RAMPAZZI, Teresa
RAMPAZZI, Teresa (nata Rossi). – Nacque a Vicenza il 31 ottobre 1914 da Leonardo Rossi, proprietario terriero originario di Venezia di famiglia benestante, e da Marie Gregorin, casalinga.
Primogenita e gemella eterozigote di Caterina, ebbe anche un fratello minore, deceduto di difterite a soli sette anni. Crebbe a Vicenza, in un ambiente provinciale, aristocratico e decadente. Il padre la portava ai concerti e la incoraggiò fin da bambina a studiare il pianoforte. L’attaccamento al genitore, che per lei aveva una predilezione, rimase profondo anche dopo la morte di lui, nel 1932.
Iniziò lo studio del pianoforte a sette anni, prendendo lezioni private fino alla licenza media; non faceva che suonare il pianoforte, racconta, evitando i giochi infantili e adolescenziali (Galanti, 1983, p. 32). Dopo la licenza media, l’insegnante di piano la incoraggiò ad approfondire gli studi in conservatorio, idea caldeggiata dal padre. Si iscrisse al Conservatorio di Milano, diplomandosi nel 1933; avviò inoltre lo studio della composizione, non terminato. Studiò tra gli altri con Arrigo Pedrollo, che contava tra i suoi allievi anche il giovane Bruno Maderna, di cui divenne amica. Durante i periodici soggiorni milanesi, conobbe e frequentò giovani musicisti che sarebbero poi divenuti importanti nel mondo artistico e musicale, tra gli altri Severino Gazzelloni, René Leibowitz, Franco Donatoni.
Negli stessi anni conobbe Carlo Rampazzi, ragioniere di Vigevano trasferitosi da giovane a Vicenza, che frequentava il palazzo dei Rossi per ascoltare i concerti privati offerti dalla musicista ad amici e conoscenti. Carlo, appassionato melomane, era, a detta della musicista stessa, di tutti i suoi ascoltatori l’unico che davvero capisse la musica. Questa affinità fu l’elemento che li accomunò, nonostante una notevole differenza di carattere: metodico e preciso Carlo, estroversa, creativa, con slanci verso le novità e l’indipendenza Teresa. Dal matrimonio (1940) nacquero due figli, Leonardo (1941) e Francesca (1945). In seguito, si aggravò il disturbo cronico del morbo di Basedow-Graves di cui Teresa già soffriva, che provocava esoftalmo e scompensi tiroidei.
La musicista usò sempre il cognome da sposata, Rampazzi. La sua vita fu caratterizzata da frequenti spostamenti in seguito alle assegnazioni del marito, divenuto dirigente della Banca cattolica del Veneto: fino al 1948 vissero a Vicenza, fino al 1950 a Venezia, poi a Verona; nel 1955 la famiglia si stabilì infine a Padova. Aperta alle novità musicali, artistiche e tecnologiche, Teresa Rampazzi educò i figli secondo principi liberali ed egualitari, attenta alla parità uomo-donna, incoraggiando letture e viaggi; insofferente della dipendenza economica moglie-marito, decise di insegnare educazione musicale nelle scuole medie a partire dai primi anni Sessanta. Il salotto di casa divenne luogo d’incontro per personalità dell’arte e della musica, fra cui Sylvano Bussotti, John Cage, Italo Calvino, il gallerista Alberto Carrain, Diego Carpitella, Niccolò Castiglioni, Heinz-Klaus Metzger, Leone Minassian, Luigi Nono, Paolo Patelli, Karlheinz Stockhausen, Emilio Vedova.
