TERRENO (XXXIII, p. 644)
L'ammontare delle dotazioni assimilabili esistenti o di pronta elaborazione, e le condizioni di reazione, esprimono nel loro complesso la fertilità chimica attuale del terreno, per il miglioramento della quale la tecnica agraria interviene a mezzo della concimazione e della correzione.
L'aumento delle disponibilità nutritive del suolo in seguito alla concimazione dà luogo ad incrementi di produzione, crescenti in misura circa proporzionale alle aggiunte, soltanto in terreni molto poveri. Raggiunta una determinata ricchezza nutritiva, come operando su terre già abbastanza fornite, i benefici diminuiscono gradatamente, fino a che ulteriori aggiunte di concimi non risultano più economicamente convenienti. La flessione della curva rappresentativa di questo rapporto è causata, oltreché dalle caratteristiche genetiche delle piante, dalla concorrenza di un gran numero di altri fattori agenti sullo sviluppo e sulla produzione delle colture (disponibilità idriche, lavorazioni agricole preparatorie, fattori di ordine climatico, fisico chimico, e microbiologico, quali temperatura ambiente, stato igrometrico, durata e intensità dell'insolazione, eccessi meteorici, composizione dell'atmosfera, ecc.; tessitura, composizione del terreno, ecc.).
Questi i fattori che segnano i confini cui può giungere la produzione agraria nell'ambito della convenienza economica: tale è il loro numero e l'indeterminatezza delle loro influenze dirette e subordinate, che il problema della fertilizzazione è stato considerato sempre fra i più complessi; ciò almeno dal lato teorico, poiché di certo le prove colturali in campo, ripetute per un certo numero di anni, sono in grado di risolvere ogni quesito.
Dalle prime enunciazioni fatte dal Liebig, della legge sulla restituzione al terreno dei principî asportati dalle colture e della legge del minimo, che indirizza la concimazione verso l'elemento più deficitario, molto cammino invero è stato compiuto per l'accertamento dei fabbisogni alimentari delle colture. Particolare successo ha ottenuto la teoria della costanza ed indipendenza dei fattori d'azione, formulata da E. A. Mitscherlich, in base alla quale l'aggiunta di ogni singolo elemento esercita la sua azione secondo una costante indipendente dagli altri elementi. La tecnica seguita dal Mitscherlich non tiene conto delle influenze esercitate dalle condizioni climatiche e da quelle connesse con la costituzione del terreno, onde i risultati peccano in genere per eccesso e possono portare perciò, soprattutto in climi subaridi e aridi, a gravi insuccessi.
Più aderenti alla realtà e per un giudizio assai più rapido sui fabbisogni del terreno, sono i concetti informatori della "dottrina integrale della concimazione", formulata da G. Tommasi nel 1937 (v. tab. qui sopra), felice sintesi dei progressi compiuti in questo importante settore della chimica agraria. La produzione massima raggiungibile nell'ambito della convenienza economica è posta come un termine noto del problema, deducendola se non da una sperimentazione compiuta, dalle cognizioni acquisite sulle possibilità di raggiungere con la coltivazione granaria determinate rese unitarie nella zona in cui si opera e per il determinato tipo di terreni. A tali possibilità produttive per la coltura granaria, limitate dai fattori non modificabili, vengono correlati i fattori modificabili attraverso la fertilizzazione. Prime fra questi le dotazioni nutritive, poiché il terreno deve essere in grado di cedere, allo stato assimilabile, gli elementi fondamentali della fertilità in quantità e con velocità adeguate ai massimi rendimenti conseguibili.
All'intuito ed al senso pratico vengono affidati i riferimenti a colture diverse da quella granaria, scelta come termine di confronto.
La valutazione delle disponibilità nutritive, prontamente o gradatamente rese assimilabili, già esistenti nel terreno e soprattutto delle integrazioni necessarie per raggiungere le dotazioni richieste, tenendo presenti anche i fenomeni di assorbimento e di insolubilizzazione che si verificano specialmente per il fosforo, richiede una speciale tecnica. Una volta noto da queste determinazioni il deficit dei varî elementi della fertilità, secondo la dottrina integrale, la fertilizzazione viene considerata sotto i due aspetti della "concimazione di arricchimento o di base", necessaria una volta tanto per innalzare le dotazioni stesse al livello richiesto, e della "concimazione di mantenimento colturale", da praticarsi negli anni successivi per reintegrare, oltre alle insolubilizzazioni, le asportazioni degli stessi elementi operate soprattutto dalle colture, ed intesa a mantenere la fertilità chimica nelle condizioni anzidette, onde si richiedono in linea di massima modesti quantitativi di fertilizzanti, specie fosfatici e potassici.
Il grado di approssimazione che la dottrina integrale comporta, del resto tollerato, e proveniente soprattutto dall'aleatorietà dei fattori meteorici, non toglie ad essa un notevole valore pratico, che ha aperto largo campo d'impiego massimamente nei terreni di bonifica, di nuova coltivazione, e nelle zone scarsamente produttive.
Meccanica dei terreni.
Per terreno in senso stretto s'intende ogni formazione costituita da roccia, per la massima parte insolubile; naturalmente incoerente o che, in presenza di eccesso d'acqua, perde ogni consistenza. Terreni, così intesi o terreni sciolti, possono anche essersi localmente accumulati per cause non naturali (ripiene, discariche, ecc.). Le rocce corrispondenti, estratte dalla loro sede (rocce sciolte), sono dette genericamente terre da molti tecnici e costruttori; talora però si continuano a chiamare egualmente terreni. Fondazioni, scavi più o meno superficiali e lavorazioni sotterranee si sviluppano molto spesso entro terreni sciolti (dei quali il terreno vegetale della superficie rappresenta soltanto un caso particolare ed a questi effetti molto subordinato). Nel linguaggio tecnico e scientifico per terreno s'intende, però, anche qualsiasi altra formazione naturale, facente parte del suolo o sottosuolo di una regione, anche se la roccia costitutiva non è sciolta, bensì lapidea nel senso che essa (per es. un granito, un calcare tipico, ecc.) conserva la sua coerenza anche quando resta immersa in acqua, sia pure in moto.
La meccanica dei terreni o geotecnica dei terreni sciolti (v. geotecnica, in questa Appendice) ricerca, descrive e spiega le caratteristiche dei terreni sciolti per prevederne il comportamento in sede e per fornire i criterî per la progettazione e la esecuzione dei lavori d'ingegneria che vi si sviluppano e la guida per la conservazione delle opere costruite. Oltre le ricerche dirette sul terreno in situ ("prove di campagna", "di cantiere"), si eseguono numerose prove di laboratorio sulle rocce sciolte, estratte dalla loro sede e spesso rimaneggiate: queste prove di laboratorio sono dette anche prove di meccanica delle terre, in quanto si riferiscono alle rocce sciolte asportate dalla loro sede (terre), opportunamente manipolate ed eventualmente miscelate o "corrette" in vista del loro impiego.
