TELL AGRAB
Città mesopotamica della regione del fiume Diyāla (affluente orientale del Tigri), fiorente dall'epoca protostorica.
Gli scavi sul tell, che si innalza di 13 m nella piatta zona desertica fra la confluenza del fiume Diyāla col Tigri e le più basse propaggini dei monti Zagros, sono stati condotti da una missione americana (1935-37) dell'Istituto Orientale di Chicago, sotto la direzione di H. Frankfort. È stato messo in luce un muro di cinta, formato da mattoni pianoconvessi, spesso circa 5 m e rafforzato ad intervalli regolari da bastioni semicircolari, racchiudente nel suo perimetro un importante complesso architettonico di carattere religioso, che presenta una fase più antica.
Il santuario principale risale alla prima metà del III millennio e dalla dedica di un vaso è stato attribuito a Shara, il dio protettore di Umma. I resti architettonici più antichi risalgono invece all'inizio del III millennio, mentre le costruzioni più tarde sono datate intorno al 2400 a. C. Nonostante le varie fasi costruttive, la pianta non sembra aver subito cambiamenti notevoli. Il santuario del livello principale (19 m per 5,5) conteneva l'altare, sopraelevato, che sorgeva ad una delle estremità corte della sala. Il gruppo di stanze sussidiarie, a N del santuario, includeva, a somiglianza del tempio di Tell Asmar (v. eshunna) due piccole cappelle con altari.
La maggior parte dei sigilli provenienti dal tempio di Shara data al periodo protostorico, mostrando i temi consueti del Protodinastico e di quello di Gemdet Nasr: file di capridi, motivi geometrici a linee prevalentemente ondulate, lotte fra leoni e tori, santuarî schematizzati che sembrano formati da graticci di canne.
Molte statue, intere o frammentarie, provengono dallo stesso tempio; esse presentano il consueto tipo dell'offerente, con le mani giunte sul petto, tenenti una coppa o una pianta, stante oppure seduto. I caratteri iconografici sono quelli comuni alla statuaria sumerica antica, mentre dal punto di vista stilistico si notano particolari affinità con le statue di Khafāgiah; particolarmente notevoli sono alcune teste maschili delicatamente modellate, una testa femminile dall'acconciatura a turbante espanso, dei supporti di rame a forma di figure maschili nude, una quadriga pure di rame, con un uomo sul carro. Vi sono inoltre placche con scene di banchetti rituali, del tipo attestato da altre città sumeriche (specialmente Tellō, v.), da appendersi nei templi come mostra il foro al centro.
La ceramica più bella trovata specialmente sulle due colline B e C, rispettivamente a S-E e N-E del tell, è la Scarlet Ware del Protodinastico iniziale: ma non mancano esempî di quella protostorica (un frammento anzi è particolarmente importante perché mostra il motivo degli uccelli sovrapposti, frequente a Susa, Tepe Hissar, Tepe Siyalk) come di quella più tarda di el-῾Ubaid. Gli esemplari più antichi della Scarlet Ware (fine del IV millennio, inizio del III) hanno sulla spalla una decorazione a triangoli e metope, con nell'interno motivi geometrici, improntati ancora al repertorio protostorico, mentre tutto il corpo del vaso è dipinto di rosso. Superata questa fase di transizione la decorazione viene estesa alla pancia del vaso, con soggetti prevalentemente figurati, capridi, uccelli, pesci. Uno dei vasi è uno dei rarissimi casi in cui compare la figura umana.
Bibl.: F. O. Allen, The Oriental Institute Archaeological Report on the Near East, in The American Journal of Semitic Languages, LII, 1935-36, p. 211; P. Delougaz-S. Lloyd, Pre-Sargonid Temples in the Diyala Region, Chicago 1942, pp. 218-88; H. Frankfort, More Sculpture from the Diyala Region, Chicago 1943; P. Delougaz, Pottery from the Diyala Region, Chicago 1952; H. Frankfort, Stratified Cylinder Seals from the Diyala Region, Chicago 1955, tavv. LXXII-LXXXV.