TERPENI
. Gruppo d' idrocarburi naturali, isomeri, della composizione C10H16, che si trovano negli olî eterei (e anche in certi petrolî). Il nome, proposto da A. Kekule (Lehrb. d. org. Chemie, II, p. 464), ricorda che le prime osservazioni intorno ad essi furono fatte sull'olio di trementina (ted. Terpentinöl). Costituiscono il gruppo: idrocarburi a catena aperta con tre doppî legami (terpeni aciclici o alifatici); idrocarburi con un nucleo esacarbonico e due doppî legami (t. monociclici o idroaromatici); infine, idrocarburi con due nuclei condensati e un doppio legame (t. biciclici). Sono, quindi, composti che, sistematicamente, si ricollegano alcuni alle olefine, altri, e sono i più numerosi, agl'idrocarburi ciclici polimetilenici; tuttavia, si usa trattarli a parte per la comunanza dell'origine, la somiglianza delle applicazioni, delle proprietà chimiche e fisiche, per la facilità con la quale si trasformano l'uno nell'altro o negli stessi derivati, infine per la loro relazione con le canfore, composti ossigenati anch'essi contenuti negli olî essenziali. Tutto ciò ha la sua intima causa nella somiglianza strutturale: i dieci atomi di carbonio nei terpeni formano queste sei catene:
È facile rilevare che nelle prime quattro catene cicliche si ripete quella aciclica con i suoi due spezzoni uguali
Infatti, la II, para-mentanica, può ricavarsi dalla I, collegando gli atomi segnati con l'asterisco mentre le catene III, sabinanica, IV, caranica e V, pinanica, si possono ricavare dalla II, collegando gli atomi 2 e 4, o 3 e 8 o 2 e 8. Quanto alla catena VI, presente in un importante composto, il canfene, essa si può ricavare dalla canfanica
di cui è evidente la relazione con la para-mentanica. Dall'essenza di Pinus silvestris è stato ottenuto per precipitazione con acido cloridrico gassoso un idrocarburo che, eccezionalmente, contiene la catena meta-mentanica, il silvestrene; ma la sua esistenza in natura si pone in dubbio, dopo che dalla medesima essenza, recentemente, si sono separati due terpeni caranici che, sotto l'azione dell'acido cloridrico, si trasformano in esso.
Lo spezzone
appare nella pirolisi di molti terpeni sotto forma d'isoprene:
viceversa, per polimerizzazione di quest'ultimo, si possono ottenere artificialmente dei terpeni, per es. il limonene. Ciò ha fatto pensare a un'origine comune di questi idrocarburi C10H16 dall'isoprene, composto che tuttavia non è stato trovato in natura, o anche (Francesconi, 1925) da composti con lo stesso scheletro carbonico, come l'alcool isoamilico
che si produce nelle piante. Stando alla prima ipotesi i terpeni s'imparentano con i sesquiterpeni C15H24 e (più raramente) C15H26 o C15H22 e i politerpeni C20H32, C30H48... fino al caucciù di peso molecolare ignoto, prodotti tutti della biochimica vegetale che, secondo Růžička, sono anch'essi da ritenersi generati dalla polimerizzazione dell'isoprene.
L'isomeria di struttura nel gruppo dei terpeni è dovuta, anzitutto, alle suddette diverse forme dello scheletro carbonico, poi alle diverse posizioni che i doppî legami possono occupare in ognuno dei sei scheletri. Sembra che in natura si produca solamente una piccola parte degl'isomeri prevedibili; infatti, in oltre cinquant'anni di esame delle essenze di numerosissime piante, appartenenti alle più diverse famiglie, ne sono stati riconosciuti una quindicina su circa 70. Il loro studio e quello delle canfore ha permesso d'ottenere artificialmente alcuni degli altri isomeri. L'isomeria di struttura si accompagna a quella spaziale. Alcuni terpeni monociclici contengono un atomo di carbonio asimmetrico e, in accordo con ciò, appaiono, nelle piante, come uno o l'altro degli antipodi ottici, come racemici e spesso, anche, come una miscela di questi ultimi con uno dei primi. I terpeni biciclici contengono, tutti, due o tre atomi di carbonio asimmetrici; nelle piante non appaiono nei singoli isomeri ottici, ma in miscele attive o inattive di essi. I terpeni, per la loro natura olefinica o ciclica, dovrebbero anche esistere, ognuno, in varie forme geometriche: su tale argomento, tuttavia, nulla ancora è stato accertato.
