TELEVISIONE (XXXIII, p. 439)
Dopo il 1935 nessuna radicale innovazione, paragonabile a quella del passaggio dai sistemi di analisi a sistemi meccanici (cellula fotoelettrica, disco di Nipkow) a quelli statici (iconoscopio e cinescopio), si è verificata nel campo della televisione; ma i sistemi già a quell'epoca affermatisi hanno assai largamente beneficiato del progresso della tecnica elettronica e delle alte frequenze, sicché i risultati oggi tecnicamente ottenibili e quelli già conseguiti su larga scala nella pratica applicazione, rappresentano un grandioso, se pur non definitivo, passo in avanti.
L'aspetto più saliente, e che più di ogni altro sintetizza il progresso compiuto, è costituito dal raggiungimento di una definizione assai maggiore nell'immagine, ottenuta con l'aumento del numero dei punti in cui ciascuna immagine viene decomposta nell'analisi (più di 300.000 nell'attuale televisione americana), come conseguenza di un progresso nei tubi elettronici e apparecchi sia di presa, sia di ricezione, nei sistemi di trasmissione a distanza per filo e per radio, e più in generale nei circuiti in riguardo alla loro attitudine a trasmettere fedelmente ed efficacemente vaste bande di frequenza.
La sensibilità degli apparecchi di presa televisiva è oggi maggiore di quella degli analoghi apparecchi cinematografici, gli apparecchi di ricezione domestica sono stati perfezionati e resi più accessibili, il problema della riproduzione dell'immagine teletrasmessa su grandi schermi ha compiuto progressi sensibili, diverse buone soluzioni tecniche ha avuto la televisione in colori, probabilmente destinata ad aggiungersi, se non a sostituirsi, tra pochi anni, all'attuale in bianco e nero.
Il sistema di analisi oggi universalmente adoperato in trasmissione è quello per linee orizzontali, secondo il quale l'esplorazione delle varie aree elementari o "punti", in cui l'immagine è suddivisa, viene fondamentalmente svolta nell'ordine di fig. 1. Il ritorno (indicato in tratteggiato) dal termine di una riga all'inizio della successiva, viene effettuato in una frazione di tempo ridotta; analogamente rapido è il ritorno dal termine di un quadro al principio del successivo. Durante i due ritorni, con la trasmissione di opportuni segnali di "sincronismo", si ottiene che nel ricevitore i percorsi relativi non sieno visibili e soprattutto che la successiva ricomposizione dell'immagine proceda in esatta corrispondenza con l'analisi.
Tale analisi è anzitutto caratterizzata dalla durata Tr di analisi di una riga, dal numero N di righe per immagine, e conseguentemente dal tempo T = N Tr di durata di esplorazione dell'intera immagine. Generalmente i tempi Tr e T, ed il numero N, vengono computati considerando appartenenti all'immagine anche i tempi occupati dai ritorni.
Indicando con y il rapporto tra la dimensione orizzontale e quella verticale del quadro (dimensioni comprendenti anche le porzioni di immagine corrispondenti ai ritorni), dai valori N ed F si risale al numero dei punti in cui l'immagine si può ritenere analizzata nell'ipotesi di eguali dettagli orizzontale e verticale (estensione orizzontale del "punto" nel quadro eguale alla distanza tra due righe adiacenti del quadro stesso), mediante la formula:
Il numero Mi dei punti esplorati nell'unità di tempo (i sec.) sarà pertanto espresso da:
La larghezza Df della banda di frequenza occupata dal segnale televisivo, o meglio la larghezza di banda che tutti i circuiti, dalla ripresa iniziale alla riproduzione finale, devono possedere perché l'immagine venga riprodotta con un dettaglio sensibilmente corrispondente al numero dei punti in cui essa è suddivisa nell'analisi, è dato sensibilmente dalla:
dove a k, dipendente dalle ipotesi poste circa la perfezione del risultato nel dettaglio di riga, conferiremo in massima il valore di 1/2, secondo la formula di Kupfmuller (altri dà a k un valore empirico di 0,4).
È da considerare che le difficoltà di ordine vario da superare per ottenere un risultato effettivo adeguato a quello teorico, sono in genere maggiorì (più alto è dunque il costo), se Df è più alto. A parità di banda Df allo scopo di aumentare N (da cui dipende il dettaglio), converrà ridurre F e cioè aumentare T; quest'ultimo non può tuttavia superare il tempo di pratica persistenza di una immagine sulla retina (ad esempio di 1/15 di secondo), ma dovrà per di più risultare convenientemente superiore a questo valore se in ricezione si desidera evitare l'effetto di "sfarfallamento".
È noto come nella proiezione di film cinematografici, l'effetto stesso sia efficacemente combattuto mediante un'interruzione della luce a metà del tempo di proiezione di una immagine, ciò che equivale quasi, nei riguardi dello sfarfallamento, ad un raddoppio della frequenza di cadenza delle immagini (da 24 a 48). Un risultato analogo può essere in televisione ottenuto mediante il sistema di analisi a "righe interallacciate", secondo il quale l'esplorazione dell'immagine completa viene effettuata in due successive fasi parziali, una prima secondo tutte le linee di un certo ordine (ad esempio dispari), una seconda le altre (pari). Tutti gli standard attuali (non si ha purtroppo uno standard unico per tutto il mondo) comportano l'uso di tale interallacciamento. sono stati sperimentati, ed in linea generale non sono da escludere, interallacciamenti più complessi (ad esempio di ordine 4 invece che 2).
