GIGANTE, Teodoro
Non si conoscono il luogo e la data di nascita di questo architetto, di probabile origine trapanese, attivo in Sicilia tra gli anni Ottanta del Settecento e i primi due decenni del secolo successivo.
La prima notizia riguardante il G. risale al 1787, anno in cui ricevette in eredità la biblioteca dello zio, il trapanese Andrea Gigante, figura tra le più importanti dell'architettura siciliana nella fase di trapasso dal tardobarocco al neoclassicismo (Di Ferro); e dello zio, come afferma Gallo, egli fu probabilmente "scolaro". Si può inoltre supporre che l'architetto, all'inizio della carriera, abbia effettuato il proprio tirocinio, insieme con G.V. Marvuglia, S. Attinelli e C. Chenchi, nel cantiere avviato da F. Fuga per la trasformazione tardobarocca della cattedrale di Palermo.
Intorno alla fine degli anni Ottanta il G. iniziò a lavorare per i principi Lanza di Trabia; è probabile che i rapporti con questa famiglia siano stati facilitati dal fatto che lo zio aveva lavorato per i Lanza compiendo tra l'altro, nel 1757, dei sopralluoghi tecnici nel palazzo Trabia di Mussomeli. Al 1789 risalgono i disegni del G. per la nuova chiesa madre da costruire nel centro del feudo di Trabia, presso Palermo, riguardanti la pianta, lo spaccato longitudinale e il prospetto (Bongiovanni, 1997, pp. 299, 301, 305); la relazione conclusiva dei lavori svolti fu firmata dal G. nel 1801. Successivamente l'edificio subì radicali trasformazioni che lasciano leggere solo parzialmente il progetto del Gigante. Le scelte compositive e stilistiche di quest'opera rivelano l'influenza dello zio nel linguaggio reso scarno ed essenziale da una ricerca pressante della simmetria compositiva e dall'attenzione costante all'uso di paraste, piedritti e pulvini. L'apparato decorativo dell'interno si rivela al contrario più vario e articolato nei progetti per gli altari e per il pulpito.
Dall'analisi dei disegni, la facciata dell'edificio risultava impostata su due ordini: a quello inferiore sobrio e ben articolato si contrappone quello superiore a capanna, piuttosto goffo, in cui una doppia coppia di paraste si conclude su entrambi i lati in celle campanarie. Anche l'ampia finestra dalla cornice leggermente mistilinea appare quasi esagerata nelle dimensioni, giustificate, tuttavia, dalla ricerca di un rapporto simmetrico tra i vuoti del portale e quello della finestra. Una fascia epigrafica tra il primo e il secondo ordine recava l'iscrizione con il nome del committente, Pietro Lanza principe di Trabia, e l'anno di fondazione, il 1789. Il portale era animato da una decorazione essenziale in cui spiccava, fra l'altro, il motivo neogreco di gocce e triglifi. Sul timpano era lo stemma di casa Trabia decorato da volute e trofei che ricordano quelli adottati da Andrea Gigante nella villa Galletti a Bagheria.
Nel 1789 il G. iniziò i lavori di edificazione della villa per il principe Francesco Moncada di Larderia nella contrada Mustazzoli (attuale via Messina Marine) a Palermo. La costruzione, oggi molto degradata, si compone di un corpo rettangolare formato da un lungo pianterreno e da un breve primo piano nel quale si aprono tre finestroni incorniciati da timpani alternativamente triangolari e circolari; due piccoli terrazzi con balaustre alla veneziana concludono, su entrambi i lati, il primo piano. Finestroni, vasotti, modanature, come anche i piloni con pinnacoli posti accanto all'ingresso del giardino retrostante, appaiono elegantemente disegnati nel caldo tufo locale. A tale edificio era annessa una piccola chiesa, realizzata sempre su progetto del G., dedicata a S. Michele Arcangelo e oggi crollata.
Nel suo insieme la villa mostra una tipologia aggraziata, distante da quelle più diffuse nelle ville palermitane del XVIII secolo, in cui accanto al "decoro" che si confaceva a un edificio nobiliare, è posta in evidenza soprattutto la ricerca di funzionalità. Da un punto di vista strettamente stilistico, il G. compie una scelta decisamente neoclassica, senza cedere a compromessi tra architettura tradizionale tardobarocca e architettura innovativa come era avvenuto per esempio in alcune opere di G.V. Marvuglia e di A. Gigante.
Tra il 1793 e il 1797 il G. lavorò ancora per il principe Lanza di Trabia portando a compimento la villa di famiglia a Bagheria. Tale proprietà era appartenuta in precedenza a Michele Gravina principe di Comitini che aveva affidato la costruzione dell'edificio a Niccolò Palma. Sotto la direzione del G. i lavori furono portati a compimento sia nella struttura architettonica sia nella decorazione.
L'impianto della villa, proprio degli edifici siciliani dell'epoca destinati alla villeggiatura, appare scenografico e monumentale, forse dettato dalle scelte del committente o da esigenze di continuità con i più antichi progetti di Palma. In particolare, lo sviluppo verticale della facciata appare sottolineato dalla ricchezza degli stucchi e dalla varietà delle finestre, compreso il timpano triangolare di coronamento, che imprimono carattere imponente all'edificio. Per questi aspetti, una linea di continuità è rintracciabile con la villa Galletti a Bagheria realizzata su progetto di A. Gigante. Inoltre, la profonda adesione fra architettura e decorazione degli interni pone in luce la stretta collaborazione fra il G. e il pittore Elia Interguglielmi che aveva avuto in Andrea Gigante uno dei principali maestri.
