TRIVULZIO, Teodoro
– Nacque da Pietro e da Laura Bossi a Milano. L’anno di nascita oscilla nelle fonti, ma è spesso indicato come il 1458. Apparteneva a una famiglia ammessa e riconosciuta nella nobiltà milanese fin dall’ultimo quarto del XIV secolo. Il padre, signore di Codogno, era stato consigliere del duca Francesco Sforza, che lo aveva nominato nel 1467 suo luogotenente ad Alessandria e nell’oltre Po.
Teodoro esordì nella carriera militare al servizio del re di Napoli Ferdinando I d’Aragona. Prese parte alla spedizione intrapresa dal duca di Calabria Alfonso in appoggio ai Colonna, contro il pontefice Sisto IV e i suoi alleati veneziani. Si trovò il 21 agosto 1482 alla battaglia di Campomorto, rimanendovi ferito. Combatté quindi sotto Asola, nel Mantovano, assediata e presa nell’autunno del 1483 dagli eserciti della lega antiveneziana comandati dallo stesso duca di Calabria.
Fra il 1485 e il 1486, accanto al cugino Gian Giacomo, fu impegnato nella repressione della seconda congiura dei baroni del Regno di Napoli. Quindi, nel 1494, la discesa nella penisola dell’esercito francese lo obbligò all’estrema difesa dei re aragonesi. Dopo che Ferdinando II fu sconfitto nella battaglia di Seminara, il 28 giugno 1495, Trivulzio lo accompagnò a Ischia, fatta sede della corte. Continuò, nonostante la defezione di Gian Giacomo, a combattere per re Ferrandino, capace di recuperare gran parte del Regno perduto l’anno precedente. Nei primi mesi del 1496, lo si trova impegnato tra Campania e Puglia. Dopo la morte di Ferdinando II, Trivulzio era considerato uno dei migliori capitani a disposizione del successore Federico d’Aragona. Tuttavia, l’avanzata francese procedeva rapidissima. Trivulzio non tornò sul campo e, nel luglio del 1499, sposò Bona Bevilacqua. Il passaggio dalla parte dei vincitori, dopo la conquista francese di Milano, agli inizi di settembre, e l’ingresso in città di Luigi XII, risultò mossa pressoché scontata. Trivulzio guadagnò subito il merito di aver affrettato la fine dell’effimero ritorno degli Sforza a Milano, tra il febbraio e il marzo del nuovo anno. All’inizio di aprile del 1500, infatti, suscitò una rivolta popolare entrando in città «con el favor del popolo cridando: Franza! Franza!» (cit. in Sanuto, 1879-1900, III, col. 220): il cardinale Ascanio Maria Sforza, luogotenente ducale, fu costretto alla fuga.
Trivulzio entrò nel seguito del nuovo governatore, il cardinale Georges d’Amboise, i cui spostamenti seguì costantemente fra il 1501 e il 1502. Fu ricompensato con il titolo di marchese di Pizzighettone. L’anno seguente, arruolati fanti nel Milanese, ricoprì l’incarico di commissario dell’esercito francese. Presto, però, dovette spostarsi nel Regno di Napoli, controllato a metà tra francesi e spagnoli dopo gli accordi segreti di Granata. La pacifica convivenza fra i due nemici non era destinata a durare. Gli spagnoli avevano risalito la Calabria, sconfiggendo i francesi a Cerignola il 28 aprile 1503, ed erano entrati a Napoli a metà del successivo maggio. Trivulzio raggiunse il grosso, posto sotto il comando di Francesco II Gonzaga, in dicembre. Gli scontri decisivi si svolsero sul fiume Garigliano. I francesi uscirono nuovamente sconfitti e si ritirarono a Gaeta: sorte condivisa da Trivulzio, che partecipò alle trattative per la resa della piazza, nei primi giorni del 1504. Riuscì quindi a rientrare nel Milanese all’inizio del 1507.
Intervenuto nel corpo di spedizione inviato da Luigi XII contro Genova, apertamente ribellatasi al dominio francese alla metà di marzo, Trivulzio catturò la generale attenzione partecipando al solenne ingresso del re di Francia a Milano, il 24 maggio 1507. Il successivo impiego militare coincise con la partecipazione alla guerra di Cambrai, quando tutti i principali Stati italiani ed europei si volsero contro Venezia. Combatté alla battaglia di Agnadello (14 maggio 1509). Dopo aver partecipato alla presa di Legnano, in giugno, il mese successivo si spostò all’assedio di Padova, riconquistata dai veneziani dopo la prima, repentina caduta. Fallita l’operazione, passò al presidio di Verona, in quel momento sottoposta al dominio di Massimiliano d’Asburgo. Da quella posizione, si interessò delle sorti del duca di Ferrara Alfonso d’Este, in conflitto con Giulio II. Si trovò quindi a combattere le truppe di papa Della Rovere in Emilia e nel Bolognese. Per questo, nel settembre del 1510, si parlò di una sua possibile scomunica. Non andò in porto invece il suo ingaggio ai servizi di Firenze, dopo che la Repubblica aveva chiesto a Luigi XII il permesso di assoldarlo.
