COMUNE, Terra di
Incerte e confuse sono le notizie sulla lega comunale che, in Corsica, assunse questo nome, esteso anche ad indicare tutta la regione chiamata pure Cismonti. Un passo del còrso Pietro Cirneo (v.), in sé esatto ma cronologicamente spostato, è la causa principale per cui si sono ritenute possibili, al principio del sec. XI, una rivoluzione antifeudale e una lega comunale, e si sono portate al 1017 la rivolta di Sambucuccio d'Alando e l'assemblea di Morosaglia, mentre, come appare certo dalle più recenti ricerche, ordinamenti comunali sono nati in Corsica solo più tardi. Dopo progredita la vita economica locale, fattisi più frequenti gli scambî con il continente, penetrati nell'isola gl'influssi specialmente di Pisa e delle sue istituzioni, solo allora le città della costa orientale e alcune delle più popolose ville dell'interno ebbero un ordinamento a comune, che riproduce esattamente le forme del diritto italiano (v. corsica: Storia). Di fronte all'anarchica prepotenza dei feudatarî, una rivoluzione nettamente antifeudale, capitanata nel 1359 da un uomo di popolo, Sambucuccio d'Alando, appoggiandosi al comune di Genova e specialmente al suo saggio doge Simone Boccanegra, riesce dopo molte lotte ad organizzare uno stabile governo a base comunale, formando una lega dei Comuni e delle Pievi, dalla quale venne al Cismonti il nome di Terra di Comune. Naturale e spiegabile questo sviluppo comunale della regione meno alpestre, più popolosa e più vicina al continente; ne furono accentuate le differenze col resto dell'isola rimasto prettamente feudale: principio di ulteriori insanabili dissidî.
Per quanto il nome permanga, il fenomeno della libera e ferrea organizzazione della Terra di Comune, governata da un consiglio centrale e assistita per l'amministrazione della giustizia da un vicario forestiero, scompare presto, appena vien meno la mano forte del suo ordinatore e i Genovesi, discordi, abbandonano la politica del Boccanegra. Ma la ragione prima del crollo è interna, e proviene dagli stessi funzionarî eletti dai consigli e dalle federazioni dei comuni, con l'ufficio di difendere l'interesse del popolo. Podestà, consoli e consiglieri affidavano a uomini armati, detti caporali, la difesa del paese e la protezione contro gli abusi dei signori feudali. Ma, nel venir meno di una forza centrale, i caporali che abitavano nei luoghi più muniti non tardarono a far ereditario l'ufficio e a valersene per angariare le popolazioni sottoposte. Sorgeva cosi nei villaggi fortificati una nuova classe di dominatori, somigliante ai feudatarî e non meno facinorosa, che i cronisti considerano la peste del paese. Tutta la regione tra Aleria e Calvi e tra Brando e Corte, continuò ancora a chiamarsi Terra di Comune e vi rimasero vive le tradizioni comunali nei singoli villaggi; ma se in qualche momento, come al tempo del secondo Sambucuccio (1466), parve ricostruirsi la lega dei comuni, una vera forma organica non si ebbe più. Prevalse invece la "maona", prima dei Lomellini, poi dei Campofregoso; si ebbero le infinite lotte sanguinose e il prepotere violento dei caporali rissosi.
Bibl.: Ambrosi, Histoire des Corses, Bastia 1914; A. Solmi, La Corsica, in Archivio storico di Corsica, I (1925), n. 1.