È da notare che lo sfarfallamento è, a parità di altre condizioni, più molesto se l'immagine è più luminosa; con un valore di T di 1/30 (T/2 = 1/60) come in America, lo sfarfallamento stesso è praticamente evitato anche per illuminazioni intense; meno perfetto ma tuttavia ognora assai buono appare il risultato ottenuto con il valore T di 1/25 (T/2 = 1/50) come in Europa.
Il valore più comunemente adottato per il rapporto tra le dimensioni del quadro è di 4/3, così in America come in Europa.
Un numero di 525 linee caratterizza l'attuale standard americano; 405 ne ha l'inglese, 455 il francese d'anteguerra, tuttora e per diversi anni ancora mantenuto per una emissione dalla Torre Eiffel e 819 il nuovo recentemente sanzionato dal governo; quest'ultimo assicura quindi un dettaglio nettamente superiore a qualsiasi altro standard oggi in vigore. (Una banda Df di circa 5,5 MHz corrisponde allo standard americano secondo la formula sopra riportata, ed una banda all'incirca doppia al nuovo standard francese).
Altre caratteristiche, sia pure secondarie, di un dato standard, consistono nel tipo dei segnali di "sincronizzazione" e nella polarità, positiva se ad un aumento di luminosità del punto analizzato corrisponde un aumento del segnale elettrico corrispondente, e negativa nel caso contrario. Negativa è la polarità dello standard americano, indicato in fig. 2; in esso il tempo di ritorno di riga è inferiore al 10% di Tr, mentre il tempo di ritorno di quadro è inferiore al 7% di T.
Sembra opportuno riesporre nelle linee fondamentali l'intero procedimento televisivo dalla ripresa alla ricezione dell'immagine, il quale è completamente "statico", non richiede cioè organi meccanici in movimento di alcun genere.
L'operazione di ripresa ed analisi è essenzialmente affidata ad uno speciale tubo elettronico, l'iconoscopio (prototipo della categoria), od uno dei suoi più moderni derivati, nel quale, mediante utilizzazione dell'effetto di fotoelettricità, ha luogo la trasformazione dell'immagine luminosa in "immagine elettrica". Ci riferiremo qui per semplicità al caso in cui tale tubo sia costituito dall'iconoscopio classico.
Come appare dalla fig. 3, mediante un comune obiettivo viene formata un'immagine del soggetto da trasmettere, su una "piastra" all'interno del tubo costituita da un finissimo musaico di minute cellule fotoelettriche. La luce che colpisce le cellule elementari dà luogo all'estrazione da queste di fotoelettroni, sicché ciascuna di esse si carica ad una tensione positiva di equilibrio corrispondente all'illuminazione ricevuta. Su questa stessa piastra batte un fascetto di elettroni come quello di un normale tubo catodico, che esplora la piastra stessa per righe secondo lo schema precedentemente descritto. Quando sono colpite dal "pennello catodico", le cellule elementari si comportano, nei riguardi dell'elettrodo posteriore del tubo, come un condensatore che si scarica dando luogo così nell'elettrodo stesso ad un segnale proporzionale alla tensione di carica e pertanto alla illuminazione ricevuta.
Il segnale elettrico così ricavato, che diremo segnale "video", opportunamente amplificato, servirà alla modulazione del radiotrasmettitore (o, nel caso più semplice di trasmissione su filo, all'applicazione diretta alla entrata della linea).
Per ottenere l'esplorazione completa nell'ordine stabilito, il fascetto esploratore viene deviato ritmicamente in senso orizzontale secondo la frequenza di riga Fr = 1/Te e contemporaneamente deviato altresì (assai più lentamente) in senso verticale secondo la frequenza di quadro F = 1/T. (Per semplicità possiamo riferirci al caso in cui l'immagine sia semplice e non interallacciata). La deviazione è generalmente ottenuta per via elettromagnetica, mediante correnti alternate aventi andamento cosiddetto a "dente di sega" e che sono ottenute da due particolari generatori elettronici (vincolati sincronicamente l'uno all'altro), uno per la frequenza di riga ed uno per la frequenza di quadro. Tali generatori provvedono anche alla formazione degli speciali segnali di sincronizzazione (di riga e di quadro), quali sono rappresentati graficamente nella fig. 2 e che insieme con il segnale video vanno a modulare l'onda ad alta frequenza del radiotrasmettitore.
In ricezione avviene un processo sostanzialmente inverso nel quale il ruolo fondamentale è svolto da altro tubo elettronico, il "cinescopio", fondamentalmente costituito da un normale tubo catodico (come quelli adoperati nell'oscillografia), dotato di elettrodo per un efficace e fedele controllo dell'intensità del raggio e cioè della luminosità del "punto" prodotto sullo schermo fluorescente. Il debole segnale captato in ricezione dall'antenna viene anzitutto amplificato, quindi rivelato in modo da riottenere un segnale elettrico rappresentabile come in fig. 2. Dopo ulteriore amplificazione il segnale video viene inviato all'elettrodo di controllo del cinescopio per comandare l'intensità del raggio; la parte che riguarda i segnali di sincronismo, opportunamente isolata, va a sincronizzare una coppia di oscillatori che generano, sul ritmo rispettivamente delle frequenze di riga e di quadro, ancora correnti a forma di "dente di sega" impiegate a far deviare il raggio catodico in esatta corrispondenza con quello del tubo trasmittente (iconoscopio) sì da ricostruire, linea per linea, la voluta immagine sul fondo fluorescente del tubo.
