Televisione
La televisione nell'età dell'abbondanza
L'evoluzione dei sistemi televisivi nel primo lustro del nuovo millennio deve essere letta sullo sfondo delle trasformazioni di ampia portata che hanno investito il broadcasting a partire dall'ultimo ventennio del Novecento. Sono mutazioni tecnologiche, dei sistemi istituzionali, economici e produttivi, delle forme comunicative e simboliche e delle modalità di consumo e di fruizione, che hanno investito non solamente la t., ma più in generale l'ambiente mediale di cui il broadcasting continua, pur in modi differenti, a essere un perno essenziale. Il carattere unificante sotto il cui segno interpretare l'evoluzione di questi anni può essere descritto come l'approdo all'età dell'abbondanza mediale.
A partire dagli anni Settanta e poi, più decisamente, negli anni Ottanta la t. ha superato definitivamente l'età della scarsità, ovvero quel periodo caratterizzato da una limitata offerta di canali e di prodotti (i servizi pubblici in Europa occidentale, il classic network system negli Stati Uniti, ovvero le tre grandi ABC, NBC, CBS), destinata a un pubblico di massa, inteso - dalle stesse istituzioni di broadcasting - come indifferenziato. Fra gli anni Settanta e Ottanta l'età della scarsità si è conclusa pressoché in tutti i Paesi industrializzati avanzati, negli Stati Uniti come in Europa occidentale, sebbene le conseguenze e i ritmi del cambiamento appaiano diversi, considerate le diverse situazioni di partenza. È iniziato allora un periodo di grande mutazione, che ha trovato nell'evoluzione tecnologica, e in modo particolare nel ricorso al digitale, il suo volano, che tuttavia ha abbracciato per la verità una molteplicità di fattori che non sono riconducibili alla semplice variabile tecnologica (che, anzi, deve essere intesa come una variabile dipendente da più complessi fattori economici, sociali e culturali).
Si è assistito in quel periodo a importanti trasformazioni culturali e sociali, che è possibile riassumere con l'idea del passaggio da 'una società dei consumi a una società consumistica'; è stata introdotta una nuova ondata di innovazioni tecnologiche che, per quanto concerne l'istituzione televisiva, ha iniziato a far vacillare l'idea della 'scarsità' che aveva permeato la prima età televisiva. Infine, gli Stati sono stati indotti a introdurre nuove politiche per far fronte ai problemi e alle esigenze emerse, in parte sollecitate da questi mutamenti e in parte dall'iniziativa di nuovi soggetti economici. Dal più generale punto di vista economico, culturale e sociale, a partire dagli anni Settanta e poi con gli anni Ottanta le società occidentali, in tempi, modi e ritmi diversi, hanno abbandonato progressivamente il modello della produzione standardizzata e massificata. Un modello che aveva caratterizzato anche la t. nell'età della scarsità. Con la nuova età, tutti i prodotti di consumo hanno iniziato a differenziarsi ed è mutato il significato stesso del consumo, divenendo rappresentativo della soggettività di massa. Una trasformazione che ha investito i consumi materiali e quelli immateriali, e perciò anche quelli culturali e la televisione. I modelli esistenti paiono non essere più sufficienti a soddisfare una domanda crescente e sempre più differenziata. La tecnologia sembra rendere disponibili nuove opportunità per incontrare nuove richieste, e la concretizzazione di queste possibilità non fa che rilanciare e rafforzare l'intero fenomeno. La politica mette in campo, secondo modalità molto differenziate da contesto a contesto, una progressiva apertura e 'deregolamentazione', o meglio 'riregolamentazione', del settore.
Il peso dell'introduzione di nuove tecnologie, che affrancano definitivamente dalla scarsità delle frequenze e dalla limitazione dei canali e che permettono altresì dei modelli di finanziamento differenti (l'abbonamento e il pagamento diretto da parte del consumatore), è considerevolmente variabile da Paese a Paese. La diffusione di canali di distribuzione nuovi, come il cavo o il satellite, si è attuata in tempi diversi: negli Stati Uniti a partire già negli anni Settanta, in Europa, con notevoli disparità geografiche fra il Nord (Germania, Benelux, Gran Bretagna) e il Sud (Spagna, Francia, Italia) del continente, nel corso degli anni Ottanta e Novanta.