Tra il 1792 e il 1793 il G. si occupò di trasformare l'ex convento dei padri mercedari al Molo in sede dell'Istituto nautico Gioeni-Trabia, oggi completamente ricostruito. Quasi contemporaneamente, nel 1793, si dedicò alla riconfigurazione architettonica, secondo stilemi neoclassici, della villa fondata nel Seicento da Simone Zati marchese di Santa Maria del Rifesi lungo lo stradone di Mezzomonreale (oggi adibita a ospedale militare) di proprietà della famiglia dei marchesi Celestri di Santa Croce. Per questa stessa famiglia, in particolare su committenza del marchese Tommaso Celestri, progettò, nel 1795, l'ampliamento della chiesa madre di Santa Croce Camerina, nella Sicilia sudorientale. Un anno dopo, sotto la direzione e forse ideazione del G., il "faber murarius" Filippo Manzella eseguì le mensole in pietra d'Aspra per il coro dell'oratorio della Compagnia della Ss. Trinità dei Pellegrini a Palermo e il "faber lignarius" Gioacchino d'Asdia le strutture in legno (Palazzotto). Inoltre, tra il 1803 e il 1804, il G. si occupò del restauro e del consolidamento statico dell'antica chiesa di S. Cristina La Vetere, sede della medesima Compagnia e, ancora nel 1803, stilò una relazione sulle opere di muratura e falegnameria realizzate dal maestro Giacinto La Marca all'interno della stessa chiesa e dell'attiguo ospedale dei Pellegrini (Mazzè, p. 334). In questi anni il G. fu, tra l'altro, confrate e tesoriere della citata Compagnia. Tale lavoro dimostra che il G. in questi anni aveva dovuto accettare incarichi di tono minore, ovviando così alle ormai scarse richieste della committenza aristocratica.
Le ultime notizie riguardanti il G. risalgono all'aprile del 1811 quando lavorò al completamento della facciata del palazzo di proprietà del figlio di Tommaso Celestri di Santa Croce, Giovanni Battista, prospiciente su via Maqueda a Palermo. Gli interventi del G. seguono quelli effettuati nel palazzo dagli architetti Giovan Battista Cascione e Nicolò Anito. Non si conoscono il luogo e la data di morte del Gigante.
Tra gli altri lavori eseguiti dal G. si ricordano anche, nel 1793, alcuni interventi architettonici nel palazzo di donna Rosalia Platamone Moncada e Branciforti nella strada di S. Carlo a Palermo. Nel 1801 lavori nella "Casina della Grazia" presso Palermo su incarico del proprietario Bartolomeo Vassallo e, nell'aprile del 1811, due relazioni di stima della casa con "sue officine, stalle, pagliere etc." lasciata in eredità da Andrea Giuseppe Perez al figlio Gioacchino (Bongiovanni, 1997, p. 413).
Il G. svolse la propria attività di architetto in anni particolarmente difficili poiché l'aristocrazia in piena crisi non era più animata da quel fervore costruttivo che l'aveva caratterizzata per oltre tre quarti del Settecento e, al tempo stesso, la committenza pubblica interessava saltuariamente solo pochi artisti privilegiati. Tuttavia, la fama e la competenza dello zio gli furono di sicuro aiuto; ed egli operò lungo il solco che questi aveva tracciato sia nell'ambito della progettazione architettonica sia in quello del restauro e della competenza tecnica. Il linguaggio architettonico dello zio subisce una drastica semplificazione in quello del nipote che, pur mostrando di averne assimilato gli schemi compositivi, tende a ridurne l'apporto decorativo. Anche le opere grafiche del G. si mostrano prive di "invenzione" puntando più sul valore tecnico-progettuale del disegno che diventa soprattutto strumento operativo (G. Bongiovanni, Idisegni di A. Gigante, in Labor, XXVII [1987], 1, pp. 33-35).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Palermo, Archivio Trabia, voll. 402/2, 338 bis; Archivio notarile, Notaio L. Testaferrata, vol. 9813, cc. 124r-131v; Notaio F.P. Generale, vol. 6586 (4 marzo 1789), vol. 6592 (27 sett. 1789); Notaio F. Ragusa e Potenza, vol. 4886, cc. 427r-429r; Notaio S. Scibona, vol. 9943 (6 e 28 aprile 1811); Palermo, Biblioteca centrale della Regione siciliana, ms. XV-H-14: A. Gallo, Notizie intorno agli architetti siciliani ed esteri soggiornanti in Sicilia da' tempi più antichi fino al corrente anno 1838, c. 1085; G.M. Di Ferro, Biografia degli uomini illustri trapanesi, I, Trapani 1830, p. 132; M. De Simone, Ville palermitane del XVII e XVIII secolo, Genova 1968, p. 220; M.C. Ruggieri Tricoli - M.D. Vacirca, Palermo e il suo porto, Palermo 1986, p. 163; G. Bongiovanni, G. T., in L. Sarullo, Diz. degli artisti siciliani, I, a cura di M.C. Ruggieri Tricoli, Palermo 1993, p. 208; Id., T. G. architetto, in L'architettura del Settecento in Sicilia, a cura di M. Giuffrè, Palermo 1997, pp. 297-307, 411-413; G. Cardamone - M. Giuffrè, La città e il mare: il sistema portuale di Palermo, in Sopra i porti di mare, III, a cura di G. Simoncini, Firenze 1997, pp. 187 s.; A. Mazzè, L'edilizia sanitaria a Palermo dal XVI al XIX secolo, Palermo 1998, pp. 326, 334, 336; P. Palazzotto, Gli oratori di Palermo, Palermo 1999, pp. 55, 150.