TEOFILO di Antiochia
Fiorì sul declinare del sec. II; originario della Siria e fornito di vasta cultura, divenne cristiano in età già matura, e vescovo di Antiochia verso il 170. Da Eusebio (Hist. eccl., IV, 24) e da S. Girolamo (De viris illustr., 25) apprendiamo che T. scrisse molto: confutazione di Marcione ed Ermogene, commenti ai Proverbî e ai Vangeli (questi probabilmente in forma di Diatessaron, secondo Girol., epist. 121, Ad Algasiam); ad altre sue opere di vario genere rimanda egli stesso (Ad Autol., II, 28, 30, 31). A noi sono giunti soltanto i 3 libri Ad Autolycum, composti dopo il 180.
I tre libri hanno scarso collegamento fra loro; indirizzati ad Autolico, un pagano amico di T. che aveva rivolto a costui domande sprezzanti circa il cristianesimo, sono in sostanza un'apologia del cristianesimo riguardo alle questioni allora più dibattute contro il paganesimo, quali il monoteismo, la cognizione di Dio, i miti pagani, ecc. Alla domanda di Autolico, dove sia il Dio dei cristiani, T. risponde invitando l'amico a mostrargli prima in sé stesso l'uomo perfetto, la cui anima abbia occhi per vedere e il cui cuore orecchi per udire, e allora T. gli mostrerà il Dio dei cristiani: sennonché questi sensi spirituali sono infettati dal peccato (Ad Autol., I, 1-2). I miti pagani sono vane finzioni, mentre l'origine e le vicende dell'umanità sono quelle narrate fedelmente dalla Bibbia, giacché Mosè è anteriore di circa 1000 anni alla guerra di Troia. T. è il primo a impiegare il termine "trinità" (τριάς) applicato alle tre persone divine, che sono "Dio, il Logos di lui, e la Sapienza di lui" (Ad Autol., II, 15); egli distingue anche fra il Logos ἐνδριάϑετος (in relazione al Padre) e il Logos προϕορικός (in relazione alle cose create). La catena di scolî ai Vangeli pubblicati col nome di T. da M. de la Bigne (Bibliotheca SS. Patrum, V, Parigi 1576, pp. 169-196) non proviene da T.
Bibl.: Per le edizioni e studî, v. apologetica, III, p. 693.