TELL ARΡAČIYA (v. vol. VII, p. 684)
Nella campagna condotta nel 1933 da M. E. L. Mallowan furono individuati dieci livelli di insediamento ma non fu raggiunto il suolo vergine e non fu chiarita la reciproca posizione delle ceramiche di tipo Ḥalaf nei confronti di quelle di tipo Sāmarrā. Nel 1976, nel corso di una nuova campagna condotta da I. Hijara, è stato raggiunto il suolo vergine e si è determinata una nuova sequenza stratigrafica, arricchita di ulteriori sei livelli di costruzione, che precedono il livello X di Mallowan, tutti appartenenti alla cultura di Ḥalaf, che viene suddivisa in quattro fasi, mentre la presenza samarrana è trascurabile. Grazie anche a una datazione al radiocarbonio della fase 2 (4980 a.C.) e a datazioni di Tell es-Sawwan (v.), Hijara pone gli inizî di T. A. verso la fine del VI millennio, e suggerisce che la cultura di Ḥalaf si sovrappose per un breve periodo a quella di Sāmarrā (che occupa la seconda metà del VI millennio), per poi succederle agli inizi del V millennio.
La ceramica 'Ubayd di T. A. sembra appartenere al tipo tardo, con una certa ricchezza e varietà di forme, cui corrisponde la povertà del disegno, che è esclusivamente geometrico. Ciò fa pensare a un periodo di abbandono dell'insediamento, considerando anche la diversa situazione testimoniata nella vicina Tepe Gawra (v.), dove il passaggio Ḥalaf-'Ubayd avviene in modo graduale e si hanno ceramiche transizionali, veri ibridi di Ḥalaf-'Ubayd.
I livelli 'Ubayd di T. A. mostrano un'architettura povera, con case di mattoni crudi o di fango compresso. Nei livelli V e VI sono state scavate case halafiane, assai meglio costruite. Particolare interesse riveste un'ampia casa del livello VI, già definita dal Mallowan «la bottega del ceramista» che, per la profusione dei materiali ceramici e litici ivi rinvenuti (ceramiche halafiane, figurine d'argilla, vasi in pietra, strumenti di selce e di ossidiana), potrebbe essere considerata un laboratorio dove venivano confezionati manufatti destinati all'esportazione: infatti, grazie a analisi recenti delle ceramiche di Τ. Α., basate sull'attivazione dei neutroni, si è potuto dimostrare che alcune ceramiche tardo-halafiane di T. A. erano state esportate a Tepe Gawra.
Una peculiarità dei livelli halafiani sono le c.d. thòloi: semplici costruzioni a pianta circolare, realizzate con cordoli di argilla pressata su fondazioni in pietra, talvolta caratterizzate da una stanza rettangolare d'accesso, scavate nei livelli inferiori di T. A. sia da Mallowan che da Hijara. Si è suggerito che le coperture fossero a cupola, sull'esempio delle thòloi micenee, ma la questione è controversa (in altri siti halafiani mesopotamici, per le thòloi di Yarim Tepe si parla di cupola mentre una casa rotonda da Tell Ḥassan aveva un tetto piatto). Si è molto discusso sulla caratterizzazione delle thòloi di T. A. in senso domestico o rituale: sembra dimostrato che le case circolari halafiane di Yarim Tepe avessero un carattere domestico, ma secondo Hijara per la presenza di materiali rituali e di sepolture contenenti teschi (si ricordi il culto dei teschi ampiamente documentato nel Neolitico Pre-ceramico A- B del Levante e a Çatal Hüyük), oltre che per talune caratteristiche di costruzione (il cordolo in pietra non era riutilizzato nelle successive ricostruzioni e terra sterile veniva aggiunta per livellare), le thòloi di T. A. potrebbero aver avuto una valenza prevalentemente religiosa e d'altro canto il sito stesso potrebbe aver avuto un ruolo di vero centro religioso tra i siti a cultura halafiana contemporanei.
Grazie ai disegni, di tipo sia naturalistico che stilizzato, delle ceramiche dipinte e grazie a statuette di terracotta e amuleti trovati a T. A. e in numerosi siti halafiani possiamo farci un'idea della religione che caratterizzò questa cultura. Sulle ceramiche tori e leopardi, più spesso resi riduttivamente come bucrani e punteggiature, sembrano essere al centro delle credenze halafiane e rappresentano, assieme al culto del teschio, una probabile prosecuzione di quelle già testimoniate a Çatal Hüyük (v.), ma anche altri motivi sembrano aver avuto un valore simbolico: in particolare la scacchiera e i quadrifogli, la doppia ascia, il «pettine», uccelli, serpenti e figure umane stilizzate o mascherate. Le statuette femminili in terracotta, talvolta dipinte, si inseriscono nel filone del culto della Grande Dea, documentato in tutto il Vicino Oriente preistorico.
La ceramica halafiana di T. A. fu suddivisa dalla Perkins in tre fasi: antica, media e tarda, caratterizzate dal mutare delle forme, dall'evolversi del disegno da un originale naturalismo a una progressiva stilizzazione, e dall'affermarsi di dipinti policromi, che utilizzano il rosso, il nero e il bianco, nella fase finale. Hijara distingue quattro fasi nella ceramica dei livelli da lui scavati; la fase arcaica (Η I) è caratterizzata da una ceramica poco cotta, con decorazioni dipinte che non reggono il lavaggio, le altre fasi (H 2-4) sono caratterizzate da ceramiche halafiane finissime, suddivise sulla base della variabilità tipologica.
Un'analisi comparata delle ceramiche halafiane provenienti da vari siti mesopotamici (inclusa Τ. Α.), siriani e anatolici ha portato P. J. Watson alla conclusione che non esistono grandi differenze tra ceramiche halafiane prodotte in siti diversi; pur se è riscontrabile una certa varietà nella qualità dell'esecuzione. L'omogeneità è tale che addirittura c.a l'8o% dei frammenti provenienti da un sito halafiano qualsiasi potrebbe trovarsi nelle collezioni, di un altro. Estendendosi dunque su un raggio di oltre 500 km la cultura di Ḥalaf rappresenta una delle più omogenee culture preistoriche mai esistite.
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