TESSARI, Girolamo, detto Girolamo del Santo (Girolamo dal Santo, Girolamo Padovano)
Nacque a Padova, probabilmente nel 1479 circa, stando alla polizza d’estimo presentata da suo padre Battista il 29 gennaio del 1519 (Archivio di Stato di Padova, Estimo 1518, vol. 100, polizza 37, c. 114, già in Pietrogrande, 1939, p. 299, doc. III). Il documento elenca tra i figli di «magistro Batista depentore del quondam magistro Zuanne Marieta», due femmine e Girolamo, detto di venti anni secondo la lettura di Luisa Pietrogrande (ibid., p. 285) e di quaranta secondo quella di Erice Rigoni (1940-1941, 1970, p. 187 nota 3). Quest’ultima fece notare, infatti, come la seconda lettera della data in caratteri romani fosse stata corretta dallo stesso estensore del documento da «X» a «L», congettura assai probabile, ma non incontrovertibile.
Accettando questa lectio, appare impossibile sostenere che il padre dichiarasse di avere quarant’anni nella stessa polizza d’estimo del 1519 (Pietrogrande, 1939, p. 299, doc. III). Il numero arabo che indica l’età di Battista è di difficile lettura, ma sembra sia un «70». Come mi comunica Nicola Boaretto, questa interpretazione trova una conferma indiretta nella precedente polizza d’estimo di Battista, consegnata il 5 aprile 1492 (Archivio di Stato di Padova, Estimo 1418, vol. 86, polizza 21, c. 58). Assai improbabile risulta infatti la circostanza che ventisei anni prima, all’ipotetica età di quattordici anni, il padre di Girolamo fosse registrato autonomamente all’estimo come pagatore di un livello a suo fratello Francesco. La ricostruzione della Rigoni appare come la più probabile, pur presentando alcune circostanze piuttosto eccezionali per l’epoca: che Girolamo vivesse ancora nel nucleo paterno a quarant’anni; che si fosse sposato con Maddalena Tassara di Giovanni da San Leonardo in età molto avanzata, a quarantaquattro anni, il 24 aprile 1523 (Pietrogrande, 1939, pp. 293, 299, doc. IV); che il padre, dopo aver dettato il suo testamento il 4 giugno 1528, fosse ancora registrato come gastaldo della fraglia dei pittori nel giugno-dicembre 1536, all’età di ottantasette anni (ibid., pp. 296, 302 s., docc. IX-X).
Detto questo, molti sono invece i dati certi relativi alla famiglia di Girolamo: la professione del padre, pittore, e quella del nonno Zuanne Marieta, tessitore originario di Polverara (nella bassa padovana), professione dalla quale il padre Battista e lo stesso Girolamo derivarono il loro cognome (ibid., p. 284); il nome della madre, Franceschina (ibid., pp. 292, 301, doc. VII). Sappiamo inoltre che Girolamo ebbe tre sorelle, Bartolomea, Graziosa e Faustina (ibid., p. 301, doc. VII); che dal suo matrimonio nacquero un figlio di nome Valerio, anch’egli pittore, e tre figlie (Rigoni, 1940-1941, 1970, pp. 195, 200, doc. VII); e infine che egli rimase vedovo prima del 22 giugno 1546 (Pietrogrande, 1939, pp. 296, 304, doc. XII).