A Verona (1950-55), Rampazzi frequentò regolarmente Maderna e Domenico (Memo) Alfonsi, un giovane ingegnere elettronico interessato di musica. Intensa fu l’attività pianistica, con concerti anche solistici. Nel 1952, 1954 e 1956 partecipò agli Internationale Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt. Qui ascoltò il generatore di onde di Herbert Eimert e ne rimase affascinata; si appassionò inoltre alla dodecafonia e al serialismo integrale. Nel 1956 a Padova il clarinettista Elio Peruzzi le propose di formare il Trio Bartók con la violinista Edda Pittan: diedero numerosi concerti con musiche di Anton Webern, Alban Berg, Igor Stravinskij, Béla Bartók, Paul Hindemith. Teresa fece parte del circolo Il Pozzetto, uno spazio interdisciplinare fondato nel 1956 da Ettore Luccini e favorito dagli organismi dirigenti della Federazione comunista (cfr. Baradel, 2011). Il circolo si prefiggeva di contrastare il provincialismo culturale con mostre, conferenze e concerti, ma venne affossato già nel 1960 dagli stessi dirigenti, a causa dell’inquieta personalità di Luccini che voleva combattere il doppio isolamento degli intellettuali comunisti, dalla società e dal partito (Loperfido, in Il Pozzetto, 1992, p. 13). Rampazzi partecipava alle discussioni di natura ideologica, artistica e culturale, e in più di una occasione si produsse con il Trio Bartók. Nel 1959 partecipò al Ciclo sulla musica d’avanguardia assieme a Bussotti, Metzger, Castiglioni e Carpitella. Il 7 febbraio 1959 si esibì con Cage, Bussotti e Metzger. Rampazzi uscì dal Trio Bartók nel 1963: il radicalismo delle proprie scelte musicali non corrispondeva più alle posizioni degli altri componenti.
Nel 1963 Rampazzi presentò a Padova un’audizione di «musiche di autori contemporanei per nastro magnetico» (N.P.S. 65-72, 1977, p. 2) e l’anno successivo fece la conoscenza di Ennio Chiggio, artista cinetico del Gruppo Enne. L’incontro portò alla decisione di dedicarsi alla creazione di brani elettroacustici, rinnegando la dedizione al pianoforte, che fin lì aveva prevalso. Il gruppo N.P.S. (Nuove Proposte Sonore) nacque dal desiderio di rompere con ogni residuo del tonalismo e del sistema temperato. Nel 1964 Chiggio e Rampazzi presentarono un collage di suoni al vernissage della mostra del Gruppo Enne alla XXXII Biennale d’arte di Venezia. Il 22 maggio 1965 il gruppo, allargatosi con l’arrivo di Memo Alfonsi, Serenella Marega e Gianni Meiners, si presentò ufficialmente con un manifesto programmatico alla galleria La Chiocciola. La ricerca musicale intrapresa si condensò attorno al concetto di ‘oggetto sonoro’, a indicare un’attenzione scientifica per ogni fenomeno acustico realizzato con strumentazione analogica (oscillatori, generatori di rumore, filtri). Il concetto si ispirava alla teorizzazione di Pierre Schaeffer, ma voleva superarlo: gli objects musicaux di Schaeffer consistevano infatti in materiali sonori raccolti dal paesaggio quotidiano, sia ambientale sia strumentale, ma non erano generati elettronicamente. Tra i titoli prodotti dal gruppo vi furono nel 1965 Ricerca (quattro oggetti sonori), nel 1967 Ritmo (tre oggetti basati sul ritmo), nel 1968 Interferenze (due sui rumori colorati). Il gruppo collaborò con altri laboratori italiani, come lo Studio di musica elettronica di Torino (SMET) fondato da Enore Zaffiri, la Divisione di informatica musicale promossa da Pietro Grossi nel Centro nazionale universitario di calcolo elettronico (CNUCE) di Pisa, e con Vittorio Gelmetti, in passaggi radiofonici e mostre collettive (le itineranti Proposte strutturali plastiche e sonore, 1964-65, organizzata da Germano Celant, e Ipotesi linguistiche intersoggettive, 1967).
