TER
Villaggio situato lungo il fiume Terna, a 6 km dalla moderna Osmanabad, nello stato indiano del Maharashtra; sorge sull'antica cittadina di Tagara, di cui parlano l'autore del Periplo del Mar Eritreo (51) e Tole- meo (Tagara: Geog., vii, i, 82). Il sito è conosciuto sin dal 1901, quando J. F. Fleet ne propose l'identificazione con l'importante centro commerciale di epoca sātavāhana; poco dopo il Cousens effettuò una seconda ricognizione descrivendo i monumenti principali: nel sanctum di un tempio dedicato a Trivikramešvara egli identificò una delle più antiche strutture dalla forma «a caitya» (rettangolo absidato) costruite all'aperto, probabilmente di antica origine buddhista, successivamente adattato a tempio hindu con l'aggiunta di un maṇḍapa (struttura ipostila) a tetto piatto. Altre ricognizioni e brevi saggi di scavo hanno confermato l'antichità del sito e soprattutto l'importante ruolo da esso svolto in epoca sātavāhana.
La notevolissima quantità di oggetti provenienti dal luogo, ma non da scavi, costituisce il nucleo principale del locale Museo Archeologico; tra i più interessanti figurano alcune statuine femminili di avorio, paragonabili per lo stile alla statuetta indiana rinvenuta a Pompei.
Scavi sistematici iniziarono solo nel 1958 a opera di B. N. Chapekar. Questi, oltre a rilevare sporadici manufatti attribuibili all'epoca neolitica, mise in luce un insediamento databile dal III sec. a.C. al III d.C., di cui distinse due fasi successive: la prima è caratterizzata dalla Ceramica nera polita del Nord (Northern Black Polished Ware), e la seconda, di gran lunga la più importante, che segue la prima dopo un certo lasso di tempo, è rappresentata dalla caratteristica Ceramica rossa polita (Red Polished Ware). In questa fase di ricerca fu confermata l'importanza del sito come centro commerciale «internazionale», dove pervenivano oggetti e prodotti provenienti dal mondo mediterraneo. La successiva campagna di scavo, condotta da M. G. Dikshit nel 1966-67, portò alla luce la base di un grande stūpa di 26 m di diametro, corredato da quattro piattaforme e da pradakṣināpatha, e i resti di un caityagṛha (tempio absidale in mattoni con uno stūpa all'interno), preceduto da un maṇḍapa in legno, assegnabile in base a evidenze epigrafiche e alla presenza di monete al II sec. d.C. Una più recente missione di scavo ha rinvenuto le tracce di una palizzata che correva intorno alla città; la scoperta rimanda alle parole di Plinio, che parla di trenta città fortificate appartenenti alla dinastia dei Sātavāhana.
I risultati di scavo permettono di ricostruire per grandi linee la storia del sito. Già in epoca maurya T. dovette essere un centro commerciale di una certa importanza, come mostrano in particolare le monete, ed è probabile che sin da allora fosse collegata, oltre che alle principali città settentrionali e a quelle del Deccan, ai porti lungo le coste occidentali e orientali. L'autore del Periplo (c.a I sec. d.C.) riferisce che la città di Tagara era a dieci giorni di cammino da Pratisthāna (capitale dei Sātavāhana), a sua volta a venti giorni di viaggio dal porto di Barỳgaza (Broach), importante scalo commerciale alla foce della Narmada.
Le evidenze di scavo non mostrano rilevanti cambiamenti nei modi di vita, nell'edilizia, ecc.; nel primo e nel secondo periodo la manifattura delle conchiglie e quella dei tessuti è ugualmente attestata.
Molti elementi fanno pensare a una presenza in loco di occidentali. Oltre ad alcune monete romane e a copie locali (le cosiddette bullae), figurano oggetti di esportazione o imitazioni di pezzi occidentali simili a quelli trovati anche in altri centri del Deccan (Kolhāpur, Kondapur, Amarāvatī, Nevasa, Karwan, Akota, Junnār, Nāsik, v., Paithan): copie di lucerne romane (v. lucerna: India), coppette in terracotta che imitano nella forma esemplari in vetro o in terracotta di area mediterranea, statuine fittili dipendenti da prototipi occidentali. M. N. Deshpande nota influssi occidentali soprattutto in una testa femminile con la bocca aperta, forse una cantante, simile a un'altra rinvenuta a Chandravalli, nella figura di un leone nell'atto di sbranare un capride rappresentata su un coperchio, in una divinità marina sdraiata su un altro coperchio e in alcune figure grottesche. Sono inoltre caratteristiche di T. e di altri siti del Deccan statuette eseguite con la tecnica a doppia matrice e con un impasto di caolino bianco: si tratterebbe forse di una tecnica importata dalla Gallia (Deshpande, 1965). Peculiari di T. sono anche alcune testine in terracotta rossa, eseguite ugualmente con la tecnica della doppia matrice, che però mostrano uno stile del tutto diverso, ricollegabile all'arte romana, che si evidenzia soprattutto nel modellato della capigliatura e nella resa realistica dei tratti del volto. Di fattura decisamente occidentale è il busto di una figurina femminile in terracotta, parte di una lucerna da sospendere, databile al I sec. d.C. Alcuni testi tamil alludono a lucerne «fatte dagli Yavana», importate nell'India meridionale.