In Europa la trasformazione istituzionale del sistema televisivo è avvenuta in modo radicale, con l'apertura del mercato a nuovi soggetti e con l'inizio della crisi dei servizi pubblici, gli unici protagonisti del broadcasting nell'età della scarsità. Il fenomeno, dunque, è stato al contempo economico e culturale, ha sovrastato il semplice settore televisivo, indicando tuttavia perfettamente la dinamica attivatasi nel broadcasting e, più in generale, nel sistema dei media europei. Esso si è legato all'innovazione tecnologica - l'introduzione del cavo e del satellite, la progressiva convergenza dei media - che ha affrancato dalla scarsità della tradizionale t. irradiata via etere dai servizi pubblici monopolistici, eliminando una delle principali giustificazioni al mantenimento di un servizio pubblico radiotelevisivo strettamente collegato allo Stato.
Dunque, la t. ha visto emergere due tendenze di fondo: da una parte, il progressivo allargamento dell'offerta televisiva, sia in termini di canali trasmessi, sia in termini di tempi di trasmissione (t. di flusso), sia di possibilità di consumo (oltre alla t. pubblica finanziata con il canone, la t. commerciale e nuove forme di pay-TV via cavo o via satellite); dall'altra, una crisi dei servizi pubblici che devono ridefinire il proprio ruolo in un contesto generale del tutto mutato. Con la sola eccezione della Gran Bretagna che, pur in un sistema estremamente regolato, aveva introdotto già nel 1954 un servizio televisivo insieme commerciale e regionale, in concorrenza con la BBC, tutti i Paesi europei sono arrivati a forme di deregolamentazione e di rottura dei monopoli pubblici fra il 1976 (Italia) e il 1999 (Austria).
La crisi dei servizi pubblici ha fondato le sue radici sia nella citata necessità di ridefinire un proprio compito, una propria missione, in una situazione diversa da quella di 'scarsità' in cui essi erano nati, sia nella più concreta problematica di dover competere, in un mercato variamente concorrenziale, adottando almeno parzialmente meccanismi di finanziamento e di programmazione tratti da modelli commerciali. Ciò ha significato, per es., dover competere sul piano degli ascolti e della raccolta pubblicitaria e dover far fronte a crescenti costi di produzione pur non potendo contare su altrettanto crescenti introiti da canone, il cui aumento risulta direttamente legato a decisioni politiche normalmente di scarsa popolarità. In Italia il servizio pubblico è andato sempre più modellandosi sulle esigenze di un mercato commerciale e solo parzialmente concorrenziale. Dall'altra parte, la deregulation, insieme all'innovazione tecnologica, ha determinato una vertiginosa crescita dei canali disponibili: la t. è diventata multicanale. Il panorama degli operatori televisivi che si è definito in Europa nel corso degli anni Ottanta e Novanta comprende tradizionali servizi pubblici nazionali che trasmettono in chiaro con segnale terrestre, network commerciali, operatori codificati (che prevedono cioè un abbonamento per poter 'decodificare' il segnale) via satellite o via cavo.
Gli effetti della deregolamentazione-riregolamentazione degli anni Ottanta e Novanta possono essere riassunti in alcuni punti:
a) effetti sulla programmazione e sui suoi costi: con il superamento della scarsità si è generato un aumento della competizione unito a un aumento della domanda di t.: sono cresciute le ore di produzione e trasmissione, ma anche i costi, sia per la maggiore competizione sia per l'aggressiva politica delle neonate t. a pagamento che hanno fatto crescere il valore di contenuti come lo sport (per es., il calcio) o il cinema;
b) effetti sull'importazione e il commercio dei programmi: il bisogno di contenuti per un ambiente sempre più multicanale favorisce un mercato internazionale di programmi e soprattutto l'importazione di programmi d'intrattenimento dagli Stati Uniti, Paese leader nell'esportazione. La richiesta di contenuti 'locali', insieme a politiche a favore della produzione europea, hanno agevolato tuttavia, in modo particolare negli anni Novanta, la pratica della commercializzazione di format nonchè la diffusione di case di produzione europee attive a livello internazionale. Alla fine degli anni Novanta, un format europeo come Who wants to be a millionaire? non soltanto è stato 'tradotto' in Europa, ma anche esportato negli Stati Uniti;
c) effetti sulla qualità e la varietà dell'offerta: la t. impone ai mercati una competizione sulla base dei costi dei programmi, da una parte, e degli obiettivi d'ascolto raggiunti, dall'altra; ciò determina la marginalizzazione di generi televisivi 'di minoranza'. Una cultura televisiva retta dalle forze di mercato tende alla massimizzazione dei profitti e alla minimizzazione del rischio, e ciò può determinare effetti sia sulla qualità sia sulla varietà dell'offerta. Almeno per quanto riguarda la t. generalista non a pagamento, la disponibilità e la proliferazione tanto dei canali quanto dei programmi deve fare i conti con la tendenza all'omologazione dei contenuti. Programmi di qualità o generi televisivi 'di minoranza' rischiano di essere assorbiti dalla sola t. a pagamento;
