TEODORO (Θεόδωρος, Theodorus)
La tradizione epigrafica e la letteraria conservano menzione di parecchi scultori di questo nome, ma di due di essi soltanto le notizie hanno una qualche consistenza.
1. - Teodoro di Samo, fiorito probabilmente al principio del sec. VI a. C. è nella zona intermedia tra la leggenda e la storia, sicché alle notizie che lo riguardano, d'altronde in parte contraddittorie, non si può attribuire pieno valore storico. La tradizione ce lo presenta come figura complessa e notevolissima. Figlio di uno scultore, Telecle o Reco, era architetto, scultore specie bronzista, e tecnico. Gli si attribuivano ritrovamenti e perfezionamenti tecnici, come l'invenzione della squadra, della livella, del tornio e della chiave. A lui, in collaborazione con Reco si attribuiva la costruzione del tempio di Era a Samo di cui si sono ritrovati i resti, e la Skià di Sparta; egli aveva lavorato anche al primo Artemisio di Efeso. Sue opere di scultura sono dette l'Apollo Pizio di Samo, eseguito in collaborazione con Telecle, che, secondo risulta dal racconto tramandato, doveva essere una rigida arcaica figura di χοῦρος, e, cosa poco credibile, un autoritratto in bronzo come auriga di una quadriga, che più tardi si conservava in Preneste, e in cui il suo virtuosismo si affermava nelle proporzioni piccolissime. Come toreuta, era ricordato per aver cesellato un grande cratere d'argento, dono votivo di Creso al tempio di Delfi, e un altro cratere, d'oro, di proprietà del re dei Persiani; come incisore di gemme gli si attribuivano delle pietre di anelli, fra cui quella famosa del tiranno Policrate.
Bibl.: H. Brunn, Gesch. d. griech Künstler, I, 2a ed., Stoccarda 1889, pp. 30-38; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. klassisch. Altertumswissensch., V A, coll. 1917-1920 (n. 195).
2. - L'altro scultore, vissuto probabilmente in Roma nel secolo I d. C., ha lasciato il suo nome inciso su quattro tavole iliache, serie di rappresentazioni a rilievo di avvenimenti mitici e storici che servivano per l'insegnamento. I rilievi riproducono tipi plastici già acquisiti all'arte, sicché l'originalità di T., seppure ne ebbe una, consisté nel coordinare questi tipi in complessi rilievi a scopo didascalico. Si è persino supposto che egli non fosse neanche lo scultore, ma il grammatico che guidava l'opera dello scultore.
Bibl.: E. Loewy, Inschriften griech. Bildhauer, Lipsia 1885, nn. 454-455; G. Lippold, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV A, col. 1887 seg. (tabula iliaca, A, C, N, O), V A, col. 1920 (n. 199).