I terpeni, ad eccezione del canfene, sono tutti liquidi; gli aciclici distillano intorno ai 170°; i monociclici distillano a temperature comprese fra i 170° e i 180°; i biciclici, a temperature fra i 155° e i 170°. La grande vicinanza dei punti d'ebollizione rende impossibile, nella maggior parte dei casi, la perfetta separazione, con la distillazione frazionata, dei componenti dei miscugli terpenici che appaiono negli olî essenziali. Per tale motivo, per avere gl'idrocarburi C10H16 allo stato di purezza, si ricorre, ogni volta che si può, alla loro rigenerazione da derivati opportunamente scelti; tenendo poi presente che i terpeni tendono a polimerizzarsi, a racemizzarsi, ad autoossidarsi, per raggiungere il suddetto scopo occorre anche evitare il lungo riscaldamento, l'azione della luce, dell'aria, ecc. La purezza è necessaria per la determinazione delle costanti, punto d'ebollizione, potere rotatorio, densità, indice di rifrazione, con le quali si sogliono caratterizzare fisicamente i terpeni e di cui le ultime due servono, inoltre, per il calcolo della rifrazione molecolare, valore che nello studio di queste sostanze è stato spesso utilizzato per stabilire il numero dei doppî legami in esse presenti e, talora, anche a dare indizio dell'esistenza di un anello tricarbonico in un composto biciclico.
Il comportamento chimico dei terpeni, grosso modo, assomiglia a quello degl'idrocarburi etilenici, così che in qualche trattato si paragona a quello dell'amilene (CH3)2 • C = CH • CH3; difatti essi addizionano gli alogeni e i loro idracidi, l'acqua, il cloruro di nitrosile, l'anidride nitrosa, l'ipoazotite, l'acqua ossigenata, l'ozono, l'idrogeno, ecc., si autoossidano, si polimerizzano, si isomerizzano. Quanto alle addizioni, però, bisogna subito dire che, mentre negl'idrocarburi etilenici esse sono sempre dovute alla saturazione di doppî legami, nei terpeni e precisamente nei biciclici, con alcuni reattivi, si possono avere anche per rottura di legami semplici fra carbonio e carbonio. In questi composti, cioè, l'addizione può rompere anche i "ponti" ossia quelle tre catene carboniche o quelle due catene e un legame diretto che in un composto biciclico uniscono due atomi di carbonio comuni ai due cicli. Pertanto, nel sabinene l'addizione rompe anche il ponte formato dal legame diretto 2-4; nei pineni, il ponte
fra 2 e 8; nei careni, ancora questo ponte, sia fra 3 e 8, sia fra 4 e 8; nei primi tre casi si formano derivati dallo scheletro para-mentanico, nell'ultimo, derivati da quello meta-mentanico.
