TEODOSIO
(Teodosio da Siracusa). – Non si conosce la data di nascita di questo monaco e grammatikos appartenente all’alto ceto greco di Siracusa. Si trovava nella città aretusea il 21 maggio 878, quando l’importante centro, sino ad allora nelle mani dei Bizantini, fu espugnato dopo un estenuante assedio dalle truppe arabe guidate dal governatore Jafar ibn Muḥammad.
Successivamente, insieme al vescovo di Siracusa e agli altri prigionieri scampati alle violenze perpetrate dagli Arabi dopo la resa della città, fu condotto a Palermo; durante questo soggiorno forzato, compose – in data imprecisata, ma dopo qualche tempo – un’epistola nella quale lasciò una vivida testimonianza (seppure elaborata con uno stile retorico non privo di talune esagerazioni) delle vicende relative alla conquista di Siracusa.
La lettera può essere suddivisa in due parti, la prima delle quali riguarda gli eventi bellici. Sono descritti sia le diverse macchine da guerra impiegate dagli Arabi nei dieci mesi di combattimenti per penetrare nella città, sia le nefaste conseguenze dell’assedio, che ridusse ben presto le scorte alimentari producendo una grave carestia, e sia, infine, la terribile carneficina perpetrata dai musulmani una volta vinta la resistenza opposta loro dai cittadini siracusani. Teodosio ebbe risparmiata la vita da un condottiero arabo di nome Semnoen, che lo catturò nella cattedrale dove, nella speranza di sfuggire ai nemici, si era nascosto dietro l’altare con il vescovo e altri due chierici. L’episodio è presentato dall’autore come una circostanza miracolosa, un atto di pietà; in realtà la salvezza del monaco e degli altri tre ecclesiastici si deve al fatto che Semnoen, in cerca di un ricco bottino, ebbe la necessità che essi lo conducessero nel luogo ove venivano conservati i vasi sacri. Fu solo a questo punto che per Teodosio ebbe inizio la prigionia, dapprima in un carcere siracusano in cui fu rinchiuso – tra escrementi, topi e pidocchi, come egli stesso scrisse – con i suoi compagni di sventura per un mese, arco di tempo utile agli Arabi per procedere alla distruzione delle fortificazioni della città. La seconda parte dell’epistola ha per scenario Palermo, dove Teodosio ebbe modo di assistere a una disputa teologica (incentrata sulla figura del profeta Maometto e sul diverso modo di pregare di musulmani e cristiani) tra il suo vescovo e il governatore arabo. Dopodiché per lui si aprì un nuovo periodo di carcerazione, trascorso come il precedente in condizioni igieniche precarie, dovute in questo caso al sovraffollamento causato dalla moltitudine dei detenuti arabi, ebrei e cristiani, tra cui il vescovo di Malta. In aggiunta a ciò, il vescovo di Siracusa corse il rischio di essere giustiziato quando, nel mese di agosto sempre dell’878, uno dei capi del popolo propose di offrirlo come vittima in occasione della festa islamica dei sacrifici, ma fu salvato dall’intervento degli anziani, che mostrarono un certo rispetto per la sua carica.
Non è agevole stabilire con esattezza se la lettera sia stata scritta durante la permanenza nelle celle palermitane già nell’878 o soltanto successivamente, quando una situazione di detenzione meno severa avrebbe potuto permettere a Teodosio di attendere con maggiore serenità alla stesura della sua opera. A quanto si desume dai quattro versi giambici che ne precedono il testo, l’epistola fu indirizzata a un arcidiacono di nome Leone, la cui figura rimane tuttavia avvolta nell’oscurità (Theodosiou Monachou tou kai Grammatikou epistolē pros Leonta Archidiakonon peri tēs alōseōs Syrakousēs). Teodosio compose pure una breve ode anacreontica, otto versi suddivisi in due strofe, dedicata anch’essa all’assedio di Siracusa.
Teodosio, come si apprende ancora dalla sua testimonianza, e gli altri reclusi vissero successivamente in uno stato di continua paura, in attesa della morte, finché, almeno a seguire un’altra fonte (la Cronaca di Cambridge), tra l’884 e l’885 non vennero liberati alcuni prigionieri: in particolare quelli provenienti da Siracusa, e dunque verosimilmente lo stesso Teodosio e il suo vescovo. S’ignora la data della morte.
È stata anche avanzata l’ipotesi di una possibile identificazione tra il nostro autore e un omonimo lessicografo (fine IX-inizi del X secolo) che studiò alcuni canoni giambici attribuiti a Giovanni Damasceno.
Per quanto riguarda il testo di Teodosio, se ne legge una versione greca incompleta (ci è giunto meno di un terzo) nel codice Paris. gr. 3032, foll. 150-152, un manoscritto, custodito presso la Biblioteca nazionale di Francia, redatto in Italia meridionale alla fine del X secolo. Agli inizi del XVII secolo la lettera integrale fu rinvenuta dall’abate del monastero messinese di Roccamatore, Silvestro Maurolico, e consegnata al gesuita Ottavio Gaetani, che ne predispose una traduzione in latino, poi pubblicata in Vitae sanctorum Siculorum (1657); in precedenza, però, il monaco Josaphat Atzale, insegnante di lingua greca a Messina, aveva atteso a una trasposizione latina sulla base di un codice conservato nella biblioteca del monastero del Ss. Salvatore di Messina (non si può escludere che si tratti, in entrambi i casi, del medesimo manoscritto, oggi comunque andato perduto). A Charles-Benoît Hase si deve la prima edizione critica del testo greco (1819), ripreso da Carlo Oreste Zuretti.
