MORETTI-COSTANZI, Teodorico
MORETTI-COSTANZI, Teodorico. – Nacque il 25 aprile 1912 a Pozzuolo, in comune di Castiglione del Lago (Perugia), secondogenito di Pierleone e di Emilia Costanzi; pochi mesi prima della morte di quest’ultima, avvenuta nel 1933, Teodorico e il fratello Siro ottennero di aggiungere il cognome di lei a quello genetico, quali ultimi discendenti della blasonata famiglia perugina.
Costanzo di Fiorenzo Costanzi era stato insignito della milizia aurata da Paolo III nel 1537; il titolo, trasmesso ai primogeniti maschi, si esaurì con Federico, che morendo nel 1910 stabilì il trapasso del nome, stemma e diritti nobiliari ai figli della nipote Emilia. Per la convalida della surroga da parte della Santa Sede, e per il riconoscimento e l’autorizzazione all’uso del titolo di conti palatini pontifici da parte della Repubblica italiana, Siro e in particolare Teodorico intrapresero pazienti ricerche araldiche e lunghe battaglie legali.
Per parte loro i Moretti, storica famiglia di possidenti del Chiugi perugino, si tramandavano in Pozzuolo la dimora cinquecentesca; qui, alla morte di Pierleone nel 1944, e al palazzo del Capra in Tuoro, secolare proprietà dei Costanzi, posero la loro residenza rispettivamente Siro e Teodorico. Il radicamento spirituale di quest’ultimo nel territorio avito è testimoniato tra l’altro dalla cólta devozione per santa Margherita di Cortona (La peccatrice santa, Castiglione del Lago 1940), e dalle ricerche condotte con l’ausilio dell’archeologo Giancarlo Susini sulle sostruzioni del palazzo e le sue adiacenze, quale teatro della storica battaglia del 217 a.C. (I luoghi della battaglia del Trasimeno e il Palazzo (di Nardo e poi del Capra), Tuoro sul Trasimeno 1986). Tutto ciò può essere tenuto presente per l’‛ambientazione’ storico- psicologica del pensiero di Moretti- Costanzi, di accenti nobilmente appartati e attardati.
Compiuti gli studi liceali a Perugia e quindi a Roma, dove la famiglia si era trasferita nel 1929, Teodorico si iscrisse alla facoltà di filosofia dell’Università di Firenze, da dove passò a Bologna per laurearsi nel novembre 1934 con una tesi su Il pensiero di Alfredo Fouillée, relatore Giuseppe Tarozzi. Pubblicata la tesi (Napoli 1936) e un giovanile Pensiero ed essere (Roma 1939), ottenne nel gennaio 1940 la libera docenza in filosofia teoretica. Assistente volontario alla cattedra di storia della filosofia dell’Università di Roma, tenuta da Pantaleo Carabellese, divenne assistente incaricato nell’anno accademico 1942-43 e dal 1944, ebbe per incarico la cattedra di estetica presso la stessa Università.
Il discepolato carabellesiano di Moretti- Costanzi portò all’adesione alla prospettiva «ontologista» del maestro (di coappartenenza originaria, cioè, e di coestensività tra essere e coscienza, intesa quest’ultima come coscienza partecipata, istitutiva anzi dei soggetti singoli), sia pure per integrarvi il personalismo e teismo della propria ispirazione di fede (Ontologismo critico e cattolicesimo sul problema di Dio, in A. Aliotta et al., Il problema di Dio, Roma 1948, pp. 173-193): del coevo agone filosofico rigettando, come simmetricamente compromessi con la moderna «frattura gnoseologica», gli opposti poli del soggettivismo idealistico e del realismo neoscolastico e recuperando, a monte, la lezione di Bernardino Varisco sulla soggettività plurima (Il problema dell’uno e dei molti nel pensiero di Bernardino Varisco, Roma 1940) nonché le fondamentali indicazioni rosminiane sull’«essere ideale» come forma della ragione.
