TEOLOGIA POLITICA
Dopo che per un lungo periodo, coincidente in larga parte con la seconda metà del 20° sec., la questione della t. p. è parsa sostanzialmente risolta attraverso la distinzione funzionale tra sfera pubblica del potere e sfera privata della fede, da qualche tempo essa è tornata al centro del dibattito internazionale. Da un lato, le dinamiche di globalizzazione, mettendo a contatto, e a volte in reciproca tensione, modi diversi di intendere il rapporto tra religione e politica hanno prodotto effetti ambivalenti di cui oggi avvertiamo tutto il rischio. Dall’altro, l’ampliarsi delle possibilità, da parte della tecnica, di incidere sull’origine, il corso e la fine della vita umana ha aperto una discussione che ha investito il mondo cristiano nel suo complesso.
Per tentare di sciogliere questo insieme di problemi di diversa natura, è necessario richiamare brevemente il significato di un termine – quello appunto di teologia politica – tutt’altro che univoco. Coniato, nella dizione latina di theologia civilis, da sant’Agostino in chiave polemica nei confronti del politeismo romano, il concetto è stato usato prima in funzione apologetica dai controrivoluzionari agli inizi dell’Ottocento e poi, in forma critica, da Ludwig Feuer bach, Karl Marx e Michail Bakunin. Più tardi, negli anni Venti e Trenta del Novecento, esso è stato investito da un’intensa elaborazione teoretica che ne ha fornito una serie di definizioni non coincidenti tra loro. Interpretato da alcuni come legittimazione religiosa del potere e da altri come presupposto politico della religione, esso è stato ricondotto da Carl Schmitt all’analogia strutturale tra categorie politiche e dogmi teologici. A tale interpretazione – poi discussa criticamente da autori come Erik Peterson, Jacob Taubes e Jan Assmann – si è aggiunta, tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, una t. p. della liberazione, diffusa soprattutto in America Latina e orientata all’emancipazione dei ceti più oppressi.
Rispetto a quella discussione, apparentemente chiusa dai processi di secolarizzazione che hanno investito soprattutto il mondo cristiano, il dibattito esploso all’inizio del nuovo secolo, dopo l’attacco terroristico del settembre 2001, ha assunto un carattere diverso e sempre più irrisolto. Esso riguarda sia la misura disuguale che i processi di laicizzazione hanno assunto nelle diverse civiltà, sia il ruolo mantenuto dalla religione all’interno delle società secolarizzate. Se l’integralismo islamico, nelle sue varie componenti, costituisce un problema a sé stante – anche per l’uso strumentale che ne viene fatto da parte di forze politiche concorrenti –, l’Occidente cristiano, a sua volta, non appare omogeneo al proprio interno quanto al ruolo assegnato alla religione. Mentre la cultura europea, nel suo complesso, tiene ferma la separazione della teologia dalla politica, quella americana istituisce una maggiore integrazione tra i due ambiti. Non a caso la maggioranza degli Stati Uniti riconosce l’autorità divina nel preambolo delle proprie Costituzioni.
A tale differenza rimanda anche il dibattito filosofico contemporaneo, diviso tra coloro che rivendicano la funzione positiva della religione anche nelle società secolari, o, come qualcuno le definisce, postsecolari, e coloro che, invece, difendono la laicità dello Stato. I primi, tra i quali i filosofi Jürgen Habermas e Charles Taylor, riprendendo un argomento di Tocqueville, sostengono che le religioni svolgono una funzione aggregante in democrazie in crisi di legittimità. Per essi esiste una t. p. orizzontale, diversa da quella, verticale, auspicata da Schmitt, necessaria a rivitalizzare i regimi liberali in rapporto a questioni normative eccedenti l’ambito della governance. I difensori dello Stato laico, viceversa, attivi soprattutto in Francia, temono che l’intervento della Chiesa in questioni di rilevanza pubblica possa depotenziare, insieme alle prerogative dello Stato, i diritti dei cittadini.
