Vedi TERRACINA dell'anno: 1966 - 1997
TERRACINA (Ταρρακῖνα, Ταρραχίνη, Tarracina, Tarracinae)
Località quasi all'estremo limite meridionale del Lazio, presso il mare Tirreno, al centro di una vasta insenatura compresa fra i promontori del Circeo e di Gaeta; ha alle spalle la catena dei Monti Lepini, che nel loro tratto terminale si spingono fino al mare chiudendo la città dalla parte di mezzogiorno.
Il nome del più antico centro abitato, probabilmente di origine volsca, era Anxur. Dionigi di Alicarnasso (ii, 49), ritiene la città fondata da un gruppo di spartiati fuggiti dalla Grecia per sottrarsi alle riforme di Licurgo. Non mancano ipotesi su un'origine leggendaria della città. Sembra oggi sufficientemente documentata la fondazione volsca di T., che divenne presto, per la favorevole posizione geografico-militare, uno dei baluardi del sistema difensivo delle popolazioni volsche contro l'offensiva romana per la conquista del Lazio meridionale. Livio (iv, 59) parla dettagliatamente dell'espugnazione di T. da parte dei Romani (406 a. C.) e delle successive alterne vicende fino alla deduzione, nel 329 a. C., di una colonia maritima civium Romanorum, forte di trecento coloni, cui venne dato il nome di Colonia Anxurnas aggregata, in seguito, alla tribù Ufentina (318 a. C.). Nel 315 a. C., T. fu teatro della guerra fra Sanniti e Romani presso la rupe di Lautulae. Consolidatosi il dominio romano, la città- nella quale, frattanto, il nome latino di Tarracina aveva preso il sopravvento sul volsco Anxur- cessò di aver importanza militare, mentre si accrebbe quella commerciale a causa della sua favorevole posizione al confine tra Lazio e Campania a cavallo di una grande via di comunicazione con il mezzogiorno d'Italia quale era l'Appia costruita da Appio Claudio Crasso Caecus nel 314-12 a. C. La via Appia attraversava T. nella parte alta passando poi sul Monte S. Angelo (Neptunius), per ridiscendere a mare oltre la strozzatura dei Lepini, non ancora interrotti, in quel tempo, dal taglio del Pisco Montano (v. oltre). Una prima sistemazione urbanistica della città dovette aversi in età sillana; testimonianza precipua di tale sistemazione, il complesso delle sostruzioni del Tempio di Giove sul monte S. Angelo. In un solo caso, al tempo delle lotte fra i partigiani di Vitellio e quelli di Vespasiano, la città tornò ad assumere importanza militare, essendo conteso il possesso del suo porto dalle opposte fazioni; Tacito (Hist., iii, 57 ss.) parla distesamente dell'espugnazione e della distruzione della città in quell'occasione. In età traianea si ebbe un grande rinnovamento edilizio: fu mutato il percorso dell'Appia, che attraversa ora la città bassa escludendo il passaggio in montagna e proseguendo lungo il mare oltre i Lepini grazie al taglio del Pisco Montano e fu costruito un porto più grande con nuovi moli. Assai importante dovette essere anche la trasformazione edilizia solitamente ascritta all'età severiana: in questo periodo è ormai completamente attuato lo spostamento in pianura dell'asse commerciale della città lungo la via Appia traianea e la nuova via Severiana che congiungeva Ostia con T. attraverso il Circeo. Nessun avvenimento degno di nota nei secoli seguenti, se si prescinde da un modesto risveglio edilizio nel tardo Impero con rafforzamento delle mura e costruzione di fortificazioni.
Scarsi i reperti preistorici finora messi in luce.
La Anxur volsca occupava certamente la zona dell'acropoli del Castello e la parte immediatamente vicina, tagliata da un decumano corrispondente, approssimativamente, al tracciato posteriore dell'Appia più antica. Nel primo periodo della conquista romana venne incluso nel giro delle mura anche il colle S. Francesco e fu attuato un consolidamento delle fortificazioni con struttura ciclopica e poligonale. Nella tarda età repubblicana il perimetro della città si allargò ulteriormente includendo a N-E il Monte S. Angelo e giungendo da O, quasi alla pianura (Porta Romana); appartiene a questo periodo il complesso delle mura di età sillana, conservate ancora per gran parte, mentre la via Appia, nel tratto compreso entro le mura, continuò ad assolvere la funzione di decumano. Venuti meno in età imperiale i motivi difensivi che avevano limitato l'espansione della città alle sole parti alte, ed essendosi notevolmente incrementati i traffici marittimi, T. iniziò un movimento di espansione urbanistica in direzione della pianura e del mare. In conseguenza di ciò, si ebbe il taglio del Pisco Montano e la rettificazione dell'Appia per evitare il lungo e disagevole passaggio in montagna, si costruì una nuova via commerciale, la Severiana, per unire il porto di Ostia con quello di T., si creò un nuovo Foro, precipuamente commerciale, ai piedi della città alta e si allargò il porto. L'approvvigionamento idrico di T. era assicurato in un primo tempo da una sorgente locale, la Fontana Vecchia, e da una serie di conserve d'acqua parzialmente superstiti; in seguito, forse in età sillana, si costruì l'acquedotto di Feronia che seguiva, più o meno, il percorso dell'Appia più antica; in età imperiale si aggiunsero un modesto acquedotto proveniente dal Monte S. Stefano ed uno grandioso che proveniva dalla località S. Lorenzo nell'alta valle dell'Amaseno, distante quasi km 60 e che penetrava in T. dalla parte del Castello.
