tenere (tenire)
Vocabolo di notevole frequenza, presente in tutte le opere compresi il Fiore e il Detto.
Quanto alla morfologia, è da rilevare l'alternanza di forme con nesso palatale e di altre in gutturale; nell'ind. pres. tegno coesiste con tengo e tegnono con tengono, nel cong. pres. tegni (II singol.) con tenghi, e tegna (III singol.) con tenga. Si hanno inoltre: indic. pres. III singol. anche tene, I plur. tenem; ind. imperf. I singol. teneva e tenea, I plur. tenavamo; cong. imperf. I singol. tenesse; cond. pres. III plur. terrian; imper. II singol. tiemmi.
1. Nelle sue varie funzioni grammaticali (transitivo, intransitivo, riflessivo e intransitivo pronominale), come predicato di soggetti sia concreti che astratti, il verbo estende il suo significato fondamentale, che è quello del latino tenere, a un'ampia gamma di valori accessori, a forme locutive, a numerosi traslati.
In un primo gruppo di esempi esprime l'aspetto durativo dell'avere in mano, tra le mani o tra le braccia e sottolinea la consapevolezza, la volontarietà dell'atto, o per lo meno la sua persistenza nel tempo, implicitamente alludendo alla volontà del soggetto di " stringere ", " reggere " una cosa o una persona perché non cada, non si muova o non fugga; in alcuni casi, la parte che si prende è determinata mediante un complemento retto dalla preposizione ‛ per '.
Con questo significato ricorre nei seguenti esempi: Vn III 12 9 Allegro mi sembrava Amor tenendo / meo core in mano, e III 5; Cv III III 8; If XXI 36 quei tenea de' piè ghermito 'l nerbo (a proposito del diavolo che irrompe nella bolgia dei barattieri stringendo i garetti del dannato che porta sulle spalle); nella descrizione della pena inflitta a Bertram dal Bornio: 'l capo tronco tenea per le chiome, / pesol con mano (XXVIII 121); quando Matelda suggerisce a D. immerso nel Lete di aggrapparsi a lei, dicea: " Tiemmi, tiemmi! " (Pg XXXI 93); Fiore LXVII 6 istanotte ti tenni... / intra le braccia, e LXXII 12.
Il corso della vita umana, culminante nel trentacinquesimo anno di età, è rappresentato da D. come una parabola o come un arco; e poiché tanto quanto questa etade ha di salita tanto dee avere di scesa; e quella salita e quella scesa è quasi lo tenere de l'arco, nel quale poco di flessione si discerne (Cv IV XXIV 3). Più che l'interpretazione della Cordati (" quel tratto dell'arco che quasi tiene, che è cioè quasi diritto ") convince la spiegazione proposta dal Fraticelli e ripresa dal Busnelli, secondo cui lo tenere de l'arco è il punto mediano dell'incurvatura dell'arma, dove questa " viene impugnata ".
Si collegano alla medesima accezione i costrutti fraseologici presenti nel Fiore in espressioni metaforiche: la donna manderà in rovina i suoi amanti, se saprà ben tener la sua bilanza (CLII 8), " se li terrà sempre in sospeso "; la Vecchia confessa di aver ingannato molti uomini, quand' i' gli tenni ne' mie' lacci presi (CXLIX 2), quando li " legai " a me d'amore; da nessun non è volontier visto / colui che man terrà di povertate (CXVII 8), chi " si terrà per mano " con la povertà, " si accompagnerà " a lei.
2. Le attestazioni più numerose si hanno quando il verbo esprime l'idea che il soggetto mantenga, conservi una cosa o una persona in una posizione o condidizione che viene determinata da un complemento o da un predicato; in questo senso t. assume talvolta usi simili a quelli di ‛ avere ' (v. AVERE 4), anche se i sintagmi formati con t. sottintendono con maggior evidenza che il soggetto agisce liberamente o è cosciente del proprio comportamento o permane a lungo nello stato indicato.
