TEMPO LIBERO
Nelle società industriali, specie a partire dal secondo dopoguerra, l'espressione tempo libero è passata a indicare quella parte di tempo (della giornata lavorativa, delle festività o del ''fine settimana'', il cosiddetto week end) durante il quale l'individuo è libero da impegni di lavoro. Nella nozione di t.l. è quindi implicito sia il concetto di tempo ''libero dal lavoro'' sia quello, complementare, di tempo ''totalmente disponibile'' e ''liberamente fruibile'': fruibile per attività alternative alle obbligazioni sociali del lavoro, come per es. le attività di svago e/o d'interesse personale (i cosiddetti hobbies) o, comunque, di godimento privato (donde l'identificazione del free time con leisure in inglese, o con loisir in francese). I concetti limite che simbolizzano la massima divergenza tra questi due tipi di tempo sono lavoro e gioco.
Quanto più la società industriale ha preso a programmare, secondo sequenze e ritmi minimi prefissati, il contenuto, le procedure e la durata delle attività lavorative, tanto più ha teso a concentrare il massimo di produttività nella minima unità di tempo compatibile. Di conseguenza il tempo è divenuto sempre più un quantificatore dell'utilità economica e l'individuo è stato perciò chiamato a misurarsi, più che con il contenuto materiale del lavoro, con la durata minima di tempo per espletarlo e con il ritornante succedersi dei processi (la routine). Il modello di questa sequenza di lavoro è la macchina. La sosta, l'intervallo liberamente fruibile del lavoro contadino o artigiano (e, ancor più, l'autodominio del tempo delle professioni ''liberali'') è stato espunto dal processo industriale o aziendale: seppur previsto, è stato relegato ai margini dei processi produttivi e, proprio perché previsto, è stato rigorosamente computato e scandito. Questa richiesta di massima attività nel minimo di tempo implica, in chi lavora, un'allocazione di energia sempre meno di natura muscolare e sempre più di natura psichica. Alla tradizionale nozione di fatica fisica è subentrata quindi quella del cosiddetto stress da lavoro, sindrome psicosomatica più complessa, in cui il confronto mentale con il tempo interferisce fisiologicamente come ansia per ciò che deve essere realizzato e frustrazione nel non riuscire ad adempierlo.
Di qui, per contrasto, ha tratto pieno significato il concetto di t.l., i cui fondamentali requisiti sono la libertà dalle obbligazioni sociali, la riacquisizione del dominio privato sul tempo, il carattere variabile, conforme alle proprie inclinazioni e non meramente utilitario, delle attività in esso svolte. Attività che, come il gioco, assumono la forma della fruizione e non del dovere, con il corrispettivo fisiologico del rilassamento (il tempo che non misura le azioni) e psicologico della gratificazione. Uno spazio entro cui la società non esercita controlli o stabilisce meriti. Il t.l. è parso assolvere così a un'essenziale funzione di recupero fisiologico, psicologico e, indirettamente, sociale: riposarsi dalle tensioni del lavoro, vivere periodicamente una vita più autentica (in armonia con le proprie pulsioni) tende infatti a ricomporre la potenziale frattura tra bisogni individuali e doveri sociali, tutte le volte che il soggetto sperimenti nel lavoro la dissociazione tra attività imposta e propensione personale.
Ma in quanto tempo del godimento e dell'evasione, il t.l. può configurarsi come ulteriore strumento di condizionamento sociale, tramite l'indiretta imposizione ad assumere comportamenti prefissati di consumo o di evasione. L'eterodirezione, la propensione irriflessa verso valori consumistici e privatistici sarebbe la controparte negativa delle conquiste, in termini di t.l., acquisite dal secondo dopoguerra nei paesi industrializzati. L'evasione e lo svago si verrebbero a configurare sempre più come fine primario, e non già come mezzo, in una società che, secondo H. Marcuse, rende l'uomo "unidimensionale". Il fine sociale del lavoro verrebbe cioè ribaltato in quello di mezzo per conseguire beni di consumo da godere come fini nella sfera del privato. La sociologia ha perciò prospettato due divergenti esiti, potenzialmente consentiti dalla crescente disponibilità di t.l.: una straordinaria possibilità di espansione delle singole personalità; un'omologazione dei comportamenti di massa resa possibile dalla mercificazione consumistica del t.l. e segno di un'irreparabile scissione nella vita umana tra tempo libero e tempo di lavoro.
Questo concetto di t.l., ampiamente in voga negli anni Sessanta e, in parte, negli anni Settanta, sembra aver fatto posto oggi a un concetto assai più articolato, in cui si sono aggiunte o sovrapposte nozioni derivate soprattutto da tutta una serie di elaborazioni intorno alla percezione e all'uso del tempo come categoria generale. All'interno di questo quadro la nozione di t.l. si è diffratta in altrettanti approcci analitici: la vita quotidiana; la qualità della vita; la società di massa, la società complessa, la società postindustriale, la società dei consumi; la sociologia dei bisogni, la sociologia dell'attore sociale, la sociologia della memoria; i rapporti fra tempo e spazio; i processi d'identità; il tempo sociale (cioè libero da attività ''indispensabili'' quali il lavoro e la nutrizione). Quest'ultima categoria pare aver soppiantato, amplificandola, quella di t. libero. Ma invero il suo uso non è univoco e privo di ambiguità, perché non sempre il tempo sociale si riferisce a ciò che si oppone al tempo di lavoro o comunque riguarda il loisir. Né può essere il lavoro la sola variabile indipendente cui collegare il t. libero; o meglio, il collegamento non è più univoco come nel passato. Infatti con la diffusione del part time, del doppio lavoro, delle prestazioni multiple e di nuove forme d'impiego, il t.l. si è venuto intersecando con il tempo di lavoro, al punto da sovrapporvisi, per cui lavoro e loisir tendenzialmente coincidono a livello sia di produzione che di consumo. In particolare, il t.l. non si riduce alla semplice assenza di lavoro, specie se quest'ultimo è svolto in forma autonoma, indipendente, autogestita.
