanno lavoro continuato; la trasmissione si può fare mediante cinghia oppure ingranaggio.
La fig. 135 rappresenta la trasmissione mediante ingranaggio, non sempre consigliabile perché la messa in moto e l'arresto sono bruschi.
La fig. 137 rappresenta la trasmissione a cinghia (cinghia comune) con tenditore elastico, necessario questo per facilitare la messa in moto e l'arresto; l'azione del tenditore può essere resa più efficace, se manovrato per collegamento alla maniglia di comando del telaio. Il motore di solito è contenuto in un'incastellatura elastica.
La fig. 136 rappresenta una disposizione molto pratica di motorino con cinghia trapezoidale di gomma e pulegge a tre gole per tre diverse velocità. La cinghia di gomma costituisce un grande perfezionamento nel comando singolo dei telai.
Contatori - È bene che ogni telaio abbia il contatore delle battute per il controllo della produzione; ottimi contatori, semplici e di poco costo, si fabbricano oggi in Italia.
Vi sono anche contatori che stampano su una carta le battute eseguite.
Segnalatori - Nelle grandi tessiture, specialmente di telai automatici, è bene applicare a ogni telaio, in un punto visibile a distanza, dei segnalatori per chiamare l'assistente, la maestra, il porta-trama o l'aiutante. La fig. 138 ne mostra uno pratico, formato di 4 lame di metallo colorate in colori diversi, corrispondenti, di solito, ai colori delle cuffie o dei grembiuli delle operaie addette alle varie mansioni.
Sala di tessitura. - Bisogna tenere sempre presente che per lavorare bene occorre sufficiente spazio dietro i telai, nelle organizzazioni moderne (con guardiafili, tastatore di trama, cambio automatico delle spole o delle navette) il lavoro delle maestranze si svolge più dietro il telaio che non davanti. Una volta le tessiture di cotone, lana e lino avevano uno spazio di m. 3,50-3,80 tra le colonne; oggi tale spazio è stato portato a m. 4,25-4,50, e, nelle tessiture di seta, a m. 5. Davanti, basta uno spazio utile di circa cm. 75, ma di dietro è meglio che tale spazio sia maggiore. In ogni caso dietro i telai deve poter passare comodamente il carrello porta-subbî e i subbî, che possono raggiungere, per certe lavorazioni, anche il diametro di cm. 70-80.
Per quanto riguarda le specifiche lavorazioni del cotone, della canapa, della lana, del lino, della seta, ecc., vedi le trattazioni alle singole voci.
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Etnologia.
La tessitura può ritenersi derivata dall'intrecciatura e le fasi di evoluzione dall'una all'altra possono riassumersi nello specchietto seguente:
Intrecciatura: 1. intrecciatura a maglie, a mano libera (sistema generale); 2. intrecciatura a maglie, con base fissata a un sostegno (Aleuti, Costa NO. dell'America); 3. intrecciatura a maglie con base sospesa a una corda (Indiani delle pianure).
Intrecciatura-tessitura: a) intrecciatura-tessitura (a mano); 4. intelaiatura verticale incompleta per stuoie di scorza o di canna (Indiani del Mississippi, Indiani del NO., Ainu, Ostiachi, Kirghisi); 5. intelaiatura incompleta verticale per coperte di fibra e di pelli (Chilkat); 6. intelaiatura completa verticale per coperte dello stesso materiale (Salish); b) intrecciatura-tessitura anteriore alla scoperta del "passo" o prototessitura; 7. introduzione del filo di trama con una bacchetta (Tiahuanaco); 8. bastone separatore che prepara provvisoriamente il passo per ogni filo da introdurre; 9. il separatore è lasciato nel passo: questo tuttavia non permette di passare di un sol tratto che una sola categoria di fili (fili dispari, per es., mentre i fili pari devono essere passati a mano (Cerokesi). Tessitura a passo: 10. istituzione di un secondo passo, detto contropasso, per la seconda categoria di fili e funzionamento alterno dei due passi.
1. Si tratta dei diversi sistemi di intrecciatura a maglie (v. intrecciatura) eseguita a partire sia dai margini sia dal fondo.
