TERESA di Gesù, santa
Teresa de Cepeda y Ahumada nacque ad Ávila il 28 marzo 1515 da Don Alonso Sánchez de Cepeda e da Doña Beatrice de Ahumada. Nella prima giovinezza fu allettata dall'assidua lettura dei romanzi cavallereschi tanto in voga, da innocenti passatempi e veniali frivolezze mondane. Non ne furono però menomamente soffocati gl'impeti di pietà che nella fervida fantasia della fanciulla avevano acceso le romanzesche ed epiche vite di santi sì da farle vagheggiare, ancora bambina, di farsi paladina di Cristo. Col fratello Rodrigo pensò infatti di fuggire di casa e correre, per sete del martirio, in terra di Mori. La sua vocazione era fissata; e per quanto, entrata come pensionante (1531) nel monastero delle agostiniane di Ávila, non si sentisse gran che attratta alla vita monacale, pure, edificata dalle conversazioni spirituali con una pia monaca e poi, in Hortigosa, con uno zio paterno, Don Pedro, a diciotto anni si chiuse nel convento avilese dell'Incarnazione, dove il 3 novembre del 1534 pronunziò i voti perpetui. Furono anni e anni di fieri patimenti: del corpo, travagliato da continue infermità fino da quando ebbe nel 1537 un attacco di paralisi; dello spirito, che soffrì drammatiche crisi nelle quali parve alla santa illanguidirlesi la devozione nonché il fervore religioso (1541). Come risorta a nuova e più intensa vita spirituale (1555), incominciarono tre anni dopo e continuarono quasi ininterrotte quelle mistiche visioni, spesso vere cristofanie, quei celestiali, estenuanti rapimenti da lei narrati con tanto candore di anima appassionata, con tanta schiettezza e buona fede insospettabile. Il Bernini, che rappresentò la santa nella celebre statua di Santa Maria della Vittoria in Roma, s'ispirò appunto al racconto della trasverberazione nel cap. XXIX dell'autobiografia, che narra come un angelo le trafisse, nello spasimo delizioso dell'estasi, con dardo d'oro il cuore (1559).
Nel 1560 ebbe la prima idea della riforma dell'ordine delle carmelitane, fondando nuovi piccoli conventi, secondo la regola di un tempo. L'Ordine si era venuto mitigando via via sempre più dopo le concessioni contenute nella Bolla papale del 1452, sì che troppo dell'antica rigorosità era venuto meno. Intollerante di questa rilassatezza, T. di Gesù volle ristabilire l'originaria austerità, e tutta si consacrò alla grande opera. Ottenuta l'autorizzazione del papa Pio IV, fondò nell'agosto del 1562, pur di mezzo a difficoltà e violente opposizioni, il primo convento riformato di San José in Ávila; ma la sua meravigliosa attività di riformatrice è dei quindici anni che vanno dal 1567 alla morte. Sempre malferma in salute, fatta segno spesso a calunnie, a offese, a maltrattamenti, umiliazioni, percorse quasi tutta la Spagna in mezzo a mille disagi. Fondò così trentadue conventi di carmelitane e, con l'aiuto di S. Giovanni della Croce, di carmelitani scalzi, complessivamente. "Monja inquieta y andariega", ossia monaca irrequieta ed errabonda, ebbe a dirla il nunzio apostolico Filippo Sega che fu dei suoi più fieri nemici. In un ultimo suo viaggio da Burgos e Valladolid ad Alba di Tormes, dove si recava ad assistere la duchessa d'Alba sua protettrice, ebbe a mancare per via presso Peñaranda, sfinita dai patimenti e dalla fame. Giuntavi la sera del 20 settembre 1582, ivi morì il 4 ottobre, a 67 anni.
Beatificata da PaoloV il 24 aprile 1614, fu canonizzata da papa Gregorio XV il 22 marzo 1622. A istanza dei procuratori di Castiglia e di León fu proclamata da Urbano VIII compatrona di Spagna accanto a San Giacomo con breve del 21 giugno 1627.
Santa, scrittrice e mistica, conseguì Santa T. la perfetta vita per la vocazione, la forte volontà, il temperamento. L'ambiente sociale tuttavia e lo spirito profondamente religioso della Spagna del sec. XVI furono le cause esteriori concomitanti che contribuirono a fare di T. di Cepeda, l'eroica santa, l'espressione viva del più alto ideale religioso. T. di G., assetata d'ideale purezza, tende lo sguardo sempre più infiammato d'amore e le braccia verso il mistico Sposo, distaccata da tutti i "contentos de aca", supplicando da lui sempre nuova forza per combattere le sue sante battaglie, in gloria della Chiesa, per la purezza della fede, per la pace del mondo e nei cuori.
