CURRICOLO, Teorie del
Alcuni precedenti delle teorie del c. in campo educativo possono rintracciarsi già nella cultura pedagogica degli inizi del Novecento (J. Dewey, in particolare). È dalla fine degli anni Cinquanta, tuttavia, che la prospettiva curricolare ha trovato sviluppo negli Stati Uniti e in Europa. Hanno spinto in tale direzione circostanze diverse: da un lato, i problemi posti dalla scolarizzazione di massa a livelli più elevati d'istruzione e l'esigenza di definire modelli di formazione, generale e professionale, adeguati al nuovo quadro di conoscenze scientifiche e tecnologiche e alle trasformazioni verificatesi in ampi settori della realtà sociale ed economica; dall'altro lato, gli avanzamenti fatti registrare dalle scienze umane e sociali (psicologia, antropologia culturale, linguistica, epistemologia, metodologia della ricerca, ecc.) e le occasioni da esse offerte alla migliore comprensione dei processi educativi e delle condizioni che li influenzano dall'esterno.
Numerosi sono i modelli teorici elaborati nella suddetta prospettiva nel corso degli anni Sessanta e Settanta, con risvolti molteplici nel campo della concreta progettazione di c. scolastici. Gli studi a riguardo (H. Taba, D. K. Wheeler, P. H. Taylor, R. W. Tyler, P. H. Hirst, D. Lawton, ecc.) non si muovono però entro un quadro del tutto omogeneo dal punto di vista scientifico. Anche i risultati dell'analisi appaiono difformi. Non c'è accordo generale sulla stessa definizione di c. e quindi sulla materia che si ritiene debba formare oggetto di analisi. Ciò nondimeno, gli studi sul c. tendono a considerare in una prospettiva unitaria e progettuale i diversi fattori e momenti che concorrono, spesso interagendo fra loro, a definire una situazione di apprendimento. Tale linea di tendenza, pur quando esplicitamente condivisa, non impedisce poi che le analisi finiscano per privilegiare l'uno piuttosto che l'altro aspetto ovvero per trascurare o sottovalutare temi fondamentali dell'istruzione. Se l'oggetto del c. può dirsi consistere in una "organizzazione generale, analiticamente precisata, della trasmissione ed elaborazione culturale che si realizza in un corso di studi" (C. Pontecorvo), dubbi e perplessità permangono intorno alla premessa teorica di molti modelli circa la controllabilità tecnica dei processi d'insegnamento-apprendimento e di conseguenza sulla possibilità concreta di verifiche esaurienti degli esiti di tali processi.
Fra i molti elementi che entrano in gioco in una situazione di studio, quattro in particolare (obiettivi, contenuti, metodi, valutazione) vengono considerati essenziali per la definizione di un razionale e organico progetto educativo. Oltre alla dimensione per così dire trasversale o sincronica (coordinamento delle singole materie entro uno specifico piano di studi) diventa necessario prendere in esame la dimensione longitudinale o diacronica della formazione (sviluppo degli insegnamenti lungo l'intero corso di studi). Alcuni autori richiamano l'attenzione sul più generale contesto socio-educativo in cui s'inserisce un determinato piano di studi, e in particolare sulle relazioni intercorrenti fra esso e gli sbocchi professionali nel quadro della dinamica della realtà produttiva. Proprio per assicurare aderenza ai bisogni reali di formazione nelle situazioni considerate, alcuni autori sottolineano l'opportunità di promuovere un consenso largo intorno alla strategia curricolare, chiamando a collaborare con gli esperti (pedagogisti, psicologi, specialisti delle diverse discipline, dirigenti scolastici) anche rappresentanti delle forze sociali ed economiche interessati alla dinamica dell'istruzione.
Si ritiene che debbano rientrare nell'indagine preliminare l'inventario delle esigenze formative nell'ambiente considerato, l'esame dei profili professionali richiesti o emergenti, la ricerca di un equilibrato rapporto fra momento tecnico-scientifico e momento socio-politico dell'istruzione, il controllo delle procedure decisionali relative al progetto e alla sua attuazione. È evidente che tale problematica trova ascolto e modalità diverse di concretizzazione a seconda delle tradizioni culturali e politiche e degli ordinamenti scolastici dei singoli paesi.