Per indicare la posizione o lo stato nei quali il soggetto mantiene una parte del proprio corpo o per descrivere un atteggiamento, in senso sia proprio che figurato: Cv III V 11 li cittadini di Maria tengono le piante contra le piante di quelli di Lucia (a proposito degli abitanti di due ipotetiche città, Maria e Lucia, poste l'una agli antipodi dell'altra); la stessa espressione in Pg IX 103; If XIV 75 sempre al bosco tien li piedi stretti, " non te ne allontanare "; Vn XIV 8 tenni li piedi in quella parte de la vita di là da la quale non si puote ire più per intendimento di ritornare, " fui sul punto di morire "; If VI 24 [Cerbero] non avea membro che tenesse fermo; XII 122 fuor del rio / tenean la testa e ancor tutto 'l casso; XV 45 'l capo chino / tenea; VI 70 [la Parte dei Neri] Alte terrà lungo tempo le fronti, " eserciterà a lungo il suo dominio "; XIX 46; XXXI 86 [Efialte] tenea soccinto / ... il braccio... / d'una catena; XXXIV 90 vidili le gambe in sù tenere (a Lucifero); X 19 non tegno riposto / a te mio cuor se non per dicer poco, " non ti nascondo il mio desiderio "; Pd XXII 51 li frati miei... dentro ai chiostri / ... tennero il cor saldo, " rimasero fedeli alla regola "; XVII 87 ' suoi nemici / non ne potran tener le lingue mute, " non potranno fare a meno di esaltare " la sua munificenza; Fiore XVI 11 I' vo' ... / che lungi dal fior le tue man tenghi," che tu ti astenga dal coglierlo " (con l'ovvia allusione erotica imposta dal valore simbolico del fiore); If XIV 104 tien volte le spalle inver' Dammiata; XXXII 37 Ognuna in giù tenea volta la faccia.
Il sintagma ‛ t. gli occhi ', " rivolgere lo sguardo ", " guardare ", ricorre in If XXIX 19, XXX 47 (i due rabbiosi... / sovra cu' io avea l'occhio tenuto), Pg XI 77 (tenendo li occhi con fatica fisi / a me), XXXII 104, Pd XXX 133, XXXI 114 (nel senso traslato di " badare ", " prestare attenzione ", in Cv I VIII 4 vedemo li ponitori de le leggi... a li più comuni beni tenere confissi li occhi, e III V 22). Con lo stesso significato: la mia donna in lor tenea l'aspetto, Pd XXV 110; If XXV 49 io tenea levate in lor le ciglia.
Abbastanza frequente è anche l'espressione ‛ t. il viso ', che può indicare sia " la faccia " che " gli occhi ", senza che sia sempre possibile determinare con certezza l'esatto significato, tanto vero che gl'interpreti sono talvolta discordi: If V 110 china' il viso, e tanto il tenni basso, / fin che 'l poeta mi disse, " continuai a guardare verso terra " (e cfr. Pg III 55); If ne 55 tien lo viso chiuso, " chiudi gli occhi e coprili con le mani "; Pd VIII 96 a quel che tu dimandi / terrai lo viso come tien lo dosso, " ti sarà manifesto ciò che ora ti è ignoto " (Casini-Barbi; e così tener volto lo viso in un luogo [Cv I VIII 14], " rivolgere lo sguardo " verso di esso); If XX 21 or pensa... / com'io potea tener lo viso asciutto, come avrei potuto " trattenermi dal piangere "; Pg IV 108 [Belacqua] sedeva e abbracciava le ginocchia, / tenendo 'l viso giù tra esse basso, " poggiando la faccia sulle cosce ".
Indica la situazione o la condizione (precisate dal predicato dell'oggetto [a] o da un complemento [b]) nelle quali una persona, una disposizione psichica, un impedimento materiale o morale o, in genere, una circostanza qualsiasi hanno posto uno o più individui, e ve li mantengono: a) Rime CIII 43 erto perverso / ... disteso a riverso / mi tiene in terra, e XLIX 7; Cv IV IV 4 uno prencipe... li regi tegna contenti ne li termini de li regni; If XXXI 88 una catena... 'l tenea avvinto; Pg XIX 123 giustizia qui stretti ne tene, / ne' piedi e ne le man legati e presi; XVI 36, XXVIII 79 perch'io rido / ...maravigliando tienvi alcun sospetto (se, come propone il Grabher, maravigliando ha funzione di participio concordato con -vi e non regge perch'io rido); Pd XX 87 mi rispuose / per non tenermi in ammirar sospeso; Fiore CLXXXIX 1 quel geloso la tien... fermata; XXVI 6, CCXXVI 11. b) Cv IV XXVII 17 lo suo senno... a pazienza lo tenne e a Dio tornare lo fece; If VI 71, Pg XIV 144 Quel ... duro carro / ... dovria l'uom tener dentro a sua meta; Pd IV 83 volere... tenne Lorenzo in su la grada (una salda volontà " tenne fermo, materialmente e moralmente, san Lorenzo ecc. ", Grabher; diversamente interpreta il Mattalia: " quel volere che tenne, ebbe, dimostrò san Lorenzo "); XIX 26 il gran digiuno / ... lungamente m'ha tenuto in fame (in un contesto metaforico); XXVIII 95 e 96. E così nel Fiore: t. in balia (I 6, CXLIX 12), t. in distrettezza (XXI 13, XXXI 4, XLV 13), t. in dolore (CIX 12), t. in ghiaccio e 'n foco (XXXIV 7), t. in ricco stato (XLIII 10), t. in serra (CXVIII 11), t. in tormento (IX 13).