L'addizione degli alogeni avviene facilmente, per i soli doppî legami, con risultati circa quantitativi: facendo, quindi, agire il bromo su un dato peso di un terpene sino a pronta decolorazione si possono contare i doppî legami stessi. I prodotti della reazione, cosiddetti bromuri, sono ordinariamente sostanze ben cristallizzate, cui spesso si ricorse per caratterizzare i terpeni. L'addizione degl'idracidi dà risultati diversi secondo le condizioni d'ambiente: in ambiente anidro, con i terpeni monociclici, si compie su uno solo dei doppî legami, con i biciclici si compie sull'unico doppio legame ed è spesso seguita, come nel caso del pinene e del canfene, da un'isomerizzazione dello scheletro carbonico. In presenza d'acqua (umidità) con i terpeni monociclici affetta i due doppî legami; con i biciclici, sabinene, careni e pineni, oltre che alla saturazione della lacuna, conduce alla rottura di un ponte. I cloro-, bromo- e iodoidrati, che per tali vie si formano, sono molte volte ben cristallizzati e possono servire per riconoscere i terpeni. L'addizione dell'acqua avviene per catalisi degli acidi minerali diluiti e porta sia alla rottura dei doppî legami, sia a quella dei ponti: l'ossidrile va ad occupare lo stesso posto che prende l'alogeno nel caso dell'addizione degl'idracidi, per cui gli alcoli che ne risultano sono gli stessi che si possono avere per idrolisi dei cloridrati o bromidrati. Come si vede, le reazioni con gl'idracidi o con l'acqua non possono, da sole, servire per la determinazione del numero dei doppî legami. Né per questo scopo si può utilizzare l'addizione del cloruro di nitrosile o degli ossidi d'azoto N2O4, e N2O3 poiché, sia i terpeni monociclici, sia i biciclici ne impegnano una sola molecola, che anche nei secondi rompe un doppio legame. Si formano i cosiddetti bisnitroso-cloruri, bisnitrosati e bis-pseudonitrositi, solidi, ordinariamente poco solubili in alcool o in etere. Per riscaldamento in soluzione si depolimerizzano, formando ossime di canfore contenenti un atomo di cloro o il residuo − O • NO2, le quali si prestano a molte reazioni. È stata molto sfruttata la loro proprietà di sostituire il cloro e il gruppo azotato con i residui dell'anilina, della piperidina o d'altre basi organiche e poi anche dell'ammoniaca e dell'idrossilammina, per ottenere le cosiddette nitrolammine, sostanze che cristallizzano bene e però si prestano alla caratterizzazione dei terpeni. Per la determinazione della presenza e del numero dei doppî legami ha reso larghi servigi il metodo di G. Wagner dell'ossidazione a freddo con soluzione acquosa, leggermente alcalina, di permanganato all'i%: con ciò i doppî legami addizionano due ossidrili e i ponti vengono risparmiati; i terpeni monociclici formano le eritriti e i biciclici, i glicool, sostanze per lo più fisicamente ben definite. Nel campo delle addizioni dobbiamo ancora ricordare la riduzione con idrogeno e le ossidazioni con ozono e con l'ossigeno dei perossidi e dell'aria. La prima oggi si ottiene agevolmente per mezzo dell'idrogeno in presenza di metalli suddivisi; con il rame o il nichelio avviene fra i 150° e i 200°, con i neri di platino e di palladio, a temperatura ordinaria. Dai terpeni monociclici, con una molecola d'idrogeno si sono ottenuti varî idrocarburi C10H18 (menteni), con due si è passati all'idrocarburo fondamentale C10H20, il mentano. Dai terpeni biciclici, come il tujene e i due pineni si è passati, risparmiando i ponti, al sabinano e al pinano. L'ossidazione con ozono, che porta agli ozonuri, ha importanza per stabilire la posizione dei doppî legami. L'ossidazione per mezzo dei perossidi organici, come quello di benzoile, avviene pianamente trasformando i gruppi
invece quella con l'ossigeno libero (autoossidazione) dà risultati complicati. Secondo Engler e Weissberg (1898-1904) l'ossigeno, combinandosi allo stato molecolare, satura un doppio legame e forma un perossido, che a sua volta può liberare ossigeno o cederlo a un'altra sostanza ossidabile e anche all'acqua:
La sostanza ossidabile può essere il terpene stesso o il glicool che si forma dall'ossido per azione dell'acqua. Il processo è catalizzato dalla luce, dalle polveri metalliche, ecc., e porta all'ispessimento del liquido e al suo rapido indurimento, quando viene steso in strato sottile. Tutti i terpeni, il canfene eccettuato, subiscono l'autoossidazione e, come è noto, su questa è fondato l'uso nelle vernici dell'olio di trementina, costituito principalmente da pinene.
