tesoro
Parola attestata in tutte le opere volgari di D.; è presente due volte anche nel Detto. In senso proprio: Cv I IX 6 l'oro, le margarite e li altri tesori che sono sotterrati... però che quelli che sono a mano de l'avaro sono in più basso loco che non è la terra là dove lo tesoro è nascosto; IV XXVII 12 Se io non fosse per cotal cammino passato, questo tesoro non avre' io.
Ma in entrambi i passi la parola fa parte di una similitudine e assume quindi un valore contestualmente traslato: in Cv I IX 6 a un t. sotterrato, e quindi inutilizzabile, è paragonato il latino, che avrebbe dato il suo beneficio a pochi se l'autore lo avesse adoperato nel suo trattato invece del volgare; in IV XXVIII 12 il t. messo insieme dal mercante equivale alle buone opere accumulate dall'uomo durante la sua vita, sanza le quali al porto, ove s'appressa, venire non si potea con tanta ricchezza né con tanto guadagno. Termine di una similitudine è in fondo t. anche in Pd X 108 quel Pietro... che con la poverella / offerse a Santa Chiesa suo tesoro, dove D. si richiama a un passo dello stesso Pietro Lombardo (v.) nel proemio dei suoi Sententiarum libri IV, in cui l'autore si paragona alla poverella del Vangelo (Luc. 21, 1-4) che avendo offerto a Dio tutto il suo avere, consistente in due sole monete, si acquistò un merito maggiore rispetto ai ricchi, i quali offrivano il superfluo.
Nel senso generico di " grande quantità di danaro o di averi ": If XIX 90 Deh, or mi dì: quanto tesoro volle / Nostro Segnore in prima da san Pietro / ch'ei ponesse le chiavi in sua balìa? (per cui cfr. Matt. 16, 18-19).
In tutti gli altri casi t. è adoperato con valore direttamente traslato. Come metafora erotica, per indicare la donna amata o lo stesso amore: Vn VII 5 14 Or ho perduta tutta mia baldanza, / che si movea d'amoroso tesoro; Rime CXIII 1 Degno fa voi trovare ogni tesoro / la voce vostra sì dolce e latina (ripresa dell'immagine adoperata da Cino da Pistoia nell'incipit del sonetto di proposta: " Cercando di trovar minera in oro / di quel valor cui gentilezza inchina ", dove minera in oro, ossia " minerale d'oro ", è una " metafora che designa qualcosa come la donna perfetta, una cristallizzazione d'amore ", Contini); Detto 389 [Amore] sol lui per tesoro / vuol ch'uon metta 'n tesoro. In Pd XVII 121 La luce in che rideva il mio tesoro / ch'io trovai lì, l'immagine, riferita a Cacciaguida, s'inquadra in tutta una serie di metafore desunte da gioielli e pietre preziose, con cui D. esprime analogicamente lo splendore dei beati (lo -stesso Cacciaguida è stato presentato come una gemma [XV 22], e poi come un vivo topazio, v. 85); ma nel nostro caso non è da escludere un significato anche etico-affettivo: " tesoro, forse, nel duplice senso di ‛ gemma preziosa ' e, insieme, di ‛ persona d'immenso pregio, e immensamente cara ' " (Chimenz). In Pd V 29 nel fermar tra Dio e l'omo il patto, / vittima fassi di questo tesoro, il t. è il libero arbitrio, lo maggior don che Dio per sua larghezza / fesse creando (vv. 19-20), di cui l'uomo fa sacrificio a Dio nell'atto del voto. In XXIII 133 Quivi si vive e gode del tesoro / che s'acquistò piangendo ne lo essilio / di Babillòn, ove si lasciò l'oro, l'accezione di t. è analoga a quella che risulta dalla citata similitudine di Cv IV XXVIII 12, ma con un più diretto ricordo di metafore e parabole evangeliche: " Nolite thesaurizare vobis thesauros in terra... thesaurizate autem vobis thesauros in caelo " (Matt. 6, 19-20); " Simile est regnum caelorum thesauro abscondito in agro " (13, 44); ecc.
In locuzioni: Pd I 11 quant'io del regno santo / ne la mia mente potei far tesoro (per cui cfr. Ep XIII 52 dicere vult de regno coelesti quicquid in mente sua, quasi thesaururn, potuit retinere); Detto 390 [Amore] sol lui per tesoro / vuoi ch'uon metta 'n tesoro, ossia " serbi preziosamente ", " tesaurizzi " (cfr. il mettere in arca di Pd VIII 84).