L'iconoscopio, la cui introduzione segnò il passaggio dalla vecchia televisione meccanica, poco stabile ed assai poco dettagliata, alla moderna televisione, stabile e ad alto e altissimo dettaglio, è dovuto a Vladimir Kosma Zworykin, che espose nel 1923 i primi risultati con esso ottenuti. In esso, rappresentato in fig. 4, la piastra raccoglitrice dell'immagine ottica e trasformatrice della medesima in segnali elettrici, è costituita da un sottile foglio di mica che porta, dal lato opposto a quello sul quale batte il pennello elettronico, uno strato metallico continuo connesso ad un elettrodo esterno, e dal lato invece del pennello elettronico è ricoperto da un "musaico" costituito da un insieme di globuli d'argento del diametro massimo di alcuni millesimi di millimetro, isolati l'uno dall'altro. I globuli d'argento vengono trattati con cesio come si usa per le normali cellule fotoelettriche, di modo che ciascun elemento viene a costituire una piccola cellula fotoelettrica isolata.
La formazione del segnale elettrico su tale piastra, secondo il procedimento sopra esposto, risulta complicata dall'emissione secondaria del fotomusaico colpito dal pennello esploratore elettronico, tanto che nella corrente dell'elettrodo collettore la parte di segnale utile può costituire al massimo il 25% circa della corrente totale. Il segnale utile ottenibile ai capi della resistenza di carico nel caso di illuminazione normale del musaico, è molto basso (dell'ordine ad esempio di alcune decine di microvolt) per cui, allo scopo di rimanere nettamente al disopra delle tensioni di disturbo per agitazione termica, risulta necessario ricorrere a forti illuminazioni delle scene riprese (circa 1/5 della piena illuminazione solare).
Una proprietà caratteristica dell'iconoscopio, è la cosiddetta "memoria", consistente nel fatto che, se il fotomusaico riceve una immagine luminosa di durata brevissima ma sufficientemente intensa, i singoli elementi del musaico si polarizzano tosto secondo il processo esposto e, finché non sono colpiti dal raggio catodico esploratore, trattengono per un certo tempo le loro cariche riproducenti l'immagine, anche se viene a mancare l'immagine luminosa. Di questa proprietà dell'iconoscopio si trae partito in un sistema di trasmissione televisiva di film.
Sempre dallo stesso Zworykin venne studiato nel 1938 l'iconoscopio "ad immagine" schematicamente costituito come in fig. 5, e che sostanzialmente differisce dall'iconoscopio classico in quanto lo strato fotosensibile è costituito da un leggero deposito metallico semitrasparente, sostenuto da una lastrina di cristallo. A differenza da quanto succede nelle comuni cellule fotoelettriche, l'emissione elettronica avviene in esso dalla parte opposta rispetto a quella da cui giunge la luce. Con un sistema di lenti elettroniche gli elettroni emessi da questo strato vengono poi concentrati in modo tale da formare un'immagine elettronica sul musaico, i cui elementi hanno ora in questo tubo la funzione di semplici moltiplicatori di elettroni. Su tale musaico viene effettuata la solita "lettura" che fornisce il segnale video come sopra. La sensibilità di questo tubo può giungere a circa una decina di volte quella dell'iconoscopio.
Un tubo fondato su un principio abbastanza diverso è quello presentato nel 1939 da Jams e Rose, e chiamato "corticonoscopio" (Orthicon). In questo tubo, rappresentato in fig. 6, il fotomusaico è traslucido e l'immagine ottica viene formata sullo schermo dalla parte opposta a quella dell'emissione elettronica; l'immagine elettrica conseguentemente formatasi viene esplorata da un fascetto di elettroni la cui velocità è tenuta a valori assai bassi (tensione moderata). Il fascetto di elettroni viene "riflesso" dal musaico e ritorna sul proprio cammino in quanto "focalizzato" da un opportuno campo magnetico. Un elettrodo collettore raccoglie questi elettroni di ritorno in modo che non vadano a disturbare la formazione del segnale video: il segnale stesso risulta così più puro. La sensibilità di questo tubo è di circa dieci volte quella dell'iconoscopio classico.
Il tubo elimina altresì un importante inconveniente dell'iconoscopio classico consistente in segnali spurî dovuti ad emissioni secondarie non controllate, traducentisi in macchie nell'immagine trasmessa, la cui eliminazione richiede l'uso di opportuni segnali elettrici di correzione, da regolare continuamente in relazione agli spostamenti delle zone di luce e d'ombra nel quadro dell'immagine.
Un successivo perfezionamento dell'orticonoscopio fu apportato (Rose e Weimac, 1946) utilizzando la moltiplicazione elettronica, accoppiata ancora al sistema di formazione dell'immagine elettronica come nell'iconoscopio ad immagine. Il nuovo tubo, "orticonoscopio ad immagine", è costituito (fig. 7) di un fotocatodo semitrasparente ove l'immagine ottica viene trasformata in una corrispondente emissione elettronica, la quale, in virtù di una lente elettromagnetica, va a formare un'immagine elettronica su di una speciale lastrina di cristallo. Le varie polarizzazioni elettriche suscitate in quest'ultima, e corrispondenti punto per punto all'immagine ottica, determinano variazioni nel fascio elettronico di ritorno come già nel normale orticonoscopio. Per di più tale fascio subisce alcune moltiplicazioni elettroniche prima che se ne tragga il segnale di uscita.