Prima di questa bonifica archivistica compiuta dalla Pietrogrande e dalla Rigoni, altre ipotesi erano state formulate con l’obiettivo di dare un’identità biografica a quel «Ieronimo Padoano» menzionato da Marcantonio Michiel come autore della «cappelletta segonda della Nostra Donna a man destra a fresco» nella chiesa di S. Francesco a Padova e della «facciata della casa de messer Alvise Cornaro» (Notizia, 1800, p. 12). Nel riportare questa informazione di Michiel, Pietro Brandolese (1795, p. 246) chiamò il pittore «Girolamo Padovano detto ancora Girolamo dal Santo», non fornendo però alcuna notizia circa la nuova denominazione. Solo con Napoleone Pietrucci (1858, p. 76), che fissò apoditticamente la data di nascita del pittore, per lui da identificare con Girolamo Cesaro, al 1480, comparve il collegamento che lega il suo appellativo «dal Santo» al luogo di residenza «presso la chiesa di S. Antonio ed anzi in vicinanza del palazzo Cornaro». Questa notizia trova conferma in tre documenti: l’estimo del 4 marzo 1507, il già citato estimo del 1519 e il testamento dettato il 4 giugno 1528 (Pietrogrande, 1939, pp. 298, doc. I, 299, doc. III, 301, doc. VII), da cui si ricava che il pittore viveva in una casa del nobile padovano contigua al palazzo, per la quale corrispondeva un livello annuo di due ducati e mezzo.
Vari sono stati i tentativi per dare un’identità biografica al Girolamo dal Santo o Padovano di cui gli eruditi avevano tramandato l’esistenza. Per Giannantonio Moschini (1817, p. 271 nota 1) si trattava del «magistro Hieronymo pictore quondam ser Andreae de Surdis» presente come testimone a un istrumento del notaio Gasparo Villani nel 1530; per Pietrucci (1858, p. 77) di Girolamo Cesaro, chiamato a giudicare in veste di perito un dipinto di Stefano dall’Arzere assieme a Domenico Campagnola tra il 1538 e il 1546.
Il ‘vero’ Girolamo padovano era in realtà già conosciuto agli storici grazie a un documento del novembre 1518, noto al Pietrucci e pubblicato integralmente da Natale Baldoria (1891), riguardante la pala d’altare della cappella di S. Sebastiano nella basilica del Santo, raffigurante la Crocifissione di Cristo all’albero di croce e quattro santi. I massari dell’Arca di S. Antonio stabilirono «cum magistro Hieronymo Patavo pictore ut pallam dicte capelle acuratissime pingeret et figuras imperfectas coloribus exornaret et que imperfecta remanserant diligentissime emendaret pro pretio ducatorum septem» (ibid., p. 58). Questo intervento venne richiesto a distanza di anni per completare il dipinto commissionato a Luca Antonio Busati dal frate Jacopo Mastellari, defunto nel gennaio del 1512. Questi aveva citato in giudizio il Busati nell’agosto del 1510 per aver incassato i 100 ducati dovutigli senza aver portato a termine l’opera, alla quale lavorava dal 1509 (Rigoni, 1940-1941, 1970, pp. 191 s., 198 s., doc. V; Dal Pozzolo, 1996, p. 176). In realtà, in considerazione sia del modesto compenso di 7 ducati destinato a Girolamo, sia delle strette affinità stilistiche con il corpus del Busati, appare evidente che l’opera spetta sostanzialmente a quest’ultimo. Come precisato dalla Rigoni (1940-1941, 1970, p. 191), infondata risulta la notizia tramandata dall’erudizione locale che questa commissione era stata affidata a Jacopo da Montagnana.
Una volta individuata la data di nascita e stabilita l’equazione tra Girolamo Padovano e Girolamo Tessari, trova posto nel suo catalogo la prima commissione documentata, ovvero i due affreschi della Scuola del Santo con la Conversione dell’eretico Aleardino e la Morte di s. Antonio di Padova. Il primo affresco venne dipinto tra l’agosto e l’8 dicembre del 1511 di contro a un compenso di 37 lire e soldi 4, ovvero 6 ducati (Gonzati, 1852; Rigoni 1940-1941, 1970, pp. 187, 194, 196, doc. I). Il secondo, invece, pur programmato dal guardiano della Scuola del Santo già nel 1509, venne probabilmente eseguito solo nel 1513, come inducono a ipotizzare i pagamenti di 40 lire e soldi 6, ovvero 6 ducati e mezzo, che gli vennero corrisposti dal maggio al dicembre di quello stesso anno (ibid., pp. 188, 194, 196 s., doc. II). Girolamo lavorò per la Scuola del Santo in altre due occasioni per commissioni di poca entità quali «la pittura della tavola dei legati» nel 1536 e quella della «Croxe va sopra il penelo grande» del 1537 (ibid., p. 190).
