Vedi TERMINI IMERESE dell'anno: 1966 - 1997
TERMINI IMERESE (v. vol. VII, p. 721)
L'avvenimento che permise alla città, fondata dai Cartaginesi nel 407 a.C., di diventare uno dei principali centri della Sicilia in età imperiale fu la deduzione di una colonia romana, voluta da Augusto. Già in età tardo-ellenistica sembra che T. I. abbia goduto di una certa prosperità, ma il mantenimento di una vivace attività economica centrata sul porto, sbocco per i prodotti di un vasto retroterra, nonché l'espansione dell'abitato, sono una chiara prova dell'importanza assunta da questo centro in età imperiale. Lo sviluppo nei primi secoli d.C. va collegato alla deduzione della colonia, con il conseguente emergere di un ceto medio-alto, di lingua latina, e alla presenza di famiglie senatorie (di T. I. fu il primo senatore siciliano, L. Acilio Rufo, e a T. I. si stabilisce la famiglia dei Maesii Titiani, di cui alcuni esponenti furono tra gli amministratori della provincia e anche consoli).
La città sorgeva sulla parte più alta del promontorio, attorno a un'acropoli particolarmente munita (il Castello), in una posizione che sottolinea le preoccupazioni difensive prevalenti quando fu fondata. Dell'abitato anteriore alla deduzione della colonia conosciamo ben poco e la sua estensione è basata su ipotesi ricavate dalla morfologia dei luoghi, dalla topografia delle necropoli e dal percorso (anch'esso a sua volta congetturale) della cinta muraria. Quest'ultima sfruttava le opportunità di difesa offerte dal terreno e doveva circondare l'abitato sui lati S e O, disponendosi prima a una quota da cui si poteva dominare la spiaggia, e risalendo poi sul lato O lungo l'attuale Via Roma, come suggerisce la necropoli ellenistico- romana di S. Antonino, che si spinge fino all'area del Collegio dei Gesuiti. Al di fuori del nucleo originario si trovava la collina di S. Lucia, dove sono venuti alla luce importanti resti di età imperiale. L'espansione dell'abitato è dimostrata anche dai rinvenimenti lungo il porto (di cui fino a pochi decenni fa era visibile un resto del molo romano, denominato con voce araba la Gisìra, cioè l'isola), che sfruttava un'insenatura a E del promontorio, ben più accentuata nell'antichità rispetto a oggi. Nella zona dovette formarsi nel tempo un quartiere di abitazioni, con edifìci anche signorili, come dimostrano i rinvenimenti del secolo scorso.
Il centro cittadino, agorà prima è poi foro, occupava una terrazza naturale, ai piedi del Castello (c.a 70 X 300 m). Sul lato a monte in età tardo-ellenistica fu costruito un portico con botteghe o uffici retrostanti (scavi del 1878). Sul lato opposto, in periodo giulio-claudio (almeno a giudicare da un frammento superstite di cornice modanata) fu innalzato un altro edificio pubblico, probabilmente una basilica. Un terzo edificio, a pianta circolare, distante poche decine di metri, deve forse identificarsi con un tholus macelli.
Sempre in età imperiale T. fu dotata di opere pubbliche di notevole importanza, come le terme, l'anfiteatro e l'acquedotto. Delle terme, rimaneggiate e ricostruite più volte nel corso dei secoli, non è visibile quasi più nulla: la pianta circolare, nota da un rilievo dello Houel, presenta analogie con quelle di edifici, anch'essi destinati ai bagni in acque termo-minerali, della Gallia e dell'Africa. L'anfiteatro sorgeva sul lato occidentale dell'abitato, in un'area periferica, dove si trovano pure i ruderi di un vasto edificio di incerta destinazione, con un'ampia abside, noto come la «curia». Del primo sono ancora visibili alcuni dei piloni degli ambulacri in Via Anfiteatro e nel giardino dell'attuale Liceo, questi ultimi messi in luce, insieme con una piccola parte della cavea, dal Salinas nel 1909. Le dimensioni dell'ellisse erano m 99 X 75,50 (335 X 255 piedi), quelle dell'arena m 54 X 30 (180 X 100 piedi), l'ampiezza dell'anello costruito era di 22 m (75 piedi). Un doppio ambulacro con arcate inquadrate da pilastri (colonne in quello interno) correva esternamente; l'arena era scavata nel sottosuolo e la cavea in parte appoggiata al terreno. La combinazione di elementi dell'anfiteatro «canonico» con altri propri del tipo «provinciale» si deve a un architetto di formazione metropolitana, che cercò di adattare alle modeste necessità locali una tipologia monumentale urbana.
L'acquedotto Cornelio che parte dalla sorgente di Brucato è un'opera non lunga, ma notevole per la presenza del sistema del sifone, impiegato due volte nei 7 km del percorso. Probabilmente è da mettere in rapporto con problemi di manutenzione la costruzione, in un momento successivo, ma sempre entro il II sec. d.C., di un ponte, il quale supera il vallone Barratina in un punto più stretto, in località Figurella.
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