TEOFILATTO
Nacque verosimilmente nella seconda metà del secolo IX. Appartenente ad una famiglia dell’aristocrazia romana strettamente legata al potere papale, come dimostra il titolo che gli viene attribuito in alcuni documenti (vestararius, cioè addetto al guardaroba del papa, tesoriere), divenne tanto potente in città da potersi definire – ed essere ricordato – come senator o consul. La forza del gruppo parentale che da lui trasse origine fu tale che non solo gli uomini ma anche le donne ebbero diritto all’intitolazione di senator, senatrix, e per più generazioni.
Teofilatto compare per la prima volta, con la qualifica di iudex, in un placito di Ludovico III del febbraio del 901 (cfr. I placiti, 1955, p. 412). Risale probabilmente a qualche anno dopo (906) una lettera che un arcivescovo di Ravenna – quasi certamente Giovanni XII (905-910), il futuro papa Giovanni X – indirizzò a «Theofilacto gloriosissimo duci et magistro militum sacrique palatii vestarario», nonché alla consorte Theodora «serenissimae vesteratrici» (Loewenfeld, 1884, p. 517); nello scritto l’autore chiede ai suoi corrispondenti di appoggiare l’ordinazione vescovile di un candidato alla cattedra di Fiesole di cui si garantisce la fedeltà al papa e l’impegno a favorire la posizione (honor) di Teofilatto (ibid., pp. 517 s.).
Certamente più nota di Teofilatto ai non specialisti della storia di Roma nel X secolo fu la già citata consorte Teodora, resa celebre o meglio malfamata da un passo dell’Antapodosis di Liutprando, in cui le si attribuisce un potere quasi assoluto in Roma (non inviriliter monarchiam tenebat: Liutprando di Cremona, Antapodosis, 1999, p. 54). Di questo suo grande potere Teodora avrebbe approfittato per ottenere prima l’elezione del suo amante Giovanni, vescovo eletto di Bologna, ad arcivescovo di Ravenna; poi – non sopportando la distanza dall’amato, che rendeva rari e difficili i loro rapporti –avrebbe costretto Giovanni a lasciare Ravenna e ad “usurpare” il potere papale. E lo stesso spregiudicato uso della sessualità per ottenere vantaggi politici sarebbe stato trasmesso dalla donna alle sue figlie Marozia (v. la voce in questo Dizionario) e Teodora II.
Peraltro Eugenio Vulgarius, che a Napoli tra il 904 e il 911 prese le difese di Formoso e della validità delle sue ordinazioni, si rivolge alla donna, moglie del senatore della città, con rispetto e ammirazione, additandola ad «exemplum virorum presenti tempore» (cfr. Sylloga, 1889, IX, p. 419). Queste due immagini, apparentemente inconciliabili, di Teodora sono state interpretate da Fedele – e più tardi da Arnaldi – come un’eco delle polemiche a favore e contro Formoso che avevano a lungo dilaniato la Roma degli inizi del X secolo: Liutprando avrebbe raccolto le accuse infamanti rivolte a Teodora e alle sue figlie dal partito filoformosiano, uscito sconfitto dallo scontro, cui la famiglia di Teofilatto aveva partecipato sostenendo la posizione di Sergio III. Del papa, un pontefice nettamente schierato contro la validità delle ordinazioni formosiane, Marozia sarebbe stata l’amante e ne avrebbe avuto un figlio, il futuro papa Giovanni XI. Bisogna comunque tener sempre presente che Liutprando dimostra di conoscere poco la storia di Roma dei primi decenni del X secolo, tanto da ignorare totalmente l’esistenza di Teofilatto.
La posizione eminente di Teofilatto emerge chiaramente nel 915 quando egli si fa garante, insieme ad altri esponenti dell’aristocrazia cittadina, della definitiva cessione a Gaeta di alcuni territori di suo interesse in cambio dell’alleanza contro i Saraceni insediati nel campo fortificato del Garigliano. Alla coalizione, guidata dal papa, presero parte oltre ai principi longobardi di Benevento e Capua (Landolfo e Atenolfo), Guaimario di Salerno, i duchi di Napoli e di Gaeta, i rappresentanti del potere bizantino nell’Italia meridionale, Alberico di Spoleto e Berengario del Friuli, allora re d’Italia. Non sappiamo se l’unione – matrimonio secondo Liutprando, maligna consuetudo secondo Benedetto di S. Andrea – tra Alberico di Spoleto e la figlia di Teofilatto, Marozia, abbia cementato l’alleanza di entrambi col pontefice o, se, stipulato in precedenza, abbia facilitato la conclusione dell’accordo.
Negli anni successivi alla vittoria contro i Saraceni, Teofilatto rafforzò ulteriormente la sua posizione in città e in una parte del Lazio, garantendo, per un paio di decenni, pace ed ordine a Roma. Condividono questa valutazione positiva del suo operato praticamente tutti gli storici del X secolo romano, benché la sua azione abbia lasciato labili tracce nella documentazione.
