TEMBIEN (A.T., 116-117)
Il settore meridionale del Tigrè, a nord del Torr. Ghevà, a occidente della congiungente stradale Adua-Macallè ed estendentesi a oriente del Tacazzè, prima che esso prenda decisamente direzione verso occidente, costituisce la regione del Tembien. I suoi limiti a settentrione non sono così chiaramente definibili; amministrativamente era compreso nella regione tigriria e come tale incorporato nell'ingrandito governo dell'Eritrea ed elevato al rango di commissariato, con sede di commissario ad Abbi Addi.
Fa parte, geologicameme e morfologicamente, del caratteristico altipiano etiopico, ad altezze variabili al di sopra dei 2000 m., con piccole aeree che superano i 2500 m. Appartiene quindi per la massima parte alla zona di media altezza, Woina Degà, a clima e vegetazione tipici e favorevoli, anche per la discreta ricchezza di acque, all'agricoltura e all'insediamento umano.
Le battaglie del Tembien.
Nel Tembien si sono svolte, durante la guerra italo-etiopica 1935-36, due memorabili battaglie, la prima delle quali ha avuto l'effetto di assicurare il fianco destro dello schieramento italiano prima di iniziare l'offensiva contro il grosso abissino; la seconda è inserita nella grande battaglia strategica dello scacchiere settentrionale (v. italo-etiopica, guerra, App.).
Prima battaglia del Tembien (19-23 gennaio 1936). - Assunto il comando superiore dell'Africa Orientale, il maresciallo Badoglio, prima di iniziare la progettata offensiva contro il grosso delle forze nemiche, decise di eliminare la minaccia che andavasi delineando contro il fianco destro dello schieramento italiano. Le puntate offensive abissine della seconda quindicina di dicembre sul Taccazè e sul Ghevà, ma soprattutto l'avvenuta riunione degli armati dei ras Cassa e Sejum nel Tembien, chiaramente dimostravano come il nemico avesse concepito il disegno di insinuarsi fra le posizioni di Macallè ed Adua per interrompere la linea italiana di comunicazione. Era necessario prevenirlo, e il maresciallo Badoglio il 19 gennaio fece occupare dal III corpo d'armata, partito da Macallè, i villaggi di Debrì e Neguida nella valle del Ghevà, per interrompere il collegamento fra l'armata di ras Mulughietà e quella dei ras Cassa e Sejum. Il 20, mentre la divisione Camicie nere "XXVIII Ottobre" spingeva dal Passo Uarieu una dimostrazione offensiva verso Abbi Addi, la massa di manovra, costituita dalle divisioni Eritree 1ª e 2ª e da reparti di Camicie nere, moveva su tre colonne (due dalla regione di passo Abarò-Mai Marettà, verso ovest e una terza da Adi Aha, verso sud) contro il grosso abissino (circa 40.000 uomini) dislocato nella regione di Melfa. Nella stessa giornata le prime due colonne occupavano dopo aspri combattimenti le alture di Zeban Chercatà e si riunivano il giorno successivo sul Monte Lata con la terza colonna che il 20 aveva occupato l'Amba Salamà.
Gli Abissini, battuti nella regione di Melfa, fecero massa verso il Passo Uarieu attaccando violentemente la divisione "XXVIII ottobre"; le Camicie nere, dopo aver respinto il 21 e il 22 tutti i tentativi nemici, il 23 ricevuti in rinforzo il 6° e 7° gruppo eritreo respinsero definitivamente l'avversario.
Perdite abissine oltre 8000 morti; italiane 60 ufficiali, 605 nazionali e 417 eritrei fra morti e feriti.
Seconda battaglia del Tembien (27 febbraio-2 marzo 1936). - Subito dopo la battaglia dell'Endertà, mentre il I Corpo d'armata italiano inseguiva il nemico in direzione dell'Amba Alagi, il III Corpo riceveva ordine di portarsi verso ovest nella conca di Gaela. Era la prima fase del piano concepito dal maresciallo Badoglio per l'accerchiamento delle forze abissine (30-40.000 uomini) concentrate nel Tembien. Con l'occupazione di Gaela infatti veniva tagliata la principale via di collegamento tra le truppe dei ras Cassa e Sejum e il grosso dell'esercito abissino. Rimaneva ancora aperta quella lunga ed aspra, attraverso lo Tzellemtì e il Semien; per interdire anche questa il maresciallo Badoglio ordinò al Corpo d'armata eritreo di avanzare dalla regione di Passo Uarieu verso sud per riunirsi nei pressi di Abbi Addi col III Corpo che avrebbe contemporaneamente continuato la sua marcia verso nord.
All'alba del 27 febbraio, reparti di rocciatori alpini e Camicie nere, facenti parte del Corpo d'armata eritreo, occupavano di sorpresa l'Amba Uork, dopo aver scalato una parete rocciosa ritenuta impraticabile. La conquista dell'Amba assicurava il possesso di una salda posizione atta a proteggere il fianco destro delle truppe avanzanti su Abbi Addi. Nello stesso giorno 27 il III Corpo, passato il Ghevà, raggiungeva Dibbuc proseguendo per il Mai Tonquà. Malgrado le gravi perdite subite, gli Abissini per tutto il giorno 28 tentarono di ostacolare l'avanzata delle due colonne italiane che nella giornata del 29 poterono però effettuare la loro congiunzione circondando Abbi Addi. Il 1° marzo veniva occupata l'Amba Tzellerè e le truppe italiane proseguivano poi verso la regione di Andino, inseguendo i resti delle forze avversarie. Il 22 venivano occupati M. Andino ed Enda Mariam Quorar.
Perdite italiane: 34 ufficiali, 359 nazionali e 788 eritrei tra morti e feriti; perdite abissine, circa 8000 morti.