TELL el-‛AMĀRNAH
Località dell'Egitto. Verso la fine della XVIII dinastia ragioni religiose e politiche spinsero un re d'Egitto, Ekhnaton (c. 1370 a. C.) ad abbandonare Tebe come capitale e a fondare a T. el-῾A. appunto una nuova sede regale. Alla morte del re una reazione contro tutta l'opera di lui fece sì che la città venisse abbandonata, cosicché essa è restata unico esempio in Egitto di grande città non cresciuta secondo un lento sviluppo storico, ma concepita unitariamente secondo un piano che non è poi più stato manomesso.
Gli scavi, numerosi, non hanno messo in evidenza tutti i particolari della sistemazione urbanistica. Come città capitale e regale, gli edifici pubblici e i palazzi vi sono relativamente numerosi. Tre grandi vie parallele sembra che traversassero la città in senso N-S: esse eran riunite da strade secondarie, senza che ciò comporti una precisa sistemazione geometrica della pianta. Lungo la via principale si allineavano le case dei ricchi, assai raffinate nella loro disposizione. Esse eran circondate da un alto muro. Il portale ha l'aspetto di un pilone; di là un viale porta a una cappella che precede la casa vera e propria. Questa è circondata da un giardino e ha un cortile d'ingresso da cui si passa in una stanza di soggiorno, circondata da altre camere, e che prende luce da finestre in alto. La parte intima della casa, lo harem, è divisa dalla parte pubblica da un corridoio, e può avere disposizioni variate, e diversi gradi di comodità. In numerosi esempî si hanno bagni e latrine. L'alloggio dei domestici e i servizi veri e proprî (cucina, magazzini, cantine, forni, granai) erano separati dalla casa. In mezzo alla città è la zona degli edifici ufficiali. Innanzi tutto il grande tempio di Aton; oggi praticamente distrutto, e che nella sua breve vita subì più di un cambiamento. Da rappresentazioni antiche e da quanto resta, possiamo stabilire che il suo carattere principale era la mancanza di vani di culto chiusi, quali erano di regola nel tempio egiziano, ma quali appunto mancavano nei santuarî solari (v. r῾ē). Un grande altare all'aperto nell'ultimo cortile ripete anch'esso un modello conosciuto nei templi solari. Non lontano sorge la residenza ufficiale, che amplia di molto lo schema della casa privata e che era fornita di un minore tempio, anch'esso all'aperto. Altri edifici pubblici (depositi, uffici) erano non lontano. Di tutta questa serie di costruzioni va messo in evidenza il carattere estremamente affrettato: anche in quelle che avrebbero dovuto essere costruzioni destinate ai secoli qui si ha un largo uso del mattone crudo: il che è sintomo di una mentalità diversa dalla consueta, e più scenografica- per così dire- che architettonica. Con più coerenza e con maggiori possibilità tale gusto agirà nella successiva architettura ramesside. Presso la città è sistemata in uno uadi la necropoli, che consta di tombe in roccia, con rilievi che decorano le pareti, e architetture che mostrano l'evolversi di certi elementi strutturali proprio in questa epoca: le colonne assumono un nuovo profilo, più pesante e massiccio, e si comincia a ornare di rilievi e di decorazioni varie il loro fusto. Oltre a questi resti- mal conservati- di monumenti architettonici, da T. el-῾A. proviene anche una notevole serie di pezzi. scultorei e di pitture che testimoniano di un particolare momento della cultura figurativa egiziana, che da questo centro prende nome. Si tratta di una conscia e in parte programmatica opposizione a dati tradizionali, alla compostezza, al decoro, all'edonismo formale della XVIII dinastia. Alcuni elementi di questa opposizione hanno carattere puramente tipologico; così, per esempio le posizioni dei piedi nelle statue virili e femminili, che sono invertite rispetto all'uso costante più antico: ma sono, questi, elementi di un più vasto impegno di render partecipe lo spettatore, di far significare all'opera d'arte qualcosa di assolutamente inatteso, di caricarla di un valore umano, di una vita che da molto non era più di buon gusto far vibrare nelle opere figurative. C'è una tendenza espressionistica, che è il risultato di una serie di varî fattori. Primo fra tutti c'è il gusto popolare narrativo e individualizzante, sempre pronto a manifestarsi in provincia e che ora reagisce al lungo periodo di classicismo tebano. C'è poi l'esperienza delle arti figurative asiatiche, così interessate a figurazioni di movimento e, non certo priva di importanza in quanto occasione pratica alla rivoluzione artistica, la riforma religiosa voluta dal sovrano. Con T. el-῾A. entra nell'arte figurativa egiziana un gusto ed un senso del movimento, ottenuto sia con mezzi strettamente luministici e lineari, sia con partiti più semplicemente narrativi e psicologici. Tale gusto sarà d'ora in poi dominante, in varie forme, fino all'età etiopica e saitica.