2. Per eseguire un lavoro d'intrecciatura su un sostegno è necessario cominciarlo dal fondo; il paniere si eseguisce dunque a rovescio, dall'alto in basso, cioè dal fondo verso i bordi.
3. Il paniere viene eseguito nello stesso modo, salvo che il fondo, invece di essere fissato, è sospeso. Gli stadî 2 e 3 mostrano dunque i primi indizî di un apparecchio.
4. Per intelaiatura incompleta bisogna intendere due bastoni fissati verticalmente in terra e uniti alla sommità da un bastone trasversale al quale è attaccato l'ordito. L'intelaiatura incompleta non può essere che verticale. Oltre che presso alcune popolazioni americane, si incontra ancora abbondantemente nel nord dell'Asia, dove è usata per la fabbricazione di rozze stuoie.
5. E su questa intelaiatura incompleta che gl'Indiani Chilkat (parte settentrionale della regione costiera del NO.) hanno fabbricato le loro meravigliose coperte. Si distingue dallo stadio precedente principalmente per l'impiego di elementi più fini, fibre vegetali e peli di capra, regolarmente uniti.
6. Per intelaiatura completa s'intende un quadrato o un rettangolo di quattro bacchette. Mentre l'intelaiatura incompleta è fissata verticalmente al suolo, quella completa è mobile e può essere tenuta verticalmente o orizzontalmente. I Salish (parte meridionale della zona costiera del NO.) fabbricano prodotti peggiori di quelli dei Chilkat, ma il loro telaio, completo, è già un gradino verso ulteriori sviluppi.
7. Il filo non viene più passato a mano ma con l'aiuto di una bacchetta; questo stadio intermedio è dimostrato anche da pitture esistenti sull'antico vasellame del Perù (periodo di Tiahuanaco).
8. Si sollevano uno dopo l'altro tutti i fili pari, per es., tenendoli scostati da quelli dispari per mezzo di un largo bastone separatore e si passa con un sol colpo il filo della trama. Quindi si toglie il separatore e si ricomincia la stessa manovra con un altro filo della trama sollevando i fili dispari.
9. Si lascia il separatore nel passo ottenuto sollevando, per es., i fili pari dell'orditura, in modo che i fili della trama (per es.,1, 3, 5, 7, ecc.) entrando nel passo formatosi sollevando i fili pari, possono essere passati uno dopo l'altro, vale a dire senza preparare il passo ogni volta; gli altri fili della trama (2, 4, 6, 8, ecc.) devono essere passati, con difficoltà, a mano o con una bacchetta, sopra e sotto i fili dell'ordito. Il proto-telaio dei Cerokesi può aver corrisposto a questo stadio.
10. Un grande salto nella tecnica della tessitura si ebbe con l'istituzione di un secondo passo per i fili della trama 2, 4, 6, 8, ecc. Questo non poteva essere ottenuto altro che sostituendo il separatore rigido con un cordone che abbracciasse i fili 2, 4, 6, 8, ecc., permettendo di allontanarli al disopra e al disotto del piano dei fili 1, 3, 5, 7, ecc., senza allentarli. Il secondo passo così ottenuto è chiamato contropasso. Nella lingua corrente quando si parla di telaio a passo non si tratta di un apparecchio in cui il passo si forma provvisoriamente, bensì di un telaio a passo e contropasso funzionanti regolarmente e alternativamente.
Dall'istituzione del passo i telai hanno subito notevoli perfezionamento rimanendo però invariati nel principio.
Il principio del passo è applicato in due sistemi di tessitura. Il primo di questi (tessitura a cartoni) è basato sulla torsione di cartoni multipli (fig. 139) ed è usato qua e là in diversi punti dell'Europa, dell'Africa settentrionale, dell'Asia anteriore e dell'Asia estremo-orientale (Benares è il punto di unione delle due aree, occidentale e orientale). È difficile dire se questo procedimento, che è fine a sé stesso e non ha portato a ulteriori sviluppi della tessitura, abbia preceduto il grande gruppo dei telai a passo normale, o se esso sia stato trovato occasionalmente (a una o più riprese) dopo la conoscenza dei telai a passo normale. Anche fra questi ultimi vi è una forma che non ha ulteriore sviluppo: è superiore al telaio a cartoni per il fatto che non richiede la torsione e permette la fabbricazione di pezze più larghe, meno larghe tuttavia di quelle che si ottengono con i telai a sollevatore. Sollevatore è il termine generico usato per designare il meccanismo che serve ad alzare i fili dell'ordito per la formazione dei passi e che nelle forme superiori è sostituito da un bilanciere. Questo telaio speciale è chiamato a griglia (fig. 140); basta abbassare e sollevare la griglia nella quale sono infilati gli elementi alterni dell'orditura, per formare il passo e il contropasso, senza rischio d'imbrogliare i fili. Oltre che in Europa il telaio a griglia è usato nell'America Settentrionale (nel NO., presso i Pueblo, gli Algonchini e i Muscogi), dove però è ritenuto dal Mason di acquisto postcolombiano.