Terminati gli affreschi per la Scuola del Santo, il 20 luglio 1514 il pittore ricevette alcuni compensi dalla Confraternita dei Ss. Marco e Sebastiano per alcuni lavori nel capitolo inferiore (Pietrogrande, 1939, pp. 292, 298, doc. II). Il 7 agosto seguente fu la Compagnia di S. Giuseppe ad affidargli l’incarico di «pingere cubam existentem in fratalea sancti Joxeph predicti supra altare existente a parte inferiori dicte scole» con i Quattro Evangelisti nella volta e l’Annunciazione nell’arco trionfale (Rigoni, 1940-1941, 1970, pp. 190, 198, doc. IV).
Dal 22 giugno 1523 al 21 agosto 1526 Girolamo affrescò la cappella della Madonna in S. Francesco a Padova, la sua commissione più celebre, ricordata già da Michiel. I lavori, voluti dalla Scuola della Carità, comprendevano anche la decorazione dei pilastri del vestibolo e del paliotto dell’altare (Rigoni, 1938, 1970, p. 225, nota 3). Altri incarichi gli vennero commissionati dalla medesima Scuola nel 1528 e 1531 e, in particolare, ante 24 dicembre 1530, di «refrescar li quadri 15 in capitolo», in seguito sostituiti dagli affreschi di Dario Varotari (Rigoni, 1940-1941, 1970, p. 194). Date le cattive condizioni economiche di Girolamo, nel 1541 la Scuola gli concesse, «amore Dei», una sovvenzione di 6 lire (ibid., p. 194). Il suo stato di indigenza fu confermato da una testimonianza di Pietro de Bassani nella quale raccontava come avesse conosciuto Girolamo e il figlio «sempre per persone da bene ma poveri, che non hanno altro al mondo che io sapia se non la casa dove habitano, la quale è posta al Santo apresso il magnifico Cornero» (ibid., pp. 195, 200, doc. VII).
Negli anni 1525, 1526 e 1531 Girolamo ricevette alcuni pagamenti per lavori di dipintura del soffitto della loggia del Consiglio di Padova (Pietrogrande, 1939, pp. 293, 296). Il 2 aprile 1532 gli venne commissionato da Filippo Borromeo per la chiesa di S. Giovanni Battista a Lissaro, frazione di Mestrino, di cui era rettore, un Battesimo di Cristo e i ss. Prosdocimo e Antonio di Padova, tuttora in situ, del valore di 17 ducati (Rigoni, 1940-1941, 1970, pp. 193, 199, doc. VI). La sua ultima commissione documentata risale agli anni Quaranta, quando completò gli affreschi delle Storie della vita di s. Benedetto nel chiostro maggiore di S. Giustina, lasciati incompiuti da Bernardino Parentino nel 1494. Quest’ampia campagna decorativa fu scandita in tre momenti (1542, 1544 e 1546) secondo quanto tramandato da Brandolese (1795, pp. 100 s.) sulla base della Cronaca Giustiniana di Girolamo da Potenza del 1619 (Grossato, 1966, p. 141), permettendo a Girolamo di maritare «tre o quatro figliuole che aveva» (Pietrogrande, 1939, pp. 296 s.). Negli stessi anni, e precisamente nel giugno del 1546, Girolamo venne registrato come primo gastaldo della fraglia dei pittori (ibid., pp. 296, 303, doc. XI). L’ultima notizia documentaria che lo riguarda si trova nella polizza d’estimo consegnata il 19 ottobre 1561, in cui il pittore dichiarava di essere «vechio e disposente», per cui era costretto ad affidare la stesura del testo a suo genero Battista (ibid., pp. 297, 304, doc. XIII).