Nel 1968 iniziò la seconda fase del gruppo, con l’abbandono di Chiggio e Marega e l’arrivo di Giovanni De Poli, Patrizia Gracis, Giorgo Loviscek, Luciano Menini, Alvise Vidolin, Serena Vivi. Rampazzi impostò il lavoro di gruppo in forma di corso-laboratorio. Gli oggetti sonori non furono più serie di ricerche, e vennero firmati dai singoli autori. Rampazzi iniziò a frequentare altri centri per diffondere i lavori dell’N.P.S. e realizzarne di nuovi (Varsavia, Studiu Eksperymentalne Polskiego Radia; Washington, Catholic University of America; Utrecht, STEM, STudio for Electronic Music); inoltre la produzione di colonne sonore per film di animazione e scientifici fu una delle attività che in questo periodo impegnarono lo studio.
Nell’ottobre del 1972 Rampazzi venne nominata docente del Corso straordinario di musica elettronica nel conservatorio di Padova (il terzo in Italia), aperto grazie alla sua tenacia: vi portò tutti gli apparecchi e strumenti, terminando l’attività del gruppo. Nel corso insegnò tecniche analogiche, accostandosi nel contempo alla musica informatica. Il suo primo brano realizzato al computer, al CNUCE, è Computer 1800 (1972). Nel 1974 stabilì una convenzione tra il conservatorio e il nascente Centro di sonologia computazionale dell’Università di Padova (ufficialmente fondato nel 1979, ma attivo fin dal 1974). Rampazzi compose uno dei primi due brani realizzati dal gruppo padovano, With the light pen (1976), utilizzando a tal fine il software ICMS (Interactive Computer Music System) di Graziano Tisato. Tra gli altri brani vi furono Fluxus (1979), Geometrie in moto (1982), Requiem per Ananda (1982). Ad Atmen noch (1980) fu conferito il II premio al Concorso internazionale di musica elettronica di Bourges (Francia).
Nel 1983, in seguito alla morte del marito, Rampazzi si trasferì per quasi un anno ad Assisi. Qui approfondì gli interessi per la musicoterapia (al Centro di educazione permanente, Sezione musica della Pro civitate christiana), che si affiancava alla passione per le religioni orientali (seguì i corsi del maestro buddista Jean Klein in Francia), le lingue straniere (leggeva, scriveva e parlava correntemente francese, inglese, tedesco, russo), l’astronomia e l’architettura. Nel 1984 si stabilì a Bassano del Grappa, nel pensionato per anziani Villa Serena. Entrò in contatto con Tonino Delfino, tecnico e curatore di Radio Verci, con il quale preparò trasmissioni radiofoniche sulla musica del XX secolo. Costruì un piccolo studio dotato anche di un sintetizzatore DX7, con cui compose brani fino ai primi anni Novanta, tra cui Parole di Qoelet (1987) e Forse fantasmi (1988). Gianni Di Capua le dedicò un programma radiofonico, Teresa Rampazzi: fino all’ultimo suono, con un’intervista e interventi dei collaboratori (RadioTre RAI, 3, 10 e 17 marzo 1993). Mantenne fino alla fine contatti con Pietro Grossi e la moglie Marcella Chelotti.
Morì a Bassano del Grappa il 16 dicembre 2001. È sepolta nel cimitero di Asiago, dove vive la figlia.
Nel 1987, mentre viveva a Bassano, Rampazzi donò la sua biblioteca personale al conservatorio di Padova (partiture per pianoforte e saggi, consultabili). Il corso di Musica elettronica utilizza tuttora gli strumenti donati dalla musicista quando fu istituita la cattedra.
Opere. Lavori prodotti con il gruppo N.P.S.: Ipotesi 1-2 (1965), Operativo 1-3 (1966), Funzione 1-5 (1966), Modulo 1-5 (1967), Dinamica 1 (1968), Masse 1-2 (1968), Freq. Mod. 1-2 (1969), Environ (1970); Imp. & Rith. (1970), Insiemi (1970), Eco 1 (1971), Filtro 1 (1971), Hardlag (1972), Musica endoscopica (colonna sonora, 1972), Vademecum (colonna sonora, 1972).