A parte il già citato silenzio di Liutprando, Benedetto monaco di S. Andrea del Soratte, una delle fonti più informate sulla storia dell’Urbe, cita il nome di Teofilatto solo in relazione a persone o possessi a lui legati: così la figlia Marozia – di cui l’autore ignora però il nome – è definita «Theophilacti filia», e analogamente viene ricordata la «Theophilacti domus» (Il Chronicon di Benedetto di S. Andrea, 1920, pp. 158 s.).
Teofilatto e Teodora ebbero almeno cinque figli: le già citate Marozia e Teodora II, Teofilatto II, Sergia e Bonifacio, morti entrambi in tenerissima età e sepolti in S. Maria Maggiore.
Si ignora la data di morte di Teofilatto.
Nel Necrologio del monastero dei Ss. Ciriaco e Nicola, fondato – secondo la tradizione – da tre nipoti di Teofilatto e Teodora (figlie di Teodora II) alla data del 5 gennaio compaiono in due righe distinte del testo, «Theophilactus» e «d. Theodora vestarara» (Necrologio dei SS. Ciriaco e Nicola, 1908, p. 8). Mentre è chiaro che la domina Theodora è certamente la moglie del Teofilatto senatore, desta qualche dubbio l’identificazione di Theophilactus con quest’ultimo. In effetti nel Necrologio i nomi dei potenti sono sempre accompagnati da una qualifica che ne sottolinea l’eminente ruolo nella società: oltre alla vestarara Teodora, sono ricordati la senatrix Marozia (il 28 giugno) e il consul romanorum Alberico (31 agosto). A meno che Teofilatto a un secolo circa dalla morte (i nominativi più antichi sono tracritti da una mano dei primi decenni dell’XI secolo), non fosse ancora tanto celebre da non richiedere alcuna specificazione.
È indubbio che nella prima metà del X secolo si sia affermato a Roma un «principio dinastico» (Toubert), che però non si trasmise per via maschile (non sappiamo quasi nulla di Teofilatto II), ma per via femminile. Marozia, che esercitava il potere in città dalla morte del padre, perse il controllo di Roma nel 932, quando venne saldamente conquistato da Alberico, figlio di Marozia e di Alberico di Spoleto, che se ne impadronì con una sorta di colpo di Stato ai danni della madre e del suo terzo marito Ugo di Provenza.
Auxilius und Vulgarius, ed. E. Dümmler, Leipzig 1866, p. 146; S. Loewenfeld, Acht Briefe aus der Zeit König Berengars, in Neues Archiv, IX (1884), pp. 515-539 [traduzione commentata di A. Ceriani - G. Porro, Il rotolo opistografo del principe Antonio Pio di Savoja, Milano 1884]; Eugenii Vulgarii Sylloga, in MGH, Poёtae, IV/I, Berolini 1899, a cura di P. von Winterfeld, nr. IX, p. 419; Necrologio dei SS. Ciriaco e Nicola nella via Lata, in Necrologi e libri affini della Provincia Romana. Vol. I. Necrologi della città di Roma, a cura di P. Egidi, Roma 1908, p. 8; Il Chronicon di Benedetto di S. Andrea del Soratte e il Libellus de imperatoria potestate in urbe Roma, ed. G. Zucchetti, Fonti per la Storia d'Italia, LV, Roma 1920; I placiti del “Regnum Italiae”, a cura di C. Manaresi, vol. I, Roma 1955, nr. 111, p. 412; Liutprando di Cremona, Antapodosis, ed. P. Chiesa, Turnhout 1999, pp. 54-56. P. Fedele, La battaglia del Garigliano del 915 ed i monumenti che la ricordano, in Archivio della Società Romana di Storia patria, XXII (1899), pp. 181-211; Id., Ricerche per la storia di Roma e del Papato nel secolo X, ibid., XXXIII (1910), pp. 222-226; XXXIV (1911), pp. 75-115, 417-419; P. Brezzi, Roma e l’Impero medioevale (774-1252), Bologna 1947, pp. 104-109; G. Arnaldi, La fase preparatoria della battaglia del Garigliano del 915, in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Napoli, IV (1954), pp. 123-144; B. Hamilton, The house of Theophylact and the promotion of the religious life among women in tenth century Rome, in Studia Monastica, XII (1970), pp. 195-217; P. Toubert, Les structures du Latium médiéval. Le Latium méridional et la Sabine du IXe siècle à la fin du XIIe siècle, Roma 1973, II, pp. 968-973; P. Llewellyn, Roma nei secoli oscuri, trad. it., Roma-Bari 19752, pp. 244-249; C. Gnocchi, Auxilius e Vulgarius. L’eco della questione formosiana in area napoletana, in Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Moyen Age, CVII, 1 (1995), pp. 65-75; Theophilakt, in Lexikon des Mittellalters, VIII, Stuttgart 1997, col. 671; G. Arnaldi, Liutprando: un detrattore di Roma o dei romani?, in Studi romani, LIII (2005), pp. 12-50; T. di Carpegna Falconieri, Marozia, in Dizionario Biografico degli Italiani, LXX, Roma 2008, pp. 681-685; Ch. Wickham, Roma medievale. Crisi e stabilità di una città 900-1150, trad. it., Roma 2013, pp. 46-48, 244 (genealogia).