telepredicazione
s. f. (iron.) Sermone televisivo.
• Il primo effetto morale della società dell’informazione è che la coscienza personale può essere violata, aperta e praticata come un luogo, appunto una piazza mediatica. Di qui le confessioni, gli outing, le telepredicazioni di personaggi a vario titolo sul proscenio della notorietà, che con le loro parole e pensieri e vicende entrano nelle teste di milioni e milioni di spettatori, ascoltatori, lettori, navigatori on line, e producono consenso, dissenso, comportamenti reattivi o imitativi. (Francesco Paolo Casavola, Messaggero, 10 febbraio 2010, p. 1, Prima pagina) • «Noi non cambieremo niente di quello che la gente si aspetta da questo programma, che sarà classico e moderno, non paludato. Soprattutto, niente “telepredicazioni”, non dobbiamo vendere una crociata, ma far capire come stanno le cose alla più grande fetta di pubblico possibile» (Luca Telese intervistato da Emilia Costantini, Corriere della sera, 10 settembre 2013, p. 47, Spettacoli) • «Il re può funzionare meglio perché è più giovane, come nel caso di [Matteo] Renzi, ma resta comunicazione, telepredicazione o, peggio, twitter, 140 caratteri. Io invece voglio parlare dei 140 caratteri di un uomo, di come essere uomo, donna, bambino, carcerato, immigrato... La politica ha fallito. Deve cambiare spartiti, non i partiti. Come dice Aung San Suu Kyi la politica deve avere innanzitutto anima» (Alessandro Bergonzoni intervistato da Anna Bandettini, Repubblica, 27 marzo 2014, p. 58, R2 Spettacoli & Tv).
- Composto dal confisso tele3- aggiunto al s. f. predicazione.
- Già attestato nella Repubblica del 5 ottobre 1988, p. 4 (Domenico Del Rio).