Molte sono le opere che la critica attribuisce a Girolamo (Grossato, 1966; Lucco 1977, pp. 269-279; Dal Pozzolo 1996, pp. 192-196), tra le quali, concordemente, la tarda Deposizione di Cristo dalla Croce (inv. 623), alcuni affreschi strappati dei Musei civici di Padova provenienti dal monastero di S. Giustina (invv. 618-624) e altri tuttora in situ (Pietrogrande, 1939, p. 297; Saccomani, 1991).
Di recente è stata ridimensionata la formazione bresciana del pittore, prospettata da tutti i primi commentatori delle sue opere a partire da Crowe e Cavalcaselle (1871 s.). Punto di partenza del percorso artistico di Girolamo sono le novità introdotte da Tiziano e Francesco Vecellio negli affreschi della Scuola del Santo del 1511 (Dal Pozzolo, 1996, pp. 192-194). Risulta tuttora una questione aperta la pertinenza al catalogo di Girolamo della Madonna in trono col Bambino tra i ss. Benedetto e Giustina con la firma apocrifa di «Romanin» e la data 1521, e del Compianto, entrambi nei Musei civici di Padova (invv. 672, 615), provenienti dal monastero di S. Giustina, di una sinopia conservata sempre nel monastero di S. Giustina e del paliotto con la Madonna in trono, angeli, s. Benedetto e un santo benedettino del Museo Poldi Pezzoli di Milano (inv. 1581). Tutte queste opere, attribuite tradizionalmente al suo catalogo, sono state alternativamente assegnate a Giampietro Silvio (Ballarin, 1991).
Archivio di Stato di Padova, Estimo 1418, vol. 86, polizza 21, c. 58.
[M. Michiel], Notizia d’opere di disegno, XVI secolo, a cura di J. Morelli, Bassano 1800, p. 12; P. Brandolese, Pitture sculture architetture ed altre cose notabili di Padova nuovamente descritte, con alcune brevi notizie intorno gli artefici mentovati nell’opera, Padova 1795, pp. 101 s., 246; G. Moschini, Guida per la città di Padova all’amico delle belle arti, Venezia 1817, p. 271 nota 1; B. Gonzati, La basilica di S. Antonio di Padova, I, Padova 1852, p. CXLIII, doc. CXXXIX; N. Pietrucci, Biografie degli artisti padovani, Padova 1858, pp. 76 s.; J.A. Crowe - G.B. Cavalcaselle, A History of painting in North Italy, II, London 1871, pp. 379 s.; N. Baldoria, Quadro di Girolamo dal Santo, in Archivio storico dell’arte, IV (1891), pp. 57-59; E. Rigoni, Testamenti di tre scultori del Cinquecento, in Archivio veneto, XXII (1938), pp. 86-106, riedito in Ead., L’arte rinascimentale in Padova. Studi e documenti, Padova 1970, pp. 217-237; L. Pietrogrande, Nuovi documenti su Girolamo dal Santo, in Rivista d’arte, XXI (1939), pp. 282-304; E. Rigoni, Appunti e documenti sul pittore Girolamo dal Santo, in Atti e memorie dell’Accademia di scienze, lettere ed arti in Padova, n.s., LVII (1940-1941), riedito in Ead., L’arte rinascimentale in Padova…, cit., 1970, pp. 187-200; L. Grossato, Affreschi del Cinquecento in Padova, Milano 1966, pp. 77-170; M. Lucco, “Me pinxit”: schede per un catalogo del Museo Antoniano, in Il Santo. Rivista antoniana di storia, dottrina, arte, XVII (1977), pp. 243-282; E. Saccomani, in Da Bellini a Tintoretto. Dipinti dei Musei civici di Padova dalla metà del Quattrocento ai primi del Seicento (catal., Padova), a cura di A. Ballarin, Roma 1991, pp. 120-123, nn. 49-53; A. Ballarin, ibid., pp. 123-135, nn. 59-60; E.M. Dal Pozzolo, Padova 1500-1540, in La pittura nel Veneto. Il Cinquecento, I, a cura di M. Lucco, Milano 1996, pp. 147-224.