Si vedano inoltre gli esempi in Rime XLIV 12, LXVIII 3, CIV 24, CVI 105, Rime dubbie X 8; Cv II XIV 1(due volte), III XIV 13, IV Le dolci rime 122 e 144; If XXVI 27, XXX 55, XXXI 74, Pg IV 8, VII 60, IX 128, XXIV 111, XXV 119, XXXII 141, Pd VIII 52, XXVII 118; Fiore XC 11, CLIX 12, CLXVII 11.
3. In usi particolari, l'idea di conservazione implicita nel verbo si sviluppa in varie direzioni dando origine alle seguenti accezioni:
" Serbare ", " conservare ", " avere a lungo presso di sé ": Cv I IX 3 non si dee chiamare citarista chi tiene la cetera in casa per prestarla per prezzo. Rivolgendosi alla tomba nella quale è sepolta la donna amata: deh piangi meco tu che la tien morta! (Rime dubbie IV 4). Offrendo un oggetto in pegno di denaro ricevuto in prestito: dica che la tenga in rimembranza / de' suo' danari (Fiore CLXXVIII 6).
La locuzione di origine evangelica (Matt. 16, 19) e vetero-testamentaria (Is. 22, 22) ‛ t. le chiavi ' è usata a proposito di quelle del regno dei cieli affidate da Cristo a s. Pietro (colui che tien le chiavi di tal gloria, Pd XXIII 139) e dall'apostolo date in custodia all'angelo portiere del Purgatorio (Pg IX 127), o è assunta a simbolo dell'autorità pontificia nell'invettiva rivolta da D. a Niccolò III (If XIX 102); della stessa espressione si serve Pier della Vigna per alludere alla fiducia di cui aveva goduto presso Federico II: If XIII 58 Io son colui che tenni ambo le chiavi / del cor di Federigo (v. CHIAVE). Anche in passi allusivi alla sfera dei valori morali o dell'intelletto: Cv IV Le dolci rime 80 dirò i segni che 'l gentile uom tene, segni che l'uomo nobile " porta sempre " con sé e mediante i quali è riconoscibile come tale; Rime C 13 la mente mia... è... dura... / in tener forte imagine di petra, " nel serbare " tenacemente il ricordo della mia donna, che si mostra più crudele di una pietra. Di qui la locuzione ‛ t. a mente ' (Vn XXI 4 13, Fiore X 14), " rammentare ", " serbare il ricordo di "; in altro senso: Pg X 46 Non tener pur ad un loco la mente, " non fermare la tua attenzione " su un solo oggetto; Fiore CLXV 12 sì ch'ella piaccia a chi la terrà mente, " la osserverà " (Petronio).
" Essere parsimoniosi nello spendere ": If VII 30 " Perché tieni? " e " Perché burli? ", parole con cui i prodighi e gli avari si rinfacciano scambievolmente i loro peccati; e così, mal dare e mal tener (v. 58), per indicare i due opposti peccati della prodigalità e dell'avarizia (secondo il Pagliaro [Ulisse 618-619], nel verbo vi sarebbe un riferimento alla pena dei dannati, costretti " nel fare rotolare i massi con il petto... a spingere e, al tempo stesso, a tenere, affinché il masso non sfugga "). Altro esempio in Rime LXXXIII 27.
" Costringere a stare ": Fiore CLXXXI 13 avete un'altra amanza, / la qual tenete in camera o 'n prigione; CCXXXII 12. Anche " indurre a fermarsi ": Vn XL 4 Se io li potesse tenere alquanto, io li pur farei piangere anzi ch'elli uscissero di questa cittade.