In parallelo, analogamente a pensatori cattolici della sua stessa generazione come Paolo Filiasi Carcano, o di poco più maturi come Enrico Castelli, allora attivi entrambi nell’Università di Roma e anche in seguito legati a lui da durevole intesa, Moretti- Costanzi prendeva contatto con la tradizione del «pensiero della crisi», sviluppando significative consonanze o appropriazioni nei confronti di alcuni degli autori di essa più rappresentativi (Schopenhauer, Roma 1942; Un esistenzialista ante litteram: Carlo Michelstaedter, in L’esistenzialismo, a cura di L. Pelloux, Roma 1943, pp. 159-172; L’ascetica di Heidegger, Roma 1949; Il cristianesimo in Nietzsche, in Kierkegaard e Nietzsche, in Archivio di filosofia, XXI (1953), 2, pp. 201- 207). Una sintesi precoce di questi motivi può individuarsi in L’asceta moderno (Roma 1945), l’opera composta durante la guerra mondiale (e in un temporaneo distacco dalla vita mondana della capitale, in cui il giovane aristocratico si era brillantemente inserito) che può considerarsi inaugurale della sua meditazione. In essa il suo ontologismo già assumeva la nota più caratteristica: una interna articolazione dialettica, prescrivente la necessità di una conversio dal mondo «piatto, sordo, desertico» dell’empiria (ibid., p. 34) onde ripristinarsi nel trascendentale di quella rivelazione dell’essere alla coscienza, che sta al primo come la condizione di grazia a quella di caduta.
Incluso nella terna dei vincitori al concorso per filosofia teoretica bandito dall’Università di Pisa nel 1951, fu chiamato l’anno successivo dall’Università di Bologna, artefice l’allora rettore Felice Battaglia; la nomina a docente straordinario della disciplina reca la data del 7 febbraio 1953, mentre del gennaio 1954 è la prolusione Cosa significa filosofare. Conseguito l’ordinariato nel 1957, Moretti-Costanzi tenne cattedra presso l’Ateneo bolognese ininterrottamente fino al 1982, assumendo più volte pro tempore anche insegnamenti di storia della filosofia.
Il trentennale magistero bolognese si articola in due periodi di pari estensione ma di carattere divergente. Nel primo di essi l’attività del neocattedratico si dispiegò felicemente intrecciata alla stagione della sua maturità di uomo e di pensatore, quest’ultima depositata nella trilogia di opere (La filosofia pura, Bologna 1959; L’etica nelle sue condizioni necessarie, ibid. 1965; L’estetica pia, ibid. 1966) in cui si fissa la struttura del suo «ontologismo criticoascetico »: la dottrina cioè dei modi o gradi di coscienza, capace di articolare gerarchicamente, senza esclusioni o separazioni, piani diversi dell’esperire (del conoscere, volere e sentire personali) e insieme dell’essere: così che anche «il mondo si rivela qualitativamente graduabile e quindi suscettibile di potenziamento e innalzamento ascetico» in quanto «mondanità [...] strutturale degli io ambientalmente inseriti » (Manferdini, 1967, col. 815), un dispositivo teorico che favoriva tra l’altro l’annessione di motivi neoplatonici da una tradizione di pensiero cara all’autore specialmente nella ripresa francescana e bonaventuriana (L’attualità della filosofia mistica di s. Bonaventura, San Damiano-Assisi 1956). Il momento espansivo del pensiero si riverberava frattanto nei rapporti con la rete dei docenti universitari cattolici (malgrado l’ostentata trascuranza degli annuali raduni del Movimento di Gallarate, e con più esplicite solidarietà da parte di un Michele Federico Sciacca o di un Augusto Del Noce), e soprattutto con la cerchia di collaboratori e discepoli della scuola bolognese, con cui tese a stabilire un forte vincolo comunitario. Tra essi si possono ricordare i primi assistenti Ivanhoe Tebaldeschi e Tina Manferdini, i più giovani Enrico M. Forni, Enzo Melandri, Emanuela Ghini, Gianfranco Morra, Roberto Dionigi, Silvana Martignoni, mons. Luigi Bettazzi nonché, di una leva ulteriore, Antonio Schiavo, Maurizio Malaguti, Mario Micheletti.
La maggior parte di questi legami, come consta dall’ampia corrispondenza conservata, si allentò tuttavia o si interruppe o mutò addirittura di segno all’inizio degli anni Settanta, per l’intervenuta propensione del filosofo al ripiegamento interiore dopo la perdita del fratello Siro alla fine del 1967, oppure per il mutato clima politico e culturale dell’università all’indomani del 1968, ovvero, e più plausibilmente, per un prodotto dei due fattori (Mirri, 2009, pp. XLV-XLIX). Nel conseguente attenuarsi dei rapporti con l’ambiente accademico bolognese, cui non rimasero estranei risentimenti personali e professionali, venne rinsaldandosi il legame di Moretti-Costanzi con la natìa Umbria, il palazzo ancora e sempre teatro del suo signorile gusto per l’ospitalità, il cenacolo di ammiratori e continuatori più tardi organizzato in Associazione filosofica a lui intitolata, la Sala francescana di cultura in Assisi con cui si andò stringendo una collaborazione destinata a culminare nelle opere di una nuova trilogia: La fede sapiente e il Cristo storico (Assisi 1981), La rivelazione filosofica (ibid. 1982), Il cristianesimo-filosofia come tradizione di realtà (ibid. 1986).
