TEODICEA
. Termine filosofico introdotto nell'uso dal Leibniz col titolo del suo libro Essai de Théodicée sur la bonté de Dieu, la liberté de l'homme et l'origine du mal (Amsterdam 1710), e rapidamente diffusosi anche nelle forme tedesca Theodicee e Theodizee e inglese Theodicy (e c'è anche la forma latinizzata theodicaea). La forma della composizione linguistica è alquanto arbitraria, ma evidenti sono comunque i componenti, ϑεός "dio" e δίκη "giustizia"): la "teodicea" vuol essere infatti, come risulta già dal titolo del libro del Leibniz, una "giustificazione di Dio" rispetto al problema della sussistenza del male nel mondo e del libero arbitrio umano. In questo senso, quindi, il problema che fa sorgere l'esigenza di una teodicea e il tentativo di risolverlo appagando tale esigenza è di gran lunga anteriore all'età in cui il Leibniz coniò tale nome: per non ricordare altri esempî, il problema della teodicea è in tal senso centrale tanto nello stoicismo, che lo risolve deferendo alla provvidente saggezza della Ragione cosmica ogni accadere mondano e quindi considerando apparente ogni male, quanto in tutta la teologia cristiana medievale, anche in rapporto a quegli elementi della filosofia platonica e aristotelica che essa aveva assimilato in sé e che parimente, implicando una considerazione finalistica dell'accadere orientata verso la perfezione divina, ponevano l'esigenza di una giustificazione totale del mondo. Ma il Leibniz rende più vivo e specifico il problema imponendolo alla coscienza degli uomini anche mercé il nuovo vocabolo, e da allora in poi, e per tutto il Settecento, le "teodicee" si moltiplicano, specialmente in Francia e in Inghilterra, finché "teodicea" arriva addirittura a significare libro di devozione in generale. D'altra parte, anche dopo la critica kantiana della possibilità di una teodicea (Über das Misslingen aller philosophischen Versuche der Theodizee, 1791), che idealmente e cronologicamente ne conclude la settecentesca fioritura, il pensiero postkantiano si vale del termine trasferendolo a designare quella giustificazione dialettico-razionalistica dell'accadere, verso cui allora si orienta il gran problema agostiniano e vichiano e romantico della storia: e così il Hegel può dire, al termine delle sue lezioni sulla filosofia della storia universale, che la "verace teodicea, la giustificazione di dio nella storia" è la storia stessa, in quanto assoluta realizzazione dello spirito. S'intende peraltro che il problema della teodicea può così avere, nell'età moderna, un'ultima sopravvivenza nel problema della storia solo nei limiti in cui la provvidenzialità e autogiustificazione di quest'ultima continua a esser concepita teologicamente come razionalità oggettiva dell'accadere.