TELL es-SAWWAN
Villaggio preistorico della Mesopotamia centrale, sulla riva destra del Tigri. Pochi chilometri a Ν si trova la città di Sāmarrā, dove fu scoperta da Herzfeld nel 1911 la ceramica dipinta che dalla città trae il nome. Nello stesso anno Herzfeld visitò anche T. S., ma il sito è stato scavato sistematicamente solo in anni recenti: tra il 1964 e il 1972 si sono succedute otto campagne di scavo, condotte da archeologi iracheni. L'importanza di T. S. è di aver fornito una sequenza ininterrotta per la ceramica di Sāmarrā di cui tuttavia non è testimoniata a T. S. la fase tarda di questa ceramica, presente invece nel sito più orientale di Čoqā Marni, sulle pendici dei monti Zagros.
Cinque livelli di costruzione sono stati riconosciuti a T. S. e numerati I-V dal basso, con una sottofase (IIIA) nel terzo livello. Grazie al radiocarbonio è stato fissato al 5600 a.C. circa l'inizio dell'insediamento.
Nei livelli più antichi (I-II) si trovano ampî edifici, composti da numerose stanze rettangolari, costruiti con mattoni crudi, con pilastri di rinforzo alle giunture dei muri. Una diga di difesa circondava l'insediamento e, scavate sotto le case, sono state ritrovate tombe che contenevano statuette e vasi di pietra. I materiali ceramici sono scarsi e generalmente non dipinti.
Il livello IIIA vede l'affermarsi della ceramica di Sāmarrā, nelle sue varietà non decorate (rozza e fine) e decorate variamente: dipinta/incisa/dipinta e solo incisa. In questo livello la diga fu rinforzata con un muro e furono costruiti peculiari edifici con pianta a «T», la quale richiama i più antichi templi di Eridu. Nei livelli tardi (IV-V) sono stati trovati edifici con pianta circolare e pavimento di ciottoli, che fanno pensare alle thòloi di Tell Ḥalaf, insieme con esemplari di ceramica halafiana dipinta.
La ceramica samarrana di T. S. sembra essersi sviluppata in loco, sulla base di sperimentazioni avviate nel livello II. Per quanto riguarda la ceramica decorata, forme tipiche sono la giara a corto collo e recipienti a pareti sinuose o carenate, con orlo più o meno estroflesso: c'è un continuum di profili, che vanno da profondi recipienti a sacco, con orlo diritto e corpo rigonfio verso il basso, a ciotole aperte con carenatura mediana e orlo estroflesso. Ampî piatti sono caratterizzati da basi ad anello e da piedistalli traforati. Decorazioni incise e dipinte e incise si trovano soprattutto sulle spalle di giare, o più raramente all'esterno di semplici ciotole.
La cifra della ceramica samarrana nei suoi esemplari più belli è data dal fitto susseguirsi di nitidi disegni geometrici (griglie, intrecci o «caning», triangoli, gradini, meandri, zigzag, chevrons, ecc., resi con varianti elaborate), racchiusi entro bande orizzontali multiple, più o meno numerose a seconda dell'altezza del vaso.
Lo stesso gusto schematizzante imprigiona entro schemi volutamente geometrici le figure di esseri umani e animali rese naturalisticamente: al centro di piatti, interamente dipinti al loro interno, inseriti in semplici simmetrie bipartite o con articolazioni più complesse fino a sei o più quadranti, figure umane coi capelli al vento, capridi, uccelli, scorpioni, pesci, alberi, stelle, linee d'acqua, concorrono a disegnare vorticosi movimenti rotatorî, formano svastiche e croci maltesi. Motivi più semplici, come scorpioni o soli radianti, sono disegnati sul fondo di piccole ciotole carenate. Volti umani sono rappresentati sul collo di giare e su piedistalli. Marchi di ceramista di forma stilizzata o naturalistica sono ampiamente documentati. Verso la fine dell'insediamento emerge una tendenza all'infittirsi del disegno, con prevalere dell'effetto «negativo», mentre i motivi, geometrici, vengono eseguiti con mano più rapida e meno accurata, una tendenza stilistica che potremmo forse paragonare al successivo stile «transizionale» Sāmarrā-Hağği Muḥammad, documentato nella regione di Mandali.
Mentre la ceramica samarrana è stata ritrovata in numerosi siti della Mesopotamia centrale e settentrionale, le statuette di alabastro rinvenute nelle tombe dei livelli inferiori di T. S. rappresentano al momento un unicum in Mesopotamia e una rarità in tutte le culture del Vicino Oriente preistorico.
Si tratta di circa 150 statuette, con dimensioni che variano da 1 a 25 cm, caratterizzate anch'esse per lo più da un naturalismo geometricamente reso e da varietà di tipi e di posizioni. Le figure in piedi sono la maggioranza, ma ve ne sono anche alcune sedute a gambe incrociate e altre semisdraiate con profilo a piede. Sono testimoniati tipi femminili e maschili; gli occhi sono spesso sottolineati con bitume e con pastiglie romboidali di madreperla o di pietra; c'è indicazione di acconciature allungate e bipartite dei capelli, talvolta sottolineate con applicazioni di bitume, che viene anche lavorato a formare chignons o riccioli, linee incise vengono talvolta utilizzate per segnare singoli dettagli. Il corpo nudo è talvolta appiattito, talvolta con steatopigia più o meno accentuata. Le braccia sono per lo più piegate sul petto, formando con le spalle un blocco quadrangolare rigido, o si muovono più sinuosamente, quando sono poggiate l'una al seno e l'altra al fianco in una posizione che richiama quella della Venere classica; semplici solchi e rigonfiamenti indicano le separazioni delle gambe e dei piedi. Le statuette di terracotta trovate nei livelli I-II si distinguono per la loro peculiarità, soprattutto una maschile che fu ricoperta con un bagno di colore rosso. I livelli successivi hanno dato figurine di terracotta di qualità inferiore, mentre è perduta la tradizione in pietra. Bei vasi in pietra, talvolta anche scolpiti in guisa di figura umana o animale, sono stati trovati solo nelle tombe dei livelli I-II. L'analisi dei materiali sembra ricollegare le statuette ad affioramenti di alabastro presenti nel deserto di Rutba, tra Iraq e Siria: indagini in questa direzione chiariranno forse l'enigma delle statuette e del cimitero di Sawwan.
Bibl.: J. Mellaart, The Neolithic of the Near East, Londra 1975; F. Ippolitoni, The Pottery of Tell es-Sawwan - First Season, in Mesopotamia, V-VI, 1970-1971, pp. 105-179; ead., Le statuette di alabastro di Tell es-Sawwan, in AnnOrNap, XXXVI, 1976, pp. 25-53. - Rapporti di scavo: F. el-Wailly, Β. Abu es-Soof, in Sumer, XXI, 1965, pp. 17-32; G. Wahida, ibid., XXIII, 1967, pp. 167-178; Κ. A. Al-A'dami, ibid., XXIV, 1968, pp. 57-94; Y. Walid, ibid., XXVI, 1970, pp. 3-20; Β. Abu al-Soof, ibid., XXVII, 1971, pp. 3-7.