A ogni modo, la diagnosi dell'ambiente nel quale s'inserisce l'intervento educativo è considerata generalmente una condizione indispensabile alla corretta impostazione di ogni procedura curricolare. Tale analisi riguarda, in primo luogo, i destinatari stessi dell'intervento, gli alunni cioè, dei quali occorre accertare in via preliminare il grado di conoscenze e di capacità di cui sono dotati, le motivazioni e gli interessi specifici, le differenze individuali ecc.; in secondo luogo, i docenti impegnati, ovvero la competenza e le qualità professionali di cui dispongono, nonché la loro disposizione all'innovazione, all'aggiornamento, al lavoro collegiale d'impostazione e verifica dei programmi d'insegnamento. È altresì opportuno prendere in esame i fattori esterni che influenzano gli alunni e i loro atteggiamenti, in particolar modo la famiglia, ma anche la più ampia comunità sociale in cui la scuola è inserita. Neppure appare possibile trascurare l'esame, in relazione alle attività da progettare, delle condizioni presentate dall'edificio scolastico, dai servizi e dalle attrezzature didattiche disponibili. Sono tutti elementi, quelli ora elencati, che in vario modo condizionano l'impostazione e le possibilità di attuazione di un piano di studi.
Momento qualificante della procedura curricolare viene considerata la determinazione di precisi obiettivi educativi. È convinzione diffusa, infatti, che solo in base a obiettivi accuratamente individuati e resi espliciti sia possibile impostare un valido piano di studi. La ricerca psico-pedagogica (B. S. Bloom e coll., J. P. Guilford, R. M. Gagné) ha compiuto vari tentativi di analisi, classificazione e gerarchizzazione di obiettivi di apprendimento, particolarmente in campo cognitivo, ma anche in quelli affettivo e psicomotorio. Queste analisi, pur lasciando perplessi non pochi pedagogisti, hanno contribuito quanto meno a mettere in luce delle relazioni significative fra aspetti psicologici dell'apprendimento e contenuti dell'istruzione. Altre distinzioni proposte, quale quella dei tre livelli di definizione degli obiettivi (generali, specifici e operativi), si prestano forse meglio a essere utilizzate nella concreta attività di programmazione didattica.
Le scelte intorno ai contenuti dell'insegnamento risentono, ovviamente, della particolare concezione che si ha della scuola e delle sue funzioni. A seconda che l'accento cada sulla formazione culturale, sullo sviluppo psicologico o sull'integrazione sociale, si aprono soluzioni diverse in ordine ai programmi e alle metodologie d'insegnamento.
Delle tre direzioni indicate, la prima porta a privilegiare i dati del sapere e lo studio sistematico delle discipline; essa è la più conforme alla tradizione educativa europea, ma è risultata la meno seguita, quando non è stata intenzionalmente scartata, dai teorici del curricolo. Limitato credito scientifico ha avuto, sotto la spinta dei movimenti riformistici conseguenti ai moti studenteschi del Sessantotto, l'ipotesi della finalizzazione di contenuti e metodi alle esigenze primarie dell'orientamento e dell'attiva partecipazione dei giovani nel contesto della realtà politica e sociale in trasformazione. Più largo interesse ha incontrato fra gli esperti la seconda delle direzioni indicate. Questa, sulla base degli studi di J.S. Bruner e di altri, ha cercato di stabilire delle correlazioni fra istruzione e strutture della conoscenza, mettendo l'accento sui ''processi'' piuttosto che sui dati del sapere, sulla promozione di capacità e di abilità più che sull'acquisizione di un quadro organico di conoscenze. Alquanto problematiche sono rimaste, tuttavia, sia la definizione di una tanto ricercata ''formazione comune'' o ''generale'', e del ''sapere integrato'' che ne dovrebbe costituire il fondamento, sia la misura del rapporto che pure si è tentato di stabilire fra la dimensione generale e quella professionale della formazione dei giovani. Peraltro, molti dei progetti presentati si riferiscono ai programmi di singole discipline o di settori disciplinari (le scienze fisiche e biologiche, le scienze sociali, l'ambito logico-simbolico-matematico, le tecnologie, le arti espressive, ecc.) in relazione a livelli determinati d'istruzione.
