TERRACINA (A.T., 24-25-26 bis)
Città del Lazio meridionale (prov. di Littoria) sul Tirreno, situata nella parte più interna dell'insenatura lunata tra il Circeo e la Punta di Gaeta, al piede dell'estremo sprone meridionale dei Monti Lepini digradante ripidissimo sul mare; in questo punto sbocca sul Tirreno la Via Appia. La parte vecchia della città, la Terracina medievale, è sulle ultime pendici della montagna; è recinta da solide mura, che in parte sorgono sulle costruzioni a blocchi poligonali della città volsca; tra le mura s'intercalano robuste, grandiose torri. Le strade strette e tortuose salgono talora ripidamente; le case hanno conservato spesso la struttura medievale, con scale esterne e finestre a bifore ogivali. Centro è la quadrangolare Piazza del municipio.
La parte moderna, detta Borgo, è stata iniziata da Pio VI, che ha dotato Terracina di un porto-canale allo sbocco della Linea Pio (v. pontina, regione), e si sviluppa lungo la Via Appia, rettilinea fino al mare, intercalata dalla Piazza Garibaldi col monumento ai caduti di D. Cambellotti e dalla vasta Piazza Vittorio Emanuele con una bella fontana. Sboccando sul mare, l'Appia prosegue incidendo l'estrema rupe dei Lepini, a picco per quasi 100 m. s. m. (Pisco Montano). con un enorme taglio verticale (36 m. di altezza) fatto eseguire da Traiano. Oltre il Canale di Navigazione, si stende un sobborgo balneare con ville, e poi il Borgo Marina, tipico sobborgo di marinai (molti sono Napoletani), formato di casette con solo pianterreno. Infine un altro sobborgo è sorto di recente presso la stazione ferroviaria, che è invece nell'interno a 1 km. dal centro; vi termina la linea che collega Terracina alla direttissima Roma-Napoli e a Roma.
Il porto attuale è costituito dall'ultimo tratto del Canale di Navigazione di Pio VI, che è in curva ed è protetto da un molo sporgente in mare.
Terracina gode di un clima mitissimo d'inverno, essendo protetta a nord dai monti e aperta verso sud: da ciò la vegetazione tipicamente mediterranea, con palme, fichi d'India, agrumeti rigogliosi, che ne costituisce una delle principali attrattive.
Terracina ebbe modesta importanza nel Medioevo; nel 1656 aveva appena 1500 ab. e nella prima metà del sec. XVIII si mantenne fra 2200 e 2400. Il suo incremento data dal tempo di Pio VI ed è connesso con i grandiosi lavori della bonifica pontina e la creazione del porto-canale e del borgo. Nel 1787 aveva 3861 ab.; nel 1816, 4073; nel 1853, 5882; nel 1871, 7376; nel 1901, 11.310; nel 1931 aveva 18.526 ab., dei quali 13.454 nel centro, che si è accresciuto per piccole colonie venute dai paesi dei Lepini e concentrate in piccoli aggruppamenti (p. es., una colonia di Vallecorsani).
Il comune è ampio 137,5 kmq. e comprende una parte orientale, costituita dalla montagna lepina, brulla, con magri pascoli, e una parte occidentale, compresa nella bonifica pontina, oggi in massima parte coltivata e sparsa di case coloniche: i prodotti principali sono grano, vino (moscato di Terracina), ortaggi (pomodori), agrumi. È rimasta intatta una parte della bella selva di Terracina. Il porto di Terracina ha qualche movimento per l'esportazione di prodotti agricoli, legname, carbone.
Monumenti. - Gli avanzi più notevoli sono quelli del tempio di Giove Anxur sull'acropoli; esso è fondato sopra una vasta platea sostenuta verso il mare da un basamento composto di 12 grandi archi e di un criptoportico lungo m. 60 e largo m. 3,55; il tempio, di cui resta solo il podio, era esastilo, pseudo-periptero e aveva a fianco un altare per i responsi dell'oracolo. Ben conservata è tutta la cinta di mura dell'acropoli in opera incerta dell'età sillana, come anche quella della città, che risale forse ad età anteriore al dominio di Roma, con restauri di varie epoche fino al tardo impero.
