NOCE, Teresa
NOCE, Teresa.– Nacque il 29 luglio 1900 in uno dei quartieri più poveri di Torino, seconda dei due figli di Pietro e di Rosa Biletta.
Il padre lasciò la famiglia quando era ancora bambina, mentre la madre sbarcava il lunario con lavori saltuari. I suoi primi anni di vita furono segnati dalla povertà e dal continuo peregrinare per la città alla ricerca di una casa: gli sfratti per insolvenza erano infatti all’ordine del giorno.
Curiosa e desiderosa di apprendere, dopo aver frequentato le scuole elementari ed essersi appassionata alla lettura – dapprima il quotidiano che talvolta la madre acquistava, poi i libri presi in prestito in qualche bancarella – fu costretta ad abbandonare gli studi per contribuire al bilancio familiare. Fin dalla prima elementare aveva lavorato, durante le vacanze estive, come fattorina di un fornaio, approfittando, tra l’altro, della carta di giornale con la quale si imballavano i pacchi per dare sfogo alla sua onnivora curiosità di lettrice.
Impiegatasi come stiratrice e come sarta, cambiò spesso posto di lavoro perché insofferente ai soprusi di cui spesso, con le sue colleghe, era vittima («Proprio chi non ha altro deve conservare almeno la fierezza», afferma nelle sue memorie, Rivoluzionaria professionale, Milano 1974, p. 14). Nel 1911 partecipò al suo primo sciopero assieme alle sarte che domandavano miglioramenti salariali e di orario. Seguì di lì a breve le orme del fratello operaio, andando a lavorare come tornitrice alla FIAT Brevetti. Fu il fratello ad avvicinare Teresa alle idee socialiste, oltre che all’ambiente della fabbrica.
Per ragioni generazionali attraversò tutte le esperienze più significative del movimento operaio torinese nell’arco cronologico che si aprì con gli scioperi contro l’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale e si chiuse con l’occupazione delle fabbriche nel biennio rosso. La Rivoluzione d’ottobre esercitò su di lei un grande fascino, divenendo un punto di riferimento e una fonte di speranza: «Con mio fratello decidemmo che, appena finita la guerra, saremmo andati in Russia per conoscere Lenin» (ibid., p. 31).
Dopo la morte della madre nel 1914 e quella del fratello, avvenuta in guerra nel 1918, si trovò sola a dover pensare al proprio mantenimento. Ciò non le impedì di impegnarsi nel Partito socialista italiano (PSI), fondando nel 1919, con altri compagni, il circolo giovanile socialista torinese. «Sola, affamata e ribelle» (ibid., p. 24), così fotografa la propria condizione in quei frangenti.
La scissione di Livorno (1921) la vide aderire, con gli altri membri del circolo giovanile di cui sarebbe presto divenuta segretaria, al Partito comunista d’Italia (PCd’I). Nel 1921 conobbe, durante una riunione di partito, Luigi Longo, all’epoca studente di ingegneria di origini piccolo borghesi, che sarebbe divenuto il suo compagno per molti anni. L’ingresso sulla scena torinese dello squadrismo fascista la vide impegnata nella difesa delle organizzazioni comuniste e contribuì a mutare progressivamente i connotati della sua militanza da una lotta alla luce del sole alla clandestinità. Si impegnò molto nell’attività della Federazione giovanile comunista (FGCI) curando, fra l’altro, la pubblicazione della rivista Voce della gioventù, un foglio semilegale che, presentandosi come rivista genericamente giovanile, poté continuare a uscire mentre gli altri giornali comunisti erano stati sospesi dalle autorità.
Seguì Longo prima a Roma e poi a Milano. Rimasta incinta del primo figlio – Luigi Libero – non poté sposare il suo compagno poiché questi non aveva avuto il permesso della famiglia: «“Con il nostro consenso non sposerai mai quella ragazza”, aveva detto il padre. “Perché?”, aveva chiesto lui. “Perché è brutta, povera e comunista!” aveva replicato sua madre» (ibid., p. 62). Poco dopo Longo fu arrestato e Noce si trovò sola a Milano dove continuò a occuparsi della rivista della FGCI fino a quando il partito non la mise ‘a riposo’ per il suo stato di salute. Alla fine del 1923 fu arrestata per la prima volta «e Luigi Libero rischiò di nascere a San Vittore» (ibid., p. 69). Fu presto rilasciata per insufficienza di prove e, pochi giorni dopo la scarcerazione, partorì. Rientrata a Torino, si ricongiunse con Longo, scarcerato dopo che il «processo di Roma» si era risolto «in una bolla di sapone» (ibid., p. 80).