Nel 1511, fu dislocato a Ghiaradadda. Ricevette l’ordine di contrastare il transito degli svizzeri, ingaggiati dal pontefice. Dopo uno scontro presso il fiume Ticino, in dicembre, corse voce che fosse stato preso prigioniero. Partecipò quindi alla battaglia di Ravenna, l’11 aprile 1512, che vide vittoriosi i francesi, contro gli eserciti spagnolo e pontificio. Quando però il conflitto riuscì del tutto sfavorevole a Luigi XII e fu perduto il Milanese, anche Trivulzio riparò in Francia e il nuovo duca, Massimilano Sforza, confiscò i suoi possedimenti.
Teodoro trascorse l’autunno combattendo gli inglesi in Borgogna. Nella primavera del 1513 tornò in Italia per accompagnare Bartolomeo d’Alviano, di ritorno dalla sua prigionia in Francia. Nel contempo, fu nominato luogotenente generale di Luigi XII per la guerra contro gli spagnoli che il re, insieme alla Serenissima, stava allora iniziando. Teodoro ne concertò con i veneziani l’organizzazione, per poi spostarsi al campo presso Verona, dove rincontrò d’Alviano. Riconquistare la città scaligera non era obiettivo alla portata dei due generali, che penetrarono invece nel Milanese. Cremona si diede al re di Francia il 27 maggio 1513, ma pochi giorni dopo, la dura sconfitta francese a Novara (6 giugno 1513) vanificò il risultato. Teodoro si spese per rassicurare l’alleato veneziano, ma senza esiti. Verificata ancora una volta l’impossibilità di attaccare Verona, Teodoro si impegnò nella difesa di Padova.
Qui, non pensava soltanto alla guerra: alla fine di gennaio del 1514, le cronache dicono che fu rappresentata una commedia «a requisition dil signor Todaro Triulzi, ch’è inamorato» (cit. in Sanuto, 1879-1900, XVII, col. 507).
Continuò a soprintendere alla difesa di Padova fino al luglio del 1515. In agosto, dopo aver trattato a Venezia degli sviluppi della campagna, raggiunse il campo a Este. Passato in Lombardia, partecipò alla battaglia di Marignano (13-14 settembre 1515). Entrò quindi in Milano l’11 ottobre: il re riconobbe la sua signoria su Pizzighettone e vi aggiunse il capitanato di Marignano, che poneva Trivulzio nel ruolo di giusdicente.
Nel successivo autunno guidò un soccorso francese ai veneziani, insieme al visconte di Lautrec, Odet de Foix. Fu distolto dalle operazioni dal compito di traslare la salma di Bartolomeo d’Alviano, morto agli inizi dello stesso ottobre. Si aprì la strada a forza, conquistando Lonato e Peschiera del Garda. Partecipò quindi all’assedio di Brescia, guidato dal cugino Gian Giacomo, dirigendo in particolare il cannoneggiamento delle mura cittadine. Infine, tra novembre e dicembre, incontrò Francesco I a Milano.
Nondimeno, nel gennaio del 1516 fu ingaggiato come governatore generale dell’esercito marchesco. Nulla poté, per il momento, contro Brescia: la calata dell’esercito imperiale, nel marzo del 1516, lo fece indietreggiare fino a Pontevico. Poi però rientrò nel Milanese, mantenendo il controllo sui movimenti del nemico. Poté riprendere l’assedio di Brescia, che si arrese per patti il 23 maggio. Verona, invece, resisteva ancora. Trivulzio strinse l’assedio in estate, ma senza cogliere il successo sperato. All’arrivo di un contingente di soccorso, in settembre, fu costretto a indietreggiare. Alla fine dell’anno, gli giunse notizia del trattato di Noyon (siglato tra Francia e Spagna il 13 agosto 1516). Verona fu consegnata ai francesi e da questi ai veneziani: Trivulzio vi fece il suo ingresso solo alla metà di gennaio del 1517.