Il terreno sciolto è da considerare, di regola, come un complesso, talora anche concettualmente inscindibile, di parti solide (grani) e di acqua. Numerose caratteristiche tecniche sono proprie del complesso; a determinarle concorrono, sia pure in misura varia e variabile, i caratteri dei singoli grani (caratteristiche del "solido") e quelli dell'acqua (caratteristiche dell'acqua). La distinzione fra grani ed acqua, necessaria per l'impostazìone dello studio delle proprietà dei terreni, è però alquanto artificiosa, se sono presenti componenti argillosi (v. argilla, in questa Appendice). Per sperimentare sulle caratteristiche tecniche la meccanica dei terreni si avvale anche di metodi e mezzi già messi a punto per altri fini; molti ne ha però introdotti ex novo. Anche in questo campo alcune prove, specialmente tecnologiche, dànno risultati confrontabili soltanto se condotte con modalità e mezzi strettamente unificati. I dati numerici che si ricavano da alcune delle prove (vedi tab. 1) vengono utilizzati direttamente nei calcoli di progetti e di verifiche; altre determinazioni sono ausiliarie, orientative, oppure servono a controlli.
Il comportamento in sede del terreno non dipende però soltanto dalle caratteristiche intrinseche del complesso suddetto (roccia sciolta), ma anche dalle condizioni geologiche e geografiche, locali e regionali (caratteristiche estrinseche), che risentono, a loro volta, dei fattori influenzanti esterni di natura varia.
Non in tutti i casi è possibile spiegare (come si è tentato in passato) le caratteristiche ed il comportamento di un terreno sciolto su basi soltanto meccaniche, tenendo conto degli attriti e della adesione capillare, ma trascurando ogni altra mutua azione fra particella solida e liquido in contatto: non è infatti lecito spingere la tendenza verso la schematizzazione geometrica fino ad ammettere valevole sempre l'ipotesi di una "indifferenza" dei grani rispetto all'acqua, qualunque sia la loro natura. Nelle rocce sciolte contenenti discrete quantità di minerali argillosi le quali, peraltro, sono fra le più diffuse e frequenti, non sono affatto trascurabili gli "effetti di superficie" (extra- ed intragranulari) con i conseguenti fenomeni di adsorbimento e con i casi connessi di deformabilità del singolo grano per sé stesso che, invece, sono anche quantitativamente predominanti. Attualmente, seguendo l'indirizzo dato da oltre un ventennio da K. v. Terzaghi (che si è basato su suoi esperimenti e sulle osservazioni precedenti di K. Vogt, J. Orton, H. L. Le Chatelier, A. Atterberg, J. v. Krogh, G. Gilboy, W. D. Harkins, D. G. Ewing, G. J. Bvyoucos, W. M. Goldschmidt, C. S. Ross, E. V. Shannon, D. T. Krynin, ecc.), la meccanica dei terreni, attraverso l'impostazione sempre più rigorosa dei problemi, tende a spiegare il comportamento delle rocce sciolte anche in base alle conoscenze acquisite dalla chimico-fisica dei colloidi e dei dispersoidi in genere, e della strutturistica dei minerali argillosi (v. argilla; silicati naturali; sialliti, in questa App.). Oltre questo della spiegazione, compito della meccanica dei terreni è di prevedere (dal punto di vista qualitativo e quantitativo) il comportamento che un dato terreno sciolto (o una terra) rivelerà durante l'esecuzione di un lavoro o ad opera completata (v. geotecnica, in questa App.). Per realizzare però una previsione sufficientemente precisa non sempre basta la determinazione (in laboratorio ed in sito) delle diverse caratteristiche. Spesso occorre anche il confronto del terreno o della serie dei terreni in studio con formazioni simili. La scelta razionale dei terreni di paragone è però delicata, perché non è lecito trascurare le caratteristiche estrinseche ed i fattori influenzanti. Soltanto come guida per un primo orientamento vanno intese perciò, di regola, le classifiche dei terreni sciolti basate sulle sole caratteristiche intrinseche (v. tabelle 2 e 3 e fig.1).
La meccanica dei terreni fornisce anche i criterî per la scelta del terreno da preferire (per una fondazione o per qualsiasi altro lavoro in formazioni sciolte) e del tipo di manufatto (per es. tipo di fondazione più idoneo ad un dato terreno); dà le norme per il proporzionamento delle opere rispetto, s'intende, alle reazioni o azioni del terreno e, nel caso, indica le modalità per correggere il terreno stesso (specialmente per migliorarne la capacità portante, il grado di tenuta o la stabilità in genere).
"caratteristiche del solido". - Possono distinguersi nei (quattro gruppi qui di seguito illustrati insieme con i metodi ed i mezzi impiegati per determinarle. I risultati di molte determinazioni vengono rappresentati con diagrammi o interpretati in base a schemi prefissati. Così, per es., in base alle grossezze di grana predominantì le rocce sciolte vengono classificate e denominate secondo schemi che differiscono tra di loro, (ma soltanto nei particolari) a seconda dei paesi e talora anche a seconda dei singoli istituti sperimentali (v. tabella).
Caratteri dei singoli grani. - Proprî dei singoli grani, ma non tutti completamente indipendenti dall'ambiente in cui la roccia si trova, sono i seguenti caratteri:
a) Natura petrografica, mineralogica e chimica degli "elementi" o "grani". Si determina con l'analisi petrografica (chimico-mineralogica e "tessiturale"); per le particelle più fini anche con le analisi röntgenometrica, termica, ecc.; b) Forma e grado di arrotondamento: si determinano mediante misure dirette o indirette. Influiscono su molte proprietà tecniche; c) Superficie (tipo e superficie libera totale): si ricorre a determinazioni dirette; d) Attività delle superfici (esterne e, per alcuni componenti, anche interlamellari): assume massima importanza agli effetti del potere di adsorbimento e della capacità di scambio basi; e) Proprietà meccaniche (compressibilità e resistenza a compressione) del singolo grano: alcuni costituenti sono di per sé compressibili (minerali argillosi), altri possono rompersi sotto l'azione di carichi modesti (es. i grani pumicei); f) Grandezza: grandezza effettiva e grandezza apparente (effetti di flocculazione per i grani 〈 1-2 μ), rientrano anche nel gruppo seguente.
Rapporti reciproci (granulometria). - Per stabilirli si ricorre all'analisi granulometrica (analisi meccanica, frazionamento, classificazione) che si esegue con stacci per i grani di dimensioni ("diametro", "grana") superiori a qualche centesimo di millimetro e mediante sedimentazione in acqua ("levigazione") con o senza aggiunta di deflocculanti per le grane (o "frazioni") minori.
Con tale analisi si determinano le seguenti caratteristiche: a) Quantità relative: le quantità (in percento di peso) dei grani di differente diametro (o di diametro compreso entro un certo intervallo) si riportano in diagrammi (diagrammi di distribuzione granulometrica e curve granulometriche, dei passanti o dei trattenuti). Per convenzione si definisce diametro efficace (d10) di un materiale, il diametro al di sotto del quale passa il 10% in peso del materiale stesso; analogamente si definisce il d60 (che divide in 40% > d60 e 60% 〈 d60) (v. fig. 2); b) Unformità: se
(indice medio di granulazione) è molto piccolo, la grana è poco disuniforme; la granulometria si definisce ideale se dmax = dmin; grado di disuniformità è il rapporto
c) Omogeneità: il materiale è omogeneo quando tutti i grani sono costituiti dalla stessa specie (petrografica, mineralogica, o chimica).
