islamica, teoria economica
L'insieme degli istituti giuridici e dei precetti religiosi applicati ai contratti e alle transazioni economiche e riconducibili alla sharia, la legge sacra dell’islamismo ispirata dal Corano, che governa gli aspetti sociali, politici e socioeconomici delle società musulmane.
La legge sacra dell'islamismo riconosce la libertà all’attività imprenditoriale, legittimando la possibilità di negoziare accordi tra le parti, sulla base, tuttavia, di una precisa distinzione tra ciò che è consentito e ciò che è vietato. I principi giuridico-religiosi che regolano le attività economiche sono 4: riba, vale a dire il divieto di pagamento di interessi, che nasce quando entrambi i termini di una transazione sono monetari senza alcuna correlazione a un’attività reale e che nella pratica vieta il guadagno sul prestito, ma non quello basato sul profitto dell’investimento; gharar, ovvero il divieto di stipulare contratti in condizioni di incertezza e di informazione incompleta sulle principali variabili di una transazione (prezzo, quantità, condizioni di vendita); maisir, ossia il divieto di speculazione e, più in particolare, di scommettere sul risultato di un evento futuro; haram, cioè il divieto di svolgere alcune attività economiche, come la produzione e distribuzione di alcol, tabacco, armi, pornografia, e gioco d’azzardo.
Il rispetto dei principi della sharia comporta per le banche islamiche il divieto non solo di effettuare operazioni di finanza speculativa, ma anche di concedere prestiti remunerati in base a un tasso di interesse. Le banche possono invece effettuare operazioni di finanziamento che implichino la partecipazione diretta in progetti imprenditoriali. Tra i principali schemi contrattuali che permettono di evitare l’applicazione degli interessi alle operazioni di finanziamento e possono essere ricondotti ai principi di finanza partecipativa consentiti si possono citare la mudaraba, la murabaha e la ijara. La mudaraba (‘partecipazione ai profitti’) è un contratto di partnership tra il cliente che mette a disposizione il capitale di rischio e la banca che provvede alla gestione del progetto di investimento preventivamente concordato; i profitti sono ripartiti tra cliente e banca in base a specifici accordi, mentre le perdite sono a carico del cliente. Il contratto di murabaha (‘vendita con profitto’) prevede invece la vendita di un bene a un acquirente, tramite un intermediario (per es., una banca), secondo un prezzo concordato che può essere corrisposto in più rate: il bene (per es., una casa) viene ceduto all’acquirente, ma la proprietà resta intestata all’intermediario fino al pagamento completo del suo prezzo. Il contratto di ijara (letteralmente «dare in affitto») corrisponde infine a una sorta di leasing e prevede il trasferimento dell’usufrutto di un determinato bene in cambio del pagamento di un canone prestabilito; diversamente dal contratto di murabaha, il passaggio di proprietà al contraente è possibile ma non obbligatorio e il bene può essere solo affittato per un periodo di tempo limitato, durante il quale è corrisposto il pagamento di rate stabilite.
L’applicazione dei principi della sharia applicati alle transazioni economiche interessa un mercato di oltre 1,5 miliardi di persone, e coinvolge più di 350 Islamic Financial Institutions (IFI) in circa 50 Paesi nel mondo, con presenze sempre più consistenti anche nei Paesi europei (in particolare, Gran Bretagna, Francia e Germania) e negli Stati Uniti.