In marzo, durante una visita a Venezia, vide confermato il suo grado, con un accrescimento di stipendio. Alla metà di novembre del 1518, rientrò a Milano. Morto poco dopo il cugino Gian Giacomo in Francia, presenziò ai solenni funerali tenuti in gennaio nel capoluogo lombardo. Quindi, tornò a Verona. Possedeva nelle campagne circostanti vaste tenute, dove introdusse la coltivazione del riso.
Nella primavera del 1519, teneva sotto controllo alcuni movimenti di truppe svizzere verso i confini con il Comasco. I suoi rapporti con la Serenissima si stavano nel contempo deteriorando. Così, nel marzo del 1520, accettò una cospicua pensione francese. Il governo veneziano corse ai ripari: entro giugno gli fece pagare tutto l’arretrato dovuto. Alla ripresa della guerra con gli spagnoli, egli unì le sue forze a quelle di Lautrec. Nell’autunno del 1521 si pose alla difesa di Milano, ma non poté impedire che la città fosse conquistata il 20 novembre. Ferito, fu fatto prigioniero. Ebbe la libertà già prima di Natale, pagando un riscatto di 20.000 ducati. Dopo una breve puntata a Venezia, riprese la guida delle operazioni militari. Nel febbraio del 1522 incontrò a Cremona Lautrec, ancora fiducioso sulla campagna in corso. Ma nella primavera del 1522 l’assedio di Pavia non portò a nulla. Dopo la nuova sconfitta francese alla Bicocca (il 27 aprile), Trivulzio perse il feudo di Pizzighettone.
Capovolte le alleanze con il passaggio della Serenissima a fianco di Carlo V, nel settembre del 1523 Trivulzio chiese un definitivo congedo. Tornato a militare con i francesi, dapprima si spostò a Ferrara per sostenere l’azione del duca Alfonso contro l’esercito pontificio. Poi, fra il 1523 e il 1524, combatté in Lombardia. Le sorti del conflitto apparivano del tutto compromesse: alla fine di aprile, Trivulzio si trovò allo scontro presso Romagnano Sesia, ennesima sconfitta per i francesi. Retrocesse fino in Provenza, invasa dagli imperiali in estate.
La reazione di Francesco I investì direttamente Milano, conquistata in ottobre: Trivulzio ne fu nominato governatore, insieme con Louis II de la Trémoille. Non partecipò quindi alla disastrosa sconfitta di Pavia (24 febbraio 1525). Giuntagliene notizia, riparò prima nel suo feudo di Musocco, poi in Francia. Fu nominato maresciallo del Regno e governatore di Lione nella prima metà di aprile del 1525. Nel contempo, partecipava ai lavori del Consiglio regio, organo di fondamentale importanza in un momento in cui Francesco I si trovava prigioniero degli imperiali.
L’anno successivo, in maggio, prese parte alle sedute del Parlamento di Parigi. Ma presto tornò in azione in Italia: dopo il colpo di mano filofrancese su Genova, nel 1527 fu nominato governatore della città. Non poté però resistere al successivo attacco da parte di Andrea Doria: rifugiatosi entro il Castelletto, dovette arrendersi in ottobre. Lasciato libero, da Alessandria tornò a Lione. Nella primavera del 1529 fu nominato oratore del re di Francia a Venezia. Infine, in agosto, Francesco I lo creò suo luogotenente generale nel Nord Italia, per cercare di raccogliere le truppe francesi ancora in essere. Non durò molto nell’incarico: dopo la pace delle Due Dame (firmata il 3 agosto), rientrò in Francia. Doveva ancora avere dal Tesoro regio forti somme, pari almeno a 40.000 scudi francesi.
Morì a Lione nell’ottobre del 1532. Fu seppellito nella chiesa di Notre-Dame-de-Confort. La sua eredità venne contesa dalla famiglia Pallavicino con un lungo contenzioso. Sua figlia Giulia sposò Gianfrancesco Trivulzio, nipote di Gian Giacomo. Aveva avuto anche tre figlie naturali legittimate (Elisabetta, Susanna e Laura).
Fonti e Bibl.: M. Sanuto, I diarii, a cura di R. Fulin et al., I-IV, VII-LI, LIV-LV, Venezia 1879-1900, ad indices; N. Machiavelli, Tutte le opere, a cura di M. Martelli, Milano 2018, p. 2793.
C. Bréghot Du Lut - A. Péricaud, Biographie Lyonnaise. Catalogue des Lyonnais dignes de mémoire, Paris-Lyon 1839, pp. 300 s.; L. Arcangeli, Gentiluomini di Lombardia. Ricerche sull’aristocrazia padana nel Rinascimento, Milano 2003, ad ind.; S. Meschini, La Francia nel ducato di Milano. La politica di Luigi XII (1499-1512), Milano 2006, ad indicem.