Nelle addizioni ai terpeni, di regola, si generano isomeri geometrici e quando esse avvengono in presenza di acidi, si hanno spesso racemizzazioni. In ambiente acido, oltre alla rottura o allo spostamento dei ponti, cui già abbiamo accennato, può prodursi uno spostamento di doppî legami; per cui non sempre il riconoscimento, nei composti ottenuti, della posizione degli atomi o gruppi aggiunti, può servire per stabilire quella dei doppî legami nell'idrocarburo originario; non sempre, poi, i detti composti possono servire per la sua rigenerazione. In questo campo l'esperienza ha stabilito che l'addizione degli alogeni, del cloruro di nitrosile e degli ossidrili per mezzo del permanganato non determina spostamento di doppî legami. La rigenerazione dei terpeni monociclici si ha dai tetrabromuri, dai cloridrati, dai nitrosocloruri, per riscaldamento con basi organiche, ecc. Il pinene si può riottenere dal nitrosocloruro; ma esso e gli altri terpeni biciclici non si ripristinano dai composti che si hanno per apertura dei ponti; per tal motivo rimase ignota per lunghi anni la presenza del biciclico carene nell'olio di Pinus silvestris e si credette, invece, all'esistenza del monociclico silvestrene. La disidratazione e la dealogenazione di alcuni composti di addizione, per altro canto, ha fatto conoscere varî nuovi terpeni che furono, poi, ricercati e taluni anche identificati nelle essenze, o trovarono applicazione industriale, come il canfene per la canfora sintetica. Altre trasformazioni hanno messo in evidenza relazioni fra i terpeni e le canfore e hanno indicato la via per passare dagli uni alle altre e viceversa. Lo studio delle addizioni, per tutto ciò, ha insegnato una gran parte della chimica dei terpeni; soprattutto ha posto in rilievo la tendenza di questi all'isomerizzazione, che costituisce una vera caratteristica del loro comportamento e rese, durante le prime ricerche, assai difficile l'interpretazione dei risultati delle reazioni. Tale caratteristica è così spiccata nel canfene da giustificarne il nomignolo di camaleonte organico.
Interessante è anche la deidrogenazione dei terpeni ciclici, per la quale essi si trasformano sempre in paracimolo. Si può ottenere per azione del calore, di un eccesso di bromo o di iodio, ecc.; e per i terpeni monociclici corrisponde semplicemente alla eliminazione di due atomi di idrogeno e all'assettarsi di un nucleo benzenico; per i biciclici a tutto questo si accompagna la rottura di un ponte. Per tal motivo i terpeni si chiamano anche composti idroaromatici; il nome, però, può fare pensare a una somiglianza con gl'idrocarburi benzenici che essi in realtà non posseggono: viene quindi, spesso, sostituito con quello di composti aliciclici per ricordare, invece, quella somiglianza di comportamento con gl'idrocarburi grassi, di cui si è già detto innanzi.
Le reazioni sopra ricordate, dovute a W. A. Tilden, B. Berthelot, A. Kekulé, L. Pesci, G. Wagner, ecc., sistematicamente applicate da O. Wallach, prepararono la via alla determinazione della costituzione dei terpeni. Intorno al 1880 questi formavano "la parte più confusa della chimica organica" (A. Ladenburg, Storia dello sviluppo della chimica). I trattati, sotto quel nome, elencavano un gran numero d'idrocarburi, ricavati per distillazione frazionata degli olî essenziali, e che si ritenevano sostanze diverse in base a differenze più o meno marcate dei caratteri fisici. Il Wallach ridusse assai il numero, dimostrando per mezzo di alcuni derivati caratteristici, tetrabromuri, nitrosocloruri, nitrolammine, che in molti casi si trattava degli stessi composti più o meno impuri. Inoltre, in base alla rifrazione molecolare e alla capacità di addizione, distinse i terpeni trovati in due serie: con due doppî legami e con uno, cioè in monociclici e biciclici.