Dei telai a sollevatore la forma più semplice è quella in cui i fili sono sollevati semplicemente a mano.
La tessitura-intrecciatura (salvo quando fa uso d'intelaiature che si possono tenere in qualsiasi posizione) è eseguita in genere verticalmente: si ha sia un'intelaiatura incompleta, vale a dire formata da due bastoni fissati in terra e da una sbarra trasversale dalla quale pende l'orditura che viene in genere tenuta tesa con dei pesi (non nell'America), sia un' intelaiatura completa, vale a dire due sbarre trasversali perpendicolari ai due montanti verticali. Il telaio a sollevatore a mano, invece, può essere sia verticale sia orizzontale. Nella forma verticale il quadro può essere incompleto (Færøer) o completo (Navaho), in quella orizzontale spesso la posizione del tessuto in lavorazione non è strettamente orizzontale: un'estremità è attaccata alla vita del tessitore seduto, l'altra può essere sia fissata al suolo sia sospesa più o meno in alto. Tuttavia tutti i telai a persona devono collegarsi ai telai orizzontali, in contrapposto a quelli verticali: da che la base del telaio verticale non poggia più sul suolo, esso ha abbandonato la posizione verticale assumendo numerose forme di transizione fino all'orizzontalità.
A partire da questo stadio di sviluppo i telai sono sempre e nettamente orizzontali. Si ha dapprima il telaio a pedaliera i cui pedali fanno muovere le due braccia del sollevatore a bilanciere, mentre le mani possono occuparsi del resto del lavoro; in seguito si ha il telaio meccanico basato sul funzionamento coordinato di leve.
Si ha così il seguente ordine di successione dei varî procedimenti:
La carta a p. 700 mostra la distribuzione delle diverse modalità, facendo astrazione dalla tessitura con cartoni e da quella a griglia, rami aberranti dell'albero genealogico della tessitura.
Resta ora da sapere se la tessitura abbia origine unica o multipla. Per rispondere a questa domanda bisogna considerare separatamente le varie forme di telaio. Può darsi che i telai meccanici siano stati trovati a due riprese, in Cina e in Europa; ma se essi hanno origine unica questa dovrà essere la Cina, paese tipico del baco da seta; e poiché i sistemi di tessitura cinese ed europeo sono diversi, può essere che uno sia l'imitazione dell'altro, basata su una descrizione orale. Il telaio a pedaliera deve avere origine unica e può darsi che anche esso provenga dalla Cina. In ogni modo è quasi certo che il telaio a pedaliera dell'alta Guinea è di origine asiatica, malgrado presenti alcuni caratteri particolari: sollevatore generalmente appeso alla congiunzione di tre pertiche, fabbricazione di tessuti stretti, posto del tessitore a fianco e non di faccia al telaio, battente a inpugnatura orizzontale (fig. 13); questo telaio a pedali sarà stato introdotto nel suo dominio attuale dell'alta Guinea, sia direttamente dall'E, attraverso la valle del Nilo, sia, e ciò è più probabile, dopo aver contornato l'Africa dalla costa mediterranea e atlantica. Nella regione costiera dell'Oceano Indiano il telaio a pedaliera ha una particolarità: sotto di esso è scavata una fossa per i piedi del tessitore e il funzionamento dei pedali; questa forma si trova in India dove è penetrata dalla costa meridionale dell'Arabia, presso i Somali e sull'altipiano etiopico.