Anche le tecniche di apprendimento, le modalità di organizzazione del lavoro didattico, l'impiego di strumenti appropriati di misurazione e valutazione del profitto scolastico hanno trovato attenzione nel quadro della strategia curricolare. Particolare rilievo ha assunto, in alcune ricerche, la considerazione del ''fattore tempo'' sia nell'ambito dei processi formali d'istruzione, con riguardo ai ritmi di apprendimento e ad altre esigenze psico-pedagogiche, sia nelle situazioni complessive di studio e di esposizione agli stimoli formativi dell'ambiente di vita dei soggetti. Alcune recenti analisi comparative di sistemi scolastici di paesi diversi hanno per parte loro evidenziato l'incidenza di tale fattore, a parità di altre condizioni, nei risultati della formazione scolastica.
Il capitolo più originale delle ricerche sul c. riguarda il momento o fase di verifica del programma educativo e delle procedure da impiegare per valutare l'efficacia dell'intervento progettato. Si è rilevato che tale verifica è strettamente correlata agli obiettivi predeterminati ed eventualmente ridefiniti nel corso dell'attuazione dei programmi. Ma si è, nel contempo, sottolineato che essa non si esaurisce nel momento della verifica finale, in quanto coinvolge propriamente l'intera procedura formativa, dal suo avvio alla sua conclusione.
L'analisi delle condizioni di partenza, per es., non è senza rilievo nella determinazione di mete formative concretamente perseguibili e nella calibrazione delle prove di accertamento in itinere del profitto. Ciò vale anche per la ponderazione delle variabili che entrano in gioco durante il corso degli studi e per l'attivazione di misure correttive, integrative o di sostegno richieste dalla situazione. Il controllo finale e complessivo del progetto, che va dunque al di là della valutazione individuale degli allievi, coinvolge tutte le componenti interessate e deve considerarsi fisiologico in ogni corretta procedura curricolare. Esso non va in alcun modo confuso con una generica constatazione dell'andamento e degli esiti di un corso, in quanto implica l'impiego di parametri oggettivi di misurazione esplicitamente previsti dal progetto o altrimenti definiti secondo criteri oggettivi. Tale controllo si rivela necessario sia per il giudizio sulla congruenza o meno dei risultati rispetto ai bisogni rilevati nel contesto sociale per il quale il progetto stesso è stato sperimentato, sia per consentire la sua comparazione con altri modelli di riferimento e per valutare infine l'opportunità della reiterazione del progetto in quanto tale o con le modifiche suggerite dall'esperienza maturata durante la sua prima sperimentazione.
Come detto all'inizio, dubbi e riserve non sono mancati intorno alla strategia curricolare, alle ipotesi teoriche di partenza, alle procedure stesse di analisi dei fenomeni educativi. Al di là dei rilievi sulla consistenza scientifica dei modelli teorici, è l'esiguità culturale di molti progetti elaborati, i dubbi soprattutto sull'efficacia pedagogica dei programmi costruiti su quelle ipotesi ciò che ha incontrato maggiori riserve. Anche per questo, le teorie del c. sembrano attraversare oggi una fase di riflessione critica, se non proprio di ripensamento. Rimane, tuttavia, come loro indubbio merito, il fatto di aver evidenziato l'interazione fra i molteplici elementi del processo educativo e quindi la necessità di studiarli quali parti di un'unità dinamica complessa, in funzione di un quadro razionale d'interventi. Esse hanno dato, inoltre, contributi non secondari all'approfondimento di alcune tematiche dell'istruzione, per l'innanzi trascurate, e hanno offerto un ambito di riferimento comune alle iniziative concrete di programmazione delle attività didattiche.
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