" Mantenere con sé ", " avere presso di sé ", provvedendo al necessario sostentamento: Fiore XCV 12 tutte le Sante e ' Santi / ... tenner famiglie, e sì fecer anfanti; in senso lievemente diverso, ma sempre allusivo a un legame affettivo, se non a una coabitazione: CXXIV 6 chericello / che tenga amica.
" Mantenere " quanto si è promesso, " restar saldi " in un impegno: t. fede (Rime XCI 12); t. patto (If XXI 93, Fiore C 5); per ben tenermi tutte sue promesse (VIII 11); gli vo' tener sua promessione (LXXXII 10); i' vi terrò pura lealtate (CXXVII 11). Vada qui anche Pd IV 98 l'affezion del vel Costanza tenne, " tenne ferma nel cuore la volontà di osservare il voto " (Sapegno). In Detto 455, di chi passa da un amore a un altro, si osserva che non tien leal fino; piuttosto che " non mantiene fede ai propri propositi " il verso sembra doversi interpretare " non si propone un fine sincero ".
" Trattenere ", nei vari significati del verbo: Cv I I 12 lo stomaco suo è pieno d'omori... sì che mai vivanda non terrebbe; " frenare ": If XXIII 77 Tenete i piedi, / voi che correte sì per l'aura fosca; Cv III I 3 volontade mi giunse di parlare d'amore, l[a] quale del tutto tenere non potea. Vale " trattenere " in un luogo, in Fiore CXC 6 Medea... / non potte far che Gesone tenesse / per arte nulla ch'ella gli facesse; come tale può essere intesa la variante terrà in luogo di torrà, in If VII 6. In contesti negativi assume la funzione di verbo recusandi con il significato di " distogliere da ", se transitivo, e di " trattenersi dal ", se usato nella forma pronominale: Vn XV 7 dico la cagione per che non mi tengo di gire presso di questa donna; XXXVI 5 9 non posso tener li occhi... / che non reguardin voi; e ancora in Cv IV XXV 8 [Argia e Deifile] palide e rubicunde si fecero, e li loro occhi fuggiro da ogni altrui sguardo, e solo ne la paterna faccia, quasi come sicuri, si tennero; e così in Fiore VI 8, CIII 13; in un esempio è usato assolutamente con il valore di " contenersi ", " frenare i propri impulsi ": If XXII 112 Alichin non si tenne e, di rintoppo / a li altri, disse.
" Legare " con un vincolo giuridico o morale: Cv IV XXVIII 9 non si puote alcuno escusare per legame di matrimonio, che in lunga etade lo tegna; I I 4 la cura familiare e civile... a sé tiene de li uomini lo maggior numero. Quindi, al passivo, nella locuzione ‛ essere tenuto a ', con il valore di " essere vincolato da un obbligo ", " dovere ": IV IX 13 in queste [cose] li discenti a lo... maestro, subietti non sono, né credere a lui sono tenuti; e così ai §§ 1 e 16.
Alle accezioni fin qui esaminate si collega l'uso di t. con funzione di verbo causativo in inviti rivolti a una persona a " prendere ", e quindi a " conservare " ciò che gli viene offerto. In questo senso ricorre solo in Fiore LXI 3 avanti ch'ella dica: ‛ Amico, tieni / delle mie gioie ', più volte t'assaggia, dove, per il valore traslato assunto da ‛ gioia ' nella lirica cortese, la locuzione vale " godi dei miei favori ".
4. In molti casi t. si rende disponibile a esprimere il rapporto intercorrente fra una persona (o, estensivamente, un corpo celeste) e lo spazio fisico, in quanto questo viene raggiunto, occupato o percorso. Anche a questo uso si collegano numerosi usi accessori o traslati.
" Occupare un posto, uno spazio " (talora sottintendendo che lo si è appena raggiunto): If XXI 3 tenavamo 'l colmo, quando / restammo, " eravamo giunti " sul punto più alto del ponticello della quinta bolgia; XX 124 già [la luna] tiene 'l confine / d'amendue li emisperi, già " tocca " l'orizzonte comune ai due emisferi, sta tramontando; e così in Pg XXXIII 104. In un passo dottrinale, con riferimento al fatto che, al momento della creazione, la materia " fu collocata " nel mondo sub-lunare: Pd XXIX 34 pura potenza tenne la parte ima. In usi figurati: [la mia donna] come fior di fronda, / così de la mia mente tien la cima (Rime CIII 17); per dire che la ragione deve vigilare che la volontà consenta agli affetti buoni e rifiuti il suo assenso ai falsi beni: la virtù che consiglia / ... de l'assenso de' tener la soglia (Pg XVIII 63).