Vi è poi tutta la gamma di impegni e attività di volontariato −un fenomeno peculiare degli anni Ottanta e Novanta − in cui è difficile distinguere fra ''tempo libero'' e ''tempo di lavoro''. In altri termini, si tende a una gestione individuale degli spazi temporali; le scelte perciò hanno luogo in base alle sensibilità personali, alle propensioni coltivate, alle competenze accumulate e alle abitudini acquisite.
La definizione di t.l. si è andata stemperando in altre accezioni meno vaghe, in genere distinte dal lavoro vero e proprio. Per un verso si tratta del tempo considerato socialmente utile, che prevede modalità libere di lavoro e azioni a carattere sociale, per un altro verso si parla di t.l. tout court. Alcuni poi preferiscono la dizione di tempo extra-lavorativo; ma quest'ultima però crea ulteriori problemi di distinzione, giacché − come si è detto sopra − la dimensione lavoro è tuttavia presente anche al di fuori delle situazioni lavorative ritenute canoniche (professione esercitata, attività retribuita, rapporto di dipendenza e rapporto di produzione). È dunque abbastanza verificata la stretta connessione fra lavoro e t.l. lungo il continuum che parte dal lavoro esercitato in forma costrittiva, cogente, passa poi attraverso soluzioni intermedie di scambio (solitamente in modo reciproco) di servizi, giunge infine all'utilizzo di spazi autogestiti, di attività più gradite e gratificanti, pur se connesse a un impegno gravoso. C'è dunque nell'idea di t.l. un'implicita connotazione di permissività, nella misura in cui esso è inteso come privo di presenze autoritative comportanti obblighi e restrizioni, misure e limiti. E così si è portati a percepirlo tuttora come una sorta di premio cui si avrebbe diritto dopo il corretto compimento del lavoro prescritto.
Forse l'aspetto più innovativo rispetto al passato è dato dalla disponibilità di t.l. anche per le classi sociali medie e basse. Anzi si può persino parlare di un ribaltamento in termini quantitativi: oggi sono le élites ad aver orari di lavoro più impegnativi, tese come sono a raggiungere risultati di massimo profitto e di grande efficienza; il loro t.l. è abbastanza ridotto, invaso com'è da esigenze di estrema professionalità e di accentuata redditività dell'agire. Tuttavia va anche detto che le persone con autonomi impegni di lavoro ed elevata responsabilità hanno a loro vantaggio una potenzialità non facilmente usufruibile da altri: quella di decidere in un qualunque momento di passare al loisir. Nonostante alcune previsioni su una futura società del t.l., un certo scetticismo appare d'obbligo in merito alla prossima emergenza diffusa di una simile fenomenologia. Sembra invece più plausibile immaginare e motivare un'ipotesi di prosecuzione dei ritmi e delle modalità attuali di t.l., anche a fronte di un più esteso sviluppo delle forme ''modulari'' di lavoro (tempo parziale, tempo definito, impiego temporaneo).
Bibl.: J. Dumazedier, Sociologia del tempo libero, Parigi 1974 (trad. it., Milano 1978); D. Mercure, L'étude des temporalités sociales: quelques orientations, in Cahiers internationaux de sociologie, 67 (1979), pp. 263-76; AA.VV., La révolution du temps choisi, Parigi 1980 (trad. it., Milano 1986); J.-L. Michau, L'horaire modulaire, ivi 1981; E. Amaturo, Tempo di lavoro e tempo libero. Lo stato della ricerca empirica, in Sociologia del lavoro, 15-16 (1982), pp. 49-65; R. Sue, Vers une société du temps libre?, Parigi 1982; N. Samuel, Le temps libre: un temps social, ivi 1984; Il lavoro e il suo doppio, a cura di L. Gallino, Bologna 1985; G. Gasparini, Il tempo e il lavoro, Milano 1986; Les temps sociaux, a cura di D. Mercure e A. Wallemacq, Bruxelles 1988; A. Buñuel, The recreational physical activities of Spanish women. A sociological study of exercising for fitness, in International Review for the Sociology of Sport, 26, 3 (1991), pp. 203-16; W. Podilchak, Distinctions of fun, enjoyment and leisure, in Leisure Studies, 10, 2 (1991), pp. 133-48; S.M. Shaw, Research note: Women's leisure time. Using time budget data to examine current trends and future predictions, ibid., pp. 171-81. Come pubblicazione periodica si segnala Leisure Studies.