Lavori firmati da Rampazzi: Taras su tre dimensioni (1971), Immagini per Diana Baylon (1972), La cattedrale (1973), Breath (1974), Glassrequiem (Omaggio a Mozart) (1974), Canti per Checca (1975), Grumbling (1976), Melismi (1976), Timbri 1597-1977 (Omaggio a Giovanni Gabrieli) (1977), Spettri (1977), Computer dances (1978), Pulsar, Metamorfosi e Danza seconda (1981), Spettri (1983), Eka’ (1984), Ambiguità (1986), ... quasi un Haiku (1987), Incantamento di Silo (1987), Polifonie di novembre (1988).
Scritti (selezione): L’attività nel campo musicale, in La stagione del Pozzetto. 1956-1969. Documentazione e dibattiti da un avvenimento culturale in Padova, Padova 1979, p. 7; Mutamenti della concezione formale nel passaggio dai mezzi analogici a quelli digitali, in Atti del III Colloquio di Informatica musicale, a cura di G. De Poli, Padova 1979, pp. 44-49; Piccolo discorso con Michela, in Autobiografia della musica contemporanea, a cura di M. Mollia, Cosenza 1979, pp. 122-126; Teresa Rampazzi. Raccolta di articoli, a cura di P. Zavagna, in Musica/Tecnologia, I (2007), pp. 183-244 (contiene vari articoli tra cui quelli pubblicati nella rivista Film special dal 1968 al 1972, e due inediti del 1970 e 1973).
Archivi: Un registratore TEAC A-3340, alcuni scritti e le audiobobine costituiscono la Donazione Teresa Rampazzi nel Dipartimento dei beni culturali dell’Università di Padova, resa possibile dai figli dopo la scomparsa della musicista. L’archivio Ennio Ludovico Chiggio (Padova) conserva strumenti, bobine, partiture e volumi risalenti al periodo del gruppo N.P.S.
Fonti e Bibl.: N.P.S. 65-72. Sette anni di attività del gruppo Nuove Proposte Sonore nello studio di fonologia musicale di Padova, a cura di T. Rampazzi et al., inedito, Padova 1977; L. Galanti, L’altra metà del rigo. La donna e la composizione musicale femminile oggi in Italia, Imola 1983, pp. 25-27, 32, 43, 57-59, 62, 64-66, 70, 72; Il Pozzetto. Un orizzonte aperto. Ettore Luccini e la sua lotta contro l’isolamento politico e culturale della sinistra, Padova 1992 (in partic. F. Loperfido, Prefazione, pp. 11-38); L. Zattra, Da T. R. al Centro di sonologia computazionale (C.S.C.). La stagione della musica elettronica a Padova, Tesi di laurea, Università degli Studi di Padova, 2000; The new Grove dictionary of music and musicians, XX, London-New York 2001, pp. 813 s.; E. Chiggio, Oggetto sonoro. Lectures, 2002, n. 7, monografico: Musica elettronica - Fonologia; Vent’anni di musica elettronica all’università di Padova, a cura di S. Durante - L. Zattra, Palermo 2002, ad ind.; L. Zattra, T. R. pioneer of Italian electronic music, in Atti del XIV Colloquio di informatica musicale, Firenze 2003, pp. 11-16; E. Corbi - T. Delfino, T. R. pioniera della musica elettronica, in L’Illustre bassanese, 2007, n. 107, pp. 4-18; V. Baradel, Ettore Luccini. L’arte, gli artisti e l’esperienza del Pozzetto, Padova 2011, ad ind.; L. Zattra, Interdisciplinarità, collaborazione, didattica e diffusione a Torino (1963), Firenze (1964) e Padova (1965), in Enore Zaffiri. Saggi e materiali, a cura di A. Valle - S. Bassanese, Torino 2014, pp. 85-110.