teoria delle relazioni oggettuali
Serie di modelli dello sviluppo mentale e affettivo umano che ha avuto origine dalle osservazioni della psicoanalista Melanie Klein negli anni Trenta del secolo scorso, durante le sedute di psicoterapia con bambini. Secondo l’autrice, il bambino possiede una serie di immagini innate e inconsce che orientano gli impulsi istintuali ed esistono indipendentemente dagli apporti percettivi del mondo esterno. Queste immagini inconsce sono connotate da una doppia polarità, positiva e negativa, che rispecchia quella tra pulsione di vita e pulsione di morte teorizzata da Sigmund Freud. L’impulso della nutrizione, per es., è organizzato intorno a un’immagine soggettiva (fantasmatica) del seno materno che preesiste alla scoperta di quello reale e interagisce con esso: nel momento in cui questo è fonte di gratificazione si conferma l’aspetto libidico e positivo dell’immagine inconscia; nel momento in cui è assente o inadeguato al bisogno si conferma la connotazione negativa. Le relazioni oggettuali reali costituiscono quindi delle impressioni volte a confermare o ‘disconfermare’ i contenuti innati di pensiero. Ne consegue che, ai fini di una crescita armonica, è necessario che le esperienze gratificanti superino quelle frustranti, in modo che le prime si sviluppino gradualmente in un’immagine interna positiva e rassicurante della figura materna. Queste formulazioni, tuttavia, sono state oggetto di numerose critiche, anche da parte dei teorici delle relazioni oggettuali, soprattutto in merito all’importanza attribuita alla dimensione fantasmatica, a scapito degli apporti formativi dell’esperienza reale e degli scambi interattivi nel contesto di vita in cui il bambino è inserito. Secondo Donald W. Winnicott, per es., la presenza di una madre sufficientemente buona, ovvero capace di supportare empaticamente il figlio, rispondendo tempestivamente ai suoi bisogni e preservandolo da eccessive stimolazioni ambientali, costituisce una premessa indispensabile perché questi possa evolvere verso l’autonomia, a partire dallo stato iniziale di indifferenziazione e di dipendenza assoluta. L’immagine mentale fantasmatica di cui parla la Klein, che precede la percezione dell’oggetto reale, è considerata da Winnicott «uno schema che acquista efficacia conoscitiva soltanto quando entra in rapporto con l’oggetto della percezione». Successivamente, le frustrazioni che inevitabilmente vengono provocate dalla madre, sebbene inizialmente stimolino la distruttività del bambino, gradualmente gli permettono di perdere la sua onnipotenza e di abbandonare la fusione originaria con lei, per cimentarsi nella comunicazione esplicita dei propri bisogni e acquisire il senso della realtà. Si struttura così progressivamente la distinzione tra mondo interno e mondo esterno, rendendo possibile la relazione del bambino con un oggetto autonomo e separato da sé. Prendendo le mosse dall’osservazione sistematica di coppie madre-figlio in contesti naturali, Margareth Mahler suggerisce che la vera e propria nascita psicologica del bambino avvenga durante i primi tre anni di vita. Questa sorge attraverso un percorso intrapsichico, denominato processo di separazione-individuazione, che comprende la differenziazione dallo stato iniziale di simbiosi con la madre, la conquista del senso di individualità, e l’interiorizzazione della figura materna come oggetto intero integrato e come immagine mentale emotivamente confortante (a cominciare dalle rappresentazioni parziali, scisse in una componente idealizzata e una persecutoria). Questo percorso può avvenire in modo compiuto a condizione che la figura materna sia in grado di adattarsi alle richieste del figlio con costante disponibilità emotiva e, nel contempo, sappia incoraggiarne l’indipendenza e l’allontanamento da sé. La dimensione relazionale dello sviluppo individuale è accentuata ulteriormente nella teoria dell’attaccamento di John Bowlby. (*)