temperare
(temprare) - Nel significato originario del latino temperāre, " mescolare in giuste proporzioni ", il verbo è usato da D. in quasi tutte le accezioni figurate già esistenti nel latino. Come " correggere ", " attenuare qualcosa di eccessivo mescolandovi altra cosa ", in Pd XVIII 3 Già si godeva solo del suo verbo / quello specchio beato, e io gustava / lo mio, temprando col dolce l'acerbo.
Riferito in particolare al pianeta Giove che si trova nel mezzo tra Saturno e Marte, in Cv II XIII 25 il participio passato in funzione aggettivale: Tolomeo dice... che Giove è stella di temperata complessione, in mezzo de la freddura di Saturno e de lo calore di Marte; in Pd XXII 145 Quindi m'apparve il temperar di Giove / tra 'l padre [Saturno] e 'l figlio [Marte], dove l'infinito sostantivato intende sottolineare ancora una volta la natura di Giove, la temprata stella / sesta (XVIII 68), il quale " tempera colla sua buona influenzia " le influenze dei due pianeti " che son rie se non fussino temperate e nocerebbono " (Buti). Con particolare riferimento alla virtù della temperanza (v.), della sorvegliata moderazione, il participio passato con valore aggettivale compare in Cv I I 16 veggendo sì come ragionevolmente quella [la Vita Nuova] fervida e passionata, questa [il Convivio] temperata e virile esser conviene; IV Le dolci rime 129 [l'anima è] in giovinezza, temperata e forte (cfr. anche i passi che commentano il verso: IV XXIII 5, XXVI 1, 2 e 9); riferito al viso temperato di Pisistrato, segnor... benigno e mite, in Pg XV 103 il participio assume il senso particolare di " atteggiato a temperanza ", " esprimente la temperanza ". È usato antifrasticamente nel contesto già fortemente ironico di If XXIX 126 Tra'mene Stricca / che seppe far le temperate spese (v. Giamboni Il libro de' vizi e delle virtudi XXXV 18 " vedi che s'usa Temperanza quando [l'uomo] tempera le spese a quel che si conviene "; ediz. a c. di C. Segre, Torino 1968, 61-62).
In senso più generico, " attenuare la forza di qualcosa ", con particolare riferimento alla luce del sole filtrata e attenuata dal fogliame, in Pg XXVIII 3 Vago già di cercar dentro e dintorno / la divina foresta spessa e viva, / ch'a li occhi temperava il novo giorno; in Pd XXI 10 la bellezza mia... / se non si temperasse, tanto splende, / che 'l tuo mortal podere, al suo fulgore, / sarebbe fronda che trono scoscende; in espressione metaforica, I f XXIV 2 In quella parte del giovanetto anno / che 'l sole i crin [i raggi] sotto l'Aquario tempra (a proposito della quale il Pézard richiama Stazio Silvae I II 14-15, dove Venere " crinem... / temperat ", dissimula lo splendore della propria divinità).
Al significato più generico di " modificare " può essere riferito il tempera di Pd I 42 da quella [foce] / ... con miglior corso e con migliore stella / [la lucerna del mondo, il sole] esce congiunta, e la mondana cera / più a suo modo tempera e suggella; dov'è tuttavia presente una maggior specificazione nel senso di " disporre in un certo modo ", " predisporre a un determinato fine ", senso che trova l'equivalente nel ‛ dedutta a punto ' di Pd XIII 73, pure riferito alla ‛ cera ', cioè alla materia sulla quale agisce il ‛ suggello ', la luce divina che la attua; e nel matura e dispone di Cv IV XXI 4. D. può aver mutuato l'espressione da Cicerone (Rep. VI 17), " mens mundi et temperatio ", anch'essa riferita al sole; o averla desunta (e vi sarebbe allora prevalente una sfumatura nel senso di " ammorbidire ") dalla metafora della cera: la quale, come ottimamente chiosa Benvenuto, è in condizioni di ricevere l'impronta del suggello solo se " non nimis dura nec nimis liquida, sed aequaliter temperata "; allo stesso modo la terra dev'esser posta dal sole nella disposizione più adatta a ricevere il seme e farlo germogliare. L'immagine della cera e del suggello che la ‛ attua ' torna peraltro frequentemente nell'opera di D.; cfr. soprattutto Pg XXXIII 79-81, Pd VIII 127-128, XIII 67-69 e 73-75, Cv II IX 7, Mn II II 8; v. inoltre CERA; suggello. In accezione analoga, il participio passato è usato in funzione aggettivale nel senso di " naturalmente disposto ", " incline per carattere ", in Fiore CXCIII 11, dove la Vecchia, raccontando a Bellaccoglienza la propria vita, ricorda tra l'altro un ribaldo, da lei sinceramente amato, che la batteva, la sfruttava e tutto dispendea in ribalderia... / tant'era temperato a pur mal fare.
Significato particolare assume il verbo in If XXVII 9 Come 'l bue cicilian che mugghiò prima / col pianto di colui, e ciò fu dritto, / che l'avea temperato con sua lima, ove D. ha evidentemente inteso mettere bene in rilievo il lavoro industrioso e paziente dell'artefice, Perillo, che costruì a Falaride, tiranno di Agrigento, un toro di rame, strumento di tortura che veniva arroventato dopo che un uomo vi era stato introdotto.
L'accezione di " accordare ", " fondere in sintesi armonica elementi diversi ", ricorre, in dittologia con discerni (giacché " armonia non sarebbe se non vi fosse temperamento e divisione proportionata di suono ", Vellutello), in Pd I 78 Quando la rota che tu sempiterni / desiderato, a sé mi fece atteso / con l'armonia che temperi e discerni; richiama indubbiamente il passo ciceroniano di Rep. VI 18 (" hic [sonus] est... qui intervallis coniunctus inparibus, sed tamen pro rata parte ratione distinctis, inpulsu et motu ipsorum orbium efficitur, et acuta cum gravibus temperans varios aequabiliter concentus efficit "), e notevolmente si avvicina al significato tecnico musicale (= accordare) del verbo (cfr. tempra, in Pg XXX 94. Cfr. anche Frotula noiae moralis di Girardo Patecchio, v. 39 " Grande noia mi fa... / lassiar il puncto [la " nota musicale ", il " canto "] per temperare ": Monaci, Crestomazia 140). Da avvicinare ad " armonizzare ", " accordare ", anche il significato del verbo in Pg XXXII 33 Sì passeggiando l'alta selva vòta, / colpa di quella ch'al serpente crese, / temprava i passi un'angelica nota, che implica però una sfumatura nel senso di " regolare ": D., Matelda e Stazio procedono in processione seguendo la cadenza del canto degli angeli.
Con fuoco, il participio passato in funzione aggettivale designa in Fiore CCXVIII 5 una miscela di sostanze infiammabili (cfr. G. Villani VIII 71), più comunemente indicata come " fuoco lavorato " (Compagni III 8) o " artificiato " o " greco ", che Venusso... / seco porta sul carro e con la quale la dea accenderà a suo tempo il brandon ben impennato (v. 4), cioè una torcia da lanciare con l'arco per appiccar fuoco al castello (cfr. CCXXV 3-11) in cui i nemici di Amore tengono prigioniero l'Amante.
Bibl. - A. Pézard, Le Soleil sous le Versau, in " Bull. Société d'Études Dant. du C.U.M " VI (1957); L. Spitzer, Classical and Christian Ideas of World Harmony, Baltimora 1963 (trad. ital, L'armonia del mondo, Bologna 1967, 105 ss.).