Quest'ultimo valore confina col significato di " presidiare ", " difendere una posizione ". In questo senso militare, compare nell'ordine dato da Amore ai suoi baroni perché operino in modo che il castello di Gelosia tenuto / non sia più contra me, ma si' atterrato (Fiore LXXXII 7); e così in CCXIV 12. L'espressione ‛ t. in campo ' valeva " rimaner padrone del campo di battaglia " (G. Villani VIII 78 " sentendo che il re... tenea campo, tornaro addietro "); D. la usa in un contesto metaforico (Cv IV IX 17 la verace [opinione] ... tegna lo campo de la mente) e con il valore di " primeggiare ", " essere superiore a tutti ": Credette Cimabue ne la pittura / tener lo campo (Pg XI 95). Altri usi figurati in If XXVII 57 se 'l nome tuo nel mondo tegna fronte, " resista " all'opera del tempo, come un esercito mantiene il fronte su cui è schierato; Cv II II 3 lo quale [pensiero] per... Beatrice tenea... la rocca de la mia mente. Allo spontaneo consenso suscitato nell'intelligenza di D. dall'antico amore per Beatrice, che la memoria continuamente ravviva, si allude anche in VI 8 l'ultima sentenza de la mente, cioè lo consentimento, si tenea per questo pensiero che la memoria aiutava; il senso complessivo del passo è quello indicato, ma la definizione del valore di si tenea non è del tutto agevole, come dimostra la discordanza tra l'interpretazione del Busnelli (" era tenuto esso consentimento da questo pensiero ") e quella della Cordati (" stava dalla parte del pensiero per Beatrice ").
" Dominare ", " mantenere sotto il proprio dominio ": If V 60 tenne la terra che 'l Soldati corregge; XXVIII 86, XXIX 29 (entrambi nel senso di " fu signore di "); anche con il valore attenuato di " governare " (Cv II VI 8 chiamare solemo la cittade quelli che la tengono, e non coloro che la combattono).
" Abitare ". In questo senso è costruito con il complemento oggetto del luogo dove si abita: Rime XCI 91 'l buon col buon sempre camera tene, " convive ", e quindi " si accompagna "; Fiore CCXXII 7 i' le farò tener bordello / color che l'amor vanno sì schifando (da interpretarsi piuttosto " le costringerò a prostituirsi " che non " le chiuderò in un postribolo "). Può essere anche riflessivo: Pg XXV 131 Al bosco / si tenne Diana; e quindi: Cv I XII 4 di tutta la terra è più prossima quella dove l'uomo tiene se medesimo.
" Seguire ", " percorrere ", in sintagmi ricalcati sul latino tenere iter (Aen. IX 377): Cv IV VII 7 lo cammino che altri sanza scorta ha saputo tenere, questo scorto erra; IV XXII 6 (prima occorrenza), XXIX 12 (due volte); If I 91 A te convien tenere altro vïaggio (forse modellato su Guittone Me pesa assai 12 " Or pensa di tenere altro viaggio "); XVII 111 Mala via tieni!; Fiore CXXXI 3, CCXXIII 3, Detto 100. ‛ T. una via ' ricorre come traslato con riferimento al modo di comportarsi per conseguire un determinato risultato: l'usuraio, il quale ricava i mezzi per sostentarsi dal prestito del denaro invece che dal lavoro, altra via tene (If XI 109) da quella prescritta all'uomo da Dio; e si vedano inoltre Pg III 36, Fiore LXXII 6. Analogamente, alludendo al percorso ideale che è necessario seguire per giungere alla conoscenza della verità: sì che poi sappi sol tener lo guado (Pd II 126).
