tempo di ischemia
Lasso di tempo durante il quale gli organi o i tessuti sono privi dell’apporto di sangue e di ossigeno. L’ischemia determina una sofferenza dei tessuti colpiti, di entità proporzionale al grado e alla natura del deficit di irrorazione e alla vulnerabilità del tessuto stesso. Non tutti gli organi e i tessuti hanno la stessa tolleranza all’ischemia, ossia al tempo nel quale un organo o un tessuto può sopravvivere senza subire danni. Si fa una distinzione tra la fase di ischemia calda, in cui l’organo è privato dell’apporto ematico, ma è a temperatura corporea, e la fase di ischemia fredda in cui l’organo viene posto e conservato al freddo. Le cause dell’ischemia devono usualmente essere ricercate in una lesione o alterazione di un’arteria o di più arterie che riforniscono il tessuto interessato e le conseguenze riguardano generalmente soltanto una parte dell’organo nutrito dall’arteria, poiché di solito esso è servito da più arterie. Per quanto si possa usare il termine ischemia in senso lato, più comunemente si parla di malattie ischemiche dovute a loro volta a patologie o lesioni sistematiche delle arterie. La condizione arteriosa più comune associata a fenomeni ischemici è l’arteriosclerosi. Gli organi che subiscono maggiormente le conseguenze dell’arteriosclerosi e dell’ischemia che ne consegue sono il cuore, l’encefalo, i muscoli delle gambe e il rene. La prognosi delle malattie ischemiche è molto variabile perché dipende dalle manifestazioni cliniche, che possono essere di varia gravità, e dall’età in cui compaiono, ma tutte queste manifestazioni sono associate a una riduzione della speranza di vita. In modo molto orientativo, per eventi corrispondenti alla diagnosi di infarto miocardico o di accidente cerebrovascolare, si può affermare che la letalità è intorno al 50% nel corso del primo mese successivo alla comparsa dell’evento, mentre ca. 1/4 del totale delle persone colpite va incontro a un’invalidità permanente e a problemi di carattere cronico. La dimostrazione dell’esistenza dei fattori di rischio è ormai acquisita da molti anni e il relativo concetto è diventato abbastanza comune. Nel corso della seconda metà del XX sec. si sono avuti sviluppi importanti nello studio dei fattori di rischio e quindi delle possibili cause delle malattie che essi predicono. Tra i fattori di rischio, quelli più comuni sono i fattori genetici, una dieta abbondante in calorie, grassi saturi e colesterolo e povera di fibre alimentari e vitamine, una scarsa attività fisica, il fumo di sigaretta, l’alta pressione arteriosa e l’obesità. (*)