TELL AHMAR
Località della Siria settentrionale sulla riva sinistra dell'Eufrate, 20 km a S di Karkamiş. La sua identificazione con l'antica Til Barsip, capitale dello stato aramaico di Bīt Adīni, fu proposta per la prima volta da D. G. Hogarth nel 1908 e provata nel 1911 da R. Campbell Thompson che interpretò un'iscrizione assira, trovata sul tell, contenente il nome della città.
Il sito fu esplorato fin dal 1908 da D. G. Hogarth; nel 1911 fu visitato da R. Campbell Thompson e nel 1925 da P. Perdrizet e D. Schlumberger. Dopo un sondaggio effettuato nel 1927, vi fecero tre regolari campagne di scavo, nel 1929-31, F. Thureau-Dangin e M. Dunand, sotto gli auspici del Museo del Louvre. Questi scavi rivelarono un notevole centro, abitato dall'epoca preistorica al periodo ellenistico; di particolare importanza è il palazzo assiro decorato con pitture.
Le vicende della città sono testimoniate dalle iscrizioni e dagli annali dei re assiri; il nome di Tu Barsip compare per la prima volta nelle iscrizioni di Salmanassar III (858-824 a. C.) come Til-Bar-si-ib/p (esistono anche varianti). Le ostilità tra Bīt Adīni e l'Assiria erano cominciate già con Assurnasirpal II (883-859 a. C.), ma solo Salmanassar III riuscì a conquistare Til Barsip nell'856. Til Barsip divenne colonia assira, e il suo nome fu sostituito da quello di Kar-Shulmanu-ashared (Forte Salmanassar); sembra che questo nuovo nome tuttavia non fosse impiegato che negli atti ufficiali. Sotto Tiglatpileser III (745-727 a. C.) Til Barsip divenne probabilmente capoluogo di provincia, mentre fino ad allora doveva far parte di quella di Ḥarrān. Sennacherib (704-681 a. C.) si servì, per le sue campagne, di navi hittite costruite a Til Barsip. In età cristiana il nome di Til Barsip sembra sopravvivere nel toponimo Bersiba rilevato da R. Dussaud in Claudio Tolomeo.
Le prime tracce di insediamento si sono rivelate a S-E del tell: si tratta di uno strato contenente ceramica dipinta affine, nei livelli inferiori, a quella di el-῾Ubaid, e in quelli superiori a quella di Tell Arpashiyya. Un complesso di edifici in mattoni crudi, di una forma oblunga che non si ritrova in seguito, si estende al di sopra della ceramica. Nella sua parte superiore, collocate nelle abitazioni o scavate nello spessore delle mura, si trovano tombe a cista, la più importante delle quali, il cosiddetto ipogeo, ha fornito un enorme deposito di ceramica (1045 recipienti interi) e un gruppo di oggetti in bronzo, tra cui un anello per briglie ornato da due cavalli affrontati ritti sulle zampe posteriori. In base ad analogie con il materiale trovato in tombe della valle dell'Oronte e dell'Eufrate (in particolare di Karkamis,), gli scavatori hanno datato quelle di T. A. tra la fine del III e gli inizî del II millennio a. C.; ma sono state proposte anche date un pò più alte. Un insieme di costruzioni in mattoni crudi con fondamenta in pietra occupa la parte centrale del tell secondo un asse E-O e la sua metà meridionale secondo un asse N-S al disopra delle tombe. Queste costruzioni, che costituiscono due complessi separati da un muro di direzione N-S, sono considerate aramaiche da F. Thureau-Dangin e M. Dunand; C. F.-A. Schaeffer le ritiene invece contemporanee alle tombe sottostanti. I loro resti sono ricoperti dalla città assira, circondata da mura su tre lati e bordata a S dall'Eufrate. La cinta aveva un tracciato circolare e uno sviluppo di circa 2 km, interrotto da tre porte a N, a N-E e a N-O. Lo scavo, iniziato sul sito della porta N-E, quella principale, ha rivelato il tracciato delle mura per circa 70 m a N-O e 230 m a S-E, dove la cinta ha subito notevoli rimaneggiamenti. La porta presenta la pianta con cortile centrale tipica delle città nord-siriane; l'ingresso, di circa 4 m, è fiancheggiato da due leoni in basalto con la parte anteriore scolpita a tutto tondo e il corpo, su cui è incisa un'iscrizione cuneiforme, in rilievo; esso immette in un cortile approssimativamente quadrato con tracce di lastricato. Nell'ala S si aprivano due stanze. La piattaforma del tell era occupata da un palazzo con l'asse parallelo al corso del fiume, datato tra la seconda metà del IX e l'VIII sec. a. C., possibilmente ad un'epoca di poco anteriore a Tiglatpileser III. Costruito in mattoni crudi, senza fondamenta, presenta un aspetto analogo ai grandi palazzi di Nimrud, Khorsābād e molto affine al palazzo di Arslan-Taş. L'entrata principale, fiancheggiata da due torrioni, si apriva vicino all'angolo N-O del lato N; le stanze erano disposte intorno a tre grandi cortili. Un primo cortile, di 56 × 25 m, accentrava intorno a sé le stanze probabilmente