TERZIGNO
Comune vesuviano in provincia di Napoli situato c.a 6 km a N di Pompei, dove un'indagine sulle cave ha portato all'individuazione di ville rustiche romane distrutte dall'eruzione del 79 d.C. La loro funzione probabilmente era lo sfruttamento intensivo del fertilissimo ager Pompeianus, di cui il sito di T. costituiva il limite Í comprendente anche le pendici del versante SO del Vesuvio.
Ricca di presenze archeologiche è la cava Ranieri (località Boccia al Mauro c.a 1 km a S del moderno centro abitato), ma rinvenimenti sporadici, pertinenti a ville rustiche romane, furono segnalati in passato anche altrove, in contrada Scocozza (1910: strutture murarie e attrezzi agricoli) e in contrada Avini (1976: anfore vinarie e dolí). Recentemente (1992), in località S. Pietro è stato possibile localizzare un nuovo insediamento rustico a carattere produttivo, il più alto finora rinvenuto nel territorio di Terzigno (m 390 s.l.m.).
Delle quattro ville scoperte nella cava Ranieri a una profondità di c.a m 20 dall'attuale piano di campagna, soltanto tre, convenzionalmente denominate «Villa 1», «Villa 2» e «Villa 6», sono state parzialmente scavate.
Della «Villa 1» (scavi 1981 e 1983) si è portata alla luce una grande cella vinaria con quarantadue doli, sopraelevata rispetto al piano di campagna e accessibile mediante tre gradini. Alcuni dei doli recano bolli attestanti l'origine urbana di parte di essi. Su due lati della cella si dispongono ambienti di servizio, in opera incerta di calcare del Sarno, pietra lavica e tufo nocerino. A Ν della cella è stato esplorato un portico con colonne in tufo e laterizi, parzialmente inglobate in un muro successivo; a E un ambiente adibito a deposito di foraggio, che si apre su un'aia pavimentata in cocciopesto.
Il ritrovamento di una bellissima antefissa di tradizione ellenistica e di elementi di gronda a protome leonina lascia supporre che la villa avesse un quartiere residenziale particolarmente elegante. Il primo impianto, sulla base dei materiali e della tecnica costruttiva, risale alla fine dell’inizio I sec. a.C. Con il terremoto del 62 d.C. l'edificio subì danni che richiesero restauri ancora in corso al momento dell'eruzione. A questa seconda fase edilizia sono da collegare molto probabilmente le colonne del portico rifatte in mattoni.
Della «Villa 2» (scavi i984-'89-'9i-'92) è stato messo in luce il quartiere rustico e produttivo, i cui ambienti esplorati, coperti e scoperti, denotano lavori di ristrutturazione in corso. L'impianto sfruttava i rilievi naturali del terreno, creando dislivelli nelle strutture. La villa si articola intorno a una corte centrale (S) con portico sorretto da pilastri e colonne in laterizi su tre lati e relativi canaletti di raccolta e deflusso dell'acqua piovana dei tetti in due cisterne. Intorno si dispongono ambienti tra cui è stato possibile individuare una cucina (D) con focolare centrale e il forno. A SO è un'ampia area scoperta, con pavimento in cocciopesto con probabile funzione di aia (H). Nell'ambiente aperto sul porticato (A), di non chiara destinazione, furono rinvenuti, insieme a due scheletri di cani, gli scheletri di cinque persone che lì avevano cercato rifugio portando con sé i beni più preziosi: monili d'oro, argenterie e un gruzzolo di monete d'argento repubblicane e imperiali. Il settore E, gravemente danneggiato dai lavori di cava, è occupato dal quartiere produttivo (pars fructuaria) della villa, costituito dal torcularium con annessi locali di servizio e dalla cella vinaria. Nel torcularium (I, L) con l'ambiente per la pigiatura (forum o calcatorium) fornito di pavimento, lo zoccolo in spesso cocciopesto, nonché di un grande dolio per la raccolta del liquido spremuto, era installata la pressa di legno la cui tipologia trova esatto riscontro riel sistema di torchio descritto da Catone. Di fronte al torcularium, da cui la separa un corridoio (Q), è la cella vinaria (R) con ventiquattro doli, interrati fino alla spalla (dolia defossa), alcuni dei quali ampiamente restaurati in antico con grappe di piombo. Questa cella, come quella della «Villa 1», si presenta sopraelevata rispetto al piano di calpestio dell'adiacente corte ed è accessibile dal corridoio mediante due gradini.
Non mancano tracce di dissesti imputabili, data la morfologia del sito, verosimilmente al terremoto del 62. A NE del complesso è stata individuata una vasta area scoperta, probabilmente un hortus (T), con una terza cisterna. Anche la «Villa 2», sulla base dei materiali e della tecnica muraria utilizzati, simili a quelli impiegati nella «Villa 1», fu interessata da almeno due fasi costruttive, la prima tardo-repubblicana (II-I sec. a.C.), la seconda connessa probabilmente con il terremoto del 62.