Allo stesso ambito concettuale appartengono ancora i seguenti usi. Come transitivo t. compare avendo come soggetto un nome di luogo con il significato di " accogliere in sé ": If VI 51 la tua città... / seco mi tenne in la vita serena: come osserva il Mattalia, " Ciacco afferma... di esser vissuto in Firenze, non di esser fiorentino di nascita ", sicché par lecito dedurre che egli " o la sua famiglia... fossero di fresca provenienza dal contado " (per altra interpretazione, v. CIACCO). Vada qui anche il sintagma ‛ t. il luogo di ', presente due volte con il significato di " essere al posto di ", " esercitare le funzioni di ": Cv IV XXIV 18 quelli che loco paterno tiene, e I II 1. È intransitivo quando vale " procedere in una determinata direzione " (If XVIII 21 'l poeta / tenne a sinistra) e nella locuzione ‛ t. dietro a uno ', " seguirlo ", in senso proprio (I 136 Allor si mosse, e io li tenni dietro; XXII 134) e figurato (Cv IV XXII 6 col trattato è da tenere dietro a quello che bene comincia). Sia qui citato anche Rime XCI 96 con rei non star... / ché non fu mai saver tener lor parte, " seguire il loro partito " e quindi " appartenere alla loro congrega " (Barbi-Pernicone). Condizione essenziale per la beatitudine, afferma Piccarda (Pd III 80), è tenersi dietro a la divina voglia, cioè accordare strettamente la propria volontà con quella di Dio (qui il verbo è riflessivo).
5. In espressioni di considerazione e di stima, il concetto di conservazione si svolge nel senso di costante attribuzione. Il verbo allora assume il significato di " ritenere ", " considerare ", " stimare ", ed è sempre seguito da un aggettivo o un sostantivo in funzione di predicato, che in qualche caso è introdotto dalla preposizione ‛ per ' (nel Fiore e nel Detto anche da ‛ a '). Qui di seguito sono registrate tutte le occorrenze per le quali il verbo è attestato con queste accezioni, ricorra esso nella forma transitiva (attiva o passiva) o riflessiva.
Con il predicato costituito da un aggettivo: Vn XXIII 27 73 Morte, assai dolce ti tegno; Rime L 26, LXXXIII 125, XCI 27 sol per lei servir mi tegno caro; Cv I II 7 chi loda sé mostra non creda essere buono tenuto; XI 18, IV Le dolci rime 107, XIV 14, XXVII 15; Fiore XLIII 12, LXXXVIII 8 tuttor santo tenuto saroe, CLIII 4, CLIX 4, CLXXIV 7 e 13; Detto 8 e 9.
Con il predicato costituito da un sostantivo: Rime CIV 76 l'essilio che m'è dato, onor mi tegno; Cv I XI 12 alquanti... vogliono che l'uomo li tegna dicitori, e 11 (due volte); If VIII 49 Quanti si tegnon or là sù gran regi / che qui staranno come porci in brago; Pd XV 127, Fiore LXI 8 ella ti terrà bestia salvaggia; XCVII 14, CXVI 14.
Con il predicato introdotto da ‛ per ' o da ‛ a ' si accosta al valore di " ritenere ", " tenere in conto di ": Rime XLVIII 18 priego il gentil cor... / che... tegnala per druda, e Rime dubbie XVIII 11; Pg I 80 Marzia tua... ancor ti priega / ... che per tua la tegni; Fiore XVI 4 i' mi tenni per guerito; XXIII 8, CLVII 7, CLXIII 11. Con il predicato retto da ‛ a ': XLII 14 lui tengo a signore; III 8, XXXVII 13; Detto 253 e 362.
Se la natura continua a generare elefanti e balene, ma non più giganti, chi rifletta sottilmente, più giusta e più discreta la ne tene (If XXXI 54), " la giudica " per questo ancora più giusta e accorta. Invece il verbo sottolinea la soggettività di una supposizione infondata nelle parole rivolte dall'abate di San Zeno a Virgilio: perdona, / se villania nostra giustizia tieni (Pg XVIII 117), " se prendi per scortesia quello che noi siamo costretti a fare per adempiere la nostra pena " (Sapegno).
In qualche caso, al riflessivo, vale " vantarsi " di una cosa, " ritenerla un vanto " per sé: Rime XCI 63 io son tutto suo; così mi tegno, / ch'Amor di tanto onor m'ha fatto degno, " tale mi considero con vanto, ché Amore mi ha fatto degno... dell'onore... di essere tutto della [mia] donna " (Barbi-Pernicone). In L 48 'l sì e 'l no di me in vostra mano / ha posto Amore; ond' io grande mi tegno, il Contini attribuisce a grande la funzione di avverbio e a mi tegno il significato di " molto mi vanto "; invece, Barbi-Maggini interpretano: " il pensare che la mia vita dipenda da voi fa sì che io me ne tenga onorato, nobile ".