Zona del Foro cosiddetto Emiliano: la piazza Municipio occupa il sito stesso del più antico Foro di T., la cui pavimentazione è ancora, per gran parte, quella fatta eseguire nella prima età imperiale da Aulo Emilio; sorge su un sistema di poderose sostruzioni ad arcate prospicienti il mare e costituite da ampî corridoi in opus reticulatum nella parte esterna, in opus latericium in quella interna. Varie piante degli edifici terracinesi ci ha conservato Baldassarre Peruzzi; in particolare per quelli prospettanti sul Foro, abbiamo un disegno che presenta, sul lato corto verso N-O una costruzione su alto podio segnata come Tempio di Apollo; essa corrisponde esattamente alla odierna cattedrale di S. Cesar o, eretta, intorno al XIII sec., sui resti, ancora per gran parte visibili, di un tempio di età augustea cui appartenevano certamente le colonne che dividono l'interno della cattedrale in tre navate (secondo un'ipotesi antiquaria basata su una dubbia testimonianza epigrafica il tempio sarebbe stato dedicato a Roma ed Augusto). La citata pianta del Peruzzi mostra, sul lato lungo opposto al mare, un edificio periptero absidato, che può ben corrispondere a quello che sta venendo in luce negli scavi di questi ultimi anni, che hanno restituito in quel punto anche un tratto della via Appia ed un edificio con fronte a colonne eretto su basso podio a tre gradini. Durante i lavori per la ricostruzione del Palazzo del Comune, è venuto in luce un edificio simmetrico a quello ricordato, del quale è conservato il podio a tre gradini con parte di un muro in opus reticulatum, ora inglobato nell'atrio del palazzo comunale. Nessuna traccia, invece, dell'altro edificio segnato dal Peruzzi nel lato S-E del Foro; se pure qualche parte è rimasta, essa è inclusa nelle vecchie costruzioni che occupano attualmente la zona; si trattava, probabilmente, della basilica forense, che completava da questa parte il prospetto architettonico della piazza, affiancandosi ad un arco marmoreo quadrifronte che costituiva l'ingresso monumentale al Foro dalla parte della Campania, e che tuttora si conserva, nella salita dell'Annunziata, insieme a parte del lastricato dell'Appia che vi passava sotto. Oltre il Palazzo Venditti, si vedono i resti di un edificio a tre celle, il cosiddetto Capitolium, discretamente conservato e rimesso totalmente in luce dopo che le distruzioni belliche lo avevano liberato dalle superfetazioni moderne; costruito in opus reticulatum con conci di due colori, è datato comunemente al tempo del II triunvirato. Immediatamente alle spalle del Capitolium, un tratto di strada romana (forse i resti di un'antica correzione del percorso dell'Appia) ed alcuni muri radiali, che inducono a localizzare in questa zona il teatro romano.
Zona del Foro cosiddetto Severiano: è denominazione impropria, essendosi iniziato lo sviluppo della zona fin dalla prima età imperiale; il taglio del Pisco Montano, la correzione dell'Appia, la costruzione della Via Severiana, ne fecero, in seguito, un centro commerciale assai importante; per tali ragioni, le costruzioni mantennero sempre nella zona un carattere scarsamente monumentale, in contrasto con il carattere nobile degli edifici del vecchio Foro; i suoi limiti sono stati riconosciuti a fatica fra le pendici della collina della città alta e l'Appia traianea, non lontano dalla località Fontana Vecchia.
Borgo della Marina: questa zona occupa tutta la parte della città compresa fra l'Appia traianea ed il mare; in essa si notano, non lontano dal ponte S. Salvatore, i resti dell'Anfiteatro in opus reticulatum del I sec. (asse maggiore circa m 90, asse minore circa m 68). Più verso il mare, in direzione del Viale della Vittoria, si trovano i ruderi di uno dei grandi stabilimenti termali della città: le cosiddette Terme delle Arene, in opus reticulatum con ricorsi di mattoni, di età antoniniana. Le altre grandi terme, le cosiddette Neptuniae, sono all'estremità S-E della città, presso il Pisco Montano, e presentano una pianta assai complessa con numerosi ampliamenti e ricostruzioni in età comprese fra il I ed il III sec. d. C. Il porto di T. esisteva certamente già in età volsea ed andò poi interrato trovandosi in una zona bassa ed argillosa; la sua ricostruzione si deve, secondo i dati della tradizione classica (Hist. Aug., Ant. Pius, 8, 3) ad Antonino Pio; a Traiano, secondo la tradizione antiquaria. Quale che ne sia stato il sistematore, il porto- che corrisponde allo sbocco in mare dell'attuale Linea Pio- constava di un molo in direzione E-O e di un altro (angolato di circa 1040 rispetto al primo), orientato N-S, sul quale si inseriva un braccio semicircolare, alla cui estremità era, probabilmente, l'isola del Faro. Le strutture superstiti mostrano una tecnica in opus reticulatum nelle parti esterne, in opus mixtum in quelle interne.