La collezione del museo di T. comprende anche un frammento di piatto in terracotta rossa simile agli esemplari di terra sigillata di Arikamedu. Non è facile stabilire se si tratti di un originale o di una copia locale, poiché il frammento evidenzia un impasto più rozzo e un colore troppo scuro rispetto agli originali. Questo tipo di suppellettili era importato in India per l'uso esclusivo dei residenti occidentali: esse sono state infatti rinvenute solo ad Arikamedu. A uso specifico dei mercanti stranieri venivano probabilmente eseguite copie locali. A questo ambiente va attribuita anche una scultura in miniatura raffigurante un piccolo Eros adagiato in un uovo (v. JUNNĀR), chiaramente un talismano o un oggetto votivo, forse legato a culti orfici.
Le figurine femminili in avorio sono forse da associare ad alcuni oggetti in bronzo rinvenuti a Kolhāpur (v.), di provenienza in parte campana. Dallo stesso periodo datano alcuni reperti riconducibili ai culti induisti, quali statuette e piccole stele votive in pietra grigia e statuette in terracotta rappresentanti figure femminili nude dalle forme prosperose, altre acefale, accucciate e a gambe aperte, di solito poste in relazione con il culto della Dea Madre. Sono state inoltre rinvenute collane e monili in osso e conchiglia, grani di collana in lapislazzuli di provenienza centroasiatica, piccoli tondi con motivi vegetali e animali eseguiti a stampo, monete locali e altro tipo di ceramica locale. Statue in pietra ed elementi architettonici di epoca gupta sono indice di una certa vitalità del luogo anche dopo il declino dei Sātavāhana.
Oltre al tempio absidato di Trivikramešvara, di cui si è già detto (IV sec. d.C.), sono stati identificati un tempio di piccole proporzioni e molto danneggiato, dedicato a Uttarešvara e databile al VI sec. e il Tempio di Tripurāntakešvara, lungo il fiume, di cui però è rimasto solo il liṅga. Altre isolate rovine, pilastri in pietra e rilievi non sono facilmente databili, ma evidenze epigrafiche testimoniano che T. fu un insediamento di un certo rilievo anche tra il VII e il XVIII secolo.
Bibl.: Notizie degli scavi: H. Cousens, Ter, Tagara, in ASIAR 1902-03, pp. 195-204; IAR, 1957-58, pp. 23-24; 1966-67, pp. 25-26; 1967-68, p. 35; 1968- 69, pp. 17-18; 1974-75, p. 32; B. N.. Chapekar, Report on the Excavation at Ter (1958), Puna 1969. - Studi: D. Barrett, Ter (The Heritage of Indian Art, 5), Bombay i960; Μ. N. Deshpande, Some Observations on the Ivory Figure from Ter, in Lalit Kala, X, 1961, pp. 55-56; id., Classical Influence on Indian Terracotta Art, in Le rayonnement des civilisations grecque et romaine sur les cultures périphériques. VlIIême congrès international d'archéologie classique, Paris 1963, Parigi 1965, pp. 603-610; id., Roman Pottery in India, in B. P. Sinha (ed.), Potteries in Ancient India, Patna 1969, pp. 275-284; S. Gorakshkar, Ter, Kolhapur and the Yavanas, in Dawn of Civilization in Maharashtra (cat.), Bombay 1975, pp. 27-30; M. G. Raschke, New Studies on Roman Commerce with the East, in ANRW, II, 9, 2, 1978, pp. 605-1127; H.P. Roy, Monastery and Guild: Commerce under the Sätavähanas, Nuova Delhi 1986; id., Yavana Presence in Ancient India, in Journal of the Economic and Social History of the Orient, XXXI, 1988, pp. 311-325; S. B. Deo, Roman Trade: Recent Archaeological Discoveries in Western India, in V. Begley, R. D. De Puma (ed.), Rome and India, The Ancient Sea-Trade, Madison 1991, pp. 40-45; E. M. Stern, Early Roman Export Glass in India, ibid., pp. 113-124; V. Begley, Ceramic Evidence for Pre- Periplus Trade on the Indian Coasts, ibid., pp. 157-196.