Caratteri dell'assieme e loro variabilità. - In dipendenza delle condizioni genetiche in uno stesso terreno le caratteristiche possono variare spazialmente; manipolando in laboratorio o in cantiere una roccia sciolta, variano alcune sue caratteristiche fondamentali, quali densità e struttura.
a) Condizioni genetiche. In base all'origine, si possono distinguere le rocce sciolte esogene (d'alterazione in sede; di trasporto "meccanico" e sedimentazione; biogene non lapidificate); vulcaniche (piroclastiche); epimetamorfiche (cataclastiche dette anche "milonitiche"). Molti caratteri del "solido" sono insiti in queste condizioni genetiche.
b) Densità. Il volume specifico dipende dalla natura e dalla quantità di solido presente e perciò anche dall'entità dei vuoti (interstizî, "pori") d'ogni specie e dimensione contenuti. Supposto incompressibile e, in genere, indeformabile il singolo grano, si esprimono le deformazioni di un terreno mediante le variazioni dei rapporti fra volume dei vuoti (spesso questi sono misurati mediante il contenuto di acqua) e volume (o massa) del solido secco presente nel corpo considerato (per lo più provino fuori sede). Le dimensioni dei vuoti influiscono sullo stato dell'acqua in essi contenuta e sulla sua funzione (legante, lubrificante, ecc.). Si definiscono pertanto: porosità (100 × vol. dei vuoti/vol. tot., detta anche percentuale dei pori) ed indice dei pori o indice dei vuoti (e = vol. vuoti/vol. pieni). Nelle applicazioni riescono utili: e generico del materiale allo stato naturale (o in genere allo stato che si considera); eo del materiale essiccato e completamente disgregato; emin del materiale essiccato e costipato per scuotimento fino a costanza di e; ef del materiale sedimentato da una sospensione acquosa, detto fattore di flocculazione. Col rapporto (emin−e)/(emin−eo) o indice di addensamento relativo, si esprime lo stato di addensamento dopo costipazione mediante compressione statica, battitura, ecc.
c) Struttura. Il grado di addensamento e la distribuzione ed orientamento (configurazione) dei granuli, talora tendenti verso un disorientamento (secondo una direzione od una giacitura preferita) con conseguente distribuzione anisotropa delle caratteristiche meccaniche (compresa la permeabilità), variano, da una parte, con le condizioni genetiche e con lo sviluppo degli eventi geologici posteriori e, dall'altra, con la manipolazione della terra e con le sollecitazioni (compressione e taglio) cui essa viene sottoposta. Così per es. le particelle argillose sotto compressione tendono ad orientarsi con la giacitura (001) perpendicolarmente alle linee di forze agenti; i granuli di una sabbia incoerente sottoposta a taglio si scavalcano fra di loro, con addensamento o con espansione a seconda che la massa in partenza era più o meno rilasciata (densità critica).
Comportamento rispetto ai fluidi. - Il comportamento di una roccia sciolta rispetto ai fluidi e specialmente rispetto all'acqua (in dipendenza anche della natura delle sostanze discioltevi) è essenzialmente determinato dalle caratteristiche di cui ai precedenti capoversi. Illustriamo qui di seguito le caratteristiche specifiche essenziali:
a) Permeabilità. Il coefficiente di permeabilità k = v/i (dove v è la velocità di permeazione ed i è la perdita di carico per unità di lunghezza di percorso) non è una costante del terreno sciolto (in alcuni varia anche con la direzione del moto a causa della struttura anisotropa), ma varia con il grado di addensamento, e, perciò, con il valore della pressione (σ) che si esercita sul terreno. L'indice di permeabilità (ko) è il k relativo alla pressione di 1,5 kg/cm2 a 10° C. Si ricorre alle curve di permeabilità che esprimono la k = f(o) a temperatura costante. Il valore di k0 è assunto anche come elemento di classifica delle rocce sciolte (v. fig. 1).
b) Capacità di assorbimento di acqua per capillari. Nelle rocce contenenti sensibili quantità di fine la capillarità è di importanza fondamentale, specialmente agli effetti della coesione. Interessano, fra l'altro, contenuto (% in peso di solido) di acqua che può essere assorbita per sola capillarità (capacità di acqua capillare) e altezza di ascesa capillare che, nelle rocce ricche di costituenti argillosi, può superare anche i 50 m.
c) Potere di adsorbimento e capacità dî scambio basi. In dipendenza della superficie specifica totale varia fortemente il potere di adsorbimento (v. in questa App.) di H2O e di ioni in questa dissociati, nonché la capacità di scambio fra gli ioni stessi. A tale potere è connessa, fra l'altro, la coerenza dei materiali sciolti (la coesione vera), molto elevata nei minerali argillosi. Questi minerali, oltre le superfici esterne delle singole scaglie, offrono all'adsorbimento anche le superfici interne (interlamellari). Alle stesse caratteristiche sono connessi grado di dispersione, stabilità delle sospensioni e fenomeni di flocculazione.
d) Igroscopicità. La capacità delle rocce sciolte di assorbire H2O dall'atmosfera varia fortemente con la grossezza di grana e con la natura dei minerali costitutivi delle frazioni più fini.
e) Screpolabilità. Agli effetti della stabilità della massa di un terreno sciolto in sede, interessa la tendenza della massa o delle sue parti periferiche a screpolarsi col disseccamento, aprendo così nuove vie d'entrata all'acqua. La tendenza allo screpolamento, spiccata nelle rocce sciolte, ricche di frazióne finissima, varia col tipo di costituente (mineralogico) del finissimo, con le quantità di questo e con la struttura della roccia tutta.
f) Sgretolabilità e trascinabilità. La bassa resistenza che la compagine di una roccia sciolta oppone all'azione sgretolante e di trascinamento dell'acqua in moto influisce sulla conservazione della superficie del suolo e sulla stabilità del sottosuolo in terreni sciolti sedi di permeazione di acqua.
Caratteristiche dell'acqua. - Gh "stati" nei quar si trova l'acqua in un terreno sciolto e le quantità relative determinano gli stati di consistenza e di resistenza meccanica del materiale. L'acqua, se è contenuta in piccole quantità, esercita azione coesiva; in maggiore proporzione agisce da plasticizzante e da lubrificante; diventa infine espansiva e disperdente. Perciò, a parità di granulometria (purché si tratti di grane piuttosto fini), con l'aumentare del contenuto di H2O il materiale da uno stato più o meno coerente passa gradualmente ad una pasta plastica (formabile) e quindi ad un "liquido" sempre meno viscoso; quest'ultimo stato, per le particelle più grosse, si raggiunge di regola soltanto se l'acqua è dotata di velocità sufficiente ad evitare la separazione delle due fasi; con i minerali argillosi la persistenza (o stabilità) delle sospensioni può realizzarsi anche con acqua in quiete. Anzi argille a base, per es., montmorillonitica (bentoniti e simili), con opportuni caratteri dell'acqua e in sospensioni anche non molto dense, lasciate in riposo, perdono la fluidità (senza separazione di fasi) per riacquistarla subito mediante scuotimenti (tixotropia). Perciò, oltre che degli stati e dei contenuti di acqua, va tenuto conto delle sostanze discioltevi (o in sospensione colloidale), le quali, agendo da flocculanti o da deflocculanti, influenzano la stabilità delle sospensioni e il grado di addensamento dei depositi che sì formano dopo la separazione totale o parziale della fase solida da quella liquida.