d) effetti sulla qualità dell'informazione: considerato che anche il settore dell'informazione, in un mercato concorrenziale, è guidato dalla battaglia per massimizzare gli ascolti, i notiziari hanno visto crescere la necessità di spettacolarizzare la propria offerta: si è parlato a questo proposito di tabloidizzazione dei telegiornali e della nascita dell'infotainment (information e entertainment);
e) effetti sul servizio pubblico: la citata 'crisi dei servizi pubblici' si misura anche sulla loro progressiva perdita di terreno sia nell'area degli ascolti sia in quella delle quote di mercato e dei ricavi. Ciò è legato anche al tradizionale modello di finanziamento della t. pubblica, che consiste prevalentemente nel canone (meno soggetto ad aumentare) e secondariamente nella pubblicità;
f) effetti sulla proprietà dei media: se, da una parte, questa nuova era ha portato a un allargamento dell'offerta televisiva, essa non ha però condotto, nella sua fase più matura, a una moltiplicazione e pluralizzazione della proprietà delle istituzioni televisive e mediali. Al contrario, questo periodo ha visto nascere e crescere grandi conglomerati multimediali finalizzati alla convergenza dei mezzi: convergenza e concentrazione sembrano essere andati di pari passo. Mentre sono nati o si sono sviluppati grandi colossi globali come News Corporation, Bertelsmann, Disney o AOL Time Warner, i più tradizionali mercati televisivi terrestri hanno mostrato ovunque un forte grado di concentrazione, che si traduce in una forma di mercato prevalemente oligopolistica, fino ad assumere, in taluni casi, la connotazione di un vero e proprio duopolio (l'Italia in primo luogo);
g) effetti sulla geografia televisiva: se la t. dell'età della scarsità era una t. eminentemente nazionale, gestita, all'interno del contesto europeo, in monopolio dallo Stato, nell'età della disponibilità una duplice forte spinta si è generata, da una parte, verso il livello sovrannazionale, internazionale o addirittura globale, e dall'altra verso il livello regionale e locale. Accanto alla diffusione di canali almeno potenzialmente 'senza frontiere', irradiati attraverso il satellite (come le reti all news sul modello della CNN, e poi delle altre fiorite non soltanto negli Stati Uniti, come BBC World o Al Jazeera), emerge una nuova attenzione e nuovi circuiti locali;
h) effetti sulle politiche di regolamentazione: in tutta Europa sia il fenomeno dell'innovazione tecnologica sia le spinte dirette alla deregolamentazione del settore pongono alle autorità politiche il problema di intervenire con norme adeguate ai nuovi contesti. Le storie nazionali appaiono molto diversificate: normalmente le autorità pubbliche di controllo sono chiamate ad attribuire le licenze per la trasmissione, a controllare se gli operatori adempiono agli obblighi, a imporre sanzioni. A partire dagli anni Novanta, si è posto il problema di regolare la sempre più marcata convergenza mediale. La più comune fonte di regolamentazione in Europa è l'Autorità indipendente. In Italia, per es., l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, istituita nel 1997 in sostituzione del Garante per la radiodiffusione e l'editoria, esercita poteri su tutto il settore dei media convergenti. Agli organismi antitrust è invece demandato il controllo sulle eventuali posizioni dominanti che limitino la concorrenza;
i) effetti sul consumo di televisione: con l'avvento della t. della disponibilità, insieme alla crescita dell'offerta è cresciuto significativamente il consumo di t., ma nello stesso tempo appare mutata anche la sua qualità. Rispetto al consumo fortemente ritualizzato e normalmente familiare caratteristico della prima età della t., in questa seconda età - con la moltiplicazione non solo dei canali, ma anche degli apparecchi televisivi domestici - la fruizione è diventata più individuale e meno fedele (grazie all'uso del telecomando e alla pratica dello zapping). Ciò si collega, ovviamente, al già accennato discorso sulla crescente personalizzazione del consumo, fenomeno peculiare di questo momento storico.
L'abbondanza digitale, l'interattività, la convergenza
Le trasformazioni che sono avvenute nel corso di mezzo secolo nel settore dell'istituzione televisiva, accompagnate da evoluzioni tecnologiche e mutamenti dei mercati, hanno seguito la linea più ampiamente evidenziata nella società e nella cultura: allontanamento dai modelli di produzione standardizzata, ampliamento della specializzazione, della segmentazione, della personalizzazione dei consumi. Rispetto all'età della scarsità, l'età dell'abbondanza ha ampliato le possibilità di scelta, in prima istanza deregolamentando il settore tradizionale della trasmissione terrestre, successivamente introducendo una varietà di nuove opportunità grazie alla diffusione dei cavi e degli apparecchi per la ricezione satellitare.
