ternaro
Aggettivo sostantivato, col valore di " composto di tre parti "; è usato da D. in Pd XXVIII 105 e 115, per indicare una " gerarchia " di angeli, composta di tre cerchi o cori, cioè ordini angelici.
Nella prima occorrenza D., esaminando la somma gerarchia, dopo i Serafini e i Cherubini, nomina i Troni del divino aspetto, e dice che si chiamano così per che 'l primo ternaro terminonno (per il testo v. Petrocchi, ad l., e Parodi, Lingua 397). D. qui segue lo pseudo-Dionigi (cfr. De coel. Hierarch. VI 1, in Patrol. Graec. III 200-201) discostandosi da Gregorio Magno. Il verso offre qualche perplessità a molti commentatori: finché si leggeva perché (Witte, Scartazzini) non risultava chiara la connessione fra il nome di Troni (" seggi di Dio ") e il fatto che essi fossero ‛ posti alla fine ' del primo ternaro.
Leggendo per che non dovrebb'essere più dubbio " se D. voglia spiegare la ragione per cui si chiamano Troni, o la ragione per cui essi terminano il primo ternario " (Chimenz); la seconda interpretazione rimane infatti la sola possibile: " conforme alla... loro simbolica qualità " (Del Lungo) " essi compirono, furono ab origine posti a chiudere la prima gerarchia degli angeli, nella quale la divinità più si manifesta " (Casini-Barbi). Ma resta l'interpretazione del Contini (Il canto XXVIII del Paradiso, in Lect. Scaligera III 1012), secondo cui terminonno vale " dettero il nome "; cioè potrebbe darsi che D. " intendesse significare che, come l'ordine inferiore, angeli, dà il nome, in quanto il meno esteso, a tutte le intelligenze separate, così l'ordine inferiore della prima gerarchia dà il nome alla gerarchia stessa ". Per questo, cfr. le voci TRONI; terminare. V. anche GERARCHIA ANGELICA.