In questa ricapitolazione del suo pensiero, l’autore accentuò l’identità di fede e filosofia al livello qualificato di un sapĕre autoevidente e autotestimoniante – non tangibile né integrabile da qualsivoglia critica condotta in nome di una ratio inferior – assunto a organo di un’«ontologia sacrale» in cui «l’esperienza espressa è anche presenza della Realtà che vi si attesta» e perciò di tenore anti-metafisico, giacché «Dio, anima, mondo, prima di diventare problemi della metafisica [...] sono stati davvero delle realtà presenti e certe nell’ambito di una physis disvelata, a norma d’un chiaro essere nel mondo» (La fede sapiente, p. 50).
Morì a Tuoro il 23 giugno 1995.
Fonti e Bibl.: L’archivio personale di Moretti- Costanzi è conservato presso il palazzo del Capra a Tuoro sul Trasimeno, per le cure della Fondazione Siro Moretti-Costanzi dietro mandato dell’Università di Perugia, erede universale dei beni del filosofo. L’opera omnia è in corso di edizione a cura della stessa fondazione per i tipi della casa editrice Armando. Sono finora comparsi i volumi: I, La filosofia pura, a cura di E. Mirri, Roma 1999; XXIX, Dall’essere all’esistenza e dall’esistenza all’essere. Corso di filosofia teoretica, anni 1953-54/1954-55, a cura di M. Moschini, ibid. 1999; X, Spinoza, a cura di C. Vinti, ibid. 2000; XIV, La terrenità edenica del cristianesimo e la contaminazione spiritualistica. La donna angelicata e il senso della femminilità nel cristianesimo, a cura di E. Ghini, ibid. 2000; XXX, Dio. Corso di filosofia teoretica, anni 1955- 56/1956-57, a cura di E. Mirri, ibid. 2000; XVII, Il senso della storia, a cura di M. Malaguti, ibid. 2002; XV, S. Bonaventura, a cura di M. Falaschi, ibid. 2003. Una raccolta di 45 testi morettiani, con tutti i titoli fondamentali e alcuni inediti, è stata poi pubblicata a cura di E. Mirri - M. Moschini (Opere, Milano 2009); si leggono quivi il Profilo biografico e intellettuale dato da Mirri, il più documentato di cui si disponga (pp. V-LXVII), la bibliografia completa dell’autore (pp. 3015-3018) e un ampio repertorio di interventi critici sulla sua opera (pp. 3018-3027). Tra questi ultimi: P. Filiasi Carcano, Problematica della filosofia odierna, Roma-Milano 1953, pp. 146 s., 151-153, 323 s.; U. Spirito, Sviluppi dell’ontologismo critico, in La filosofia della storia della filosofia, in Archivio di filosofia, XXII (1954), pp. 269-274; T. Manferdini, Ontologismo critico e filosofie dell’esistenza concreta, Reggio Calabria 1954; E. Mirri, Ontologismo critico e ascesi di coscienza (1957) in Id., Pensare il medesimo, Napoli 2006, pp. 71-82; E.M. Forni, «Fundamentalontologie» e ontocoscienzialismo. Cronaca ed analisi di un rapporto, in Giornale di metafisica, XVII (1962), pp. 416-453; La nuova scuola bonaventuriana bolognese, a cura di E. Mirri, Bologna 1976; M. Uderzo, La filosofia di T. M.-C., Verona 1977; S. Buscaroli, Introduzione all’ontologismo critico-ascetico, Brescia 1979; T. Manferdini, M.-C., T., in Enciclopedia filosofica, Gallarate-Firenze 1967, coll. 815 s.; P. Prini, La filosofia cattolica italiana del Novecento, Bari-Roma 1996, pp. 177-184; E. Coviello, La «filosofia pura » di T. M.-C.: essenza e significato del filosofare, in Rivista di filosofia neoscolastica, XCIX (2007), pp. 681-718; M. Moschini, Fede sapiente e intellectus fidelis, in T. Moretti-Costanzi, Opere, cit., a cura di E. Mirri - M. Moschini, pp. LXIXCXXI.