destinate ai servizi; un cortile intermedio di m 17,50 × 38 m circa dava accesso alla sala del trono e un cortile interno di m 27,50 × 25 circa dava adito a due appartamenti, uno a E, forse riservato alle donne, e uno a O, probabilmente del sovrano. Dall'appartamento regio due corridoi permettevano di giungere all'esterno, all'angolo N-E dell'edificio, dove il tipo diverso della costruzione e il livello leggermente più basso fanno pensare a resti di un edificio preesistente conglobati nel palazzo più tardo. Le mura degli appartamenti disposti intorno al terzo cortile, la sala del trono, un corridoio e il vestibolo erano decorati da affreschi che sostituivano, nei palazzi provinciali, le decorazioni in rilievo delle reggie d'Assiria. La pittura veniva applicata sopra un intonaco di calce al di sopra di un plinto di asfalto di circa 50 cm. Le scene erano disposte su un doppio fregio; il registro inferiore era decorato con scene di caccia, di guerra e di udienza; quello superiore recava motivi geometrici separati da figure di animali e di esseri mitologici disposti in gruppi antitetici, come nelle pitture che decoravano la sala del trono di Sargon a Khorsabād. Nei vani delle porte erano raffigurati genî che ne proteggevano l'accesso. Nella esecuzione delle pitture F. Thureau-Dangin riconobbe due stili rispettivamente datati al regno di Tiglatpileser III, o possibilmente a un periodo di poco anteriore (per un tipo di ornamentazione dei foderi delle spade con una doppia voluta, che non compare sui rilievi del periodo di Tiglatpileser III) e al regno di Assurbanipal (668-626 a. C.). I colori impiegati sono il nero, il rosso e il blu; il contorno è in nero nelle pitture del primo stile, in rosso con i contorni più importanti accentuati con il nero, nelle pitture del II stile. Di questi affreschi sono restati solo pochi frammenti e gli accurati disegni di L. Cavro. Dopo l'abbandono del palazzo assiro, avvenuto probabilmente verso la fine del VII sec. a. C., con il crollo dell'impero di Assiria, il sito fu occupato da alcune tombe, datate al V sec. a. C., contenenti povere suppellettili di un tipo analogo a quello delle tombe di Deve-Hüyük, datate con certezza. Sopra di esse, a circa m 1,50-2 sotto la superficie del tell, sono venute in luce le fondamenta, in blocchi di pietra squadrati, di un edificio, forse un piccolo santuario, in funzione tra la fine del III-inizî del II sec. a. C. e il I sec. a. C., come è testimoniato da un deposito di monete trovato 2 m sotto la superficie del suolo.
Resti di monumenti del periodo neo-hittita, datati dagli scavatori tra il X e il IX sec. a. C., provengono dal villaggio moderno e da località vicine. Notevoli, per l'iconografia del dio Hadad, tre stele, di cui due, frammentarie, portano un iscrizione in caratteri hittiti geroglifici. Del periodo assiro sono, oltre ai due leoni collocati all'ingresso della città, alcune stele; su una di esse (v. ishtar) è una divinità che l'iscrizione indica come Ishtar di Arbela; altre due raffigurano il re Asarhaddon davanti al quale si tengono due nemici con la corda al collo. L'iscrizione incisa su una di esse permette di fissare una datazione posteriore alla campagna d'Egitto di questo sovrano (671 a. C.).
Bibl.: R. Dussaud, Topographie historique de la Syrie antique et médiévale, Parigi 1924, p. 462; D. G. Hogarth, Carchemish and its Neighbourhood, in Annals of Archaeology and Anthropology, II, 1909, pp. 177-83; L. W. King, Note on the Inscription upon the Eastern Lion at Tell-Ahmar, ibid., pp. 185-86; R. Campbell Thompson, Til arsib and its Cuneiform Inscription, in Procedings of the Society of Biblical Archaeology, XXXIV, 1912, pp. 66-74; P. Geuthner, Les travaux de la mission Perdrizet en Septembre 1925, in Syria, VI, 1925, pp. 299-300; F. Thureau-Dangin, Tell Ahmar, ibid., X, 1929, VI, 1925, pp. 299-300; F. Thureau-Dangin, Tell Ahmar, ibid., X, 1929, pp. 185-205; id., Un spécimen des peintures assyriennes de Til-Barsib, ibid., XI, 1930, pp. 113-32; id., Notes assyriologiques, LVII: Le char de Téglathphalasar III, in Revue d'assyriologie, XXVII, 1930, pp. 120-23; id., L'inscription des lions de Til-Barsib, ibid., pp. 11-12; P. Meriggi, Sur deux inscriptions en hiérogliphes hittites de Tell Ahmar, in Revue hittite et asianique, III, 18, 1935, pp. 45-57; F. Thureau-Dangin, M. Dunand, Til Barsib, Parigi 1936; M. E. L. Mallowan, The Syrian City of Til-Barsib, in Antiquity, XI, 1937, pp. 328-39; C. F.-A. Schaeffer, Stratigraphie comparée et chronologie de l'Asie occidentale, Oxford 1948, pp. 81-84; A. Parrot, Gli Assiri, Milano 1961, pp. 35; 76-78; 100, 101, 108, 124, 224, 262, 267.