Conserva il valore di " considerare " anche nelle locuzioni ‛ t. a vile ' (Cv I I 3) e ‛ t. in dispetto ' (IV I 7), usate come sinonimi di " disprezzare ", " non tenere in nessun conto "; e così, ‛ t. a follia ' (Fiore CXCV 14), " considerare una sciocchezza ".
Usato assolutamente o come transitivo, con il senso di " ritenere per vero ", allude a convincimenti fondati su motivazioni suggerite dalla scienza, dalla filosofia, dalla teologia o dalla rivelazione divina: Cv II III 6 secondo quello che si tiene in astrologia ed in filosofia; V 5 nove ordini di creature spirituali la Chiesa tiene e afferma, e IV XIX 4; Pd II 43 [in Paradiso] si vedrà ciò che tenem per fede; Fiore XXXVII 2.
6. All'accezione di " mantenere sotto il proprio dominio " in un territorio si collega quella di " avere in propria balia " una persona, attestata in Vn XXVII 3 1 Sì lungiamente m'ha tenuto Amore / e costumato a la sua segnoria; Fiore LXXXV 5. Qualche volta il verbo regge come complemento oggetto il sostantivo indicante il potere esercitato dal soggetto: la forza che io tegno sopra te (Vn XII 7); tiene questa gente... lo reggimento del mondo (Cv IV VI 16). In Le dolci rime 45 chi tenne impero (ripreso e commentato in X 5), si allude a Federico II, il quale " esercitò l'ufficio d'imperatore " (v. IMPERO).
7. In alcuni sintagmi il valore dell'oggetto prevale su quello del verbo facendogli assumere accezioni anche più particolari. ‛ T. bordone ' (Pg XXVIII 18), " fare l'accompagnamento " a una melodia (v. BORDONE); ‛ t. consiglio ', di persone che si radunano in assemblea (Rime dubbie XXX 1 Quando il consiglio tra gli uccei si tenne); ‛ t. conto di ', " prendersi cura " (Detto 440 della persona conto / ti tieni; si noti la particella pronominale intensiva); ‛ t. danno ' (Rime dubbie XXII 4), " danneggiare "; t. nome ', " averlo assunto ", " esser denominato " (Rime XCI 54 mi par di servidor nome tenere); ‛ t. parlamento ', di più persone che si riuniscono a discutere (Fiore XXXVI 10 di ciò pensar non è mestero / né tra no' due tenerne parlamento; XLVII 2); ‛ t. prova ', " opporre resistenza " (Vn XIV 12 6 non poria Pietate / tener più contra me l'usata prova); ‛ t. scede ' (Rime LXXXIII 50), " lasciarsi andare a facezie scipite "; ‛ t. scuola ' (Fiore CLXIV 4), " impartire un insegnamento "; ‛ t. sermone ' (If XXI 103), " parlare " con qualcuno, discutendo e trattando.
Tenere sensum era modo scolastico usato per alludere al valore di un vocabolo o di un'espressione nell'interpretazione di un testo. Di questa locuzione si è ricordato D. quando narra di aver attribuito a una frase reticente di Virgilio un significato peggiore di quello che in realtà non avesse: io traeva la parola tronca / forse a peggior sentenzia che non tenne (If IX 15).
Rispondendo a s. Pietro, D. dichiara che la fede intenta d'argomento tene (Pd XXIV 78) in quanto dalla fede, senza l'aiuto di altre prove, dobbiamo partire per ragionare, con quella certezza che abbiamo ragionando per sillogismi; quale che sia il valore da attribuirsi a intenza (v.), tene dovrà essere interpretato " prende ", " assume " e quindi " ha in sé ".