(S. Donadoni)
L'arte di Tell el-‛Amārnah e i ritratti di Ekhnaton. - L'inizio del regno di Amenophis IV-Ekhnaton (anche Akhetaton) aveva portato, nelle arti figurative, ad un punto di rottura con la tradizione, rappresentato, per esempio, dai colossi di Karnak, nei quali le caratteristiche fisiche del re appaiono programmaticamente esasperate. Nelle opere di T. el-῾A., invece, quel che di programmatico e di incompiuto stilisticamente aveva caratterizzato queste prime esperienze estremisticamente innovatrici, appare superato e purificato in una raggiunta coerenza formale.
Un linguaggio ancora violentemente espressionistico appare talora in alcuni ritratti del re, della regina, e di personaggi della corte scolpiti o abbozzati su stele e frammenti di calcare, questi ultimi forse studî di scultori. In essi assai spesso le caratteristiche fisiche del re (volto lungo e ossuto, mento prominente, occhi allungati, labbra carnose e, quando è riprodotto tutto il corpo, membra esageratamente sviluppate) sono espressionisticamente accentuate con un risultato che spesso sfiora la caricatura. Anche nelle opere a tutto tondo appare talora questa esasperazione dei tratti: ne sono esempî, fra gli altri, la statua stelofora del museo di Berlino (21835), la statuetta con tavola d'offerta del Cairo (43580) e, soprattutto (ammesso che sia un ritratto regale, cosa di cui è lecito dubitare), la testa lignea, probabilmente ornamento di un'arpa, del Museo del Louvre (E 14255).
In altri ritratti la fisionomia del sovrano appare addolcita e affinata in una coerente educazione stilistica. Tra gli esempî di questo tipo citiamo il busto del Louvre (E. 11076) dalle superfici morbidamente modellate in uno sfumato ora accentuato dalla erosione della pietra, e varie statue isolate o formanti gruppo con la regina o con una delle principesse. Analoghi stilisticamente sono i ritratti della regina Nefertiti (v.) e delle principesse (queste ultime caratterizzate da uno strano, e finora inspiegato, allungamento del cranio).
Eccezionali nell'arte egiziana (a parte le maschere funebri) sono anche le maschere in gesso rinvenute a T. el-῾A. dalla spedizione tedesca. Si sono voluti riconoscere in esse calchi da statue o da personaggi reali, forse dopo la morte, ma in realtà, quello che più interessa è la straordinaria espressività e vitalità ottenuta con un sensibilissimo gioco di luci e di ombre prima sconosciuto. Esse provengono tutte da uno studio di scultore, che ha fornito anche altri pezzi tra i quali la famosa testa di Nefertiti del museo di Berlino. Il nome dello scultore è forse Thutmosis, come sembrerebbe attestare una iscrizione.
T. el-῾A. ha fornito anche altri nomi di artisti. In un rilievo della tomba di Huy, è raffigurato lo scultore Iuti che, attorniato dai suoi scolari, sta dando gli ultimi tocchi ad una statua della principessina Baket-Aton, figlia della regina Teye. Gli arnevi esprimono la loro ammirazione in didascalie che inneggiano alla vivezza dell'opera.
Attivo a T. el-῾A. dovette essere anche lo scultore Bak figlio di Men, che, ad Assuan, dedicò assieme al padre un stele rupestre. Men, che era stato capo scultore di Amenophis III, è raffigurato in adorazione davanti al suo sovrano; Bak invece è davanti al simbolo di Aton. Nella iscrizione Bak si qualifica come capo scultore di Amenophis IV e afferma di aver ricevuto l'insegnamento della sua arte dal re stesso (Annales du Service des Antiquités de l'Égypte, xxxiv, 1934, p. 14, fig. 2). Si tratta probabilmente dello stesso personaggio la cui stele funeraria è stata recentemente acquistata sul mercato antiquario dal museo di Berlino (Ill. London News, 6 aprile 1963, p. 505).
Bibl.: H. Schäfer, Amarna in Religion und Kunst, Lipsia 1931; J. D. S. Pendlebury, Les Fouilles de Tell el Amarna (trad. Wild), Parigi 1936; G. Roeder, in Jahrbuch der preussischen Kunstsammlungen, XXIV, 1941, pp. 147-170; K. Lange, König Echnaton und die Amarna-Zeit, Monaco 1951; C. Aldred, New Kingdom Art in Ancient Egypt, Londra 1951, pp. 22-30; J. Vandier, Manuel d'archéologie égyptienne, III, Les grandes époques. La statuaire, Parigi 1958, pp. 331-353; C. Desroches Noblecourt, L'ancienne Égypte. L'extraordinaire aventure amarnienne, Parigi 1960; J. D. Cooney, Amarna Reliefs from Hermopolis in Amer. Private Collections, The Brooklin Museum 1966.
(A. M. Roveri)