A stabilirne la costituzione concorsero, con i loro lavori sperimentali, il Wallach stesso, G. Wagner, A. v. Baeyer, F. W. Semmler, ecc. G. Wagner si deve ricordare particolarmente per il contributo pieno d'acume che portò alla concezione della struttura dei terpeni più caratteristici, limonene, pinene, e canfene. La prima idea della struttura dei terpeni ciclici sorse dalla suddetta loro trasformabilità in paracimolo: si pensò con Kekulé che fossero diidrocimoli con due doppî legami, se monociclici e un doppio legame e uno semplice diagonale, se biciclici, per es.:
e che, quindi, per stabilire la struttura dei singoli terpeni non occorresse, ancora, che determinare la posizione di quei legami. Il seguito delle ricerche e specialmente l'uso della demolizione molecolare per mezzo del permanganato, dimostrò che lo scheletro cimenico o mentanico esiste realmente negl'idrocarburi monociclici e nel sabinene, ma che nei careni e nei pineni esistono altri scheletri dai quali tuttavia, per rottura di un ponte, in molte circostanze si può passare al primo. In realtà, quindi, il compito risultò assai più vasto: per ogni terpene occorse esaminare numerose relazioni con altri terpeni, con canfore e con i loro prodotti di demolizione, prima di potere concludere sulla sua struttura.
Il lavoro fu svolto per la maggior parte fra il 1885 e il 1910 ed esaurì i principali terpeni naturali: il limonene, i due terpineni, i due fellandreni, il terpinolene, il sabinene, il tujene, i due pineni, il canfene. Più recentemente furono trattati i terpeni aciclici mircene e ocimene, il monociclico critmene e i biciclici careni. In tal modo ebbe il necessario complemento lo studio degli olî essenziali, nei quali i terpeni appaiono distribuiti a gruppi caratteristici; divenne possibile stabilire la posizione di questi idrocarburi nella sistematica dei composti organici; infine, oggi si può pensare al problema della loro biogenesi (per questo v., per es., J. A. Hall, Chemical Review, XIII, p. 479).
Ecco i principali terpeni naturali.
Nomenclatura: Il nome volgare rammenta l'origine: di solito, quindi, la famiglia o la specie vegetale in cui il terpene fu scoperto o da cui ordinariamente si ritrae; il nome scientifico si riferisce alla struttura e si forma, con le regole della nomenclatura chimica, da quello degl'idrocarburi fondamentali ottano, cicloesano, biciclo- (0, 1, 3)-esano, biciclo-(0, 1, 4)-eptano, biciclo-(1, 1, 3)-eptano, biciclo- (i, 2, 2)-eptano (le cifre in parentesi indicano il numero degli atomi di C che formano i 3 ponti facenti capo ai 2 atomi di C comuni ai 2 cicli):
Così, per l'ocimene
il nome scientifico è 2,6-dimetil-ottatriene-(i, 5, 7); per il limonene
1-metil-4-metoetenil-cicloesen-(i). Per i terpeni monociclici ordinariamente il nome si riferisce al para-mentano (v. lo scheletro numerato in principio), e così si ottengono espressioni più rapide: limonene = Δ1,8 (9)-para-mentadiene.
Terpeni aciclici. - Rari in natura, furono scoperti molti anni dopo dei ciclici. I più studiati sono il mircene, o 2-metil-6-metilen-ottadiene- (2,7) dell'olio di Myrcia acris, di Lippia citriodora, ecc., e l'ocimene o 2,6-dimetil-ottatriene dell'olio di foglie di Ocimum basilicum. Si possono considerare loro derivati molti alcoli e aldeidi di grato odore contenuti in numerose essenze, come il citronellolo, geraniolo, nerolo, linalolo (dal quale si può ottenere il mircene per disidratazione), il citrale e il citronellale.
Terpeni monociclici. - α-Terpinene o Δ1,3-para-mentadiene, γ-terpinene. o Δ1,4-para-mentadiene.
Fellandreni: questo nome fu dato da O. Wallach nel 1904 a due terpeni, uno scoperto da A. Cahours nel 1842 e l'altro da A. Pesci nel 1886 e per i quali quest' ultimo chimico aveva rilevato una certa somiglianza di comportamento. In particolare il Wallach chiamò α-fellandrene l'idrocarburo che si ricava nella forma destrogira dal Foeniculum vulgare e nella forma sinistrogira dall'Eucalyptus dives e β-fellandrene quello che ordinariamente si ricava dal Phellandrium aquaticum. Per il primo lo stesso autore (1895-1904) dedusse la formula di Δ1,5-para-mentadiene, basandosi sulla struttura e le trasformazioni del nitrito
già caratterizzato dal Pesci nel 1886; per il secondo, la formula di Δ2,1 (7)-para-mentadiene, basandosi sui risultati dell'ossidazione graduale.