La nuova dimensione di madre e donna di casa, richiusa tra le mura domestiche e impegnata soltanto nella cura della casa e del figlio, le stava stretta, quindi cercò di ricavarsi di nuovo uno spazio politico. L’occasione furono le elezioni del giugno 1924 che la videro molto impegnata a seguire la campagna elettorale. Nel 1925 ebbe un altro bambino – Pier Giuseppe – che morì dopo pochi mesi per un attacco di meningite. Dopo una lunga malattia che l’aveva molto debilitata, decise di sposare Longo che, ormai venticinquenne, non aveva più bisogno del consenso dei genitori.
Organizzatrice del congresso della FGCI del 1926, nello stesso anno espatriò illegalmente con Longo, poco prima dell’entrata in vigore delle leggi eccezionali, per andare in Unione Sovietica, dove fra il 1927 e il 1928 frequentò i corsi della Scuola internazionale Lenin di Mosca e condusse, con altre compagne italiane, un’inchiesta sulla salute pubblica. Da Mosca Noce e Longo si spostarono a Parigi, dove il PCd’I aveva stabilito il proprio Centro estero. Quando questo fu trasferito a Lugano, anche Noce andò in Svizzera, dove partecipò alla Conferenza d’organizzazione di Basilea (1928). Di nuovo a Mosca, seguì i lavori del VI Congresso dell’Internazionale. Nel febbraio 1929 lasciò Mosca alla volta di Parigi, dove nacque il suo terzogenito Giuseppe.
In seguito alla nuova linea sancita dal Congresso di Colonia (1931) in sintonia con la ‘svolta’ dell’Internazionale, Noce, che aveva ormai assunto il nome di battaglia di Estella, chiese di essere inviata in Italia per riprendere più direttamente la lotta antifascista. Dopo il primo viaggio in patria nel 1931, ne compì un altro l’anno successivo, durante il quale contribuì alla ricostruzione del partito clandestino in Emilia e all’organizzazione di scioperi fra i tessili biellesi e le mondine dell’area vercellese e novarese.
Membro del Comitato centrale del PCd’I dal 1932, l’anno successivo fu inviata a Mosca per rappresentare la Confederazione generale del lavoro (CGdL) nel Profintern, l’Internazionale sindacale; trasferitasi poi a Parigi si impegnò con Giuseppe Di Vittorio nella direzione della CGdL. Fondatrice, sempre in Francia, con Xenia Sereni, della rivista Noi donne, diresse l’organo d’informazione degli emigrati italiani in Francia, Il Grido del popolo, e La Voce delle donne, mensile uscito a Parigi nel 1935 come organo del Comitato italiano femminile di lotta contro il fascismo e contro la guerra. Delegata nel 1935 al VII Congresso del Comintern, dal 1936 al 1938 andò in Spagna con Longo e partecipò alla guerra civile, redigendo, fra l’altro, il periodico Il volontario della libertà. Curò il volume Garibaldini in Ispagna (1937), dedicato ai volontari italiani nella guerra di Spagna.
Dopo la vittoria del franchismo riparò in Francia. Si aprì così uno dei periodi più travagliati della sua vita sia sul piano personale, con i primi segni della crisi del matrimonio con Longo, sia su quello politico, con il sempre più prossimo pericolo di guerra e il contemporaneo sfaldarsi dell’unità creata con i Fronti popolari. Con l’annuncio del patto Molotov-Ribbentrop, molti dirgenti comunisti rifugiati in Francia furono arrestati, e con essi Longo, mentre Noce venne internata nel campo di Rieucros soltanto dopo l’invasione nazista della Francia e la dichiarazione di guerra da parte di Mussolini. Trasferita a Marsiglia, riuscì a fuggire e a metà del 1941 si unì ai francs-tireurs, avviando un periodo di lotta partigiana in Francia che durò fino al 1943. Catturata dalla polizia francese, fu consegnata alla Gestapo nel 1944 e internata nel campo di concentramento di Ravensbrück e poi in quello di Holleischen dal quale venne liberata dai partigiani polacchi soltanto alla fine della guerra.