Negli anni Novanta del 20° sec. e nei primi anni del 21° si sono resi evidenti gli effetti dell'introduzione della tecnologia digitale nel campo mediale e televisivo, soprattutto nel senso della convergenza dei media (che può essere definita come la 'tendenziale indifferenza' dei contenuti alle piattaforme) e della interattività. Ciò che, senza dubbio, caratterizza l'età dell'abbondanza consiste nell'idea della radicale personalizzazione del consumo. La sua immagine è la progressiva sostituzione del palinsesto con il video on demand e l'allargamento della interattività. Entrambi questi aspetti si legano al fenomeno, tipico della seconda metà degli anni Novanta, della digitalizzazione del broadcasting.
Fino alla prima metà degli anni Ottanta tutti gli esperimenti per la nascita della t. digitale si erano concentrati sul miglioramento della qualità delle immagini, senza preoccuparsi dell'eccessiva bit rate (velocità di trasmissione) necessaria per la messa in onda di immagini ad alta definizione. Dalla seconda metà dagli anni Ottanta e negli anni Novanta l'attenzione si è rivolta ai metodi per la compressione del segnale e ai protocolli standard per la sua trasmissione e ricezione. In Europa questo standard viene indicato come DVB (Digital Video Broadcasting). Il DVB è un insieme di regole che riguardano l'intero sistema televisivo ed è suddiviso in diversi settori: DVB-S (per la ricezione e la diffusione del segnale televisivo via satellite), DVB-C (per il cavo), DVB-T (per il segnale digitale terrestre, il DDT, Dynamic Debugging Technique), DVB-M (per i segnali a microonde MMDS, Multichannel Multipoint Distribution Service, e LMDS, Local Multipoint Distribution Systems), DVB-I (per i programmi interattivi).
Uno degli elementi distintivi del linguaggio digitale è l'omogeneità, ossia l'utilizzo di un medesimo linguaggio per segnali di natura diversa: la t., digitalizzandosi, sfrutta questa proprietà, e il suo segnale può essere trasmesso attraverso lo stesso cavo (fibra ottica) che rende possibili la comunicazione telefonica o Internet. Grazie a questa caratteristica, nascono i primi sistemi digitali convergenti: testi di natura diversa sono distribuiti da un unico canale e integrati su un unico supporto. Il testo in questo modo assume una nuova forma in cui suono, immagine e scrittura sono posti sui medesimi supporti, oppure vengono distribuiti attraverso le medesime reti di comunicazione.
L'altra peculiarità del linguaggio digitale è la facilità con cui possono essere modificati e anche manipolati i dati rendendo possibile una comunicazione di tipo bidirezionale. La t. digitale non solo offre al telespettatore la possibilità di costruirsi il proprio palinsesto (video on demand), ma anche l'accesso ai servizi di enhanced broadcasting (EPG, Electronic Program Guide, Superteletext, t-commerce ecc.), a Internet e ai programmi in multiregia. Al telespettatore viene attribuito un ruolo di utente attivo.
La caratteristica della t. digitale è quindi la flessibilizzazione degli orari e la progressiva personalizzazione dell'utilizzo del mezzo televisivo. Il video on demand è il risultato di un lungo processo, ancora in corso, di trasformazione della t. in un medium interattivo: consente al telespettatore di scegliere da un menu ciò che gli interessa vedere e di modificare la velocità di visione (stop, fermo immagine ecc.); l'utilizzo del mezzo diviene sempre più personale. La personalizzazione della fruizione televisiva ha avuto inizio con l'introduzione del telecomando, del televideo, del videoregistratore e dell'aumento del numero di televisori presenti in casa. Proprio per la possibilità che viene data al telespettatore di scegliere gli orari e il momento preciso in cui vedere il programma che gli interessa, il video on demand scardina il concetto di palinsesto: il testo televisivo è presente 24 ore su 24.
