TEOFILO da Vairano
TEOFILO da Vairano. – Di questo frate agostiniano, maestro di Giordano Bruno, non sono noti né il nome da laico né la data di nascita; con tutta probabilità trascorse la giovinezza e prese i voti nel luogo d’origine, oggi Vairano Patenora, in provincia di Caserta (Carella 1995, pp. 67 s.).
A partire dal maggio del 1558, anno dal quale iniziano i ragguagli sul suo conto contenuti nei Regesti di Cristoforo da Padova (Roma, Archivio della curia generalizia agostiniana, Dd.28, c. 257r), fu membro dell’Ordine agostiniano e, in particolare, dello Studio agostiniano di Napoli, presso la chiesa di S. Giovanni a Carbonara, dotata di una ricca biblioteca, fornita dei prodotti più significativi del pensiero rinascimentale (Carella, 2012, p. 413). Quattro anni più tardi, il 23 aprile 1562, conseguì la promozione a lector et magister Studii (Roma, Archivio della Curia generalizia agostiniana, Dd.29, c. 208r), titolo che consentiva di svolgere incarichi di insegnamento sia all’interno dell’Ordine che in forma privata. Fu in quest’ultima veste che conobbe un giovane giunto da Nola per «imparar littere de humanità, logica et dialettica», vale a dire Giordano (all’epoca ancora Filippo) Bruno, il quale, nelle dichiarazioni rese agli inquisitori veneti il 26 maggio 1592, ricordò come, prima dell’ingresso nel convento di S. Domenico Maggiore, si fosse recato «a sentir privatamente la logica da un padre augustiniano, chiamato fra Theofilo da Vairano, che doppo lesse la metafisica in Roma» (Firpo, 1993).
Già in precedenza, durante il suo secondo soggiorno parigino, Bruno aveva ricordato con affetto il magistero di «un augustin», secondo quanto registrato il 7 dicembre 1585 da Guillaume Cotin (cfr. Spampanato, 1921, II, da cui emerge come Bruno fosse consapevole anche della sopraggiunta morte di Teofilo), il bibliotecario dell’abbazia di Saint-Victor che registrò i contenuti delle sue conversazioni con il Nolano; le pagine del Journal di Cotin ci informano di come il frate vairanese fosse addirittura visto come «le principal maystre qu’il ait eu en philosophie» da Bruno, che non a caso chiamò Teofilo il personaggio investito, nei dialoghi cosmologici, del ruolo di «fidel relatore» della Nova filosofia (Scapparone, 2014).
In concreto, comunque, la strada di Teofilo si era separata da quella del suo illustre allievo già nel 1565: Bruno, infatti, vestì l’abito di novizio domenicano il 15 giugno; Teofilo, dopo aver conseguito il baccellierato (23 maggio 1563), ottenuta poi il 15 agosto 1565 la facoltà «ad insignia magistralia suscipienda [...] in aliqua universitate sive ab aliquo auctoritate habente» e divenuto, il 10 dicembre, maestro «in sacra theologia», fu nominato il 22 maggio del 1566 magister regens dello Studio agostiniano di Firenze, città nella quale andò peraltro incontro, nel mese di novembre, a un’infermità che lo fece esentare dal digiuno prescritto per l’avvento (Roma, Archivio della curia generalizia agostiniana, Dd.30, cc. 60v, 88v, 122r, 168v, trascritto in Spampanato, 1921, I, pp. 98 s.). Si interrompono qui le informazioni dei Regesti su Teofilo, che nel 1569 iniziò sicuramente a insegnare a Roma, come emerge dai Rotuli dello Studium Urbis (comunemente chiamato, soprattutto dalla seconda metà del Cinquecento, Sapientia). Secondo quanto annotato dall’arcibidello Alessio Lorenzani, in particolare, nel primo anno trascorso allo Studium Teofilo commentò il secondo libro delle Sententiae di Pietro Lombardo, cancellando alcune lezioni nel corso del 1570 per partecipare a Perugia al capitolo generale dell’Ordine agostiniano (I maestri..., 1991, p. 66).
Nell’estate dello stesso 1570 Teofilo scrisse l’unica opera che possa essergli ascritta con certezza (tra quelle elencate in Perini, 1937; cfr. però Pamphilus, 1581, per il quale Teofilo «multa in philosophia et theologia scripsisse et annotasse, quae nondum pervenerunt ad lucem», ed Elssius, 1654, che gli attribuì scritti «super lib. Praedicabilium et Praedicamentorum»), l’inedito De gratia Novi Testamenti (Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. lat. 12056, cfr. Carella, 1995, pp. 76 s.).
Dedicato al cardinale Antonio Carafa, il testo fu redatto «in domo Iulii Vitelli», ossia presso la dimora del cardinale decano Giulio Vitelli. Il De gratia fu concepito come prima parte di un’opera più grande, che avrebbe dovuto comprendere anche un dialogo De praedestinatione e il cui scopo complessivo era restituire la sostanza originaria dell’insegnamento di Agostino d’Ippona, ovviando così alle manipolazioni attuate da Martin Lutero e affrontando punti cruciali del confronto polemico che opponeva cattolici e riformati, come il concetto di grazia, il rapporto gratia-charitas e il ruolo delle buone opere ai fini della salvezza, questioni già al centro dei tredici capitoli del De gratia (Carella, 1995, pp. 78 s.; Ragazzoni, 2012).