Strettamente connesse con la sua multiforme attività religiosa sono le molte opere di Santa T. Non ebbe una cultura propriamente letteraria; la sua non andava al dilà di quella che di solito avevano le nobili castigliane, ma vi supplì con larghe e assidue letture di buenos libros ossia di edificazione spirituale, quali le Lettere di San Girolamo, le Confessioni di S. Agostino, la Bibbia, i Morali di S. Gregorio, ecc. Profonda nella scienza delle cose divine, papa Pio X la dichiarò Dottore della Chiesa, e il Collegio Accademico di Salamanca il 4 marzo 1922 la proclamò doctora dell'Università.
Ad eccezione di alcune devote liriche, tutto scrisse in prosa, senza pretese letterarie, in una lingua quanto mai schiettamente castigliana, ricca, spontanea come quella che è dell'uso vivo, perfino nell'ortografia regolata sulla pronunzia; in uno stile semplice e sobrio, lo stile disinvolto del conversar familiare, reso anche più espressivo dalle frequenti nitide immagini, da frasi incisive e modi pittoreschi di dire. E in questa lingua senza lisci, in questo stile senza ritocchi, a volte grammaticalmente negletto, con spesso felici anacoluti e scorci sintattici, seppe significare le cose più alte dello spirito e lucidamente esporre i più arcani concetti della teologia mistica. Appartiene così Santa T. al novero dei grandi scrittori spagnoli del secolo d'oro.
Le sue opere maggiori sono: 1. Il Libro de su vida scritto fra il 1562 e il 1565 per comando dei suoi direttori spirituali, prima il domenicano padre Pedro de Ibáñez, poi, per una seconda redazione, il padre García de Toledo. L'autografo si conserva nella biblioteca dell'Escoriale. È l'opera più estesa di tutte ed è la storia di un'anima, di fatti interni ed esterni circa la sua vocazione. Nei primi dieci capitoli sono raccontati i casi della giovinezza fino al proponimento della vita perfetta; i seguenti fino al cap. XXII formano il trattatello dell'Orazione; dal XXIII al XXXII sono riferite le grazie avute da Dio e le tentazioni dopo la dedizione alla vita perfetta; nei capitoli seguenti fino al capitolo XXXVI si narra la fondazione del primo convento in Ávila secondo la riforma; negli ultimi la santa (capitoli XXXVII-XL) riprende a dire ancora di altre grazie e favori celesti. 2. Camino de perfección. Scritto negli anni 1564-67, per desiderio delle carmelitane di San José e per comando del padre Domenico Bañez, è un trattato ascetico sulle virtù nella vita religiosa e sull'orazione mentale ed orale quale via della perfezione; contiene inoltre dal capitolo XXVI al XLII un'esposizione del Paternostro. Gli autografi delle due differenti redazioni, la prima di 73 capitoli e la seconda abbreviata in 42, sono l'uno nell'Escoriale e l'altro nel convento delle carmelitane a Valladolid. 3. Libro de las Fundaciones. Cominciato a Salamanca il 24 di agosto del 1573 per comando del padre Ripalda suo confessore e poi suo biografo, fu terminato per le due prime parti a Toledo il 14 novembre 1576; la terza, che comprende la fondazione degli ultimi quattro conventi, fu scritta dal 1580 fino circa alla morte. L'autografo è all'Escoriale. È la storia della vita esterna di Santa T., delle sue lotte sostenute anche contro autorità civili ed ecclesiastiche, tra cui il nunzio, il generale dell'ordine e i carmelitani cosiddetti mitigati. Ella ebbe però dalla sua parte lo stesso re Filippo II, a cui si era rivolta. 4. Il Castillo Interior o Libro de las siete Moradas. È il capolavoro della santa e il libro più perfetto della mistica sperimentale spagnola, scritto dal giugno al novembre del 1577 per suggerimento del padre Girolamo Gracián che riusciva a vincere le riluttanze della santa. Il ms. è presso le carmelitane di Siviglia, a cui lo affidò il loro benefattore Cerezo Pardo, perché, infierendo la persecuzione contro la riformatrice e le sue religiose, non avvenisse di questa opera ciò che era avvenuto dell'autobiografia denunziata malignamente dalla principessa d'Eboli all'Inquisizione, poi da questa sequestrata con tutte le copie, alla distruzione delle quali sfuggì soltanto quella della duchessa d'Alba. Ciò, perché non si ammetteva che le più gravi questioni teologiche fossero trattate, e in lingua volgare, da una donna senza studî di teologia. I lontani ricordi dei romanzi cavallereschi, con i loro castelli incantati, le frequenti mistiche visioni celestiali, il detto dell'Evangelo che l'anima è il ricettacolo di Dio, la lettura della Subida del Monte Sión por la vía contemplativa del padre Bernardino de Laredo (morto nel 1540 circa), specialmente la visione estatica raccontata nel capitolo XV della Vida, si fusero come in un'immagine sola, che improntò di sé tutta l'opera, e suggerirono il titolo allegorico. Si tratta di un castello di finissimo diamante, fulgente di luce in cui sono, in corrispondenza e somiglianza a quelle del cielo, sette dimore in ciascuna delle quali l'anima in stato di grazia s'intrattiene alcun tempo per salire sempre più pura e perfetta, per virtù dell'orazione, dallo stato di purgatio di illuminatio a quello della unio ossia dell'anelato congiungimento con Dio.