‛ T. un modo ' vale " attenersi a un metodo, a un procedimento " in Vn XIX 1 a me giunse tanta volontade di dire, che io cominciai a pensare lo modo ch'io tenesse, e XXXI 2; Cv IV II 11 lascierò stare, ‛ lo mio stilo ', cioè modo, ‛ soave ' che d'Amore parlando hoe tenuto, e 16; II XI 6, XII 2. La difficoltà a definire con precisione il valore del verbo in If III 35 Questo misero modo / tegnon l'anime triste dei pusillanimi è connessa alla scarsa perspicuità di misero modo; l'interpretazione corrente è " in questa misera condizione stanno ", ma a tegnon dovrebbe attribuirsi il significato di " mantengono ", " hanno ", se, con il Rossi, si desse a misero modo il senso di " dolente contegno ". La locuzione ha invece con certezza il significato di " comportarsi " in X 99 nel presente tenete altro modo, nelle parole rivolte da D. a Farinata per fargli notare come gli eretici, mentre conoscono il futuro, per quanto riguarda il presente " hanno un comportamento " diverso, giacché mostrano d'ignorarlo.
Sempre come transitivo, t. vale " attenersi a " anche in altri passi attinenti l'attività creatrice dello scrittore o l'interpretazione di un testo: Cv II II 6 questo ordine, che in questo trattato si prenderà, tenere intendo in tutti li altri; IV XXIV 9 lasciando lo figurato che di questo diverso processo de l'etadi tiene Virgilio ne lo Eneida; e così in Le dolci rime 11 (commentato in II 11 [già citato]). Con lo stesso significato, nella forma ‛ tenersi a ': Cv I III 8 non si tiene a li termini del vero, ma passa quelli; IV III 7.
In Rime dubbie XXIV il poeta si rivolge a Puccio Bellondi perché lo aiuti a risolversi ad amare o no una donna di nobile famiglia, giacché egli non sa a quale dei due propositi si debba appigliare: Acciò richero voi, di gran valore, / che non v'aggrevi di mandarmi a dire / in qual m'affermi per simil tenire (v. 14). È questa la lezione tràdita, la quale potrebbe valere " per attenermici ". Essa è però considerata inaccettabile dal Contini, il quale, osservando che lo schema delle rime (abb) non corrisponde a quello del sonetto di risposta (aba), propone di correggere per simil tenore, da riferirsi a dire, con il significato di " in modo affine " (cioè con una risposta per le rime).
8. Oltre che nelle accezioni già registrate, t. compare come riflessivo, nella forma pronominale o come intransitivo nei seguenti usi.
" Reggersi dritto sulle gambe ", nella domanda rivolta da Virgilio a D. che per un po' di tempo è venuto camminando con gli occhi velati e le gambe impacciate da una visione: Che hai che non ti puoi tenere...? (Pg XV 120; bene il Mattalia: " che non... puoi... avere il pieno... controllo di te stesso ").
" Esser pago ", " limitarsi "; quando le Furie minacciano d'impietrare D. facendo venire Medusa, Virgilio fa voltare il discepolo, e non pago che egli si sia poste le mani sugli occhi, vi aggiunge le sue: non si tenne a le mie mani, / che con le sue ancor non mi chiudessi (If IX 59). E così nelle parole rivolte da Virgilio a Nembrot: XXXI 71 Anima sciocca, / tienti col corno, e con quel ti disfoga: " appagati del corno " (Chimenz), " limitati a usare il corno " (Mattalia).
" Esser guardingo ", " non esser corrivo "; nell'ammonimento dell'aquila: E voi, mortali, tenetevi stretti / a giudicar (Pd XX 133).
Il sintagma ‛ t. di ' (qui il verbo è intransitivo) ricorre con il valore di " partecipare della natura di ", in If XV 63 quello ingrato popolo [fiorentino]... tiene ancor del monte e del macigno; Cv III II 6. Anche in Rime LXXXIII 82 è più vertù richesta / ... in gente onesta / ... o in abito che di scienza tiene, il senso complessivo del passo (" in coloro che sono dediti alla scienza ", Barbi-Pernicone; " in consuetudine che muove da scienza ", Contini) suggerisce d'interpretare alla lettera " in un comportamento costante che partecipa della natura della scienza ".
‛ T. a ' ricorre solo nel Fiore con il significato di " dipendere da ", ma in due accezioni diverse: " essere in facoltà di ", in CXXXVIII 12 Il fatto suo si tien tratutto a voi (la sorte di Amante, osserva Falsembiante alla Vecchia, " è tutta in mano vostra ", Petronio); " derivare ", " esser determinato ", in CXCI 14 ciò tien tutto al ben aver guardato (il poter essere economicamente indipendenti in vecchiaia " dipende " esclusivamente dall'aver risparmiato in gioventù).