Intorno al Foro restano rovine del cosiddetto Capitolinum, cioè del tempio principale che si ammira per l'austera architettura repubblicana, mentre la cattedrale è fondata sul tempio di Roma e di Augusto, il cui alto basamento rivestito di marmo appare per due lati sotto il muro moderno con parte della cella e delle favisse. Il Foro poggia sopra una terrazza che digrada verso ponente per mezzo di ampie sostruzioni artificiali coperte a vòlta.
Nella città bassa, si delinea ancora intera la sagoma circolare dell'antico porto con i suoi magazzini, mentre più nell'interno della riva appaiono i resti di due grandi stabilimenti termali, uno presso il Pisco Montano e l'altro in località detta La Marina; poco oltre sono i ruderi dell'anfiteatro, opera dei primi tempi dell'impero, di varie costruzioni private e di una grande villa a fianco della via costiera che mena al Circeo, villa che appartenne forse all'imperatore Domiziano. Nei dintorni immediati sono assai frequenti gli avanzi di ville, rustiche e signorili, alcune di remota antichità come quelle situate nelle località Monticchio e Salissano, costruite in opera poligonale; suggestivo è il tratto della Via Appia che per tre chilometri dalle sorgenti di Feronia conduce alla città, fiancheggiato da sepolcri e fino a pochi anni fa col selciato interamente a posto; esso riprende poi dalla parte opposta dell'abitato, per salire la cresta del Monte Nettunio e discendere nuovamente al piano, in vista del Lago di Fondi.
La cattedrale di S. Cesario sorge sul tempio di Roma e di Augusto dinnanzi all'antico Foro su ampia gradinata, conservando, malgrado i restauri del Settecento, la struttura generale del tempo della sua consacrazione (1074) e molte parti aggiuntevi da quella scuola campana che nei secoli XII-XIV giunse fino a oltrepassare i confini dello stato romano.
Un portico a colonne, restaurato di recente dalla Soprintendenza ai monumenti del Lazio, precede le tre navate in cui si ammirano pregevoli opere d'arte, come un pavimento di opera tessellata, un ambone su cinque colonne avente a lato il candelabro in forma di colonna tortile e tre ciborî d'altare nel fondo delle navate. Il campanile di laterizî ha ricca veste di loggiati ciechi.
I monumenti che seguono cronologicamente il duomo risentono tutti del poderoso influsso della scuola di Fossanova. La chiesa di S. Domenico da Sora edificata nei primi decennî del sec. XIII, benché abbia subito rovinose trasformazioni interne, conserva tre cappelle gotiche nel presbiterio e una rustica facciata simile a quella della chiesa abbaziale di Valvisciolo. La piccola chiesa dell'Annunziata, a una navata, ha un modesto portale di maestro Andrea di Piperno. Notevoli avanzi di pitture votive si possono vedere nella diruta chiesa di S. Antonio. Il castello sorgente sull'antica arce di Terracina, passato dalla dominazione comunale a quella dei Frangipane, si presenta come un disordinato insieme di torri sporgenti dal corpo massiccio malamente ridotto a casa di abitazione. Moderna è la grande chiesa di S. Salvatore alla Marina, opera insigne dell'architetto Antonio Sarti eseguita nello stile neoclassico del principio dell'Ottocento. Nell'interno un bel gruppo in marmo di Cincinnato Baruzzi, rappresentante la Pietà.
Oggi in Terracina è stato riordinato un importante museo civico ricco di cimelî artistici di più epoche.
V. tavv. LXXXIX e XC.
Storia. - Terracina (lat. Tarracina) fu già la capitale dei Volsci, al limite meridionale del loro territorio. Nella lingua locale si chiamò Anxur, dalla divinità protettrice, Giove Fanciullo. Dionigi (II, 49) riferisce la fondazione della città a un gruppo di Spartiati, i quali, per sottrarsi alle riforme di Licurgo, vennero in Italia e sbarcarono nelle Paludi Pontine.