Questo tubo da presa raggiunge sensibilità tali per cui è possibile effettuare buone riprese con illumiuazioni dell'ambiente dell'ordine di una decina di lux (con 10 lux si può a mala pena ottenere una ripresa cinematografica con obiettivo di apertura 1 : 2).
Accenneremo appena al tubo da presa chiamato "dissettore d'immagini" attuato dal Farnsworth nel 1934. Si tratta di un tubo nel quale, a differenza di tutti gli altri precedentemente descritti, a mezzo delle solite bobine di deflessione, si fa oscillare, anziché il solo pennellino elettronico, tutta l'immagine elettronica ottenuta da un normale fotocatodo. Da questa immagine elettronica oscillante viene prelevata, mediante un opportuno schermo provvisto di un forellino, un pennellino elettronico la cui intensità verrà a corrispondere alle varie densità locali dell'immagine stessa e da cui si potrà trarre il segnale.
Altri tubi più o meno diversi, ma basati su principî fondamentali eguali o analoghi a quelli esposti, sono stati attuati altrove e con sensibilità comprese tra quelle del primitivo iconoscopio e del moderno superorticonoscopio. Così sono stati prodotti l'"emitron" ed il "superemitron" in Inghilterra, e l'"ériscope" ed il "superériscope" in Francia. Questi ultimi, al cui studio e sviluppo hanno contribuito De France, Lallemand e altri, presentano caratteristiche interessanti, tra cui quella di una alta definizione e una ridotta superficie del fotocatodo trasparente che facilita l'uso di ottica di grande apertura e l'attuazione di camere poco ingombranti.
Fondamentalmente invariato nel suo principio base è rimasto dal 1935 ad oggi il "cinescopio" o tubo catodico di ricezione; il più importante progresso da annoverare in esso è forse quello consistente in un considerevole aumento del contrasto nell'immagine ottenuta. In seguito a varî progressi di dettaglio questa è oggi assai luminosa e geometricamente più corretta, il problema dell'attuazione su larga scala di cinescopî a schermo di grande diametro (ad esempio 30-40 cm.) è oggi assai ben risolto, la durata dello schermo fluorescente è stata assai aumentata, essendo stato eliminato o attenuato il bombardamento ionico. Tra gli ultimi progressi tecnologici è l'uso di metallo per una notevole parte dell'involucro.
L'aumento del contrasto, dovuto a Epstein e Pensak (1944 e 1946) è stato conseguito depositando sul lato interno dello strato fluorescente un sottile strato metallico (alluminio) che evita l'emissione secondaria di elettroni e quella di luce verso l'interno del tubo.
Il problema della proiezione dell'immagine televisiva su schermi per una visione più comoda, e da parte di un maggiore numero di persone, ma tuttora nell'ambito familiare (schermi ad esempio sino ad 1 mq. di superficie o poco più), è oggi raggiunto accoppiando ad uno speciale tubo catodico, avente schermo di diametro non grande (ma dotato di altissima luminosità mediante l'uso di una forte tensione anodica), un sistema ottico di proiezione ad alto rendimento (ottica Schmidt) basato sull'uso di specchî concavi e di lenti asferiche correttrici, grazie al quale il 30% del flusso luminoso del tubo (potenza complessiva dell'ordine della decina di Watt) viene convogliato sullo schermo, che generalmente è ad effetto direttivo (fig. 11).
In taluni moderni ricevitori lo schermo, di dimensioni moderate (p. es. cm. 40 × 50), è incorporato nel mobile del ricevitore stesso, grazie all'uso di uno specchio che consente di effettuare la proiezione nell'interno del mobile prevalentemente in senso verticale, con uno schermo pur disposto verticalmente alla sommità del mobile stesso.
Il più arduo problema della riproduzione dell'immagine televisiva su grandi schermi dinnanzi al pubblico, ad esempio in sale cinematografiche, non sembra aver ancora trovato una definitiva soluzione pratica. Con lo stesso sistema della proiezione a partire dal tubo catodico, già considerato per la ricezione familiare, spinto al più alto grado possibile (tensione anodica molto alta, rimedî opportuni agl'inconvenienti prodotti dall'elevatezza di tali tensioni e altro), si è arrivati da parte di Zworykin, Pensak, Epstein e altri, già nel 1947 ad ottenere una buona luminosità su schermi di m. 1,83 × 2,44.
È difficile dire se tale strada potrà consentire di compiere ancora un sostanziale cammino in avanti. Estremamente interessante appare pertanto una soluzione del tutto nuova, attuata nel Politecnico di Zurigo da Fischer, e al cui sviluppo si è dedicato Thiemann. L'apparecchio, cui è stato dato il nome di "eidoforo", fa uso di un ingegnoso procedimento di amplificazione di luce; nella sua presente attuazione sperimentale esso fornisce un quadro di circa 10 metri quadrati con una luminosità media assai buona, e con un dettaglio ottimo. Se i progressi futuri lo renderanno più pratico, esso potrà forse costituire la definitiva soluzione del problema.
