CLITUMNO, Tempietto del (v. vol. II, p. 723)
Recenti restauri hanno interessato la fronte e gli interni del piccolo sacello che si affaccia sulle rive del fiume C., una costruzione che, data la sua collocazione lungo la strada Spoleto-Foligno, fu visitata fin dal primo Rinascimento da vari artisti e architetti, i quali delinearono immagini dell'edificio, oggi di grande interesse. Sono in particolare le decorazioni della zona absidale, con un'edicola e un ciclo di affreschi, a essere state oggetto anche di studi recenti, che ne hanno evidenziato le qualità tecniche, strutturali e architettoniche.
Nella decorazione marmorea dell'edicola e del tabernacolo sono state riutilizzate cornici di un edificio costruito nella prima età augustea, che potrebbero provenire dai resti di uno dei sacelli che Plinio il Giovane vide nell'area del C. durante una sua visita al sito (Ep., 7). Il recupero di tali marmi non fu casuale, ma studiato nei minimi dettagli, come fa credere appunto l'attuale sistemazione, per la quale vennero approntate e inserite negli spazi tra la cornice del frontone e quella dell'arco absidale anche tre formelle decorate a basso rilievo. Le nuove sculture presentano al centro, in alto, un chrismòn entro ghirlanda gemmata dalla quale nascono girali d'acanto che si concludono in basso in un'articolata composizione vegetale, arricchita anche da una policromia di fondo. In questo lavoro sembra di poter riconoscere echi della scultura figurativa operante nella seconda metà del V o agli inizi del VI sec. d.C., in area ravennate.
Particolare interesse presenta pure la decorazione pittorica messa in luce già intorno al 1891, perfettamente legata all'edicola con una complessa figurazione che occupa tutto lo spazio della parete di fondo. Questa si articola tra la centina della volta a botte e il coronamento dell'edicola mediante una ricca figurazione geometrica che inquadra tre clipei. In quello centrale è dipinta una croce gemmata, per gran parte perduta, con le lettere A e Ω che pendono dal braccio orizzontale; negli altri due, posti ai lati e leggermente più in basso, sono presenti due angeli nimbati, dalle forme nitide ed eleganti, mentre negli sguinci si riconoscono tracce di decorazione vegetale. Nel catino dell'abside è un Cristo benedicente con volumen e iscrizione esplicativa, della quale si conserva soltanto la metà di destra; in basso, nel cilindro dell'abside sono gli apostoli Pietro e Paolo, rispettivamente posti a sinistra e a destra del tabernacolo, mentre due esili palme erano inserite tra gli intercolumni, ora perduti, dell'edicola.
La composizione celebra il trionfo di Cristo, e la croce, simbolo della redenzione, è adorata in alto dagli angeli, celebrata con il chrismòn nell'edicola e presentata dall'apostolo Pietro, secondo una tematica che appare ben esplicitata anche dalle iscrizioni monumentali della fronte esterna del tempietto, della quale si conserva attualmente soltanto quella centrale, mentre le altre sono note dalla tradizione manoscritta (CIL, XI, 4963). In queste si ricorda che il Dio degli Angeli, dei Profeti, degli Apostoli ha concesso agli uomini la risurrezione, la redenzione e la remissione.
Gli affreschi presentano caratteri molto peculiari, con le figure degli angeli legate a un linguaggio figurativo di tipo ellenizzante, mentre quelle di Cristo e degli Apostoli mostrano forme di tipo impressionistico, come recenti studi hanno messo in luce (M. Andaloro, in G. Benazzi, 1985). Si tratta di aspetti dell'arte bizantina propri del suolo d'Italia, in particolare di Roma, ambiente nel quale gli affreschi del tempietto trovano collegamenti con le opere realizzate durante il pontificato di Giovanni VII (705-707).
Indagini eseguite nel c.d. vano T, ambiente sottostante al sacello, hanno messo in evidenza resti di una decorazione pittorica che doveva campire le superfici delle pareti, con motivi a finta incrostazione marmorea i quali rivelano come anche questo sito avesse un proprio valore e uso. È verosimile che nel vano, dalla roccia della parete di fondo, sgorgasse una polla d'acqua sorgiva e che da questa prendesse nome appunto il sacello ricordato nelle sacre visite della diocesi spoletina, ancora nel XVI sec., come ecclesia S.ti Salvatoris de piscina.
Bibl.: G. Benazzi (ed.), I dipinti murali e l'edicola marmorea del tempietto sul Clitunno (Restauri a Spoleto, 3), Spoleto 1985; A. Melucco Vaccaro, Archeologia e restauro, Milano 1989, pp. 86-89.