Fonti e Bibl.: Vitae sanctorum Siculorum ex antiquis graecis latinisque monumentis et ut plurimum ex mss. codicibus nondum editis collectae, aut scriptae, digestae iuxta seriem annorum christianae epochae, et Animadversionibus illustratae, a cura di O. Gaetani, I-II, Palermo 1657; Leonis diaconi Caloënsis Historiae libri decem, a cura di C.B. Hase, Paris 1819; G. Cozza-Luzi, La Cronaca siculo-saracena di Cambridge con doppio testo greco scoperto in codici contemporanei delle biblioteche vaticana e parigina, con accomagnamento del testo arabico pel Can. B. Lagumina, Palermo 1890; C.O. Zuretti, Iταλοελληνικά. La espugnazione di Siracusa nell’880. Testo greco della lettera del monaco Teodosio, in Centenario della nascita di Michele Amari. Scritti di filologia e storia araba; di geografia, storia, diritto della Sicilia medievale; studi bizantini e giudaici relativi all’Italia meridionale nel medio evo; documenti sulle relazioni fra gli Stati italiani ed il Levante, I, Palermo 1910, pp. 165-173; R. Devreesse, Les manuscrits grecs de l’Italie méridionale (Histoire, classement, paléographie), Città del Vaticano 1955; Sophronii Anacreontica, a cura di M. Gigante, Roma 1957.
D.G. Lancia di Brolo, Storia della Chiesa in Sicilia nei dieci primi secoli del cristianesimo, II, Palermo 1884; M. Amari, Storia dei Musulmani di Sicilia, a cura di C.A. Nallino, I-III, Catania 1933-1939; S.G. Mercati, Sul codice perduto della lettera di Teodosio monaco siracusano, in Id., Per la storia dei manoscritti greci di Genova, di varie badie basiliane d’Italia e di Patmo, Città del Vaticano 1935, pp. 320-329; B. Lavagnini, Siracusa occupata dagli Arabi e l’epistola di Teodosio monaco, in Byzantion, XXIX-XXX (1959-1960), pp. 267-279; A.A. Vasiliev, Byzance et les Arabes, II, 1, Bruxelles 1968; G. de Andrés, Carta de Teodosio el Gramático (s. IX) sobre el léxico de los cánones de San Juan Damasceno, según el códice Complutense ‘Villamil n.°30’, in Emerita, XLI (1973), pp. 377-395; R. Anastasi, L’Epistola di Teodosio monaco, in Archivio storico siracusano, n.s., V (1978-1979), pp. 169-182; B. Lavagnini, Anacreonte in Sicilia e l’assedio di Siracusa, ibid., pp. 183-190; L. Gatto, L’eco della conquista araba della Sicilia nelle fonti cristiane, in Quaderni catanesi di studi classici e medievali, I (1979), pp. 25-80; F. Montana, L’inizio del lessico di Teodosio grammatico ai canoni liturgici nel Laur. 57.48, in Rivista di filologia e di istruzione classica, CXXIII (1995), pp. 193-200; F. Scorza Barcellona, Note sui martiri dell’invasione saracena, in La Sicilia nella tarda antichità e nell’alto medioevo. Religione e società. Atti del Convegno di Studi, Catania-Paternò... 1997, a cura di R. Barcellona - S. Pricoco, Soveria Mannelli 1999, pp. 205-220; G. Satta, La conquista araba di Siracusa con l’epistola di Teodosio monaco in appendice, Augusta 2007; L.M. Hoffman, Theodosius of Syracuse, in Christian-Muslim relations. A bibliographical history, II, (900-1050), a cura di D. Thomas et al., Leiden-Boston 2010, pp. 163-165; C. Rognoni, Au pied de la lettre? Réflexions à propos du tèmoignage de Théodose, moine et grammatikos, sur la prise de Syracuse en 878, in La Sicile de Byzance à l’Islam, a cura di A. Nef - V. Prigent, Paris 2010, pp. 205-228; A. Feniello, Sotto il segno del leone. Storia dell’Italia musulmana, Roma-Bari 2011; A. Vanoli, La Sicilia musulmana, Bologna 2012; V. von Falkenhausen, La conquista di Siracusa (878) nella memoria storica di Costantinopoli, in Per Gabriella. Studi in ricordo di Gabriella Braga, a cura di M. Palma - C. Vismara, II, Cassino 2013, pp. 835-848; A. Nef, Islamic Palermo and the dār al-islām: Politics, society and the economy (from the mid-9th to the mid-11th Century), in A companion to medieval Palermo. The history of a mediterranean city from 600 to 1500, a cura di A. Nef, Leiden-Boston 2013, pp. 39-59.