Una soluzione di esso consiste nel registrare le immagini, ricevute su un normale cinescopio, su un film, poi sviluppato e proiettato normalmente; l'immagine proiettata rimane però alquanto ritardata rispetto alla ripresa.
La diffusione dell'immagine televisiva a partire da un trasmettitore sino ai varî "osservatori" situati entro un certo raggio e che può essere fatta anche con filo (rete di cavi coassiali diramati fino ai singoli utenti) è tuttavia per ragioni di praticità ed economia effettuata a mezzo di radio. Data la larghissima banda di frequenza occupata dal segnale televisivo (un migliaio di volte circa quella di un normale segnale fonico), le trasmissioni di televisione non possono essere effettuate che su onde ultracorte e microonde. La conferenza internazionale di Atlantic City (1947) assegnò pertanto alla radiodiffusione televisiva gli intervalli di frequenza di MH2 41-68 (onde da 7,3-4,4 metri), 88-100, 174-216, 470-585 (64-51 cm.) ed altri.
Per quanto noto circa la propagazione di tali onde cortissime (v. radiocomunicazioni, in questa App.) il raggio d'azione di una stazione trasmittente è praticamente limitato all'orizzonte ottico. (Al di là di esso il segnale decresce rapidamente in intensità e l'immagine può risultare deformata). Si cerca pertanto di installare le stazioni o almeno le antenne trasmittenti in edifici o torri molto elevati, ovvero, quando sia possibile, su colline o montagne.
Nel caso di torri appositamente costruite non appare in genere conveniente, per ragioni di economia, superare per l'altezza il centinaio di metri corrispondenti ad un raggio massimo di azione di circa 35 km.; secondo la formula:
dove D è il raggio in km., e h l'altezza in metri dell'antenna sul suolo.
Grazie all'uso di antenne provviste di spiccata direttività nel senso verticale (e cioè concentranti la radiazione entro angoli limitati rispetto al suolo), con potenze anche di pochi kW si riesce in genere a coprire assai bene tale area. (Antenne dotate di una discreta direttività sono generalmente usate anche in ricezione).
Mentre l'attuale televisione americana sullo standard a 525 linee è soprattutto fatta sulle onde da 7 a 3 metri, la trasmissione francese con lo standard di 819 Mc sarà effettuata nella banda da m. 1,7 a 1,4. Giova appena ricordare che l'immagine televisiva è accompagnata dal suono relativo generalmente trasmesso su un'onda adiacente a mezzo di un trasmettitore distinto; sono stati considerati anche sistemi che consentono di incorporare il segnale fonico con quello televisivo. La modulazione generalmente prevista per il segnale televisivo è quella in ampiezza con soppressione di una parte di una banda laterale allo scopo di un minore ingombro di frequenza. Per il suono è generalmente prevista la modulazione in frequenza, con un indice tuttavia più moderato di quella attuata nella moderna radiodiffusione fonica di onde ultracorte.
La situazione orografica italiana favorisce assai, almeno nella parte settentrionale e centrale, la radiodiffusione televisiva, consentendo di installare le stazioni trasmittenti su colli o montagne dotate di orizzonti molto vasti e bene accessibili; l'intera Valle Padana può essere in tale modo coperta con tre o quattro stazioni installate ad esempio a Superga presso Torino, a monte Mottarone presso Stresa, ovvero a Monte Bisbino presso Como o anche a Campo dei Fiori presso Varese, a Monte Maddalena presso Brescia, a Monte Venda dei Colli Euganei presso Venezia (fig. 12). Un orizzonte eccezionale, che copre circa 1/3 del territorio nazionale, è infine presentato da Monte Cimone dell'Appennino Tosco-emiliano (2160 metri).
Lo sviluppo della nuova radiodiffusione ad onde ultracorte che assai verosimilmente si produrrà anche in Italia (v. radiodiffusione, in questa App.), eserciterà indubbiamente una ripercussione favorevole sullo sviluppo della televisione e viceversa; data la caratteristica comune alle due diffusioni, del raggio di azione limitato all'orizzonte ottico, la stessa località e gli stessi impianti potranno con reciproco vantaggio essere impiegati per ambedue i servizî; e un vantaggio non indifferente si potrà ottenere con l'attuazione, che oggi già si prospetta assai razionale, di ricevitori unici per i due diversi generi di programmi.
Un problema assai importante è quello di allacciare i radiotrasmettitori televisivi con i centri di produzione dei programmi, vicini o distanti, di collegare infine le varie stazioni radiotrasmittenti fra loro, sicché l'area in cui un dato programma viene diffuso venga a risultare molto più vasta di quella determinata dall'orizzonte ottico della stazione singola.
Il cavo coassiale, ma più ancora i radiocollegamenti a fascio (v. radiocomunicazioni, in questa App.), più flessibili ed economici, particolarmente adatti per il caso in cui le stazioni trasmittenti sieno installate su alture, consentono di risolvere perfettamente tale problema. (Le onde in essi adoperate sono soprattutto comprese tra qualche centimetro e qualche decina di centimetri, e il sistema di modulazione del segnale televisivo, è quello di frequenza, con "indice" di modulazione moderato).