Stati dell'acqua. - L'acqua di un terreno sciolto si può schematicamente distinguere nei tre tipi indicati nella fig. 3: 1) acqua libera, d'occlusione (detta anche di falda, di gravitazione o gravitazionale); 2) acqua capillare; 3) acqua di adsorbimento (adsorbita, detta anche "solidificata", ecc.) e che comprende sia le molecole dipolari d'acqua, attaccate alle superfici periferiche dei granuli ed a quelle degli spazî interlamellari dei minerali a scaglie (argillosi), sia l'acqua costituente la fase disperdente di veri colloidi (di grumi, cioè, di particelle submicroscopiche amorfe). I limiti fra l'acqua del 2° e 3° tipo non sempre sono netti e variano con la temperatura e altre condizioni ambientali. A questi due ultimi tipi di acqua è dovuta la coesione (in parte apparente ed in parte reale) delle rocce sciolte, contenenti sufficiente frazione finissima (specialmente argillosa). L'azione coesiva dell'acqua adsorbita e capillare si manifesta però soltanto quando, abbassandosi il contenuto totale di acqua, viene meno l'azione dispersiva dell'acqua di occlusione; la funzione lubrificante, oltre che dall'acqua di occlusione, può essere esplicata anche da quella capillare.
Contenuti di acqua. - Il contenuto di acqua (umidità) si determina essiccando il materiale (fino a peso costante) a 105-110° e s'esprime come percentuale del peso (talvolta del volume) del materiale così essiccato (del "solido"). I valori delle percentuali d'acqua si assumono anche come misura indiretta (in certi casi soltanto approssimata) di altre caratteristiche (porosità, indice di pori, ecc.). Agli effetti pratici interessano (direttamente o indirettamente) i valori dei contenuti di acqua corrispondenti a particolari variazioni di consistenza o di addensamento del complesso e gli intervalli di variazione dell'umidità entro i quali la roccia sciolta presenta un determinato comportamento (es. l'indice di plasticità, l'intervallo di lubrificazione, ecc.).
a) Contenuti limiti e indici di consistenza. Questi limiti introdotti per la gran parte da A. Atterberg, caratterizzano abbastanza bene le rocce sciolte, tanto da essere assunti anche come elementi classificatori. In una roccia sciolta bagnata, mano a mano che l'acqua diminuisce per evaporazione tranquilla, si notano gli stati di consistenza qui sotto elencati; al passaggio dall'uno all'altro restano individuati i limiti a fianco segnati:
Limite (superiore) di liquido denso è il contenuto (%) di acqua al disopra del quale un solco inciso nella pasta si chiude prima di 1/2 minuto senza ricorso a scuotimenti. Limite di fluidità (di liquidità, di scorrevolezza, lf) è il contenuto (%) di acqua per cui un solco si chiude in seguito a scuotimenti (in n. di 25) di un recipiente unificato (per lo più cucchiaia Casagrande); unificate sono anche le dimensioni del solco ed ogni altro particolare della prova (v. fig. 4). Il limite dello stato attaccaticcio corrisponde al contenuto per cui non si riesce più a ripulire una spatola metallica (di nichelio), strofinandola sulla superficie lisciata della pasta. Limite di plasticità (di arrotolabilità, di plasmabilità lp) è il contenuto (%) di acqua al disotto del quale si spezza (secondo alcuni, nel ripiegamento) un cilindretto di circa 3 mm. di diametro ottenuto mediante arrotolamento della pasta con il palmo della mano su vetro o su carta. L'indice di plasticità (ip) che si assume per la stima della plasticità del materiale è la differenza fra il valore del limite di fluidità e quello del limite di plasticità: di regola tale indice aumenta con l'aumentare del contenuto di minerali argillosi, alla cui struttura lamellare è in sostanza dovuto il vero comportamento plastico delle rocce sciolte imbevute di quantità adeguate di acqua. Come indice di consistenza si assume il rapporto: (lf − ln) / (lf − lp) ove ln esprime il contenuto (X%) di acqua allo stato naturale. In base a questo indice, variante da 0 a 1, i terreni si definiscono: fluidi, fluidi-plastici, plastici, semisolidi e solidi. Limite del ritiro (punto di schiarimento) è il contenuto (%) al disotto del quale l'ulteriore essiccazione del materiale avviene senza contrazione di volume; a questo punto corrisponde anche la variazione più o meno brusca del colore da scuro a chiaro per la sostituzione dell'aria all'acqua nei "pori" della roccia. Limite di saturazione si definisce il % di H2O oltre il quale le pareti di un provino di terra non reggono più agli scuotimenti (secondo modalità unificate).
b) Contenuti relativi allo stato di addensamento. Diversi criterî sono seguiti per definire gli stati di addensamento naturale od ottenuti mediante compressione statica o azioni dinamiche (scuotimenti, battiture, ecc.). Tali stati di addensamento, da cui dipendono le caratteristiche meccaniche del terreno sciolto, sono legati specialmente al contenuto di acqua, che viene perciò determinato. Così, per es., il fattore di flocculazione (rapporto fra il peso di acqua e quello di solido) di un materiale sedimentato da un'idea dell'entità dei processi di flocculazione verificatisi durante la sedimentazione. Per un'idea sul grado di finezza di una roccia sciolta si ricorre da taluni alla determinazione del contenuto normale di acqua (% di acqua perché un cono di ottone di 60° di apertura, cono svedese, per effetto del solo suo peso di 60 gr. penetri di 1 cm. nel materiale). A parità di energia spesa per costipare un terreno sciolto (mediante battitura con un pestello in laboratorio e mediante rullature diverse in cantiere) l'effetto addensante varia col variare del contenuto d'acqua; poco al disotto di un certo limite (contenuto ottimo di umidità) un aumento di H2O incrementa l'addensamento, in quanto il liquido, agendo da lubrificante, facilita lo spostamento relativo delle particelle tendenti ad una configurazione di maggior densità; oltrepassato tale limite un aumento di HzO produce effetto contrario. A partire da detto limite la resistenza della roccia sciolta costipata diminuisce, come si rileva direttamente mediante prove di resistenza alla penetrazione di un corpo cilindrico: sonda Proctor. Ciò nonostante, in pratica, per ottenere la massima sicurezza (compatibile con la natura della roccia) rispetto al pericolo di ulteriori penetrazioni di acqua e di conseguente rammollimento della massa, per ottenere cioè la massima stabilità, si preferisce far assumere alle terre un contenuto di H2O prossimo al % ottimo (stabilizzazione) nonostante che il grado di consistenza (resistenza alla penetrazione) corrispondente sia relativamente basso rispetto a quelli relativi a percentuali di H2O minori che però sono transitorie dato che la roccia tende ad assorbire acqua dall'ambiente.
c) Altri contenuti percentuali di acqua interessanti sono i cosidetti equivalenti di umidità e precisamente l'equivalente di umidità dopo centrifugazione (%, in peso di materiale secco, dell'acqua contenuta dopo un'ora di centrifugazione con un'accelerazione pari a 1000 volte quella di gravità) e l'umidità di campagna (detta anche limite di saturazione), che è il contenuto per cui una goccia di acqua non viene assorbita dal materiale prima di 30 sec. Umidità relativa (rapporto fra il volume d'acqua presente e volume dei vuoti), umidità dopo l'evaporazione (contenuto di acqua residuo nel materiale che, dopo impregnato d'acqua fino al limite di saturazione, è rimasto per 24 ore in aria a 20° C con il 65-79% di umidità), umidità critica (contenuto di acqua per cui cambia bruscamente la deformabilità della massa sciolta sotto pressione); questi ed altri contenuti limiti caratterizzano singole rocce sciolte o loro condizioni particolari.