Come si sia giunti all'invenzione del passo nel telaio a mano è più difficile dire. Questa forma di telaio occupa vaste aree dell'Africa, dell'Asia e dell'America; esso non va considerato solamente in relazione alle altre forme di telai ma bisogna anche tener presenti i rapporti reciproci esistenti fra le due grandi divisioni del telaio a mano: l'orizzontale e il verticale. Nell'Africa il telaio orizzontale si trova a Madagascar e nelle regioni orientali del continente; esso si collega indubbiamente nelle linee generali al telaio orizzontale dell'Asia orientale e dell'Indonesia; la connessione fra i due dominî può essere avvenuta sia a Madagascar, come è accaduto per altri elementi culturali presenti nella Malesia e nell'Africa, sia, ed è più probabile, per via continentale; il telaio a pedali - forma superiore - ha in seguito occupato tutto il centro dell'area del telaio orizzontale a mano. Il telaio Ainu (fig. 141) deve essere collegato a quello dell'Asia orientale e dell'Indonesia, malgrado le modifiche ad esso apportate da questa popolazione e riguardante il pettine che non fa da battente via via che si tesse, ma è collocato all'estremità opposta e serve ad allargare i fili (corrisponde cioè al subbio dell'ordito e alle verghe d'invergatura); tutto ciò ha indotto in errore alcuni autori, quali l'Ephraim, nell'interpretazione da essi data del telaio Ainu. La carenza della Polinesia che, salvo al suo limite con la Papuasia (v. cartina), non ha conosciuto il telaio, rende più difficile, sebbene non impossibile, il collegamento del telaio amerindiano con quello dell'Asia. Ciò che complica la situazione in America è che in essa si trova tanto il telaio verticale quanto quello orizzontale, il primo nel nord, nella regione pueblo-navaho, il secondo nel centro, nel Messico; a sud, nel Perù, s'incontrano ambedue le forme. Osservando la carta a p. 700 si osserva quindi che il telaio orizzontale occupa in America una regione centrale in rapporto a quello verticale e avrebbe quindi la probabilità di essere a questo posteriore, poiché di regola si tende ad ammettere che fra due varietà di uno stesso oggetto il più elevato tipologicamente occupi un'area centrale rispetto a quelli meno elevati. Infatti, se non possiamo affermare con certezza che il telaio orizzontale debba essere considerato come derivato da quello verticale, è però da ritenersi superiore il primo poiché solo esso conduce alle forme superiori, a pedaliera e meccanici. La distribuzione del telaio verticale nella porzione occidentale della terra abitata sembra confermare la precedenza del telaio verticale; quest'ultimo, infatti, occupa una posizione periferica, poiché il suo dominio coincide con quello delle popolazioni poco progredite della regione guineo-congolese. Inoltre il telaio verticale conosciuto nell'antico Egitto insieme a quello orizzontale, fu pure in uso nell'Europa preistorica e lo era ancora nel sec. XIX nelle isole Færøer (fig. 8). Fra i due dominî principali, afro-europeo e americano, si trova pure qua e là un telaio verticale: così nell'India, nel Tibet, in Cina, questa forma, che è un perfezionamento dei telaio verticale primitivo, deve essere considerata o come un residuo o come un'invenzione locale che non ha raggiunto sviluppo e diffusione nel complesso culturale in cui è sorta a causa della presenza di altre forme preferite.
In molte regioni insieme ai telai a passo si trovano rozzi telai da intrecciatura-tessitura, verticali, per la fabbricazione delle stuoie; così presso gli Ainu e nel nord (Ostiachi) e nel centro (Kirghisi) dell'Asia. Piccoli telai primitivi da tessitura-intrecciatura s'incontrano nella Nuova Zelanda e alle isole Salomone occidentali: qui sono montati su un arco di 1 metro di lunghezza e 10 centimetri di altezza e servono per la fabbricazione di strisce larghe circa 5 cm.; sono dunque molto differenti da quelli "indonesiani" della Micronesia. Ma è soprattutto nell'America che i telai da tessitura-intrecciatura hanno vasta diffusione: specie nelle pianure della Patagonia, nelle Antille e fino nell'America del NO. Gli americanisti considerano l'insieme dei fenomeni di questo doppio dominio, periferico e messico-andino, come rappresentativo dell'evoluzione della tessitura in America, corrispondente alla prima fase di evoluzione della tessitura di tutta la Terra.