Una rete europea di radiocollegamenti televisivi a fascio con relais o con cavi può oggi essere attuata senza che si debba risolvere alcun nuovo problema; con essa appare possibile collegare con rapidità e senza eccessiva spesa i centri più importanti dell'Europa intera. Una rete del genere, che contribuirebbe largamente allo sviluppo della televisione, specie se i paesi europei potessero accordarsi per l'adozione di uno standard comune, evidentemente potrebbe essere attuata con vantaggio di economia per la trasmissione altresì dei segnali radiofonici, telefonici, di facsimile, o altro. Oltre che ad accrescere enormemente l'interesse della ricezione televisiva, dando la possibilità di televedere avvenimenti prodotti anche a grande distanza, essa contribuirebbe largamente alla risoluzione del problema forse più grave della diffusione televisiva, quello dell'elevato costo della produzione di programmi originali, costo che potrebbe essere in tale modo distribuito su un numero di utenti assai più vasto.
Circa le apparecchiature ausiliarie del tubo da presa richieste per la presa e la trasmissione delle immagini, si può osservare come esse restino fondate sui vecchi principî, pur avendo subìto importanti miglioramenti e semplificazioni. La produzione dei segnali di "sincronismo" è ancor oggi raggiunta per via statica (cioè con circuiti elettronici), con il risultato di una assoluta stabilità. Si ricorderà come nei paesi in cui la distribuzione di energia ha luogo a frequenza unificata si abbia la convenienza ad asservire la frequenza F di quadro alla frequenza della rete stessa (ciò consente di eliminare senza particolari cure possibili disturbi alle immagini ricevute): perciò in America, dove la frequenza della rete è di 60 cicli/sec, per la frequenza F si è assunto il valore, esattamente sottomultiplo, di 30, e in Inghilterra si è dato ad F il valore di 25.
Circa gli apparati trasmittenti, ciò che li differenzia dai trasmettitori radiofonici funzionanti sulla stessa lunghezza d'onda è essenzialmente l'assai più larga banda; lo sviluppo avutosi di nuovi tubi dotati della capacità di un assai efficace e facile smaltimento del calore dovuto alla potenza internamente dissipata, caratterizzati da "tempi di transito" degli elettroni tra gli elettrodi, assai piccoli, presentanti induttanze e capacità assai ridotte, e dotati di elevate emissioni, consente di ottenere senza difficoltà le larghezze di banda volute con potenze anche elevate, e con rendimenti ragionevoli. (Un "tetrodo" di recente produzione americana quale l'R. C. A. 8D21 è ad esempio capace di fornire la potenza di 5 kW sull'onda assai corta di 300 megacicli al secondo).
Particolarmente interessante appare il problema dei radioricevitori televisivi, dato che esso interessa la vasta categoria degli utenti. Di fronte ad un normale ricevitore radiofonico ad onde medie e corte il ricevitore televisivo si differenzia anzitutto per la lunghezza d'onda molto minore, per l'assai più larga banda di frequenza, per il maggiore numero di tubi e l'elevata "pendenza" in essi richiesta (è noto come in genere il raggiungimento di un dato rapporto di amplificazione richiede un numero tanto maggiore di tubi quanto più la banda è larga), per la presenza del tubo catodico e di un alimentatore a tensione relativamente alta (organo oggi assai semplificato mediante l'uso di oscillazioni localmente prodotte a frequenza assai più alta di quella di rete). Il ricevitore stesso comporta organi per la deflessione orizzontale e verticale del raggio catodico del tubo a partire dai segnali di sincronismo ricevuti insieme a quelli d'immagine, e previamente isolati dai medesimi. I "comandi" del ricevitore servono a controllare, oltre che la sintonia, l'intensità luminosa, il "fuoco" del tubo catodico, il contrasto, ed altro. Ogni ricevitore televisivo è infine altresì un ricevitore fonico; essendo il canale fonico adiacente a quello televisivo, l'amplificazione in alta frequenza dei due segnali è in genere effettuata, almeno in larga parte, in comune, con un sensibile risparmio di tubi e conseguentemente con un minore costo.
Tendenza odierna assai netta nei ricevitori familiari è quella dell'impiego della visione diretta (senza cioè proiezione) effettuata mediante tubi con schermi di grande diametro (da 20 a 40 cm.), sui quali le dimensioni dell'immagine risultano mediamente dell'ordine di grandezza di quelle di una fotografia 18 × 24. Tali ricevitori servono bene per un numero limitato di persone che osservino lo schermo dalla distanza di circa un metro. Dimensioni più grandi, ad esempio quelle di una stampa fotografica 30 × 40 o 40 × 50 si ottengono con sistemi di proiezione ad ottica Schmidt incorporabili anche nell'apparecchio stesso (fig. 14); dimensioni più grandi ancora richiederebbero apparecchi di costo molto elevato.
Le moderne macchine da presa consentono di riprendere programmi prodotti appositamente in studio o nei teatri, e offerti dalle scene della vita reale. Apparecchiature mobili, generalmente autoportate (fig. 8) facilmente allacciabili ai più vicini centri di emissione, a mezzo di radiocollegamenti direttivi, consentono di allargare notevolmente la zona di ripresa.
La diffusione di scene riprese dal vero urta sovente contro le abitudini di vita degli iisservatori, che solo in determinati periodi del giorno, ad esempio soprattutto nella serata, si trovano in grado di dedicarsi alla ricezione televisiva; così come del resto anche nel caso della fonia, si pone quindi il problema della registrazione della scena e della sua ritrasmissione al momento adatto. Il mezzo, purtroppo meno semplice e assai più costoso di quelli di cui oggi si dispone per i programmi fonici, è dato dalla cinematografia.