Caratteristiche del complesso. - Come nel determinarsi dei diversi stati di consistenza, così nel modo di reagire alle sollecitazioni meccaniche l'azione svolta dalla parte solida di una roccia sciolta non è separabile dalla funzione esplicata dall'acqua; le azioni reciproche fra solido e liquido (per es., coesione dovuta a capillarità o a legami di adsorbimento e grado di permeabilità, da una parte, ed azione lubrificante ed espansiva dall'acqua per maggiori suoi contenuti, dall'altra) rendono, infatti, sotto molti aspetti inscindibile il complesso solido-liquido. Il comportamento meccanico, se dipende dallo stato dell'acqua e perciò dalla quantità contenuta, risente altrettanto della possibilità e rapidità con cui l'acqua stessa può spostarsi dall'interno del corpo sciolto sollecitato verso l'esterno e viceversa (permeabilità, variabile col grado di compressione); per cui nemmeno il fattore tempo può essere trascurato, quando si considera la deformabilità di un terreno sciolto (cedimenti per compressione, espansione per "scarico" e rigonfiamento per assunzione di acqua). Salvo il caso di materiale contenente discreta quantità di sostanza argillosa con acqua in quantità non molto superiore al limite del ritiro, le rocce sciolte non resistono alla trazione; coesione, valore dell'attrito interno, resistenza a compressione (intesa per lo più come indeformabilità alla pressione unidirezionale), compressibilità e rigonfiabilità, resistenza alla penetrazione, durezza (all'incisione) e indirettamente gelività sono le caratteristiche meccaniche del complesso, le quali insieme con gli stati di consistenza (già ricordati e che sono egualmente proprî del complesso), intervengono nei problemi presentati dai terreni sciolti. In queste caratteristiche hanno funzione speciale i componenti argillosi, i quali non vanno considerati alla stessa stregua degli altri componenti ("granulari" di regola indeformabili), ma anzi indurrebbero ad impostare lo studio generale delle rocce sciolte, come quello del sistema ternario: solido p. d. - scaglie argillose - acqua. Comunque, per la determinazione di queste caratteristiche sono stati introdotti mezzi e metodi di prova speciali di cui i principali sono appresso ricordati (per le prove relative agli stati di consistenza, vedi sopra: Caratteristiche dell'acqua).
Caratteristiche meccaniche. - La reazione di un terreno sciolto alle sollecitazioni esterne varia secondo che si conservi o meno la struttura originaria (con il relativo % di H2O) ed in dipendenza del grado di possibilità che ha il corpo compresso di deformarsi. Astraendo dalle modalità delle esperienze, i principali aspetti di tale comportamento, rilevabili mediante misura diretta delle deformazioni o anche delle variazioni dell'indice dei pori, possono schematizzarsi nel modo seguente.
a) Cedimento sotto carico costante (nel tempo) e pressione "neutrale" dell'acqua. La deformazione (compressione) di una sabbia incoerente sottoposta ad una pressione (p) permanente si completa in un periodo relativamente breve, presentando due fasi successive, come nella fig. 5. In una roccia argillosa (specialmente se umida) l'equilibrio fra forze esterne e tensioni interne si raggiunge invece dopo tempo lunghissimo (teoricamente infinito, come mostra pure l'andamento asintotico della fig. 5); una discreta parte del cedimento totale di realizza però in un tempo abbastanza breve. Il ritardo, in ambedue i casi, è dovuto principalmente alla resistenza (pressione "neutrale", u) opposta dall'acqua contenuta, la quale, se in quantità sufficiente, all'inizio può anche equilibrare da sé la pressione esterna per poi decrescere gradualmente; vincendo le resistenze al moto (di filtrazione attraverso gli interstizî fra i granuli) l'eccesso di questa acqua finisce, infatti, con lo smaltirsi fuori della massa compressa, in modo che in ogni momento si ha: p = u + ō. In un materiale umido e ricco di minerale argilloso, in cui la velocità di filtrazione è ridotta a causa della bassa permeabilità, oltre l'acqua occlusa deve essere espulsa anche buona parte dell'acqua capillare e adsorbita, data la tendenza delle scaglie a raggiungere il contatto completo lungo i piani limiti (paralleli alla scagliosità); da ciò l'estrema lentezza del costipamento delle rocce argillose. Per qualsiasi roccia sciolta in fase di costipamento, il valore di u in ogni istante varia con la distanza dalle superfici limiti (z) (v. le curve isocrone della fig. 6 relativa al caso di uno strato sottile meno permeabile fra due strati ad alta permeabilità); per una stessa z, u varia nel tempo, partendo da un massimo (umax per σmin) e poi decrescendo con rapidità che dipende principalmente dalla permeabilità e dalle caratteristiche tutte del corpo compresso ed eventualmente di quelli che lo contengono o vincolano. La durata del costipamento totale (per un determinato carico costante) varia col quadrato dello spessore del corpo provato: per es., se per un provino alto 2 cm. il costipamento totale si è avuto in 24 ore, il costipamento di uno strato di 10 m. impegnerebbe centinaia di anni.
b) Deformazioni sotto carichi variabili. Sottoponendo una massa di terreno argilloso umido a compressione con un carico crescente (con opportuna rapidità) fino ad un certo valore e poi scaricando per riprendere più volte la prova di carico e quindi di scarico, si nota un andamento dei cedimenti del tipo delle figg. 7 e 8. La fig. 9 mostra anche l'addensamento prodotto dagli scuotimenti in un materiale sabbioso inizialmente poco costipato. Le figg. 7, 8 e 9 rappresentano pure i rigonfiamenti durante le fasi di scarico. La mancata coincidenza delle ordinate dei punti estremi di sinistra dei varî rami relativi allo scarico mostra l'influenza della "storia" del terreno (precedenti sollecitazioni) sull'addensamento in genere. Come nelle deformazioni sotto carico costante, rapidità nell'incremento dei carichi e condizioni "idrauliche" del corpo di terreno sollecitato (e dei suoi vincoli) influiscono decisamente sull'andamento dei fenomeni. La differenza fra l'andamento della curva di decompressione (ramo superiore della fig. 8) e quello della successiva compressione (ramo inferiore) dipende principalmente dalle modifiche di struttura (configurazione e addensamento); alle variazioni di contenuto di acqua si ricollegano le deviazioni del ramo di rigonfiamento rispetto alla curva principale, l'entità e la rapidità del rigonfiamento stesso e viceversa. In un terreno molto costipato in sede si attenuano le differenze fra i rami di carico e scarico e fra questi e il tratto principale. L'espressione:
ove h è l'altezza del provino ed em il valore medio dell'indice dei pori nell'intervallo sperimentato) rappresenta il modulo di elasticità o modulo di compressibilità e, rispettivamente, di rigonfiabilità a seconda che si riferisce alla compressione o allo scarico. Rappresentando (secondo il Terzaghi) con:
Rispettivamente il ramo di compressione e quello di scarico, restano definiti i due coefficienti: C, di costipamento o fattore di compressibilità, e Ci, di rigonfiamento, il quale ultimo si assume anche come elemento di classifica dei terreni (per cui vedi fig. 1).