Terpinolene o Δ1,4 (8)-para-mentadiene. Anche questo terpene fu riconosciuto in varî olî essenziali, dopo che il Wallach lo ebbe caratterizzato fra i prodotti del trattamento della trementina con acido solforico diluito con alcool. Nella reazione si forma secondariamente dall'α e dal β-terpineolo e da ciò è stata dedotta la costituzione. Si usa spesso per adulterare l'olio di lavanda.
Limonene, Δ1,8 (9)-para-mentadiene. Uno dei terpeni più abbondanti e diffusi in natura. Nelle due forme attive e nell'inattiva (dipentene) si è trovato in una trentina di famiglie vegetali. Il destro-limonene si ottiene specialmente dalla deterpenazione delle essenze di limone, d'arancio e di carvi; il levo-limonene, dall'olio di Pinus silvestris; il dipentene, per ripetute distillazioni frazionate dalla porzione dell'olio di elemi di Manila che bolle fra 175° e 180°; si ha pure come capomorto nella fabbricazione della canfora sintetica. Per ottenere le tre forme allo stato di grande purezza conviene rigenerarle dai rispettivi tetrabromuri per mezzo della polvere di zinco. Liquidi d'odore di limone, che inspessiscono all'aria. Le forme attive, per azione d'alte temperature o degli acidi, si trasformano nell'inattiva.
Gli studî per stabilire la formula di struttura del limonene furono preparati con la caratterizzazione nelle essenze del destro-limonene e del dipentene, basata specialmente sui rispettivi tetrabromuri C10H16Br4, l'uno distinto dal punto di fusione 104° e da [α]D = + 73° e l'altro dal punto di fusione 125-126°. In tal modo il Wallach (1885-87) stabilì che le frazioni con il punto d'ebollizione 175-176° delle essenze di bucce d'arancio, limone e bergamotto, o di semi di carvi o di aghi di pino, allora considerate come terpeni diversi, esperiedene, carvene, citrene, ecc., erano invece formate da destro-limonene. Similmente provò che i presunti cinene, cajeputene, kautschin (un prodotto della pirogenazione del caucciù), di-isoprene non erano che dipentene. Saggiando l'olio di aghi di Pinus silvestris ottenne un tetrabromuro che fondeva a 104° come quello del destro-limonene, ma cristallizzava in forme emiedriche opposte e aveva [α]D = − 73°; così scopriva il levo-limonene. Il miscuglio a pesi eguali dei due tetrabromuri, fatto cristallizzare, riproduceva il tetrabromuro inattivo dal punto di fusione 125-126° del dipentene. Questo composto non era quindi, come si credeva allora, un isomero di struttura del limonene, ma il suo racemo; osservazione molto importante che semplificò gli studî circa la costituzione del limonene, rimuovendo la convinzione che le sue frequenti trasformazioni in derivati del dipentene implicassero un'alterazione di struttura. La costituzione del limonene venne stabilita fra il 1887 e il 1894. Il Wallach contribuì alla soluzione del problema con le ricerche sulla terpina e l'α-terpineolo, prodotti dell'idratazione del limonene o del dipentene, riuscendo a dimostrare la posizione d'uno dei doppî legami (Δ1). Quella dell'altro risultò in 8 (9) dai lavori di G. Wagner intorno alla costituzione del pinol, un ossido del pinene in stretta relazione con l'α-terpineolo. Riunendo le due conclusioni, il Wagner propose la formula del limonene, che presto trovò appoggio nella dimostrazione della struttura del carvone, una canfora naturale che si trova accanto al limonene nell'olio di carvi e può ottenersi dal terpene e trasformarsi in questo; poi venne la sintesi totale, ecc.