Se in linea di principio questa seconda posizione è fornita di buone ragioni, sul piano dei fatti appare di problematica attuazione. E ciò per un duplice motivo. Intanto per il diluirsi, all’interno dell’attuale regime biopolitico, del confine tra sfera pubblica e sfera privata. Nel momento in cui la vita biologica diventa insieme l’orizzonte della politica, quella distinzione, tipica della stagione moderna, entra in una zona di crescente ambivalenza, come dimostra la duplice tendenza alla privatizzazione del pubblico e alla pubblicizzazione del privato. L’altro elemento che revoca in causa il monopolio della sovranità dello Stato sul proprio territorio è non solo la sua perdita di influenza su alcuni settori decisivi, ma anche il crescente flusso dell’immigrazione. Esso determina, all’interno degli Stati europei, il formarsi di comunità di diversa provenienza che pretendono di governarsi in base a norme religiose spesso collidenti con i principi dei Paesi ospitanti.
A questo primo ordine di problemi, che riguardano la persistenza di nuclei teologico-politici all’interno del mondo secolarizzato, se ne aggiunge un secondo, relativo al rapporto della teologia con altri settori e in particolare con quello dell’economia. Un anno prima della comparsa del saggio di Schmitt sulla teologia politica, Walter Benjamin aveva scritto un frammento intitolato Kapitalismus als Religion (1921). In esso egli sosteneva che il capitalismo non fosse solamente stato influenzato nella sua genesi da una religione, come aveva teorizzato Max Weber nel suo testo Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus (1905), ma fosse esso stesso una forma di religione, sia pure senza culto. La sua peculiarità sarebbe una tendenza a colpevolizzare gli uomini, gravandoli di un debito inestinguibile come quello che, per il cristianesimo, essi hanno contratto con Dio. È evidente il nesso che lega tale intuizione alla nostra condizione, in una forma che ha fatto parlare di ‘teologia economica’. Del resto che vi fosse un nesso originario tra i due ambiti è attestato dall’uso del termine greco oikonomìa, adoperato dai Padri della Chiesa per qualificare il disegno provvidenziale destinato da Dio, attraverso il sacrificio di Cristo, alla salvezza degli uomini. A partire da questa analogia si è potuto sostenere che dalla teologia cristiana si sarebbero originati due paradigmi distinti, uno di tipo politico, espressivo del regime sovrano, e un altro, di carattere economico, rivolto all’amministrazione del mondo. Ma piuttosto che in alternativa alla t. p., quella economica va intesa come una sua articolazione interna. Quanto entrambe siano destinate a durare, che effetto abbiano sulle nostre società, se sia possibile che a un certo momento queste si emancipino da esse – tali domande, ancora senza risposta, costituiscono parte influente della riflessione filosofica contemporanea.
Bibliografia: W. Benjamin, Kapitalismus als Religion (1921), in Gesammelte Schriften, Frankurt a.M. 1974 (trad. it. in Scritti politici, 1° vol., a cura di M. Palma, G. Pedullà, Roma 2011); C. Schmitt, Politische Theologie. Vier Kapitel zur Lehre von der Souveränität, München-Leipzig 1922 (trad. it. in Le categorie del ‘politico’, a cura di G. Miglio, P. Schiera, Bologna 1972); M. Weber, Die protestantische Ethik und der Geist der Kapitalismus, Tübingen 1922 (trad. it. Firenze 1977); E. Peterson, Der Monotheismus als politisches Problem, Leipzig 1935 (trad. it. Brescia 1983); J. Taubes, Die Politische Theologie des Paulus, München 1993 (trad. it. La teologia politica di san Paolo, Milano 1997); J. Assmann, Herrschaft und Heil. Politische Theologie in Altägypten, Israel und Europa, München-Wien 2000 (trad. it. Torino 2002); G. Agamben, Il regno e la gloria. Per una genealogia teologica dell’economia e del governo, Vicenza 2007; M. Scattola, Teologia politica, Bologna 2007; Crediting God. Sovereignity & religion in the age of global capitalism, ed. M. Vatter, Minneapolis 2011; M. Cacciari, Il potere che frena. Saggio di teologia politica, Milano 2013; R. Esposito, Due. La macchina della teologia politica e il posto del pensiero, Torino 2013; «Filosofia politica», 2013, 3, nr. monografico: Teologia politica/teologia economica, a cura di C. Galli.