La trasmissione televisiva di film non offre difficoltà particolari; essa può essere effettuata con la stessa camera usata per la ripresa di scene dal vero, purché si provveda all'attuazione di un sincronismo tra la frequenza fissata per l'analisi televisiva e la frequenza di proiezione delle immagini cinematografiche.
Assai facile si presenta il problema nel caso di frequenza di quadro di 25, come in Europa, giacché l'immagine cinematografica non cambia sensibilmente aspetto nel passare dalla frequenza di 24 a quella di 25; la perfetta riproduzione del suono è in essa ottenuta con il semplice artificio di proiettare due volte una immagine su 24. Nel caso della frequenza di 30, americana, una buona soluzione sanzionata dalla pratica si è rivelata quella di trasmettere due volte una immagine ogni quattro. La ripresa di film può essere effettuata altresì mediante macchine speciali appositamente concepite per lo scopo.
Il problema inverso di registrare su film l'immagine televisiva ricevuta oggi si pone altresì; ci si limiterà a dire in proposito che esso ha ricevuto assai buone soluzioni di vario genere, tutte ovviamente richiedenti il sincronismo tra la successione di quadri dell'immagine televisiva ed il movimento della pellicola cinematografica.
La raccolta, la mescolazione, le manipolazioni varie in trasmissione delle immagini riprese e ritrasmesse, sono operazioni complesse, cui provvedono banchi di comando e di controllo.
Un problema da considerare non ancora perfettamente chiarito, probabilmente perché non sempre impostato con criterî pratici, è quello della relazione fra dettaglio e numero di righe e soprattutto della relazione fra dettaglio e grado della soddisfazione in media provata dall'osservatore dell'immagine.
Il dettaglio richiesto, e quindi il numero di righe necessario, dipende anzitutto e soprattutto dal genere di programma che si considera; le attuali 405 linee inglesi possono essere più che soddisfacenti per la trasmissione di scene semplici, composte soprattutto di primi piani, quali una buona parte delle scene prodotte in studio con un numero limitato di persone, ma d'altra parte anche le 819 righe francesi di oggi, o le 1029 che già in passato il Barthelemy aveva preconizzato, possono rivelarsi insufficienti per la ripresa di scene complesse dal vero nelle quali l'attenzione dell'osservatore abbia da spostarsi senza regola, e in modo rapido e non prevedibile, da una zona all'altra del quadro. Interessanti conclusioni al riguardo sono state ottenute applicando al caso televisivo risultati ottenuti nello studio del dettaglio dell'immagine cinematografica; i due casi sono tuttavia diversi, e sotto certi aspetti si può ritenere che la televisione presenti maggiori esigenze.
Non bisogna infine ritenere che le norme oggi stabilite debbano e possano essere di carattere definitivo; la televisione è giovine, il progresso tecnico in corso, da un lato, e dall'altro il progressivo aumentare delle nostre esigenze, potranno portar all'adozione di norme più severe in un avvenire lontano.
Ci troviamo attualmente (1949) ancora in una fase sperimentale per quanto riguarda la trasmissione di immagini a colori. Per la storia ricorderemo che tentativi in proposito furono fatti già al tempo dell'analisi meccanica (Baird in Inghilterra). Esperimenti più convincenti furono poi più tardi effettuati coi sistemi statici, già affermatisi nel frattempo nella televisione in bianco e nero.
Analogamente a quanto si fa per la stampa, la fotografia, la cinematografia a colori, il soggetto viene selezionato secondo tre colori fondamentali (tricromia); le tre immagini singole che si ottengono (monocromi) serviranno poi a ricomporre un'immagine corrispondente al soggetto. La ricomposizione può essere fatta per due vie: 1) tre sorgenti di luce nei tre colori fondamentali vengono utilizzate per ottenere in un unico schermo un'immagine i cui singoli elementi risultano dalla somma delle luci provenienti dalle tre sorgenti (sintesi additiva); 2) da un'unica sorgente di luce si ottiene un'immagine in colore per il fatto che la luce stessa è costretta ad attraversare tre successive immagini colorate nei tre colori fondamentali; ciascun punto dell'immagine riceve così la luce dopo tre filtrazioni (sintesi sottrattiva). Mentre questo secondo sistema si è affermato nella stampa e nella fotografia e cinematografia a colori, per la televisione a colori si è ricorso, nelle esperienze che hanno dato i migliori risultati, al primo sistema, pur non mancando qualche esempio di tentativo o proposta circa il secondo (Rosenthal 1940).
La sintesi additiva può essere a sua volta ottenuta in due modi distinti perché si può avere una sovrapposizione contemporanea delle tre luci colorate atte a fornire l'immagine completa, oppure si può, utilizzando la persistenza dell'immagine sulla retina, ottenere che le tre immagini colorate elementari si presentino in tempi successivi. ma sufficientemente brevi, in modo che la sovrapposizione di esse avvenga sulla retina senza apparente discontinuità nel tempo.
Il sistema della trasmissione contemporanea è concettualmente molto semplice; si tratta di moltiplicare per tre tutto il sistema di trasmissionericezione, cioè alla ripresa si fa uso di tre camere, ciascuna delle quali riceve una delle immagini selezionate per via ottica; in ricezione si utilizzano cinescopî che a mezzo di specchi semitrasparenti fanno apparire sovrapposte le tre immagini, oppure dai tre cinescopî si proiettano le tre immagini in coincidenza su un unico schermo.