c) Resistenza al taolio, coesione ed attrito interno. Le prove di taglio mostrano come una parte soltanto della coesione di una roccia sciolta sia effettiva; l'altra è soltanto apparente e si annulla col venir meno della tensione capillare dell'acqua contenuta (in seguito ad evaporazione o per eccesso d'acqua di occlusione). La coesione effettiva è propria delle rocce sciolte ricche di costituenti argillosi. Le stesse prove confermano l'influenza della pressione neutrale dell'acqua: la pressione efficace nella resistenza d'attrito non è difatti la pressione esterna p, ma la σ (= p − u). Per queste ragioni le variabili della formula di Coulomb: τ = c + σ tang ϕ assumono significati alquanto diversi a seconda del contenuto di sostanza argillosa e di acqua. La fig. 10 rappresenta anche le "curve delle resistenze", τ = f(σ) dei materiali provati; tali curve diventano rettilinee, se per la pressione si assume σ = p − u; il segmento intercetto sull'asse delle ordinate (coesione vera) può ritenersi praticamente costante entro un intervallo non molto esteso di variazione delle o. Le argille, a causa della loro elevata viscosità, con incrementi troppo rapidi dei carichi possono simulare valori di resistenza al taglio superiori ai reali anche del 20-30%. Nei materiali più sabbiosi influisce sulla stessa resistenza lo stato del materiale rispetto alla densità critica al momento della sollecitazione.
d) Resistenza a secco. Materiali costipati e ricchi di sostanza argillosa, secchi, possono presentare sensibile resistenza alla rottura per compressione cubica (a dilatazioni laterali completamente libere); il comportamento plastico in tal caso non risulta molto pronunziato.
e) Resistenza alla penetrazione. Per valutare il grado di consistenza. corrispondente ad un dato grado di umidità e di costipamento, si ricorre a prove di penetrazione o mediante coni di peso e angoli di apertura prestabiliti (cono svedese, danese) o mediante barre cilindriche allungate (misurando la forza necessaria per la penetrazione fino ad una certa profondità, come nella sonda Proctor, già ricordata).
f) Durezza. Soltanto per i terreni coerenti ed asciutti si può parlare di durezza nel senso di resistenza alla scalfittura; argille a contenuto montmorillonitico (argille bentonitiche), se molto secche, presentano durezza quasi lapidea.
g) Gelività (v. fig. 11). Dipende dalla porosità, ma specialmente dai pori accessibili all'acqua; la gelività produce rigonfiamenti e disgregamento delle masse impregnate di acqua (occlusa e capillare). Il pericolo del gelo nelle rocce ad interstizî molto esili sussiste anche quando la zolla dî terreno non è immersa nell'acqua, ma ricade nella fascia o zona capillare posta immediatamente al di sopra del pelo libero della falda freatica.
Mezzi e metodi di prova. - Per determinare le varie caratteristiche elencate si ricorre ad apparecchî speciali. Alcuni di questi sono specifici per la determinazione di una caratteristica (apparecchi per il taglio, permeametri, ecc.), altri rilevano più caratteristiche contemporaneamente (edometro, triassiale). In tutti gli apparecchi destinati a rilevare deformazioni e resistenze si hanno cure particolari per rendere le condizioni sperimentali quanto più prossime a quelle "di campagna", specialmente riguardo al comportamento dell'acqua (della cui influenza, in ogni caso, si può tener conto). Si sintetizzano qui i concetti informatori degli apparecchi più specializzati dei laboratorî di Meccanica dei terreni.
a) Edometri. Un recipiente cilindrico cavo a pareti rigide (v. fig. 12) a fonde poroso (comunicante con un serbatoio di acqua) contiene il provino sulla cui sezione superiore uno stantuffo trasmette la pressione; i movimenti verticali della testa dello stantuffo (corrispondenti a contrazioni o rigonfiamenti verticali del provino) sono registrati da appositi indicatori; un manometro rileva la pressione dell'acqua. Con questo apparecchio si misurano le deformazioni sotto carico variabile e allo scarico e (direttamente o indirettamente) anche la permeabilità del materiale. I tempi necessari per l'equilibrio fra carico esterno (in genere pochi kg/cm2) e tensioni interne (compressioni vere del solido con espulsione dell'acqua in eccesso) sono lunghi e perciò si ricorre a batterie di più edometri.
b) Apparecchi per la misura diretta del taglio. Per la determinazione della resistenza al taglio e del valore dell'angolo (ϕ) di attrito interno in funzione della pressione si ricorre all'apparecchio della fig. 13, tipo Casagrande ("piccolo apparato"), che permette di determinare il valore dello sforzo di taglio capace di rompere un provino cilindrico, o all'apparecchio della fig. 13 b, tipo Hoorslev ("grande apparato") il quale sollecita a torsione provini anulari. Gli apparecchi permettono gli spostamenti dell'acqua, ma le prove dànno inconvenienti specie dal punto di vista della disuniformità di distribuzione delle σ e delle τ ed anche a causa delle già ricordate variazioni di struttura durante la prova; si preferiscono perciò le determinazioni indirette con il triassiale.
c) Triassiale. Con questo apparecchio (v. fig. 14) si determina il carico di rottura sottoponendo a compressione assiale (tensione principale σ1) un provino cilindrico soggetto lateralmente ad una pressione uniformemente distribuita (σ2 = σ3) trasmessa sulla superficie tutta del cilindro, da ' un liquido (acqua o glicerina) contenuto nell'intercapedine indicata dalla figura. Il provino, già precedentemente compresso ed assestato entro un tubo di gomma con una pressione idrostatica os, viene disposto (col tubo di gomma) entro la camera di compressione; l'acqua del provino può comunicare con l'esterno o, volendo, può essere trattenuta in modo da misurarne la pressione u. Sulla testa del provino viene esercitata una pressione additiva Δ crescente in modo che le tensioni principali sotto le quali si raggiunge la rottura verranno ad essere: σ1 = σ2 + Δσ; σ2 = σ3.
Costruendo per 2 (o meglio più) coppie di valori di σ1 e σ2 i relativi cerchi di Mohr si individua come inviluppo la "curva delle resistenze" τ = f(σ), tenendo conto della pressione neutrale dell'acqua. Alla rottura si nota la differenza fra materiali sabbiosi (nei quali si verifica una vera rottura) e materiali argillosi, i quali rivelano comportamento tanto più plastico quanto più abbonda il componente argilloso (v. fig. 15).
d) Prove sul terreno. A causa delle difficoltà di prelevare e sperimentare provini del terreno assolutamente indisturbati (integri, cioè, in quanto a struttura, contenuto di acqua e grado di addensamento), nonostante i perfezionamenti degli utensili ("campionatori" delle apposite sonde) e della tecnica d'estrazione, ed altresì a causa della difficoltà di schematizzare soddisfacentemente ai fini delle trattazioni teoriche i vincoli realizzati nell'esperienza, si ricorre anche a prove sperimentali dirette in situ o prove di cantiere (prove di capacità portante di permeabilità e tenuta, di costipamento, ecc.).