Si è visto che fra la primitiva tessitura-intrecciatura e la tessitura su telaio a passo, sta la proto-tessitura; durante questo stadio si tentano varî sistemi per la formazione del passo e i proto-telai si dividono già secondo le due forme esistenti oggi: telai verticali e orizzontali. Da una parte, infatti, il telaio verticale continua il suo sviluppo in seguito alla invenzione del passo; dall'altra il telaio orizzontale nasce per il tramite del telaio a persona obliquo: questo non è che un proto-telaio verticale che si trova opportuno fissare alla persona invece che in terra; i telai obliqui sono dunque dapprima dei proto-telai, poi dei telai a passo.
Queste considerazioni sembrano postulare uno sviluppo indipendente dell'intrecciatura in America; ciò tuttavia è difficile ad ammettere quando si sa che le culture amerindiane non hanno al loro attivo l'invenzione di alcuna macchina. Può darsi che la tessitura-intrecciatura sia autoctona, ciò che confermerebbe delle divergenze esistenti con le forme del continente antico, quali, per es., la mancanza di pesi negli apparecchi verticali dell'America (i Chilkat legano a palla le estremità di più fili dell'orditura usandoli come pesi). Il principio del passo (del doppio passo), invece, potrebbe essere venuto dall'Asia probabilmente in una sola volta, vale a dire sotto una sola forma, e applicato dagli uni ai proto-telai verticali, dagli altri ai proto-telai orizzontali; questo prestito deve, d'altronde, aver avuto luogo in un'epoca remota, poiché i telai amerindiani non possiedono vere spolette. Va notato a questo proposito che gli americanisti, i quali non dispongono che di due punti di confronto, chiamano spesso "semitessitura" la tessitura-intrecciatura, e "vera tessitura" la tessitura a passo, mentre gli autori che trattano la questione per il continente antico (quali Ephraim) chiamano "intrecciatura" la tessitura-intrecciatura, "semitessitura" la tessitura a passo a mano, e "tessitura vera" quella a pedali e quella meccanica; la nomenclatura qui adottata sopprime, come si è visto, i termini di "semi" e unifica la terminologia per la tessitura dei due continenti. Infine alcune regioni non conoscono alcuna tessitura, e cioè: la regione artica (Eschimesi, Paleoasiatici, Tungusi, Samoiedi) dove i tessuti sono sostituiti da pellicce; la regione dei pastori asiatici del Nord (Mongoli e popoli vicini) dove la lana delle numerose greggi serve quasi esclusivamente alla confezione di feltri; la regione della cultura primitiva californiana che si continua nelle pianure e che separa il dominio dove predomina la tessitura-intrecciatura da quello dove sono comuni i telai a passo (a mano); alcune regioni del Brasile, particolarmente l'altipiano abitato dai Gêz; l'estremo sud della Patagonia con la Terra del Fuoco; la Polinesia propriamente detta (dove predominano le stoffe di scorza battuta) salvo Rotuma fino alla quale arrivò il telaio indonesiano (v. carta); l'Australia; la Papuasia ad eccezione della corona di isolotti fino alle isole Banks raggiunti dal telaio indonesiano; alcuni punti dell'Indonesia (Malacca); infine, alcune zone dell'Africa centrale e meridionale dove sono in uso le stoffe di scorza d'albero battuta, e la parte occidentale e orientale del Sahara.
In conclusione, si deve ammettere: che sulla base dell'intrecciatura la tessitura-intrecciatura è stata scoperta in più punti; che è possibile attribuire al telaio a passo origine unica; che il telaio verticale e quello orizzontale rappresentano sviluppi paralleli, il primo disponendo tuttavia di una precedenza di origine e il secondo di una maggior possibilità di sviluppo tecnico; infine, che il telaio a pedali e quello meccanico sono stati inventati una sola volta. Le culture primitive sono prive della tessitura, come lo sono le culture intermedie inferiori; i primi passi in questa tecnica sono dovuti alle culture intermedie più avanzate e il suo sviluppo alle culture intermedie superiori, e specialmente alla cultura europea.
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