La trasmissìone è pertanto effettuata a mezzo di tre "canali" distinti. Nel sistema per trasmissione successiva nel tempo, un disco che porta filtri colorati nei tre colori fondamentali ruota dinanzi al tubo da presa, ed un'analogo disco in perfetto sincronismo col precedente dinanzi al tubo ricevente. Già in importanti prove effettuate con questo sistema negli Stati Uniti nel 1940 (C. B. S.) furono ottenute buone immagini con una frequenza di quadro di 120 al secondo ed interallacciamento di ordine 2. Nel 1946 e nel 1947, ad opera di Kell e altri, esperimenti assai più progrediti furono ripetuti con un'analisi a 515 linee, col sistema dei canali separati per i tre colori.
È anche da osservare che in un'immagine a colori il dettaglio apparente aumenta sensibilmente, a parità di numero di linee, rispetto ad analoga immagine in bianco e nero. In linea generale per la televisione a colori è da prevedere un allargamento della banda di frequenza richiesta dal segnale, non tuttavia così notevole, per quanto osservato e per altre ragioni, come comporterebbe la semplice moltiplicazione per tre di quella per il caso di bianco e nero.
È da accennare anche ad interessanti esperienze che sono state fatte in America, Inghilterra e Francia (Delbord 1948) allo scopo di attuare trasmissioni stereoscopiche; queste non sono tuttavia uscite dalla fase sperimentale.
È opportuno infine dare un breve cenno degli sviluppi della televisione in bianco e nero dal punto di vista del servizio pubblico; dopo un primo periodo che si può chiamare sperimentale, si iniziarono dal 1937 regolari trasmissioni in diverse città d'Europa e d'America. In Inghilterra trasmissioni a 240 linee furono effettuate negli anni 1936 e 1937 (col sistema Baird) ed a 405 linee dal 1937 secondo lo standard tuttora in vigore. Trasmissioni con 441 linee vennero effettuate a Berlino (Witzleben) negli anni 1938-39-40, con modulazione a polarità positiva, e a New York (Empire State Building), con modulazione a polarità negativa. Negli stessi anni, e particolarmente nel 1939 e nel 1940 ottime emissioni sperimentali venivano effettuate sullo stesso standard ad opera della RAI (allora EIAR), a Milano dalla Torre del Parco ed a Roma da Monte Mario, con apparati costruiti in Italia.
In Italia il problema della televisione è tornato ad essere presente dopo la guerra e si può ragionevolmente sperare in una ripresa assai prossima. Un'apposita Commissione di studio è stata nel 1948 istituita dal Consiglio Nazionale delle Ricerche; le università, la RAI e le industrie se ne occupano con grande interesse.
Durante la seconda Guerra mondiale i servizî di televisione vennero sospesi, anche per ragioni di sicurezza. In Inghilterra furono ripresi nel giugno 1946 dalla B. B. C. che dall'Alexandra Palace (Londra) trasmette per 2 1/2-3 ore giornalìere per circa 100.000 utenti a Londra e nell'Inghilterra meridionale. È prevista per la fine del 1949 l'inaugurazione d'una stazione trasmittente presso Birmingham, primo passo verso l'impianto d'una rete nazionale.
La televisione negli Stati Uniti. - Negli S. U. la televisione ha assunto il maggiore sviluppo. Il servizio pubblico, iniziato da una stazione di New York nel 1941 è stato ripreso nel dopoguerra. Nel 1946 fu istituito il primo collegamento tra Washington e New York mediante cavo coassiale e nel 1947 fu completato quello fra New York e Boston mediante collegamento a fascio con relais. Ma il maggiore sviluppo si ebbe nel 1948, con il miglioramento dei programmi (all'inizio, avvenimenti sportivi, poi anche politici, quali l'insediamento del presidente Truman e la firma del Patto Atlantico, varietà, drammi, ecc.) e con la produzione in serie e il ribasso dei prezzi (che oscillano tra 170 e 2500 dollari, con una media di 400 per un buon apparecchio per famiglia) degli apparecchi riceventi. Alla fine del 1948 gli apparecchi venduti erano quasi un milione e si calcola che alla fine del 1949 saranno in possesso del pubblico circa 2 milioni di apparecchi e saranno messe in servizio almeno 150 nuove stazioni trasmittenti. È nella fase sperimentale il metodo detto della stratovisione, che importa l'impiego di stazioni relais installate su aerei volanti a circa 9000 m., in circoli prestabiliti attorno alle stazioni trasmittenti: si calcola che 15 di tali relais basterebbero a coprire tutto il continente nord-americano e si pensa già all'uso anche di navi portaerei, per effettuare un servizio transoceanico.
Bibl.: M. Chauvierre, La télévision, Parigi 1937; F. Schröter, Fernsehen, Berlino 1937; H. Günther, Das grosse Fernsehbuch, Berlino 1939; D. G. Fink, Principles of television engineering, New York 1940; V. K. Zworykin e G. A. Morton, Television, ivi 1940; D. G. Fink, Television standards, 1943; R. C. A., Television, 1935-47, voll. 4; E. Cajone, Televisione, Napoli 1945; E. Montù, Televisione, Milano 1947; Atti del Congresso di televisione, Parigi, ottobre 1948.