Della «Villa 6» è stato parzialmente esplorato il settore produttivo, pertinente all'ultima fase del complesso, il cui impianto originario fu poi adattato alle funzioni di azienda prevalentemente vinicola. Sono stati messi in luce una grande aia e un portico a pilastri con adiacente torcularium fornito di torchio a leva (dello stesso tipo di quello nella «Villa 2»), vasca rettangolare per la raccolta del mosto e sistema di travaso di liquidi nei doli di un adiacente vano adattato a cella vinaria. L'ambiente a NO del torcularium era probabilmente adibito alla produzione di olio. A NE dell'aia era l'ingresso a quest'ala della villa, al di fuori del quale sono stati rinvenuti gli scheletri di sette fuggiaschi; a E era un modesto ambiente adibito a deposito-cucina. A NO è stato individuato il quartiere residenziale, pertinente al primo impianto della villa databile al II-I sec. a.C., con belle pitture di II stile ed emblema in opus sectile, rinvenuti nell'ambiente a E del portico colonnato; nel portico era un pavimento in cocciopesto con motivi a tessere bianche e nere (rosette), inquadrato da fasce di mosaico (meandro e losanghe); dalla copertura provengono tegole con bolli oschi (múi, c.v. ahies).
Topograficamente le ville rustiche scoperte a T., vere e proprie aziende vinicole dove si produceva il Vesvinum vinum, sorgono su terrazze naturali alle pendici del Vesuvio; il loro allineamento lungo un asse S-N lascia supporre che si distribuissero in prossimità di una strada e di assi viari minori su essa convergenti, ipoteticamente la via da Pompei a Nola, del cui percorso non si conoscono ancora tracce.
Le oreficerie da T. (una coppia di bracciali simili, un girocollo, una catenina e una collana) non si discostano per carattere e tipologia dalle produzioni già ampiamente attestate a Pompei ed Ercolano. I bracciali sono a forma di serpente con la testa modellata molto accuratamente e la verga a sezione rotonda, in cui spicca la particolare cura per la decorazione costituita da motivi geometrici e vegetali. Il girocollo si compone di trentotto vaghi di smeraldo cilindrici, tenuti insieme da fili d'oro passanti nei grani e terminanti in gancetti a forma di anellini. La catenina è costituita da maglie a lamina, ritagliate a forma di 8 e ripiegate, con pendente a crescente lunare. La collana, rinvenuta scollegata nei suoi elementi costitutivi, consiste di ventidue coppie di foglioline lanceolate e settantotto vaghi cilindrici lisci.
Le argenterie di T., che richiamano anch'esse nella tipologia manufatti simili provenienti dall'area vesuviana, sono pezzi di elegante fattura che, insieme ai monili, denotano l'alto livello sociale del loro possessore. Si tratta di due coppe con la vasca a doppia parete di cui quella esterna presenta una decorazione a sbalzo con amorini; di una situla con le pareti della vasca ornate da profonde strigliature a S e con manico mobile finemente decorato con motivi ornitomorfi e vegetali; di un'anforetta con anse bronzee; di uno specchio con manico a forma di clava, ornato all'innesto dalla leontè erculea; infine di una maschera dionisiaca che era applicata al centro di una falera di bronzo.
Bibl.: A. Casale, A. Bianco, Primo contributo alla topografia del suburbio pompeiano, in Pompei 79 (Suppl. al n. XV di Antiqua), Roma 1979, p. 27 ss.; E. Menotti, in Pompeii, Herculaneüm, Stabiae, I, 1983, pp. 334-337; ead., in RStPomp, I, 1987, pp. 166-168; ead., Le oreficerie della villa rustica 2 di Terzigno, in R. I. Curtis (ed.), Studia Pompeiana et Classica in Honour of W. F. Jashemski, I, New Rochelle 1988, pp. 167-182; C. Cicirelli, Le ville romane di Terzigno (cat.), Torre del Greco 1989; ead., in RStPomp, III, 1989, pp. 249-252 e V, 1991-1992, pp. 208-211; ead., Indagini archeologiche a Terzigno, in Ercolano 1/38-1988. 250 anni di ricerca archeologica. Atti del Convegno Internazionale Ravello-Ercolano-Napoli-Pompei 1988, Roma 1992, pp. 567-580; ead., Effetti sismici sugli insediamenti abitativi di Terzigno, estremo suburbio nord di Pompei, in Archäologie und Seismologie. La regione vesuviana del 62 d. C. Problemi archeologici e sismologici, Monaco 1995, pp. 211-219.