Notizie sicure della città abbiamo soltanto quando essa venne a contatto con Roma per difendere la propria indipendenza secondo la tradizione. Nel 406 un esercito romano comandato da Fabio Ambusto, attaccò la città e la prese a viva forza; quattro anni dopo Terracina si ribellava e cacciava il presidio militare, ma veniva subito rioccupata e saldamente tenuta per l'importanza della sua posizione a dominio della via che conduceva verso la Campania, munita poi da Appio Claudio nel 312 a. C.
Nel 329 vi fu inviata una colonia di 300 cittadini, i quali ricevettero due iugeri per ciascuno e la città prese il nome di colonia Anxurnas, nome che fu in seguito sostituito dal romano Tarracina; nel 318 fu iscritta nella tribù ufentina.
La vita della colonia non offre fatti di particolare importanza, all'infuori di un considerevole rinnovamento edilizio che si riscontra nell'età sillana, dopo il tumultuoso periodo delle guerre civili. A causa della sua posizione e del suo agevole porto allo sbocco del canale che raccoglieva le acque dell'Ufente e dell'Amaseno, già stagnanti nella palude, la città divenne nell'impero una delle più fiorenti del Lazio e si sviluppò verso la marina con la costruzione di un ampio porto, progettato da Traiano per facilitare l'approdo fra Ostia e Gaeta. Nel 69 d. C. la città fu occupata da Claudio Apollinare e da Claudio Giuliano, ribellatisi a Vitellio con reparti della flotta misenate, rinforzati da una coorte urbana e da un certo numero di gladiatori. Vitellio mandò contro la città suo fratello con 6 coorti e 500 cavalieri; questi la prese con l'inganno e fece strage dei difensori.
Ristabilito l'ordine da Vespasiano, la città fu restaurata da Traiano e dagli Antonini e fu dotata di un nuovo acquedotto che vi condusse l'acqua dalle sorgenti dell'Amaseno.
Negli ultimi secoli dell'impero Terracina restò entro i limiti della cerchia antica, sui dossi del colle. La fede cristiana ha in Terracina tradizioni apostoliche; ma il primo vescovo di cui si abbia notizia certa è Sabino, presente al concilio di Roma dell'anno 313. Le invasioni barbariche prima, e le piraterie dei Saraceni dopo, colpirono gravemente la vita della città che, per la sua posizione lungo il mare, serbò stretti legami col ducato bizantino di Napoli. Ma con lo stabilirsi di un dominio saraceno alle foci del Garigliano, lo sbarramento montuoso di Terracina riprese la sua funzione di porta del Lazio; e la città legò le sue sorti a quelle del Patrimonio di S. Pietro (anno 882). Nella cattedrale di Terracina fu eletto nel 1088 Urbano II e da Terracina Pasquale II denunciò gli accordi con Enrico V nel 1111. In quest'epoca Terracina ebbe notevole autonomia comunale, gelosamente difesa dai pontefici che la sostennero contro i Frangipane e che sempre in seguito la fecero oggetto d'importanti provvidenze (Bonifacio VIII progettò una bonifica pontina; Sisto V ebbe in animo di spostare l'abitato sul Monte Sant'Angelo e scavò il Canale Sisto; Pio VI scavò il Canale Pio, ecc.). Annessa dai Francesi nel dipartimento del Circeo, Terracina insorse nel luglio 1799, ma venne sopraffatta dal generale L. Lemoine l'11 agosto dello stesso anno.
Per quel che riguarda la prosperità cittadina, si deve alle cure del governo pontificio se il territorio suburbano venne reso abitabile; e ai piedi della vetusta città sorse per opera di Pio VI il Borgo Marina, che in seguito prese aspetto di abitato cittadino vero e proprio. E fu possibile dare impulso all'agricoltura (uva, aranceti, ortaglie).
Bibl.: A. Rossi, Terracina e la palude pontina (Coll. Italia artistica, n. 67), Bergamo 1912; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I: Il Medioevo, Torino 1927; Corpus Inscr. Lat., XIV, p. 623 segg.; De la Blanchère, Terracine. Essai d'histoire locale, Parigi 1883; G. Lugli, Forma Italiae, I, i: Anxur - Tarracina, Roma 1926 (con la bibliografia precedente).