Opere minori sono: Conceptos del amor de Dios (1577?), esposizione mistica di alcuni versetti del Cantico dei Cantici; Exclamaciones ossia diciassette fervide invocazioni rivolte a Gesù ispirate dalla Comunione eucaristica; Relaciones raccolte da Luis de León, in cui la santa rendeva conto della sua vita interiore ai suoi confessori; Avisos, che in numero di 69 scrisse per le sue monache; Constituciones: se ne hanno solo copie; compilate a mano a mano che la riforma si veniva affermando, esse costituiscono la regola dell'ordine, approvata nel concilio di Alcalá il 13 marzo 1581, basata sulla triplice pratica dell'orazione, della solitudine, della penitenza; Epistolario, nel quale è raccolto forse un terzo delle lettere di Santa T., ché moltissime andarono perdute. Sono preziose testimonianze della sua grande attività, delle sue vicende nel mondo, con cui era in contatto per la sua missione, dei suoi patimenti nelle avversità. Insieme col Libro de las Fundaciones sono anche testimonianza del gran senso pratico e realistico che l'assisteva e la guidava negli affari. Poesias: se mancano della tecnica dell'arte, sovrabbondano d'impeto lirico, scritte talune dopo un mistico rapimento, tutte nelle forme metriche tradizionali popolari della glosa e del villancico. Molte non giunsero fino a noi. Falsamente le fu attribuito il famoso Soneto al Crucificado (No me mueve, mi Dios, para quererte). Anche così quali sono, attestano un ingegno altamente poetico, sono una vera poesia, perché significata secondo che il cuore, tutto preso dall'amore divino, dettava dentro.
Ediz.: Obras, in Biblioteca de Autores españoles (Rivadeneyra), LIII e LV; Obras, ed. V. de la Fuente, Madrid 1881, voll. 6; Obras, edito con note del p. Silverio, 2a ed., Burgos 1930; El Castillo Interior, ediz. autografa, Siviglia 1882; Las moradas, a cura di T. Navarro Tomás (in Clásicos castellanos, I, 1910).
Bibl.: La letteratura teresiana è immensa e manca ancora una bibliografia completa, che tale non è, oltre che ormai arretrata, quella di H. de Curzon, Bibl. thérésienne: ouvrages français et étrangers sur S. T. et sur ses øuvres (Bibl. critique), Parigi 1902; P. Guillermo Antolin, Ls autógrafos de S. T. que se conservan en el Real Monasterio de El Escorial, Madrid 1914; R. Hoornaert, Sainte Thérèse écrivain, Parigi 1925; C. Bayle, Santa Teresa de Jesús, Madrid 1932; M. Mir, S. T. de J. Su espíritu y sus fundaciones, ivi 1913; L. Bertrand, S. T. (trad. spagnola). C'è anche una trad. italiana, di A. Tovini, Brescia 1928; G. Cunninghame Graham, S. T. su vida y su época, Madrid 1927; J. Dominguez Berrueta, S. T. de J., ivi 1934; E. Julián Martinez, La cultura de S. T. y su obra literaria, Castellón 1923; P. Sainz Rodriguez, Introducción a la historia de la literatura mística española, Madrid 1927; P. Crisógono de Jesús Sacramentado, La escuela mística carmelitana, Ávila 1930; G. Etchegoyen, L'amour divin. Essai sur les sources de S. T., Bordeaux-Parigi 1923; A. López-Peláez, S. T. y las órdenes religiosas, Reus 1915; H. Joli, S. Thérèse, Parigi 1902.