Santuario di Giove Anxur: sorge sulla cima del Monte S. Angelo (m. 210), su una platea ricavata in parte dallo spianamento della vetta, in parte ottenuta impostando sul pendio, dalla parte S-O, una serie di dodici maestose arcate su pilastri, in opus incertum di età sillana, all'interno delle quali correva un alto corridoio centinato, con un vasto ambulacro parallelo adiacente. Sulla terrazza si conservano i resti del tempio di Giove Anxur orientato secondo il solito, N-S, che constava di una cella quadrangolare sui cui muri perimetrali si appoggiavano sei semicolonne corinzie per ciascun lato; la cella era preceduta da un profondo pronao con quattro colonne sui lati e sei sulla fronte. Alle spalle del tempio, un portico rettangolare che conserva ancora tracce dell'intonaco dipinto. Ad E del tempio, una roccia ricoperta in parte di muratura, cava internamente e con un foro al centro, doveva essere la sede dell'oracolo; presso questa, è stata rinvenuta una favissa, che ha restituito numerosi ex voto, ora in gran parte dispersi. Su un piazzale sopraelevato rispetto alla terrazza del tempio, ed a N di questo, era un campo trincerato circondato da una doppia serie di muri ed occupato ancora in età tarda, come mostra la presenza di una torre e di una piccola costruzione medievali. Ad E del tempio di Giove e non lungi da questo, il complesso del cosiddetto piccolo tempio, costituito da un corridoio ricavato all'interno di una serie di nove arcate (di cui cinque conservate), ed affiancato da un ambulacro; l'opera è stata costruita con una tecnica piuttosto rozza, che imita l'opus incertum e sembra debba datarsi, come il resto del complesso, all'età sillana. Si notano ancora resti di pittura parietale romana del I sec. del cosiddetto primo stile pompeiano. Il complesso appare concepito secondo criterî scenografici prettamente ellenistici, come è proprio dell'architettura romana di età sillana, che può ben considerarsi, per gran parte, architettura ellenistica su suolo italico. La via Appia, nel suo percorso più antico, dalla collina di S. Francesco si arrampicava sul Monte S. Angelo ed era protetta da una imponente fortificazione ancora ottimamente conservata per larga parte: sono visibili, lungo il monte, nove torri, larghi tratti di camminamento e la porta meridionale affiancata da due possenti torri quadrate. Sulla base dei rinvenimenti archeologici e dell'interpretazione delle fotografie aeree, è possibile farsi un'idea dell'impianto urbanistico della città, che era del tipo ortogonale. Sono stati individuati con sicurezza il decumano maggiore (la via Appia consolare nel tratto tra la Porta Romana e le propaggini del Monte S. Angelo) ed un cardine (ad O del cosiddetto Capitolium). Un secondo decumano ed un secondo cardine si è creduto di riconoscere con qualche sicurezza rispettivamente a circa m 50 a S del primo decumano ed a circa m 0,70 ad O del primo cardine. Nella vallata, in località Monticchio ed in località Salissano, si è creduto di riconoscere il sito della centuriazione, condotta dai trecento coloni romani stanziati a T. nel 329 a. C. Ai numerosi resti di ville romane, molte delle quali di non piccola importanza monumentale, si aggiunge oggi la chiara evidenza offerta dalle prospezioni aerofotografiche.
Museo: fu fondato, come Museo Civico, nel 1894, da P. Capponi, con un primo nucleo di materiali provenienti dagli scavi del santuario di Giove Anxur; si aggiunsero, in seguito, le donazioni delle maggiori famiglie terracinesi (Antonelli, Matthias, Narducci), ed i rinvenimenti nella città. Il riordinamento delle collezioni è avvenuto nel 1959 con la separazione dei materiali antichi da quelli moderni, e la creazione di un Museo Archeologico. Ricordiamo, fra le opere più importanti un ritratto di sovrano ellenistico, una replica dello Pseudo-Seneca, alcuni ritratti di personaggi giulio-claudi, repliche del Satiro Anapauòmenos di Prassitele, della Melpomene e della Tersicore del gruppo già di Philiskos, numerose epigrafi, tra cui una con un elenco di coloni romani stanziati in T., ed un'altra facente riferimento ad un edificio fatto erigere da Traiano in T. nel 109 d. C. Nel Museo Nazionale Romano si conserva una lastra marmorea (la cui autenticità, peraltro non è del tutto certa) da T. con un rilievo raffigurante un imperatore (Traiano?) assiso che presenzia alla costruzione, con l'ausilio di un argano, di un'opera in grossi blocchi di pietra (il Faro?). Ricordiamo, infine, che proviene da T. la celebre statua del Sofocle lateranense (v. fig. 486).
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