Caratteristiche estrinseche e fattori influenzanti. - Il comportamento del terreno in sede (in superficie o in sotterraneo) è determinato sia dalle caratteristiche della roccia, sia da quelle dell'ambiente. Clima (agli effetti del gelo e della stabilità e stabilizzazione), morfologia (agli effetti delle frane), esistenza o meno di altri manufatti (riguardo al grado di costipamento e di impedimento di dilatazioni laterali e rifluimenti), esistenza o meno di una coltre di protezione (sia pure di solo terreno vegetale) delle rocce argillose contro la screpolabilità, ecc., sono caratteristiche regionali e locali importanti quanto quelle meccaniche della terra in sé stessa. Fra i fattori geologici ed idrogeologici, influiscono particolarmente su comportamento di un terreno sciolto: forma e giacitura del corpo interessato dall'opera e di quelli che lo contengono o lo vincolano (agli effetti statici ed idraulici); grado di continuità, uniformiià e regolarità; esistenza o meno di vuoti sotterranei, non rari nei terreni sciolti piroclastici (p. es. pozzolane e pomici), o in sedi abbandonate di estrazione per materiali da costruzione; storia geologica dell'unità di cui il terreno fa parte (specie agli effetti della compressibilità e della rigonfiabilità anche indipendentemente da aggiunte di acqua), profondità e posizione rispetto alle acque del sottosuolo, stato di moto di queste, oscillazioni del pelo libero cui corrispondono in profondità variazioni della pressione. Le variazioni del regime dell'acqua provocate dall'esecuzione di nuove opere (scavi, gallerie, sbancamenti, argini, creazioni di laghi artificiali, ecc.) influenzano la stabilità dei terreni sciolti e dei manufatti relativi.
Correzione dei terreni sciolti. - Secondo la natura del terreno sciolto e dell'ambiente tutto e specialmente a seconda lo scopo da realizzare si ricorre al costipamento (consolidazione, densificazione, compattazione, stabilizzazione), a palificazioni, iniezioni di sostanze varie, drenaggi, trattamento elettrosmotico, trattamento termico, ecc.; per la lapidificazione temporanea si ricorre anche alla congelazione.
Le prove preliminari e di controllo rientrano nella competenza della meccanica dei terreni.
Bibl.: Vedi geotecnica; argilla, in questa Appendice ed inoltre: il volume dell'Erdbaukurs del Politecnico di Zurigo del 1938; gli Atti del 2° Congresso internazionale di Soil mechanics and Foundation Engineering, in Rotterdam (21-30 giugno 1948); A. Agatz, Der Kampf des Ingenieurs gegen Erde und Wasser in Grundbau, Berlino 1936; L. Bendel, Ingenieurgeologie, Vienna 1948; H. H. Bennet, Soil conservation, New York 1939; id., Elements of Soil conservation, New York 1947; F. G. H. Blyth, A Geology for engineers, Londra 1943-47; J. M. Dallavalle, Micrometrics - The Technology of fine particles, New York 1943-48; A. F. Gustafson, Soils and soil management, New York 1941; K. Kegel, Bergmännische Gebirgsmechanik im Abbau bei festem und losem Gebirge, Halle 1942; C. F. Kollbrunner, Foundation und Konsolidation, Zurigo 1946; H. S. Jacoby e R. P. Davis, Foundations of bridges und buildings, New York 1941; R. F. Jacoby e R.P. Davis, Foundations of bridges und buildings, New York 1941; R. F. Legget, Geology and Engineering, New York 1939; A. von Moos e F. de Quervain, Technische Gesteinskunde, Basilea 1948; P. Niggli, Gesteine und Minerallargestätten, Basilea 1948; H.R. Reynolds e P. Protopapadakis, Pratical problems in Soil Mechanics, Londra 1948; F. G. Tickell, The examination of fragmental rocks, londra e Stanford 1947; J. M. N. Turnbull, Handbook of Methods of testing Soils, Melbourne 1945.
Stabilizzazione dei terreni.
Complesso dei procedimenti aventi lo scopo di incrementare e di rendere il più possibile permanente la resistenaa del terreuo agli agenti esterni sia meccanici sia climatici. La realizzazione di tale scopo richiede la conoscenza delle caratteristiche del terreno, della natura ed entità degli sforzi e delle modificazioni conseguenti ai suddetti agenti esterni e pertanto la tecnica della stabilizzazione si avvale delle risultanze teoriche e sperimentali della meccanica dei terreni. In un terreno assoggettato a carichi (carico o peso proprio in un terrapieuo, fondazioni di opere d'arte o edifici, veicoli trainati o automotori) si determinano sforzi di compressione e di taglio, per cui le particelle subiscono degli spostamenti relativi, costituenti la deformazione del terreno stesso. A tali spostamenti si oppone la resistenza al taglio dipendente dall'attrito interno e dalla coesione (v. sopra: Meccanica dei terreni). Poiché l'attrito interno è dovuto soprattutto alle particelle più grandi, come le ghiaie e le sabbie che presentano superfici rugose, mentre la coesione è dovuta alle particelle più piccole, come le argille ed i colloidi, che sono sempre circondate da una pellicola adesiva di acqua, è chiaro che, dosando le quantità relative con opportune aggiunte e poi costipando, si possono ottenere risultati soddisfacenti per quanto riguarda il potere portante. L'aumento di resistenza ottenuto nel modo suddetto è però instabile se non si provvede, in pari tempo, ad eliminare, in maniera assoluta, ogni possibile penetrazione di acqua meteorica o capillare nel terreno, in quanto l'acqua, lubrificando le superfici ed alterando lo stato dell'argilla, modifica sostanzialmente e l'attrito e la coesione.
Un altro fattore ambientale, e cioè la temperatura, può anch'esso influire sulla stabilità del terreno; la sua azione è però indiretta in quanto si esercita soltanto sull'acqua presente nel terreno. Abbiamo così le deformazioni dovute al gelo, le fessurazioni per essiccamento e, senza giungere a questi estremi, anche nei terreni aventi un giusto grado di umidità, la temperatura agisce sulla viscosità dell'acqua il che si riflette sulla resistenza meccanica del terreno.
Inoltre la composizione mineralogica delle particelle influenza le caratteristiche del complesso non soltanto per le sue qualità meccaniche, ma anche perché determina un diverso comportamento iniziale nei confronti dell'acqua.
