TEODORICO (Theodoricus)
Re dei Goti detto il Grande; nato intorno al 455 in Pannonia. Passò l'infanzia come ostaggio alla corte di Costantinopoli. Dal 481 re dei Goti, e dopo varie conquiste e l'uccisione di Odoacre, re d'Italia nel 493. Sebbene privo di cultura, forse analfabeta, ebbe particolare venerazione per il passato dell'Impero Romano, dedicandosi attivamente al restauro e alla conservazione dei monumenti antichi. Dopo 33 anni di regno morì nell'agosto del 526 a Ravenna e fu sepolto nel grandioso mausoleo da lui costruito, tuttora esistente (v. ravenna; galeata).
Dalla descrizione del suo Panegirista (Ennodius, Panegyricus Dictus Clementissimo Regi Theodorico) si può ricavare ben poco sul suo aspetto esteriore, eccezione fatta di vaghe parole, esaltanti la sua alta statura, la chiara carnagione con colorito acceso e i grandi occhi lucenti. Ad una capigliatura abbondante e ricciuta allude Sidonius (Epist., i, 2, 2), il che è confermato anche dalla effigie sul noto medaglione d'oro di Senigaglia. Lo Gnecchi esprimeva il dubbio che fosse una parrucca e il Fuhrmann vi scorge un cappello gotico (la lunghezza eccessiva della testa sul medaglione, si spiega piuttosto con la prospettiva falsata, frequente nell'epoca, che potrebbe sostituire la profondità con l'altezza; le bande di capelli così artificiose si ritrovano altrove, per esempio sulla secchia Doria).
Di numerose effigi di T. in bronzo e in mosaico, parlano i testi antichi. La più imponente doveva essere la statua equestre colossale in bronzo dorato, posata sopra uno zoccolo ornato di rilievi, trasportata, insieme con altri numerosi oggetti d'arte nel 801 da Carlo Magno in Aquisgrana e dispersa in seguito (Agnellus, Lib. Pont. eccl. Raven., 338; Walffrid Strabo, Mon. Germ. Hist., Poetae lat. aevi carolini, ii, 370 ss.). Un'altra statua, anch'essa equestre, fu eretta dall'imperatore Zenone nel cortile del palazzo di Costantinopoli, notizia questa tramandata da Jordanes (Hist. Goth., lvii) e accettata con sospetto, ma senza valide ragioni, da alcuni studiosi moderni.
Numerose statue ufficiali dovevano essere erette a Roma (Procop., Bell. Goth., iii, 20) tra le quali una, donata dal Senato riconoscente (Isidoro Vesc., Hist. Goth., 39) forse dopo la sua permanenza nell' Urbe nel 500. Più numerose ancora dovevano essere le effigi in mosaico, tra le quali, una nel mercato di Napoli andò distrutta già all'epoca dei suoi successori (Procop., Bell. Goth., i, 24). Sono sparite anche quella in mosaico di Pavia che lo rappresentava super equum sedens (Agnellus, Corp. Pont. Raven., 337), ed un'altra, famosa, in cui il re, anche qui a cavallo, accompagnato dalle figurazioni di Roma e di Ravenna (Agnellus, Corp. Pont. Raven., 337), si trovava in Tribunale Triclinii supra portam... del palazzo imperiale a Ravenna. Il Diehl e, per ultimo, il Dyggve tentarono di ricostruirlo sul frontone del noto mosaico di S. Apollinare Nuovo con la rappresentazione del Palatium Sacrum. Negli archi e sulle colonne di quest'ultimo si notano ancora oggi le sagome di 6 teste e 3 mani ben distinte, che hanno reso valida l'ipotesi che prima della trasformazione della chiesa gotica nel 566, il mosaico contenesse una figurazione di T. nel centro (probabilmente seduto, secondo analoghe figurazioni del genere), accompagnato dal suo seguito.
Fra tutte queste notizie ed accenni citati, non possediamo, però, nessuna immagine sicura, oltre il medaglione d'oro di Senigaglia (Museo Naz. Romano) coniato, secondo lo Gnecchi, a Roma o a Ravenna intorno al 500, uno degli ultimi capolavori dell'arte iconografica numismatica antica. Attraverso questa sua effigie monetaria possiamo accettare quasi con sicurezza (malgrado varî dubbî espressi dal Fuchs) il riconoscimento del v. Lorentz di una immagine del re goto, in un mosaico di S. Apollinare Nuovo, che si è conservato ritagliato da una composizione maggiore. Il nome di Giustiniano, aggiuntovi in seguito ha impedito, forse, fino al ritrovamento del medaglione di Senigaglia, di riconoscere nel mosaico ravennate i tratti di Teodorico. Ma il ritratto musivo, dalle fattezze fisionomiche precise ed individuali, non ha nessuna affinità con le effigi di Giustiniano.
Bibl.: F. Gnecchi, Medaglione d'oro di Teodorico, in Riv. It. di Numismatica, VIII, 1895, pp. 149 ss., tav. 3; G. Pfeilschifter, Theoderich der Grosse, Münster 1896; A. Nagl, in Pauly-Wissowa, V A, 1934, cc. 1745-1770, s. v. Theoderich, n. 4; F. v. Lorentz, Theoderich- nicht Justinian, in Röm. Mitt., L, 1935, pp. 339 ss.; O. Bertolini, Roma di fronte a Bisanzio e ai Longobardi, Bologna 1941, pp. 34-110; E. Dyggve, Ravennatum Palatium Sacrum, Copenaghen 1941, pp. 39 ss.; 49 ss.; J. Kollwitz, Oströmische Plastik der Theodos. Zeit, Lipsia 1941, p. 15 ss.; S. Fuchs, Bildnisse und Denkmäler aus der Ostgotenzeit, in Die Antike, XIX, 1943, pp. 110-127; A. Carandini, La secchia Doria (Studi Miscellanei, 9) Roma 1965, p. 12, tav. XV.