TERENUTHIS (Τερνούθης, Therenuthis)
) Antica città del Basso Egitto, oggi et-Tarrāna, situata sulla riva occidentale del ramo di Rosetta del Nilo, c.a 70 km a NO del Cairo, sull'orlo del deserto. Già in epoca remota la zona costituiva un importante punto di transito perché da qui una pista carovaniera, lasciando la regione del Delta, si inoltrava verso lo Wādī Naṭrūn, territorio ricco di giacimenti di sale e soda.
Costituiscono le più antiche tracce archeologiche del villaggio di T. un blocco di calcare con il cartiglio di Ramesse II e altre due pietre, una con il cartiglio di Necao II (XXVI Dinastia), l'altra con una dedica al dio Thot di Hermopolis, offerta da Pen Amun, un principe del luogo, che governò forse al tempo della XXVIII Dinastia. Si ignora a quali strutture appartenessero tali resti perché il solo edificio di cui si ha sicura conoscenza è un tempio che sorgeva sulla sommità della collina, nella parte più occidentale della città. I numerosi blocchi di calcare appartenenti alle sue mura portano incisi i cartigli di Tolemeo I Soter, che ne ordinò la costruzione, e di Tolemeo II Filadelfo, che la fece completare. Il tempio era dedicato alla dea Ḥatḥor, chiamata nelle iscrizioni «Signora di Mafket»; probabilmente questo fu il nome più antico della città e solo in seguito all'introduzione del culto della dea della fertilità Renenutet, venerata in forma di serpente, sarebbe stato usato il toponimo Terenuthis. Durante il periodo greco-romano, l'importanza di T. aumentò notevolmente, specie per l'incremento dei commerci con lo Wādī Naṭrūn e dei traffici fra Alessandria e la regione del Delta.
Quando il Cristianesimo si diffuse, nel vicino deserto sorsero numerosi insediamenti monastici e alcune località di eremitaggio come Nitriai, Kellia e Sketis. Durante la conquista araba dell'Egitto (640-641), nei pressi di T. furono combattute, diverse battaglie; la sopravvivenza dell'antica denominazione nell'odierno toponimo arabo et-Tarräna conferma la continuità del sito fino ai nostri giorni.
Mentre dell'antica T. restano solo pochissime tracce, molto importante si è rivelata invece la sua necropoli, situata sull'orlo del deserto, nel sito noto come Kom Abū Billū, c.a i km a O del villaggio di et-Tarrāna.
Pur parzialmente saccheggiata dai contadini del luogo in cerca di sebbakh e di materiale da costruzione, la vasta area cemeteriale, messa in luce da varie spedizioni archeologiche, presenta sepolture databili dall'Antico Regno all'epoca romana. Le inumazioni dell'Antico Regno erano molto primitive; nei casi migliori erano praticate entro tombe costruite in mattoni crudi; il materiale funerario che faceva da corredo era costituito da vasi di alabastro, scisto, ceramica, oggetti da toletta, monili. Un vaso di alabastro presentava il cartiglio di Pepi I (VI Dinastia). Le sepolture del Nuovo Regno erano sistemate talvolta nel fondo di pozzi verticali o laterali, chiusi da mattoni crudi. I defunti erano in alcuni casi inumati in sarcofagi di terracotta che presentavano iscrizioni in geroglifici o pitture. Interessante il materiale raccolto, p.es. un vaso miceneo, oggetti da toletta, scarabei (con i nomi di Thutmosis I e III, Amenophis II, Seti I, Ra- messe II), ushabti, ecc.
Le tombe di epoca romana risalgono ai secoli I-IV d.C. (poche sono quelle di età tolemaica). In maggioranza sono costruite in mattoni crudi, su un basamento simile a una pedana, con la struttura superiore di forma varia: quadrata, rettangolare, piramidale; spesso presentano sul lato rivolto a E una nicchia, dove era collocata una stele e talvolta, di fronte, era eretto un altare sacrificale.
Le stele funerarie sono di calcare, di dimensioni ridotte, talvolta con la sommità arrotondata. Pochi casi presentano solo l'iscrizione e sono da attribuire all'epoca tolemaica; le figure sono generalmente scolpite a rilievo incavato e sono racchiuse da una cornice dipinta o incisa, ma in qualche caso sono al centro di una struttura architettonica (facciata di un tempio).
I defunti, raffigurati da soli oppure con l'intero gruppo familiare, indossano un himàtion e sono rappresentati in posizione orante o distesi su una klìne con accanto un tavolo d'offerta, oppure in atto di sacrificare. Vicino a loro spesso sono incisi il falco e lo sciacallo, rappresentazioni teriomorfe di due fra le divinità più antiche e venerate della religione egiziana. Particolarmente interessanti sono una stele che raffigura il ratto di Persefone da parte di Plutone e un'altra in cui, accanto alla defunta e alla figlioletta, sono riprodotti Osiride e Maat (Neftis ?). In altre due stele il defunto è raffigurato sulla barca sacra, mentre compie l'estremo viaggio.
Sotto il rilievo è spesso presente un'iscrizione in greco con il nome del defunto, l'età e alcune espressioni di addio tipiche degli epitaffi greci. I nomi sono di origine locale o greca, solo pochi hanno una derivazione latina; raramente le iscrizioni ricordano l'attività svolta dal defunto.
L'analisi degli elementi iconografici ed epigrafici nonché dei corredi funerarî della necropoli di T. rivela l'eclettismo stilistico e culturale degli artigiani del luogo e conferma, anche in questa zona, il processo di assimilazione e rinnovamento tipico della koinè ellenistico-romana in terra egiziana.
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