Si riallacciano al limonene l'alcool e l'aldeide diidrocuminici e il carvone, le sole canfore, corrispondenti ai mentadieni, rinvenute nelle essenze. In queste, invece, sono stati trovati molti alcoli, aldeidi e chetoni e un ossido riferibili al mentano e a varî menteni che, per contro, fino ad oggi non sono stati identificati nelle piante. Ricordiamo il mentolo, il diidro-α-terpineolo, il mentone e il tetraidrocarvone, il cineolo affini del mentano; il piperitolo, il terpineol (4), l'α-terpineolo, il diidrocarveolo, l'aldeide tetraidrocuminica o fellandrale, il piperitone, il carvotanacetone, il pulegone e l'isopulegone, il diidrocarvone affini di menteni diversi. Da tali composti, e specialmente da quelli del secondo gruppo, si è potuto spesso passare ai mentadieni naturali o prepararne degl'isomeri.
Terpeni biciclici. - Sabineni. - Sabinene o 1-isopropil-4-metilen-biciclo-(0, 1, 3)-esano. - Scoperto nel 1892 da F. W. Semmler nell'olio essenziale di Juniperus sabina, fu poi identificato nella forma destrogira in alcune pinacee, piperacee e urticacee, nella forma sinistrogira in altre pinacee e in rutacee e nella forma inattiva nella Murraya Koenigii (rutacea). Al riconoscimento della sua natura biciclica concorsero osservazioni chimiche e fisiche: da un lato, l'addizione di due soli atomi di bromo o di due soli ossidrili o di una sola molecola d'acido cloridrico (perfettamente anidro); dall'altro, il valore trovato per la rifrazione molecolare, vicino a quello calcolato per la presenza di un solo doppio legame, ma un po' superiore, così da far pensare anche all'esistenza d'un anello tricarbonico.
L'ossidazione con permanganato permise, poi, di stabilire la posizione del doppio legame, la natura cimenica dello scheletro carbonico e di confermare l'esistenza del ciclo tricarbonico.
α-Tujene o 1-isopropil-4-metil-biciclo-(0, 1, 3)-esen(3), del balsamo di Boswellia serrata.
Fra le canfore naturali, al primo di questi idrocarburi corrisponde un alcool, il sabinolo; al secondo, un cetone, l'umbellulone; al sabinano, che si ottiene riducendo i due terpeni con idrogeno in presenza di nero di platino, corrispondono l'alcool tanacetilico e il cetone α-tujone o tanacetone.
Careni. - Il Δ3-carene o isodiprene e il Δ4-carene o pinolene furono scoperti nel 1920 da J. L. Simonsen nell'olio di trementina indiana, che si ricava dal Pinus longifolia e poi riconosciuti in diverse altre essenze. Il loro nome deriva da carone, un chetone dello stesso scheletro ottenuto da Bæyer e Ipatev nel 1896. Come si è già ricordato, l'aggiunta dei due idrocarburi alla lista dei terpeni naturali ne ha fatto cancellare il silvestrene.
Pineni. -α-Pinene o 2,6,6-trimetil-biciclo-(i, 1, 3) epten-(2). - Forma la porzione principale dell'olio di trementina. Una volta conosciuto con i nomi di terebene, australene, olibene, eucaliptene, ecc., ebbe dal Wallach nel 1884 il nome attuale perché la trementina si trae per la maggior parte dalle pinacee. L'idrocarburo, però, è prodotto in copia anche dalle mirtacee e si trova negli olî volatili di una trentina d'altre famiglie di fanerogame. Dalle diverse qualità di trementina si ricavano prodotti destro e levogiri con α di diverso valore assoluto, che raramente arriva a 50°. Da certe trementine si ha pure pinene inattivo. Per ottenere il destrogiro ordinariamente si ricorre alla distillazione dell'olio dei pini d'Aleppo, per il levogiro, della trementina francese. Per tale via, però, non si perviene a prodotti del tutto puri; questi si possono ottenere, rigenerando il terpene dal nitrosocloruro, per riscaldamento con anilina.
Il pinene è un liquido d'odore gradevole caratteristico. All'aria inspessisce e resinifica in seguito a un complesso fenomeno d'autossidazione, catalizzato dalla luce. Uno dei prodotti è il composto C10H18O2 fatto conoscere nel 1851 dallo scopritore della nitroglicerina C. Sobrero e che, perciò, ebbe poi il nome di sobrerolo.