Televisione e tempi digitali
Nei primi anni del nuovo millennio si stanno progressivamente radicalizzando alcune tendenze già emerse nei due decenni precedenti. Il medium diventa sempre più terminale di una 'personal TV' che si adatta a gusti e preferenze specifiche. Lo spettatore è, almeno potenzialmente, una sorta di guardiano di un panopticon complesso, fatto di mille canali e di nuove modalità interattive che, mescolando broadcasting con telematica, rendono possibili servizi al cittadino come forme di commercio a distanza. Una trasformazione di ampia portata ha riguardato il ruolo temporale del medium televisivo. La t. delle origini, quella della scarsità, ma anche quella emersa dal processo di deregolamentazione degli ultimi vent'anni, ha sempre funzionato da orologio socialmente condiviso. La t. ha agito da 'piazza comune' per l'intera nazione, nuovo spazio pubblico che ha affiancato o sostituito forme più tradizionali di socialità. Pro prio per la sua forza di 'medium temporale' la t. ha svolto un grande compito che, nel complesso, si può giudicare in modo positivo: infatti, ha unificato, linguisticamente e culturalmente, un Paese ancora molto diviso, ha reso possibile la partecipazione a eventi comuni nella distanza delle abitazioni domestiche, ha sincronizzato i ritmi della nazione intesa come 'comunità immaginata'.
L'età dell'abbondanza, così strettamente legata all'avvento della digitalizzazione del broadcasting, che ha moltiplicato i canali e le possibilità (sebbene non ancora pienamente i contenuti), pone una serie di problemi nuovi: se è vero che la tendenza portante della trasformazione in atto è una maggiore 'individualizzazione' della fruizione, questo fenomeno segna realmente la fine della t. come strumento di temporalità condivisa? E, comunque, quali conseguenze ha sul piano degli usi temporali del medium?
Allo scopo di sfuggire alla tentazione di interpretare in termini 'tecnologicistici' il cambiamento in corso, è necessario subito sottolineare come siano la società e la cultura contemporanea a manifestare una tendenza alla pluralizzazione dei tempi e dei ritmi. Non vi è più un'unica temporalità (quotidiana o stagionale) condivisa dalla maggior parte della popolazione, ma molti ritmi differenti che si intersecano e cercano di coordinarsi. Ciò è evidente se si valutano i ritmi della vita familiare e le strategie messe in campo dagli individui per ordinarli e coordinarli. Il tempo sociale è diventato sempre più variegato e flessibile. Il tempo tende a ridursi in frantumi, il tempo del lavoro perde la sua assoluta centralità, mentre il 'tempo liberato' acquista un valore maggiore. Il tempo liberato è un bricolage di tempi differenti e diviene il luogo dell'investimento principale della vita dell'uomo.
Queste trasformazioni macroculturali trovano una specularità nelle modificazioni, nel modo d'intendere il tempo televisivo e, soprattutto, negli sforzi per concepire nuove forme temporali più adatte all'individuo della tarda modernità. Emergono in questo modo nuove forme di palinsesto, possibili per l'evoluzione tecnologica e la digitalizzazione della televisione. Sulle reti digitali satellitari e, successivamente, sulle reti digitali terrestri compaiono forme di palinsesto 'tematico'. Nelle t. generaliste il tempo televisivo è isocronico rispetto al tempo sociale: secondo la fascia oraria nella quale si trasmette, vengono messi in onda programmi adatti al tipo di pubblico che potrebbe essere davanti alla t. nel momento considerato. La t. generalista è molto condizionata dai ritmi culturali di una popolazione. Le t. tematiche si differenziano da quelle generaliste: il tempo televisivo è più slegato dal tempo sociale o, meglio, riflette un tempo sociale meno uniforme. La tecnologia digitale rende inoltre possibile l'esistenza di forme di palinsesto che si emancipano dalla rigidità temporale tipica del medium. Nei palinsesti near video on demand uno stesso programma (o una serie di programmi) è variamente ripetuto in modo da rendere più flessibile la sua fruizione. Il vero e proprio video on demand rende infine del tutto inservibile il concetto di palinsesto, in quanto è lo spettatore stesso che costruisce il proprio, traendolo da un archivio potenzialmente sconfinato.
L'impressione che si trae ripercorrendo le fasi di mutazione del sistema mediale e televisivo è che un modello non sostituisce quello precedente, ma vi si affianca. In altri termini, è ovvio che la t. generalista, con la sua funzione di sincronizzare una comunità molto vasta, di raccoglierla attorno a una comune piazza, non cesserà di svolgere questo compito. Contemporaneamente, tramite i nuovi mezzi digitali e l'informatica, si affermeranno usi personali e interattivi dei media e del terminale televisivo sempre più evidenti; si affiancheranno progressivamente una molteplicità di tempi articolati e complessi. Anche in questo processo, la t. - come medium centrale e pervasivo - avrà un ruolo fondamentale.
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