Per la stabilizzazione di un terreno si esegue anzitutto l'analisi granulometrica per conoscere le proporzioni dei componenti del terreno stesso, con il che si ha già un'idea approssimata del suo comportamento. Si eseguono poi le prove per la determinazione delle costanti fisiche (limite liquido, limite plastico, indice di plasticità, limite di contrazione, umidità di campagna, umidità dopo la centrifugazione), dove hanno un ruolo particolarmente importante le qualità delle particelle. Si completa in tal modo il quadro delle qualità del terreno nel suo complesso ed in seguito a ciò, essendo ben note ormai le proporzioni granulometriche e le caratteristiche fisiche dei terreni idonei a fungere da materiale da costruzione stradale, si provvede, se necessario, alle aggiunte di altro terreno fino a raggiungere le caratteristiche fisiche desiderate. Per carreggiate stradali sono molto adoperati i tre seguenti tipi di miscele che si distinguono per le dimensioni massime e per le proporzioni dei componenti:
Le proporzioni di ogni componente sono calcolate in modo che la miscela presenti la minima porosità possibile, riempiendo le particelle più piccole i vuoti tra quelle più grandi; si tratta, come si vede, di proporzioni approssimative per tener conto delle possibili variazioni rese necessarie dalle più o meno spiccate qualità caratteristiche dei singoli componenti. Sulla base dell'esame granulometrico il problema della miscela di un terreno con altri si risolve molto semplicemente per via grafica o analitica. Eseguite tutte le migliorie possibili e rimescolata la miscela fino a renderla il più possibile omogenea, si procede al costipamento del terreno (seconda fase del processo di stabilizzazione), operazione mediante la quale tutte le particelle vengono compresse le une contro le altre, il che incrementa la coesione, che è proporzionale alla entità delle superfici a contatto, e l'attrito interno, che è proporzionale alla entità della pressione che determina il contatto. In tali condizioni il terreno permane se non avvengono infiltrazioni di acqua attraverso i pori: occorre quindi ridurre al minimo la porosità e ciò si può ottenere, appunto come si è detto, con un'appropriata dosatura granulometrica ed una pistonatura che faccia conseguire la massima possibile densità.
Dalle esperienze di R. R. Proctor è risultato che la densità raggiungibile con il costipamento è funzione non soltanto della intensità dell'azione costipante, ma anche del grado di umidità al quale trovasi il terreno; ciò si spiega in base all'azione dell'acqua quale chiaramente risulta dal diagramma nella fig. 16, dovuto alle esperienze di C. A. Hogentogler. Il grado ottimo di umidità, per una certa azione costipante, è quello al quale si ottiene la massima densità; nota quindi l'azione costipante che sarà possibile ottenere dagli attrezzi a disposizione, occorre ricercare in laboratorio e realizzare e mantenere in cantiere appunto il grado ottimo di umidità.
I diagrammi riportati in fig. 18 sono stati disegnati misurando la densità e la resistenza alla penetrazione nel terreno della sonda di Proctor (fig. 17 a) dopo aver eseguito la medesima azione costipante con un pestello standardizzato (fig. 17 b) in una forma cilindrica (fig. 17 c), per ogni grado di umidità. La resistenza alla penetrazione è proporzionale alla resistenza meccanica del terreno stesso; la figura mostra chiaramente che. lavorando al grado ottimo di umidità, si rinunzia in parte alla resistenza a vantaggio della maggiore densità che è garanzia di stabilità, come già detto.
La temperatura influenza la percentuale di acqua corrispondente alla densità massima in quanto ha per effetto una variazione del rapporto acqua adsorbita-acqua libera, nel senso che un aumento di temperatura determina una riduzione di acqua coesiva. Questo è il motivo per cui le stabilizzazioni vanno eseguite preferibilmente di estate.
Talvolta, per far conservare al terreno un giusto grado di umidità, si usa aggiungere alla miscela un sale deliquescente come per esempio il cloruro di calcio; quest'addizione nella misura di circa 1 kg/mq facilita l'ulteriore costipamento dovuto al traffico oltre ad esercitare una benefica azione sulla coesione riducendo gli spessori dei veli adesivi. La stabilizzazione così ottenuta è denominata stabilizzazione meccanica.
Altri metodi di stabilizzazione sono basati sull'accrescimento della coesione naturale mediante l'aggiunta di leganti idraulici o bituminosi in quantitativi variabili fra il 3-4-5% in peso della miscela, il cui compito è anche quello d'impermealizzare la massa dei materiali trattati, così da conservare l'umidità necessaria ed evitare l'infiltrazione di altra acqua. Risultati analoghi si tenta di ottenere mediante l'addizione al terreno di correttivi chimici insolubili e fortemente adesivi, quali ad esempio il silicato di calcio. Il vantaggio pratico di questi altri sistemi è quello di permettere la stabilizzazione dei terreni nei quali il legante naturale, l'argilla, è scarsamente presente o addirittura assente, oltre all'intrinseco vantaggio dell'accrescimento della coesione complessiva e della impermeabilizzazione.
Data l'importanza dei fenomeni di natura elettrochimica e l'influenza della temperatura nei riguardi del legante naturale, riteniamo opportuno accennare ad altri due metodi di stabilizzazione, non molto diffusi, basati, il primo sul passaggio di corrente elettrica nel suolo, mediante l'introduzione di due elettrodi ed il secondo sulla cottura in sito del terreno mediante un forno speciale con bruciatori a nafta montato su autocarro.
Va da sé che anche pei casi di stabilizzazione con l'aggiunta di leganti l'analisi del terreno e lo studio qualitativo e quantitativo sia delle miscele di terra, sia del legante sono premessa indispensabile per la buona riuscita della stabilizzazione: il costo di queste analisi è largamente compensato dal vantaggio di poter usare il terreno stesso come materiale da costruzione.
La tecnica della stabilizzazione, uscita ormai dalla fase sperimentale, si è provveduta di una attrezzatura meccanica che permette di sviluppare in maniera rapida, precisa ed economica le varie fasi del lavoro. Solo così è stato possibile fronteggiare la esigenza di strade in vaste zone di territorio negli Stati Uniti, in Argentina ed in Africa già nel periodo prebellico; notevoli applicazioni si sono anche avute durante la guerra da parte sia dei Tedeschi sia degli Alleati nella costruzione di aeroporti e strade in terra stabilizzata.
Riportiamo a títolo esemplificativo, uno schema di lavoro del genere e l'attrezzatura adoperata: si rimuove il terreno a mezzo dello scarificatore e lo si dispone ai lati della strada con la livellatrice: la fondazione viene costipata mediante il rullo a denti ed ulteriormente con un rullo a ruote pneumatiche, ed infine profilata con alcuni passaggi di livellatrice. Il materiale sulle banchine viene miscelato al materiale d'apporto ed al legante e quindi portato al grado ottimo di umidità mediante spanditrici di acqua oppure, se è eccessivamente umido, mediante l'aratro a dischi o il polverizzatore rotativo. Il rimescolamento della miscela si effettua o sulla carreggiata stessa con la livellatrice o in un rimescolatore mobile. La miscela omogenea viene distesa mediante la livellatrice in strati sottili ed uniformi, e compressa e profilata con gli apparecchi sopracitati.
Le strade in terra stabilizzata, idonee a sopportare un traffico leggero in tutte le stagioni dell'anno, rappresentano una soluzione economica del problema della viabilità secondaria, poiché la duplice economia sui materiali da impiegare e sui trasporti dei medesimi riduce circa della metà il costo della pavimentazione.
Il successo della tecnica della stabilizzazione anche in altre applicazioni come dighe in terra, rilevati, aeroporti, ecc., rende auspicabile l'estensione di studî ed esperimenti del genere.