Secondo la formula di struttura data dal Wagner nel 1894 sulla base dei risultati dell'ossidazione del sobrerolo e della sua anidride, il pinol, le reazioni del pinene si possono distinguere in due gruppi, uno per quelle che lasciano e l'altro per quelle che non lasciano inalterato il nucleo pinanico. Al primo gruppo appartengono le reazioni dovute alla normale attività del doppio legame rispetto agli alogeni, al cloruro di nitrosile, all'idrogeno attivato, ecc.; accanto a queste possiamo anche mettere le reazioni di ossidazione che risparmiano il nucleo tetrametilenico (v. Baeyer, 1896). Al secondo gruppo appartengono le reazioni nelle quali si formano sostanze a scheletro mentanico o canfanico. Il passaggio ai corpi mentanici si fa per apertura dell'anello tetrametilenico fra gli atomi di carbonio 1 e 6. Il fatto, a suo tempo, colpì i chimici in quanto implica la rottura di un legame intracarbonico semplice e per di più in condizioni molto blande. Infatti la reazione, cosiddetta rottura del ponte, può aversi anche con l'acqua, a freddo, purché siano presenti acidi: si formano α-terpineolo, terpina, dipentene, terpinene, terpinolene e, in date condizioni, sobrerolo. Il processo si sfrutta per ottenere prodotti per farmacia e per profumeria. La trasformazione del nucleo pinanico in canfanico si ottiene sotto l'azione di acidi inorganici od organici, in particolari condizioni di secchezza e di temperatura.
È importantissima perché su essa si basa il processo industriale per la sintesi della canfora.
Il nucleo del pinene appare in natura nel β-pinene [6,6-dimetil-2-metilen-biciclo-(i, 1, 3)eptano], nel verbenone, nel mirtenolo, nel pinocanfone.
Canfene, 2,2-dimetil-3-metilen-biciclo(1,2,2)-eptano. - Il nome era stato dato nel 1841 da H.-É. Sainte-Claire Deville all'idrocarburo C10H16, non altrimenti caratterizzato, contenuto nell'essenza di trementina, il quale, addizionando acido cloridrico, generava la "canfora artificiale". di Kindt; quando quest'idrocarburo fu riconosciuto per il pinene, il nome passò all'idrocarburo che il Berthelot, ottenne nel 1851, sottraendo acido cloridrico dalla canfora artificiale. Il canfene si forma, in molte reazioni, dal cloruro di bornile (canfora di Kindt), dal borneolo, dall'isoborneolo, dalla bornilammina e dal pinene; si ottiene in due forme attive, dipendentemente dal potere rotatorio del materiale iniziale e difficilmente allo stato di grande purezza. Fu identificato negli olî essenziali molti anni dopo la scoperta, specialmente dopo che Bertram e Walbaum (1894) ebbero stabilito che, trattando con acido acetico un miscuglio di terpeni, solamente il canfene s'idrata, trasformandosi negli acetati di borneolo e d'isoborneolo.
La formula di struttura proposta dal Wagner nel 1891 (e per lungo tempo oggetto di discussione) mostra, anzitutto, che il passaggio dai composti canfanici, per es., dal cloruro di bornile, al canfene, avviene con un riassestamento dello scheletro carbonico:
e spiega la formazione di una certa serie di prodotti d'ossidazione; ma non spiega quella d'un'altra serie, se non si ammette, come fece il Wagner, che durante il processo ossidativo avvenga un ritorno allo scheletro canfanico. Ritorno che, del resto, si verifica, mediatamente, nell'addizione degli acidi inorganici e organici al canfene. Quest'ultima addizione porta ad eteri del borneolo e isoborneolo, facilmente saponificabili, e costituisce una fase della sintesi industriale della canfora (v.).
α-Fenchene, 7,7-dimetil-2-metilen-biciclo-(1,2,2)-eptano. - Sembra che esista negli olî di alcune pinacee, lauracee e mirtacee.
Bibl.: Opere più importanti: F. W. Semmler, Die ätherischen Öle, Lipsia 1906; O. Wallach, Terpene und Campher, 2a ed., ivi 1914; O. Aschan, Naphtenverbindungen, Terpene und Campherarten, Berlino 1929; G. Klein, Handbuch der Pflanzenanalyse, Vienna 1932.