Dall’autunno del 1570 al 24 giugno 1571 Teofilo passò a commentare la Metafisica di Aristotele (I maestri..., 1991, p. 75), per poi intensificare, negli anni successivi, la sua attività didattica, che nell’anno accademico 1574-75 contemplò «non solum metaphisicas sed philosophicas et logicas lectiones», sia nello Studium che «in convento eiusdem ordinis» (p. 88). Proprio nel 1574, probabilmente anche grazie alla rinomanza acquisita come insegnante «doctus et laboriosus», si vide assegnato il compito di impartire lezioni «in eam philosophiae partem quae circa naturae obscuritatem & disserendi subtilitatem versatur» (Pamphilus, 1581) al rampollo di una delle più illustri famiglie romane, ossia Ascanio Colonna, figlio dell’eroe di Lepanto Marcantonio Colonna. Questo incontro rappresentò un punto di svolta decisivo per la vita e la carriera di Teofilo, il quale, come testimoniato da un’annotazione relativa all’anno accademico 1575-76 (I maestri..., 1991, p. 100), avrebbe abbandonato lo Studium Urbis, e più in generale l’insegnamento pubblico, per dedicarsi a tempo pieno all’istruzione del giovane Colonna.
Alcuni mesi prima del congedo dalla Sapientia, comunque, il 15 maggio dell’«anno Iubilei Sanctissimi MDLXXV», un «Theophilo Aretino», con ogni probabilità lo stesso Teofilo da Vairano, delineò il progetto di una «Romana Ardentium Academia», un’accademia filosofica da installare a Roma (Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 923, cc. 612r-618r; cfr. Carella, 2012, p. 414).
Ascanio diede prova della validità dell’istruzione ricevuta da Teofilo nella discussione di alcune theses filosofiche svoltasi il 29 aprile 1576 presso il palazzo dei Colonna in piazza Ss. Apostoli (Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 2040, cc. 110-111, trascrizione in Carella, 2012, p. 412). Nel settembre successivo il padre agostiniano si trasferì, come del resto preannunciato nei Rotuli, in Spagna al seguito di Ascanio, del fratello Fabrizio e dello stesso Marcantonio Colonna; il soggiorno spagnolo di Teofilo dovette protrarsi almeno fino al conseguimento, da parte di Ascanio, del baccellierato in artibus et philosophia presso l’Academia Complutense di Madrid, il 15 ottobre 1577. All’inizio del medesimo anno, Marcantonio Colonna era stato nominato viceré di Sicilia, e si sarebbe insediato a Palermo nel mese di aprile; proprio nel capoluogo siciliano Teofilo si trovò sicuramente nella primavera dell’anno successivo, come ci informa una lettera del 4 aprile 1578, con cui Marcantonio informò il figlio Ascanio che «il padre Teofilo è qua» (Carella, 2012, pp. 409, 412).
Fu in quello stesso mese del 1578 («in fine Aprilis» scrive Elssius, 1654; cfr. Spampanato, 1921, I, p. 102), che Teofilo si spense a Palermo.
Tomás de Herrera, nell’Alphabetum Augustinianum, avrebbe poi riportato un’efficace testimonianza dell’impressione che la personalità di Teofilo da Vairano e la sua morte pressoché improvvisa («morte obiit pene repentina» secondo Pamphilus, 1581) dovettero suscitare in quanti lo conobbero: «Diem supremum anno 1578 mense Aprili clausit in Sicilia; die enim 3 Maii eius anni sic in registri habuetur: Vicario nostro, in Sicilia scripsimus condolentes de obitu M. Theophili de Vairano, viri in utraque Philosophia, divina scilicet et humana, eruditissimi et exercitatissimi» (de Herrera, 1644).
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio della curia generalizia agostiniana, Dd.28-30; Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. lat. 923, 2040, Vat. lat. 12056.
J. Pamphilus, Chronica ordinis fratrum eremitarum Sancti Augustini, Romae 1581, p. 131; T. de Herrera, Alphabetum Augustinianum in quo praeclara eremitici ordinis germina, virorumque et faeminarum domicilia recensentur, II, Matriti 1644, p. 461; Ph. Elssius, Encomiasticum Augustinianum..., Bruxellis 1654, p. 650; V. Spampanato, Vita di Giordano Bruno. Con documenti editi e inediti, I, Messina 1921, pp. 97-103, II, p. 651; D.A. Perini, Bibliographia augustiniana cum notis biographicis, IV, Firenze 1937, pp. 36-38; I maestri della Sapienza di Roma dal 1514 al 1787. I Rotuli e altre fonti, a cura di E. Conte, I, Roma 1991, pp. 66, 75, 88, 100, 114; L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, a cura di D. Quaglioni, Roma 1993, p. 156; C. Carella, Tra i maestri di Giordano Bruno. Nota sull’agostiniano T. da V., in Bruniana & Campanelliana, 1995, vol. 1, 12, pp. 63-82; Ead., Nuovi documenti su T. da V., ibid., 2012, vol. 18, 2, pp. 405-419; D. Ragazzoni, Immagini di Lutero nel De gratia di T. di V.: una ricerca intorno al maestro di Bruno, ibid., pp. 559-569; E. Scapparone, T. da V., in Giordano Bruno. Parole, concetti, immagini, direzione scientifica di M. Ciliberto, II, Pisa 2014, pp. 1920 s.