distribuzioni, teoria delle
distribuzioni, teoria delle generalizzazione della teoria classica delle funzioni dell’analisi matematica. Tale generalizzazione, dovuta principalmente a L. Schwartz e S.L. Sobolev, costituisce uno strumento di capitale importanza nello studio moderno delle equazioni differenziali alle derivate parziali, sia dal punto di vista teorico sia delle applicazioni numeriche. In sintesi, questa teoria, per i cui dettagli tecnici si rinvia al lemma → distribuzione, abbandonando la pretesa di descrivere una funzione mediante i suoi valori numerici, considera oggetti matematici detti distribuzioni o funzioni generalizzate, che naturalmente comprendono le usuali funzioni come casi particolari. Le distribuzioni godono di proprietà molto vantaggiose perché risultano derivabili un numero arbitrario di volte ed è sempre lecito derivare per serie, il che rende possibile eseguire calcoli formali senza preoccuparsi delle ipotesi. Ne segue che, allargando la classe di oggetti dove si cercano le soluzioni, risulta più agevole dimostrare risultati di esistenza. Questo vantaggio ha ovviamente un costo nel momento in cui si voglia determinare la regolarità massimale di cui godono le soluzioni. È dunque necessario studiare insieme all’esistenza anche la regolarità delle soluzioni: se si può mostrare infatti che una soluzione, per il solo fatto di esistere, gode di certe proprietà di regolarità superiori a quelle richieste a priori, si può ritornare in un alveo se non classico, almeno più trattabile. Sovente la soluzione generale di un’equazione differenziale alle derivate parziali si ottiene a partire da quella che si chiama soluzione fondamentale, che è la soluzione dell’equazione il cui termine noto sia una delta di Dirac. Per esempio, la soluzione fondamentale dell’equazione di Poisson Δu = ƒ è la soluzione dell’equazione Δu = δ, e, in tre variabili, corrisponde alla funzione
cioè è il potenziale newtoniano generato da una carica concentrata nell’origine. Poiché ogni ƒ si può scrivere come convoluzione ƒ = δ ∗ ƒ, una soluzione generica u è data da u = U ∗ƒ.
Poiché gli spazi di distribuzioni sono spazi vettoriali topologici localmente convessi, ma dalla struttura molto complicata, nelle applicazioni si impiegano sovente spazi più ristretti, ma dotati di proprietà più forti. Un tipico caso è quello degli spazi di Sobolev, che sono spazi di Banach di funzioni che ammettono derivate (deboli) fino a un certo ordine. Ciò a volte è giustificato dal fatto che l’equazione differenziale scaturisce dalla trasformazione di un problema che ha senso anche per funzioni che non godono della regolarità prescritta dall’equazione: tipico è il caso del calcolo delle variazioni, in cui spesso il funzionale da minimizzare è definito in una classe di funzioni dotate di derivata prima, mentre l’equazione di Eulero, che tali minimi risolvono, è del secondo ordine. Anche nelle applicazioni molti modelli hanno una formulazione integrale, che esprime un bilancio di massa o di energia, o di altra grandezza, e che richiede una regolarità della soluzione minore rispetto alla formulazione del modello mediante equazioni differenziali. Si pensi per esempio ai fenomeni impulsivi, come gli urti, nei quali la conservazione dell’energia è espressa dalla costanza del modulo della velocità, compatibile peraltro con un rimbalzo nel quale la velocità, o una sua componente, risultano discontinue. In tal caso, l’accelerazione non ha più un significato classico, ma ne mantiene uno nel senso delle distribuzioni. La scelta dello spazio in cui ambientare la soluzione di un problema per renderlo ben posto è uno dei punti più importanti nella formulazione corretta del problema stesso (→ problema ben posto).