Rientrata in Italia a Liberazione avvenuta, dopo essere stata ancora arrestata in Francia a causa di un equivoco per sospetto collaborazionismo coi tedeschi, riprese immediatamente i contatti col partito e si buttò a capofitto nell’attività politica. Membro della Consulta nazionale, fece parte della Commissione lavoro; rieletta nel Comitato centrale del PCI e poi della Direzione dal V Congresso (1945-46) fino al 1954, diresse dal 1947 al 1955 la Federazione nazionale degli impiegati e operai tessili della CGIL. Deputata all’Assemblea costituente, fu membro del Comitato dei Settantacinque che scrisse la Costituzione. Fu eletta alla Camera nelle prime due legislature repubblicane. Di questo periodo vanno segnalati l’impegno per la parità salariale e la promozione della legge 26 agosto 1950, n. 860 per la tutela delle lavoratrici madri. Abbandonato poi il Parlamento, si dedicò a tempo pieno al sindacato divenendo anche, dal 1949 al 1958, presidente dell’Unione internazionale dei lavoratori dell’abbigliamento. Dal 1959 fece parte per alcuni anni del Consiglio nazionale economia e lavoro (CNEL) in rappresentanza della CGIL. Successivamente si ritirò progressivamente dalla scena pubblica.
La separazione da Longo (1953) la segnò sia sul piano personale sia su quello politico. Sul piano personale venne a sapere dalle pagine del Corriere della sera che Longo aveva ottenuto l’annullamento del matrimonio a San Marino, falsificando la sua firma. Sul piano politico fu esclusa dalla direzione del partito a causa degli attriti che si erano venuti a creare fra lei e alcuni dirigenti che non avevano apprezzato la sua scelta di rivolgersi alla Commissione centrale di controllo del PCI per denunciare il metodo usato da Longo. Questa vicenda fu per Noce un trauma: nelle sue memorie lo descrisse come «grave e doloroso più del carcere, più della deportazione» (ibid., p. 411).
Morì a Bologna il 22 gennaio 1980.
Opere: Oltre a quelle citate si segnalano: Gioventù senza sole (Parigi 1937; Roma 1975; Milano 2003), romanzo ispirato al periodo di prigionia nei lager tedeschi; … ma domani farà giorno (con presentazione di P. Nenni, Milano 1952) e Le avventure di Laika, cagnetta spaziale (ibid. 1960). Si vedano anche le interviste-testimonianza: T. N., in Donna, privato e politico: storie personali di 21 donne del PCI, a cura di E. Scroppo, Milano 1979, pp. 38-56, e G. Gerosa, Le compagne, Milano 1979, pp. 15-33. Altri scritti politici sono firmati con il nome di battaglia Estella.
Fonti e Bibl.: Le carte di Teresa Noce sono conservate nell’archivio personale del figlio Giuseppe Longo a Bologna e presso la Fondazione dell’Istituto Gramsci di Roma; v. anche: Roma, Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale, f. personale; per gli scritti e i documenti, si consulti http://www.regione.emilia-romagna.it/web_gest/costituente/archivi_costituenti/ TeresaNoce.pdf.; R. Martinelli, N. T., in F. Andreucci - T. Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico 1853-1943, III, Roma 1977, pp. 687-689; L. Melograni, Una donna, una combattente la chiamavamo Estella, in l’Unità, 23 gennaio 1980; N. T., in Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza, a cura di E. Nizza, IV, Milano 1984, pp. 140 s.; T. N., in I deputati piemontesi all’Assemblea Costituente, a cura di C. Simiand, Milano 1999, pp. 365-371; R. Sandri, N. T., in Dizionario della Resistenza. Luoghi, formazioni, protagonisti, a cura di E. Collotti - R. Sandri - F. Sessi, II, Torino 2001, p. 602; M.L. Righi, L’azione delle donne nella CGIL: 1944-1962, inÈ brava, ma… Donne nella CGIL: 1944-1962, a cura di S. Lunadei - L. Motti - M.L. Righi, Roma 1999, ad indicem.